Scambio di informazioni tra Stati membri e diritto ad essere ascoltato del contribuente [1]

Andrea Amidei [2]

Lo scorso 22 ottobre 2013, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha reso sentenza in merito ad una richiesta di decisione preliminare sul caso Sabou[3], riguardante essenzialmente l’interazione tra le procedure di reciproca assistenza in materia fiscale e il rispetto dei diritti fondamentali, in specifica relazione al diritto di difesa (e, in particolare, al diritto del contribuente di essere ascoltato dall’amministrazione).

In passato, la Corte del Lussemburgo non era solita trattare la tematica della reciproca cooperazione attraverso la peculiare lente dell’impatto che siffatti meccanismi sono suscettibili di sortire sui diritti dei contribuenti. Per contro, i Giudici si sono sempre dimostrati maggiormente concentrati sugli aspetti più tecnici della procedura di scambio di informazioni, nonché su possibili modalità di rendere tale processo sempre più efficiente e rapido[4]. In termini semplici, lo scopo di proteggere il gettito fiscale degli Stati deteneva, nell’analisi delle problematiche connesse alle procedure di mutual assistance, una sostanziale primazia rispetto alla protezione delle singole posizioni soggettive[5].

Conseguentemente, è stata, negli anni, prestata ben poca attenzione – se non nessuna attenzione – alla possibilità che le descritte procedure potessero sortire effetti negativi sui diritti fondamentali dei contribuenti europei. E, tanto, è ancor più vero nell’attuale contesto, nel quale, come noto, non soltanto nell’Unione Europea, ma anche in sede OCSE si sta lavorando ad un ripensamento delle misure necessarie al fine di promuovere e migliorare la cooperazione tra Stati in materia fiscale[6].

Tuttavia, il tema di come conciliare le due prospettive (ossia un efficiente procedura di scambio di informazioni fra autorità fiscali e la protezione dei diritti fondamentali dei contribuenti) rimane tuttora uno degli aspetti più negletti nel contesto dell’acceso dibattito in punto ad elusione fiscale e mutual assistance internazionale[7].

E ciò risulta ancora più curioso laddove si consideri come le attività che costituiscono parte delle procedure di scambio di informazioni ricadano all’interno dell’ambito di uno dei campi più spinosi e connotati di autoritatività dell’azione amministrativa, ossia i poteri di indagine delle Amministrazioni.

Quanto sopra riferito spiega perché la sentenza della Corte di Giustizia sul caso Sabou meriti particolare attenzione. Inoltre, detta sentenza contiene alcuni interessanti spunti in merito alla (talora ambigua) interazione ed integrazione, all’interno del contesto eurounitario, tra diverse fonti di tutela dei diritti fondamentali, ossia la Carta Europea dei Diritti dell’Uomo, la Carta di Nizza e i principi generali dell’ordinamento europeo[8].

2. Fatti di causa e quesiti posti alla Corte

I fatti di causa sono relativamente semplici: un calciatore della Repubblica Ceca affermava, nella propria dichiarazione dei redditi, di avere sostenuto alcune spese, nel corso dell’anno fiscale precedente, in diversi Stati membri. Sosteneva, inoltre, che tali spese fossero inerenti alla propria occupazione (e, quindi, deducibili) perché, secondo la sua ricostruzione, avrebbe visitato tali Stati al fine di sostenere alcuni colloqui presso diverse squadre europee verso le quali stava considerando di trasferirsi. Le autorità fiscali della Repubblica Ceca conducevano, dunque, un’indagine che comportava anche varie richieste di trasmissione di informazioni da parte delle amministrazioni fiscali degli Stati coinvolti. A tal fine, l’Amministrazione ceca ricorreva ai meccanismi di cooperazione reciproca di cui alla Direttiva 77/799/EEC[9]. Alla luce dei risultati di tali indagini, l’autorità fiscale della Repubblica Ceca deduceva la mancanza di inerenza delle spese di cui in oggetto e ricomputava conseguentemente il reddito imponibile del contribuente.

Quest’ultimo proponeva ricorso affermando che le autorità fiscali della Repubblica Ceca avrebbero ottenuto informazioni riguardanti la sua persona e la sua attività in modo illecito, dal momento che non gli era stata data notizia alcuna delle effettuate richieste di informazioni nei confronti delle autorità straniere e non era stato ascoltato in merito ai risultati di dette richieste, ossia prima che l’Amministrazione emanasse il provvedimento conclusivo della fase istruttoria. Sul punto, la Suprema Corte Amministrativa della Repubblica Ceca si dichiarava incerta sulla circostanza che un contribuente avesse o meno diritto a partecipare agli scambi di informazioni intercorrenti unicamente fra le autorità coinvolte.

3. La protezione dei diritti dei contribuenti nei vari livelli di un contesto integrato

Nella sua sentenza, la Corte ha considerato quattro possibili livelli di tutela teoricamente applicabili al caso in questione: le previsioni della Direttiva 77/779/EEC, la Carta di Nizza, i principi generali dell’ordinamento europeo e il diritto nazionale. Tale peculiare intreccio dà l’esatta misura dell’attuale livello di integrazione giuridica all’interno del contesto eurounitario in materia di diritti fondamentali: lo scenario appare, dunque, complesso e sfaccettato, caratterizzato dall’interazione di diverse previsioni di differente natura, differente fonte e differente ambito applicativo.

Da notare è come la Carta Europea dei Diritti dell’Uomo resti assente da siffatto catalogo di fonti normative, il che potrebbe essere interpretato quale dimostrazione di come la problematica della sua integrazione all’interno dell’Unione Europea – e, conseguentemente, della sua applicabilità da parte della Corte di Giustizia – sia ben lungi dall’essere risolta.

In primo luogo, la Corte ha escluso la possibilità di applicare la Carta di Nizza[10] al caso in questione in ragione della sua validità temporale: detta Carta, infatti, è entrata in vigore in data 1 dicembre 2009, ossia dopo i fatti di causa[11].

Detto ciò, i Giudici hanno parimenti escluso la rilevanza, ai fini che qui interessano, della Direttiva 77/799/EEC, in quanto lo scopo di tale provvedimento è (rectius, era) la lotta all’evasione fiscale internazionale mediante procedure di coordinamento e cooperazione efficienti tra autorità fiscali, al fine di pervenire ad un’esatta determinazione dell’importo del debito fiscale esigibile[12]. In altri termini, è stato rilevato che la Direttiva impone obblighi unicamente in capo agli Stati membri coinvolti e, conseguentemente, non conferisce specifici e nuovi diritti in capo ai contribuenti. E, tanto, in quanto non stabilisce alcun obbligo per le autorità competenti di previamente consultare il contribuente[13].

In seguito, la Corte si è spostata a considerare come, nonostante tutto quanto sopra riferito, i diritti della difesa (che certamente comprendono il diritto di essere ascoltati) siano compresi fra i diritti fondamentali costituenti i “principi generali dell’Unione Europea”, secondo l’art. 6 TUE, andando, così, a formare parte integrante dell’ordinamento europeo[14].

Conseguentemente, i Giudici hanno rilevato che i principi generali dell’Unione Europea trovano applicazione nel caso in questione, poiché la Repubblica Ceca, nel ricorrere alla procedura di mutual assistance, ha fatto ricorso al diritto dell’Unione (ossia alla Direttiva). In altri termini, si rilevava necessario valutare se, ed in quali termini, un contribuente potesse derivare il proprio diritto alla partecipazione allo scambio di informazioni fra autorità fiscali non dal testo della Direttiva, bensì dai diritti della difesa universalmente riconosciuti.

4. Effettività della protezione del contribuente: esiste un generale diritto ad essere ascoltati durante la procedura di scambio di informazioni?

In ultima istanza, i Giudici del Lussemburgo hanno affermato che, nell’ambito del diritto eurounitario, una richiesta di informazioni rivolta da uno Stato membro alle autorità fiscali di un differente Stato membro non costituisce atto da cui possa derivare un obbligo di ascoltare il contribuente sottoposto ad indagine.

Siffatto ragionamento ruota attorno ad una distinzione tra fase investigativa e fase contenziosa. La fase investigativa, che consiste semplicemente nella raccolta di informazioni, ha luogo soltanto fra autorità fiscali ed è, in questo, differente dalla fase contenziosa, la quale si svolge fra l’Amministrazione e il contribuente e che prende avvio nel momento in cui l’atto di accertamento e rettifica viene finalizzato e reso noto al contribuente. Il contribuente deve, dunque, essere posto in condizione di poter partecipare, laddove lo desideri, alla fase contenziosa, ma, secondo la Corte, non esiste, nel contesto eurounitario, un simile diritto con riferimento alla fase investigativa (anche qualora tale fase contempli l’escussione di testimoni)[15].

Nonostante la Corte non lo chiarisca espressamente, l’effettuata distinzione fra fase investigativa e fase contenziosa trova la sua giustificazione nella natura stessa delle procedure amministrative.

In termini semplici, l’informazione resa mediante il meccanismo di scambio non rappresenta una prova decisiva di una determinata circostanza. L’autorità che la riceve non è inestricabilmente legata a tali dati, dal momento che, ad esempio, potrebbe essere in possesso di informazioni differenti e di segno contrario, suscettibili, dunque, di condurre a conclusioni diametralmente opposte. Ne consegue che spetta all’Amministrazione l’esame dei fatti e la conseguente determinazione delle conclusioni, per mezzo di una valutazione che si situa necessariamente già al di fuori delle procedure regolate dalla Direttiva[16].

In ragione di ciò, l’informazione oggetto di scambio sortisce un effetto solamente indiretto in capo al contribuente, diversamente dall’accertamento ufficiale tramite il quale l’autorità fiscale conclude la fase amministrativa (e che, al contrario, ha un evidente effetto diretto sul contribuente).

Ciò detto, nulla esclude la possibilità che uno Stato membro estenda il diritto di essere ascoltati ai contribuenti anche nel contesto della fase investigativa, in accordo con le regole e le procedure applicabili nel paese in questione.

Si noti, infine, la mancanza, da parte della Corte, di qualsivoglia esplicita menzione della tematica della proporzionalità, la quale, tuttavia, deve essere presa in considerazione in questo contesto, specialmente in quanto tale principio implicherebbe la necessità di addivenire ad un (talora complesso) bilanciamento tra tutela dei diritti dei contribuenti e un loro sacrificio in ragione dell’efficacia delle procedure in questione[17].

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Footnotes    (↵ returns to text)
  1. Come citare questo articolo: A. Amidei, Scambio di informazioni tra Stati membri e diritto ad essere ascoltato del contribuente, in Studi Tributari Europei, n. 2/2014 (www.seast.it/rivista), pagg.36-42.
  2. Andrea Amidei, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario Europeo presso l’Università di Bologna.
  3. Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 22 ottobre 2013, C-276/12.
  4. Si vedano, ad esempio, Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza 13 aprile 2000, C-420/98, W.N. e sentenza 1 luglio 2004, casi riuniti C-361/02 – C-362/02, Tsapalos. In diverse altre occasioni, la Corte ha fatto riferimento alle Direttive sull’assistenze reciproca unicamente al fine di escludere possibili ragioni proposte dagli Stati membri per giustificare limitazioni alle libertà fondamentali alla luce della prevenzione di fenomeni di evasione ed elusione. Siffatto ragionamento fu esplicitato per la prima volta dalla Corte nella sentenza 28 gennaio 1992, C-204/90, Bachmann.
  5. Chiaro esempio di tale atteggiamento è offerto dall’2002 OECD Model Agreement on Exchange of Information on Tax Matters del 2002, il cui Art. 1 afferma quanto segue: “The rights and safeguards secured to persons by the laws or administrative practice of the requested Party remain applicable to the extent that they do not unduly prevent or delay effective exchange of information”.
  6. Chiaro esempio di siffatto atteggiamento è la circostanza per cui almeno cinque delle quindici “azioni” contenute nell’OECD Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting riguardano problematiche di cooperazione reciproca e scambio di informazioni tra Stati. In merito all’evoluzione degli strumenti di assistenza amministrativa in materia fiscale, si veda A. Buccisano, Cooperazione amministrativa internazionale in materia fiscale, in Riv. Dir. Trib., 2012, 7-8, 669.
  7. P. Mastellone, Tutela del contribuente nei confronti delle prove illecitamente acquisite allestero, in Dir. Prat. Trib., 2013, 4, 791.
  8. In merito alla relazione tra diritti fondamentali e diritto tributario nel contesto eurounitario, si vedano, ex multis, P. Baker, Taxation and European Convention on Human Rights, in British Tax Review, 2000, 211; S. Marchese, Diritti fondamentali europei e diritto tributario dopo il Trattato di Lisbona, in Dir. Prat. Trib., 2012, 1, 289; M. Greggi, La rilevanza fiscale della Convenzione Europea dei Diritti dellUomo: dallinteresse fiscale al principio di non discriminazione, in Riv. Dir. Fin., 2000, 1, 412; L. Del Federico, I principi della Convenzione Europea dei Diritti dellUomo in materia tributaria, in Riv. Dir. Fin., 2010, 2, 206.
  9. Direttiva del Consiglio 77/799/EEC del 9 dicembre 1977, riguardante la procedura di cooperazione fra le autorità competenti degli Stati membri nell’ambito dell’imposizione diretta e della imposizione dei premi assicurativi. La Direttiva veniva, poi, abrogata dalla Direttiva del Consiglio 2011/16/EU del 15 febbraio 2011.
  10. L’art. 41 della Carta, rubricato “Diritto ad una buona amministrazione”, prevede uno specifico diritto dell’individuo di essere ascoltato prima dell’emanazione di qualsivoglia misura individuale che possa avere conseguenze pregiudizievoli a suo danno. Sul punto, la Corte ha precedentemente affermato che “il diritto di essere ascoltato garantisce ad ognuno lopportunità di rendere note in modo effettivo le proprie posizioni durante una procedura amministrativa e prima delladozione di qualsiasi decisione suscettibile di ledere i propri interessi” (si veda Corte di Giustizia, sentenza 22 novembre 2012, C-277/11, M.).
  11. Se così non fosse stato, la Carta sarebbe stata applicabile al caso in questione, poiché il suo art. 51 prevede espressamente che “le norme della presente Carta sono applicabili alle istituzioni e agli organi dellUnione nel rispetto del principio di sussidiarietà e agli Stati membri unicamente quando essi implementano norme di diritto dellUnione” (poiché la Direttiva 77/799/EEC deve necessariamente essere considerata un atto di diritto eurounitario). Cionondimeno, la Corte ha chiaramente affermato che l’art. 41 della Carta è indirizzato soltanto alle istituzioni europee, e non agli Stati membri (Corte di Giustizia, sentenza 21 dicembre 2011, C-482/10, Cicala).
  12. Sullo stesso tema, si veda anche Corte di Giustizia, sentenza 27 settembre 2007, C-184/05, Twoh International.
  13. La Direttiva 77/799/EEC, così come la Direttiva “Riscossione” (Direttiva del Consiglio 76/308/EEC), non prevedeva alcun tipo di tutela diretta delle posizioni dei contribuenti, facendo meramente riferimento agli strumenti offerti dal diritto nazionali. Lo stesso può essere predicato in relazione alla “nuova” Direttiva 2011/16/EU, la quale non contiene un catalogo specifico di diritti conferiti in capo al contribuente, ma che, tuttavia, effettua un espresso richiamo alla Carta di Nizza.
  14. Si veda, altresì, Corte di Giustizia, sentenza 18 dicembre 2008, C-349/07, Sopropé.
  15. Anche se, tuttavia, come evidenziato dall’AG Kokott nella sua Opinion, non è generalmente possibile “escludere lesistenza di misure investigative talmente onerose di per sé da implicare la necessità, ai fini della tutela della persona interessata, di dare seguito ad un diritto di essere ascoltati. Cionondimeno, l’Ag. Kokott ha, altresì, evidenziato che “le tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri hanno contemplato un diritto di essere ascoltati anche nel contesto di procedimenti amministrativi solo in casi isolati e solo recentemente”.
  16. In un secondo momento, spetterà al Giudice nazionale valutare l’effettivo valore probatorio dell’informazione posta dall’autorità a fondamento del proprio accertamento e la regolarità e liceità delle sua modalità di acquisizione (come è avvenuto, ad esempio, in relazione al famoso affaire Falciani). Sul tema, si veda S. Marchese., Attività istruttorie dellamministrazione finanziaria e diritti fondamentali europei dei contribuenti, in Dir. Prat. Trib., 2013, 3, 493.
  17. Nella sua Opinion sul caso National Panasonic c. Commission (C-136/79), l’AG Warner, ad esempio, ha accettato l’esistenza di un’eccezione al diritto di essere ascoltati laddove sia possibile affermare che, in caso di concessione di siffatto diritto, il raggiungimento dello scopo della decisione ne risulterebbe irrimediabilmente impedito.