Indebito tributario e tutela del diritto di proprietà del contribuente secondo l’art. 1, primo protocollo, della CEDU [1]

Junping Zheng [2]

1. Introduzione

Il potere impositivo è uno degli elementi essenziali della sovranità di ogni Stato, ed è uno dei principali strumenti di finanziamento della spesa pubblica. In linea teorica, la ragione per la quale uno Stato si trova ad innalzare il livello di tassazione è l’esigenza di finanziare le pubbliche spese, cioè i servizi che vengono offerti dallo Stato stesso. Tale fenomeno può essere paragonato ad una sorta di patto – di rilevanza fondamentale – diretto ad assicurare il buon funzionamento dello Stato ed il soddisfacimento dei bisogni delle persone.

La riscossione delle imposte, tuttavia, deve avvenire nel rispetto dei diritti fondamentali del contribuente; da qui, il divieto di un’imposizione confiscatoria[3]. Il principio della tassazione non confiscatoria serve a trovare un bilanciamento tra interessi pubblici e privati. Ciò nonostante, la limitata portata del principio impedisce di garantire in modo pieno il diritto di proprietà privata. Al fine di trovare un giusto bilanciamento è necessario un ulteriore sforzo a livello nazionale e internazionale. Questo articolo fornisce il quadro della tutela del diritto di proprietà del contribuente nel caso di indebito pagamento delle imposte.

Il diritto di proprietà è previsto dall’art. 1, primo protocollo, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (d’ora in poi CEDU): “Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”.

Molti Stati prevedono nelle loro Costituzioni la tutela del diritto di proprietà, indipendentemente dal fatto che abbiano[4] sottoscritto la CEDU.[5]. Con riguardo alle caratteristiche della tassazione, intesa quale dovere di contribuzione alle pubbliche spese, la concezione tradizionale è che la tassazione sia, di per sé, una violazione della proprietà, alla stregua dell’art 1 della CEDU, ma che trovi giustificazione nella tutela dell’interesse pubblico. Ad ogni modo, l’interesse pubblico non può e non deve essere posto a fondamento dell’istituzione dei tributi in maniera generale ed incondizionata. Ed infatti, l’interesse pubblico costituisce, invero, lo scopo alla stregua del quale deve verificarsi l’osservanza dell’articolo 1, primo Protocollo della CEDU.

2. Il test di proporzionalità: un elemento essenziale per determinare se vi è una violazione dell’art. 1 del primo protocollo della CEDU

L’articolo 1 della CEDU contiene tre distinte norme: la prima (e fondamentale) – sancita nel primo periodo del paragrafo 1 – è quella che attiene al libero esercizio del diritto di proprietà. Da questa deriva, naturalmente, la seconda in base alla quale gli individui possono essere privati dei beni di cui sono proprietari solo a certe condizioni[6]. La terza, prevista al secondo comma, consente agli Stati di disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale, facendo rispettare le leggi da essi ritenute necessarie a tal fine[7].

Pertanto sulla base di tali norme e sulla consolidata giurisprudenza di Strasburgo, la decisione in ordine alla conformità o meno dell’ingerenza dello Stato con l’art. 1 del primo protocollo, nel caso di interferenza con il libero esercizio del diritto di proprietà, necessità di una triplice valutazione; in particolare, quella di proporzionalità è cruciale per determinare se l’interferenza costituisce una violazione dell’articolo 1 del primo Protocollo.

I primi due sono il test di legalità[8] e dello scopo legittimo[9]. Considerando l’ampio margine di discrezionalità delle Autorità nazionali in materia fiscale, può essere utile focalizzare l’attenzione sul terzo requisito, cioè valutare se l’ingerenza tiene conto di un giusto equilibrio tra l’interesse pubblico e la tutela dei diritti fondamentali del privato.

In altre parole, è il test di proporzionalità a stabilire se la condizione consistente nel “giusto equilibrio” è soddisfatta; del resto, gli Stati sono titolari di un ampio margine di discrezionalità nella scelta dei mezzi per raggiungere i loro scopi e, soprattutto, nella valutazione delle conseguenze derivanti dall’esecuzione dei medesimi. A tale proposito va sottolineato che la Corte, solitamente, presta più attenzione a questo test rispetto agli altri due. Qui, la Corte, può svolgere una vera e propria valutazione sulle misure applicate da parte delle Autorità al fine di stabilire se l’ingerenza si risolva in un onere sproporzionato o eccessivo per il contribuente. Nel caso di indebito tributario, il test può essere essenziale per stabilire se l’interferenza è ragionevole.

Questi casi possono riservare complicazioni qualora riguardino non solo le misure adottate per “aumentare le tasse”, ma anche i provvedimenti di diniego al rimborso delle somme indebitamente versate a titolo d’imposta. Un’imposta può essere indebitamente versata per diversi motivi: potrebbe essere stata pagata sulla base di una legge nazionale successivamente dichiarata incompatibile con il diritto europeo[10], può essere connessa al fallimento di un terzo soggetto[11], oppure può derivare dall’applicazione di una ritenuta alla fonte in misura maggiore[12].

Qualunque sia la ragione, in questi casi, le Autorità solitamente non negano che l’imposta sia stata indebitamente pagata, ma rifiutano il rimborso per motivi di interesse pubblico. Di conseguenza, la Corte non identifica una modalità certa di rimborso delle imposte indebitamente pagate.

Nel caso di Bulves AD v. Bulgaria, il Governo affermò che la società richiedente avrebbe potuto avviare un’azione contro il suo fornitore in base alle norme generali in materia di illecito civile per chiedere il risarcimento dell’IVA che non gli era stata concessa di dedurre a causa dell’inosservanza del fornitore dei suoi obblighi di registrazione dell’IVA”[13]. In tal senso, si potrebbe sostenere che la Corte dovrebbe valorizzare di più il rispetto dell’interesse generale dello Stato nel settore della fiscalità. In effetti, alcuni elementi positivi vanno rilevati[14], come ad esempio il contrasto all’evasione e all’abuso; così si forniscono alcuni elementi utili al bilanciamento connaturato al giudizio di proporzionalità.    

3. I possibili rimedi alla violazione dell’art. 1 del primo protocollo della CEDU

Secondo la giurisprudenza consolidata della Corte, i rimedi a disposizione dei contribuenti sono di due tipi: i rimedi ai danni patrimoniali e quelli per i danni non patrimoniali. L’atteggiamento della Corte può essere diverso in relazione alla tipologia di danno, tenendo conto naturalmente delle circostanze del caso concreto. Tuttavia, alcuni approcci generali possono essere identificati nel caso di asserita violazione dell’articolo 1 del primo Protocollo della CEDU.  

3.1 (Segue) I danni pecuniari

Con riferimento ai casi di rimborso di tributi indebitamente pagati, i danni pecuniari possono includere: l’importo dell’imposta indebitamente pagata[15], gli interessi di mora, il tasso di inflazione[16], i costi e le spese[17].

In dottrina e in giurisprudenza, vi sono posizioni non univoche riguardo il calcolo degli interessi; non si ha una visione univoca nemmeno in relazione al giorno da cui devono essere calcolati gli interessi[18]. Secondo la giurisprudenza, la data da cui calcolare gli interessi è quella in cui il richiedente presenta l’istanza di rimborso concernente le imposte indebitamente versate.

Ad avviso di chi scrive, il tempo richiesto per preparare l’istanza deve essere necessariamente considerato. Quando un determinata imposta si conferma come indebitamente pagata, il diritto del contribuente a ricevere tale importo è certo, ma va rilevato che vi è un intervallo di tempo tra il momento in cui il contribuente viene a conoscenza delle imposte indebitamente versate e la presentazione dell’istanza di rimborso.

Se l’intervallo è lungo (comunque entro il periodo di prescrizione), e l’istanza di rimborso dell’imposta indebitamente pagata è rivolta ad un’Amministrazione incompetente, non è chiaro se il contribuente perda gli interessi sulle somme chieste a rimborso. A tal proposito, si deve ricordare che è la prima volta in cui il richiedente presenta una domanda di rimborso ad essere l’unico criterio per il calcolo degli interessi (di mora). Un’altra questione che non dovrebbe essere ignorata è quella del potenziale impatto economico sul ricorrente, conseguente all’imposta indebitamente pagata; anche se questo aspetto non viene spesso rilevato dai contribuenti. L’impatto potrebbe essere significativo: se il contribuente non è in possesso della somma corrispondente alle imposte indebitamente versate, significa che egli non ha potuto fare uso di esse, con conseguente perdita di opportunità di investimento. Le perdite potrebbero essere significative. Il problema è chiaramente come calcolarle per assicurarsi che questo non costituisca un abuso. Ad ogni modo, questo è un aspetto che richiede maggiore attenzione.  

3.2 Il danno non patrimoniale

Insieme alla domanda di risarcimento dei danni patrimoniali, solitamente vi è una richiesta di risarcimento dei danni non patrimoniali. Negli ultimi anni, l’atteggiamento della Corte sembra essere più univoco a seguito del consolidamento di un orientamento giurisprudenziale. Nei primi anni, il danno non patrimoniale è stato riconosciuto dalla Corte, senza il ricorso a criteri di risarcibilità specifici[19]. È significativo che nel caso Tserkov v. Ucraina, la Corte ha assegnato 4.000 euro al ricorrente a titolo di danno non patrimoniale[20]. Questo è un segnale positivo per la tutela dei diritti dei contribuenti.  

4. Considerazioni sul diritto tributario nazionale

Con riguardo ai casi di indebito tributario, il tempo gioca un ruolo importante sia per i contribuenti che per l’Amministrazione finanziaria. Tuttavia, data l’importanza del potere impositivo per lo Stato, nella maggior parte dei Paesi UE è prevista una fase amministrativa preventiva alla proposizione del ricorso dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria. In altre parole, il giudizio tributario può essere avviato a condizione che la fase introdotta con ricorso amministrativo sia stata esaurita[21].

Questo dà luogo a due problemi: la sussistenza del ricorso amministrativo, e il tempo necessario per completare la fase amministrativa, che a volte può essere complicata. Ci sono fondati motivi per ritenere questi due aspetti centrali in un’eventuale riforma delle procedure. Nel caso di tributi indebitamente pagati, dovrebbe infatti essere possibile introdurre un processo semplificato. Naturalmente, per quanto riguarda il risarcimento del contribuente nel caso di tributi indebitamente pagati, vi è spazio per migliorare le procedure interne, e questo richiede ulteriori ed approfondite ricerche.

5. Conclusioni

L’imposizione, quale lesione o piuttosto quale interferenza nel godimento del diritto di proprietà, è giustificata dall’interesse generale, ma solo se sono soddisfatte determinate condizioni. Dunque, il giudizio sul “giusto equilibrio” tra gli obiettivi di interesse generale perseguiti e le misure applicate nei casi che comportino un indebito tributario potrebbe essere essenziale per determinare l’esistenza di una violazione dell’articolo 1, primo protocollo della CEDU.

La Corte non presta molta attenzione agli elementi che potrebbero essere considerati nel giudizio di proporzionalità, in particolare all’interesse generale, stante l’ampio margine di apprezzamento dello Stato. Tuttavia, con la crescente attenzione alla tutela dei diritti umani, la Corte potrebbe ottenere risultati sempre migliori[22]. Inoltre, in termini di tutela dei diritti dei contribuenti, molti sono gli sforzi da compiere nel sistema di diritto interno, sia sul piano del diritto tributario formale che sostanziale.

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Footnotes    (↵ returns to text)
  1. Come citare questo articolo: J. Zheng, Indebito tributario e tutela del diritto di proprietà del contribuente secondo l’art. 1, primo protocollo, della CEDU, in Studi Tributari Europei, n. 2/2014 (www.seast.it/rivista), pagg.29-35.
  2. Junping Zheng, Dottoranda di ricerca in Diritto Tributario Europeo presso l’Università di Bologna. Traduzione a cura di Federico Aquilanti, Dottorando di ricerca in Diritto Tributario Europeo presso l’Università di Bologna.
  3. Ad esempio, l’articolo 31 della Costituzione spagnola, paragrafo 1, dispone che il sistema fiscale non può assumere un carattere confiscatorio
  4. La Cina, che non ha firmato o ratificato la CEDU, prevede all’articolo 13 della Costituzione: Lo Stato protegge il diritto dei cittadini di possedere legittimamente i redditi guadagnati, i risparmi, le case e altre proprietà legittime. Lo Stato tutela a norma di legge il diritto dei cittadini di ereditare la proprietà privata.
  5. La CEDU è una delle convenzioni internazionali in materia di tutela del diritto di proprietà. Menzione deve essere fatta anche del Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR).
  6. In termini sostanziali, la privazione dovrebbe essere basata sull’interesse pubblico; in termini formali, la legge o i principi generali del diritto internazionale, dovrebbero offrire le condizioni.
  7. Rusen Ergec, Taxation and Property Rights under the European Convention on Human Rights, Intertax Volume 39, Issue 1, p.3. Si veda, Sporrong e Lönnroth v Svezia, caso 7151/75; 7152/75, sentenza del 23 settembre 1982, § 61; Il Santi Monasteri contro Grecia, caso 13092/87; 13984/88, sentenza del 9 dicembre 1994, § 56.
  8. Ciò significa che l’ingerenza deve essere legittima, in particolare, la tassazione dovrebbe avere un fondamento giuridico. La Corte applica un ampio concetto di diritto, inoltre, le disposizioni applicabili di diritto interno devono essere accessibili, precise e prevedibili. Di solito questa regola è soddisfatta nei casi specifici, mentre, in alcuni casi, la Corte dichiara che vi è una violazione dell’articolo 1 del protocollo n. 1 sulla base del mancato rispetto del requisito della “qualità della legge”. Vedere Serkov v. Ukraine, sentenza del 7 luglio 2011.
  9. Ciò significa che l’interferenza deve perseguire uno scopo legittimo di interesse generale. A tale riguardo, le Autorità nazionali sono dotate di un ampio margine di apprezzamento, in particolare nel settore fiscale. Una decisione dello Stato è stata revocata solo in pochissimi casi. Si veda, SS Dangeville v. Francia, sentenza del 16 aprile 2002, § 56
  10. Si osservi, SA Dangeville v. Francia, sentenza del 16 aprile 2002.
  11. Si veda, Bulves AD v. Bulgaria, sentenza del 22 gennaio 2009 In questo caso, le Autorità hanno respinto la domanda del ricorrente per la restituzione dell’imposta pagata al fornitore per l’inosservanza degli obblighi di registrazione.
  12. Si veda, EKO-ELDA AVEE v. Grecia, sentenza del 9 marzo 2006.
  13. Ancora, Bulves AD v. Bulgaria, Sentenza del 22 gennaio 2009, paragrafo 34.
  14. Alcuni tipi di ‘interesse generale’ potrebbero normalmente essere confermati senza test approfonditi.
  15. Questa voce è sempre riconosciuta dalla Corte a condizione che vi sia una violazione dell’articolo 1; ma il calcolo dell’importo sarà soggetto al diritto interno.
  16. Questo è un termine facoltativo per il ricorrente, quando si afferma che il richiedente deve presentare una domanda dettagliata alla Corte per ottenere una sentenza favorevole. Così, Tserkov v. Ucraina, sentenza del 7 luglio 2011 § 51
  17. Compreso il costo delle vie di ricorso interne (difesa dinanzi alla Corte, il Tribunale amministrativo) e la CEDU. I costi saranno giudicati sulla base del principio di ragionevolezza (così come l’autenticità e la necessità), in particolare la consulenza legale e di rappresentanza. Si veda Eko-Elda AVE v. Grecia, sentenza del 9 mar 2006, § 42.
  18. Si è soliti aggiungere tre punti percentuali al tasso di ri-finanziamento marginale della Banca centrale europea.
  19. Il giudizio è di solito indicato come segue: il ricorrente può avere subito un danno non patrimoniale, e la sentenza prevede una compensazione sufficiente per esso.
  20. Sentenza del 7 luglio 2011, § 52.
  21. Questo non è il caso in Italia, in quanto vi è una procedura amministrativa preliminare. Per ulteriori dettagli sulla procedura di ricorso, si rinvia a N. Kleemans, The relationship between the national systems of legal protection of the taxpayer and the European Convention on Human Rights, EC TAX REVIEW, 2000-1, p.46.
  22. Come si vede per i rimedi nei casi di indebito versamento, la Corte è stata favorevolmente disposta agli interessi dei contribuenti negli ultimi anni; ciò deve essere valorizzato.