La semplificazione delle procedure impositive*
Mario Carmelo Piancaldini[1]
A mio modo di vedere, per arrivare alla semplificazione degli adempimenti fiscali occorre agire su due fronti attraverso delle azioni e degli strumenti. Le azioni dovrebbero prevedere una revisione organica e unitaria delle disposizioni normative che regolano il nostro sistema fiscale, disposizioni che risalgono al secolo scorso, e che quindi necessitano di essere adeguate con un intervento organico, visto il susseguirsi e lo stratificarsi di disposizioni normative che nel tempo sono andate a modificarle ma che sono sempre mancate di sistematicità. Questo per quanto riguarda tanto la determinazione dell’imposta quanto, e in particolare, gli adempimenti amministrativi e contabili che sono oggi a carico dei contribuenti e che il legislatore di un tempo ha previsto e imposto perché, per esempio, all’epoca esisteva solo la carta e oggi invece occorre adeguare tali regole alle fatture elettroniche, alla digitalizzazione, e così via. È ovvio che questo intervento deve accompagnarsi con una razionalizzazione dei processi di lavoro dell’Amministrazione finanziaria, quindi esiste una forte complementarità tra le due azioni.
Per quanto riguarda gli strumenti, il legislatore dovrebbe essere accompagnato, a mio parere, nella sua produzione normativa da una collaborazione sia interistituzionale, all’interno dell’Amministrazione finanziaria, sia da un consesso aperto degli stakeholders, cioè le parti interessate pubbliche e private alla regolamentazione degli strumenti quali la fatturazione elettronica e la conservazione elettronica dei documenti fiscalmente rilevanti, che avanzino delle mere proposte, però approfondite dal punto di vista tecnico, attraverso il confronto extra istituzionale tra l’Amministrazione finanziaria e altri stakeholders pubblici e privati che hanno interesse in quella specifica materia fiscale.
Non da ultimo lo strumento della tecnologia e della digitalizzazione dei processi che necessariamente diventano degli strumenti che, se ben sfruttati, possono notevolmente agevolare il rapporto fra Amministrazione fiscale e contribuente italiano. Per arrivare a migliorare e riorganizzare, tanto da un punto di vista del diritto positivo quanto da un punto di vista amministrativo, la situazione attuale è necessario che questi consessi di lavoro vengano ben definiti e vengano assegnati dei ruoli di coordinamento importanti e di responsabilità ai soggetti giusti. Quindi, poi, la differenza la fanno le persone nel portare avanti determinate operazioni così importanti.
Ho vissuto l’evoluzione del Ministero delle Finanze in Agenzia delle Entrate e, devo dire, che fino ad oggi l’Agenzia si è dimostrata una delle più efficienti amministrazioni pubbliche italiane anche se, per le irrazionalità che ancora la pervadono, l’Amministrazione italiana si è dovuta adeguare alle proliferazioni normative che si sono avute in Italia negli ultimi venti anni anche a seguito del continuo cambiamento dei Governi e delle volontà politiche.
Io mi occupo in particolare del controllo e dell’analisi del rischio, nel mondo delle piccole-micro-medie imprese. In Italia abbiamo sei milioni di partite IVA e circa il 90% di questi soggetti hanno un giro d’affari inferiore ai cinque milioni di euro, e sono definite nel nostro sistema fiscale come imprese di piccole dimensioni.
L’OCSE, attraverso un lavoro di più di un anno, a cui ha partecipato anche l’Italia, rilevando attraverso le esperienze e le evoluzioni dei sistemi fiscali delle amministrazioni dei paesi occidentali, fondamentalmente è arrivato ad una conclusione, cioè che il ruolo delle amministrazioni fiscali si sta spostando da quello di mero ricevitore passivo di comunicazioni da parte dei contribuenti a (con attività di analisi del rischio e controlli ex post) quello di facilitatore attivo di “tax compliance”, quindi supporto del contribuente nella fase di dichiarazione e liquidazione dell’imposta. Per far questo sono necessarie all’Amministrazione delle informazioni tempestive, strutturate e ben gestibili a livello informatico. La tecnologia aiuta, e diventa fondamentale oggi per poter reimpostare a questo nuovo ruolo dell’Amministrazione finanziaria.
Per altro, riforme fiscali di questo tipo influiscono sull’evoluzione delle imprese, perché spingere attraverso normative fiscali all’adozione di processi come la fatturazione elettronica, spinge le imprese a digitalizzarsi e quindi spinge il Paese ad avanzare sul fronte del digitale, creando nuovo mercato e nuove occasioni di lavoro, avendo quindi un impatto di una nuova riforma fiscale anche nell’ambito del sistema-paese.
L’OCSE è arrivata alla conclusione che, per quanto riguarda la spinta alla compliance dichiarativa nel mondo delle piccole e medie imprese, l’obbiettivo degli Stati dovrebbe essere quello di spingere alla digitalizzazione dei processi ed ottenere, attraverso la leva tecnologica, in maniera tempestiva e strutturata delle informazioni dei contribuenti che possono poi portare l’Amministrazione finanziaria a supportare, prima che controllare, il contribuente. L’esempio tipico lo stiamo vedendo negli ultimi tempi in Italia con l’introduzione della cosiddetta dichiarazione precompilata che, per il momento, riguarda solo una parte dei contribuenti, cioè le persone fisiche, i soggetti che non svolgono attività d’impresa. In quella sede l’Amministrazione, avendo già a disposizione tutta una serie di informazioni, in maniera strutturata, trasmesse telematicamente dai sostituti d’imposta nonché dai soggetti terzi, con cui il contribuente ha a che fare per quanto riguarda le sue spese, acquisendo queste informazioni è in grado di processarle e di precompilare, offrire tempestivamente al contribuente il suo modello di dichiarazione.
Questo è fondamentale per due motivi: perché nel tempo l’Amministrazione fiscale italiana, nonostante l’evoluzione tecnologica che ha adottato (l'Italia è stata il primo Paese a obbligare tutti i contribuenti a trasmettere telematicamente la propria dichiarazione dei redditi), produce ancora per la maggior parte dei controlli di tipo automatizzato. Si tratta di controlli che servono a verificare la correttezza del modello dichiarativo e la maggior parte degli introiti dei recuperi d'imposta deriva dalla non correttezza delle dichiarazioni presentate e liquidate automaticamente dall’Agenzia delle Entrate. Spostare a monte il processo di redazione della dichiarazione dovrebbe ridurre drasticamente questa massa di errori che si produce nella compilazione della dichiarazione, e quindi consentire all’Amministrazione di spostare e orientare e riallocare le proprie risorse umane e organizzative verso un mondo che è, probabilmente, quello dei controlli (antifrode, di tipo massivo verso soggetti non facilmente intercettabili).
Il legislatore italiano ha cercato di recepire queste informazioni che ha dato l’OCSE nella legge delega fiscale e, da cittadino e da tecnico, mi permetto di dire che si è trattato di un’occasione mancata in quanto poteva essere una legge con più ampio respiro, volta ad una disciplina più armonica, più uniforme di tutto il sistema fiscale. Tale legge delega ha recepito le indicazioni dell’OCSE ed in particolare, all’articolo 9 della legge delega fa riferimento al rafforzamento dell’attività conoscitiva e di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria. Ha, quindi, dato input al legislatore di introdurre disposizioni normative volte a modificare e potenziare l’attuale sistema dell’acquisizione di informazioni di rilevanza fiscale da parte dell’Amministrazione, facendo leva sulla tecnologia, e quindi incentivando i processi di digitalizzazione e di diffusione telematica delle informazioni.
Questo per, come dispone la stessa norma della legge delega, semplificare gli adempimenti contabili e amministrativi dei contribuenti.
L’articolo 9 della legge delega è stato recepito con un decreto legislativo, il 127/2015, che, nell’ambito delle informazioni contenute nei documenti di certificazioni delle operazioni fiscali tra i contribuenti soggetti passivi di partita iva (fattura, scontrino, ricevuta), ha individuato in alcuni degli elementi informativi quelli che consentirebbero all’Amministrazione di arrivare ad offrire in tempo reale, agli stessi soggetti passivi, delle informazioni riorganizzate tali per cui l’impresa sappia che cosa conosce l’Amministrazione e magari sia anche facilitata nel presentare la propria dichiarazione e nel liquidare la propria imposta.
Fino ad oggi queste informazioni, in realtà, erano in possesso dell’Amministrazione ma giungevano in tempo non reale, una volta l’anno, e venivano normalmente utilizzate per controlli ex post.
Il decreto legislativo ha quindi mirato ad una razionalizzazione degli adempimenti attualmente presenti a carico delle imprese, riducendoli drasticamente a uno, ma mettendo nel frattempo l’Amministrazione nelle condizioni di ottenere informazioni in maniera più trasparente, veloce e più strutturata.
Il difetto di questo decreto legislativo è quello di avere, di fatto, sostituito gli attuali adempimenti, ma lasciando al contribuente l’opzione di scegliere se sostituire gli adempimenti con quell’unico adempimento di trasmissione della fattura e dei corrispettivi.
A mio modo di vedere, questa è una riforma parziale, perché da un lato non porta semplicità e chiarezza al contribuente, in quanto introdurre sistemi opzionali crea confusione nel contribuente che deve orientarsi nella scelta poi da adottare, ma dall'altro lato crea all'amministrazione un problema ulteriore perché poi questa deve gestire flussi d’informazione che le arrivano in maniera differenziata in termini sia di tempo sia di contenuto.
Quanto una legislazione fiscale deve imporre, per riformare, un comportamento al contribuente piuttosto che offrire regimi opzionali?
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* Come citare questo articolo: M. C. Piancaldini, La semplificazione delle procedure impositive, in Studi Tributari Europei, 2016, n. 1 (ste.unibo.it), pp. 49-53, DOI: https://doi.org/10.6092/issn.2036-3583/7826.⏎
[1] Mario Carmelo Piancaldini, Direzione centrale Accertamento – Agenzia delle Entrate.⏎