Diritti fondamentali e controlli fiscali [1]

Federico Aquilanti [2]

1. Premessa: la rilevanza dei diritti fondamentali nell’ambito dei controlli fiscali

Il tema del rapporto tra imposizione e diritti umani offre l’occasione per svolgere alcune riflessioni riguardo la più specifica questione della rilevanza dei diritti fondamentali nell’ambito dei controlli fiscali. A ben vedere, si tratta di una questione che coinvolge diversi aspetti dell’ordinamento tributario. Da una parte, con riferimento all’individuazione delle fonti di tutela per il contribuente. Dall’altra, con riguardo alla loro efficacia in presenza di controlli compiuti in violazione di esse. Del resto, la disciplina positiva in materia di “accessi, ispezioni e verifiche” di cui all’art. 33 del D.P.R. n. 600 del 1973 non contempla alcuna tutela per il contribuente “vittima” di controlli. Per tali ragioni occorre identificare nel sistema delle fonti, quali di queste possano fondare una tutela per il contribuente; resta, peraltro, da definire il grado di efficacia della tutela rispetto l’esercizio del potere di controllo.

Nel quadro delle fonti normative pare essere assente una vera e propria disciplina concernente la tutela del contribuente in sede di controlli fiscali. Va però rilevato che esistono talune norme che, in una prospettiva piuttosto ampia, offrono un fondamento giustificativo ad eventuali soluzioni di “protezione” del contribuente rispetto a certe modalità di esercizio del potere di controllo. A livello costituzionale si può richiamare l’art. 14 ove è sancita l’inviolabilità del domicilio[3]. A tal fine, non si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Tuttavia, gli  accertamenti e le ispezioni a fini fiscali sono regolati da leggi speciali. In tal senso, la disciplina tributaria si caratterizza per l’assenza di indicazioni specifiche in ordine ai “casi” in cui un controllo può essere disposto[4]. Resta ferma, invece, l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica così come previsto dal regime generale della libertà personale[5]. A livello di normativa primaria si può richiamare l’art. 12 dello “Statuto dei diritti del contribuente” in base al quale vengono riconosciuti a questo una serie precisa di diritti e garanzie. In particolare, l’effettuazione di verifiche fiscali nei locali dell’impresa deve rispondere ad esigenze effettive di indagine e arrecare la minor turbativa possibile allo svolgimento dell’attività. Peraltro, il contribuente nel momento in cui prende avvio il controllo deve essere informato delle ragioni che l’abbiano giustificato; oltre a ciò ha la possibilità di proporre osservazioni nel corso del controllo, il quale non potrà avere una durata superiore a trenta giorni salva la facoltà di proroga in casi “particolari”[6]. In sostanza, la mancanza di una disciplina “compiuta” avente ad oggetto la tutela del contribuente in sede di controlli fiscali non osta ad un riconoscimento per quest’ultimo di diritti e garanzie. D’altronde le norme costituzionali e le norme dello Statuto, quali principi generali dell’ordinamento tributario, offrono la base giuridica per la prospettazione, soprattutto in via giurisprudenziale, di soluzioni costituenti un presidio di tutela per il contribuente sottoposto a controlli. In tal senso, basti pensare al principio, di derivazione giurisprudenziale, di inutilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite.

2. La posizione della giurisprudenza italiana in ordine alla tutela del contribuente nella fase dei controlli

La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione (italiana) ha affrontato a più riprese la questione della tutela della libertà di domicilio del contribuente in sede di accessi, ispezioni e verifiche. In particolare, se l’autorizzazione dell’Autorità Giudiziaria configuri una garanzia del contribuente ossia una vera e propria tutela procedimentale per quest’ultimo. In sostanza, il problema riguarda i controlli che si svolgono presso l’abitazione privata di un contribuente senza l’autorizzazione dell’Autorità giudiziaria, ovvero presso un contribuente diverso da quello oggetto dell’autorizzazione. La Suprema Corte, valorizzando la tutela delle libertà fondamentali – qui l’inviolabilità del domicilio – ha ritenuto l’autorizzazione dell’Autorità giudiziaria condizione necessaria per il corretto esercizio del potere di controllo[7].

L’esperienza nazionale in tema di tutela dei diritti individuali nella fase amministrativa dei controlli è oramai consolidata nel senso che “l’autorizzazione all’accesso da parte dell’autorità giudiziaria, in quanto diretta a tutelare l’inviolabilità del domicilio privato, e quindi, indirettamente, lo spazio di libertà del contribuente, rileva alla stregua di conditio sine qua non per la legittimità dell’atto e delle relative conseguenti acquisizioni. Giacchè il principio di inutilizzabilità della prova illegittimamente acquisita si applica anche in materia tributaria, in considerazione della garanzia difensiva accordata, in generale, dall’art. 24 Cost[8].

3. L’impatto dei diritti “inviolabili” sanciti dalla CEDU sui controlli fiscali

Prima di tutto occorre ricordare che l’applicabilità della CEDU alle verifiche fiscali è l’esito di un evoluzione giurisprudenziale che ha riguardato: le sanzioni tributarie amministrative, le agevolazioni fiscali, i diritti di prelazione dell’Amministrazione finanziaria ed infine i rimborsi[9]. Particolarmente significativa, nel senso indicato, è la sentenza Ravon ove si riconosce, per la prima volta, l’operatività della garanzie convenzionali rispetto l’esercizio del potere pubblico di controllo[10]. Di conseguenza, il contribuente può far valere efficacemente le garanzie della CEDU per ogni irregolarità compiuta nell’effettuazione di accessi, ispezioni e verifiche.

Del resto, il concetto di domicilio dell’art. 8 CEDU e dell’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea ricomprende non solo l’abitazione e gli altri luoghi di privata dimora, ma anche quelli in cui il contribuente esercita un’attività d’impresa, come lo studio professionale ovvero i locali in cui si svolge l’attività economica[11]. Affinché sia legittima, l’attività di controllo che si sostanzia in una ingerenza della pubblica autorità nella vita privata e familiare del contribuente e nel suo domicilio, occorre che le attività svolte siano chiaramente previste dalla legge e che sia rispettato il principio di proporzionalità[12]. Nel caso di verifiche domiciliari sussiste in capo al contribuente il “diritto fondamentale, concreto ed effettivo, di accesso ad un tribunale” ossia il diritto di adire immediatamente un giudice affinché si pronunci, in fatto e in diritto, sulla regolarità dell’autorizzazione all’accesso, sulla sussistenza dei presupposti per lo stesso, sulla correttezza delle operazioni compiute e possa impedirne o sospenderne l’esecuzione ove questa abbia illegittimamente già avuto luogo[13].

4. Conclusioni

Il rapporto tra imposizione e diritti fondamentali assume – come abbiamo visto – una specifica rilevanza nella fase dei controlli. Come è noto i controlli operati dall’Amministrazione finanziaria sono funzionali all’attuazione “patologica” del tributo e quindi ad assicurare l’esatta riscossione dell’imposta. Tale potere, però, deve essere esercitato secondo precise modalità: del resto l’osservanza di dette modalità assicura il rispetto dei diritti del contribuente. Occorre però rilevare che, l’esercizio del potere di controllo deve osservare non solo le regole poste dal Legislatore nazionale, ma anche i principi e le libertà sancite dalla Costituzione e dalla CEDU. In questo senso, sia la giurisprudenza nazionale sia quella della CEDU valorizzano il ruolo dei diritti fondamentali nella fase dei controlli. Da un lato, mediante il riconoscimento di un generale divieto di utilizzabilità delle prove illegittimamente acquisite; infatti, nonostante la mancanza di una previsione espressa circa detto divieto, è proprio la lesione di un diritto fondamentale a giustificare la “sanzione” dell’inutilizzabilità[14]. Dall’altro, sollecitando la previsione di rimedi alle irregolarità dei controlli, volti a prevenire la continuazione degli stessi.

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Footnotes    (↵ returns to text)
  1. Come citare questo articolo: F. Aquilanti, Diritti fondamentali e controlli fiscali, in Studi Tributari Europei, n. 2/2014 (www.seast.it/rivista), pagg.49-53.
  2. Federico Aquilanti, Dottorando di ricerca in Diritto tributario europeo presso l’Università di Bologna.
  3. Articolo 14 of the Italian Constitution.
  4. A. Fedele, Concorso alle pubbliche spese e diritti individuali, in Riv. dir. trib., n. 1, 2002, pag. 31.
  5. A. Fedele, op. ult. cit.
  6. Articolo 12, L. n. 212 del 2012.
  7. Cfr. Cass, n. 17957 del 19 ottobre 2012, N. Monfreda – F. Stella, L’invalidità dell’accesso domiciliare ai fini fiscali fondato su segnalazioni anonime, in Il fisco, n. 1, 2013, pag. 2-117, F. Marucci, È legittima la verifica fiscale presso l’abitazione dell’amministratore della società, a condizione che vi siano gravi indizi di evasione, in Il fisco, n.  8, 2012, fasc. n. 2, pag. 1203, Cass, n. 631 del 18 gennaio 2012 in banca dati “fisconline”.
  8. Cfr. Cass, n. 17957, 19 ottobre 2012, Cass. n. 16570/2011; n. 2444/2007; n. 10664/1998 in banca dati “fisconline”.
  9. In questo senso, L. Del Federico, La rilevanza dei principi della CEDU in materia tributaria: ricadute applicative e percorsi interpretativi, in Dialoghi tributari, n. 4, 2009, p. 381.
  10. Cfr. CEDU, 21 febbraio 2008, Ravon e altri c. Francia, così L. Del Federico, op. ult. cit.
  11. S. Marchese, Attività istruttorie dell’amministrazione finanziaria e diritti fondamentali europei dei contribuenti, in Diritto e Pratica Tributaria, n. 3, 2013, pag. 493.
  12. S. Marchese, op. ult. cit.
  13. S. Marchese, op. ult. cit.
  14. P. Russo, Manuale di Diritto tributario – Il processo tributario, Milano, 2013, pag. 210 ss.