Tendenze del diritto tributario croato in materia di legislazione CFC [1]

Šime Jozipović [2]

1. Introduzione

Dopo un lungo e intenso processo di adesione, la Repubblica di Croazia recentemente è diventata il 28° Stato membro dell’Unione Europea [3]. A seguito di un processo di riforma ad ampio raggio in tutti i settori rilevanti, la Croazia ha finalmente raggiunto un livello accettabile di armonizzazione con l’acquis communitarie [4]. Una delle aree influenzate dal processo di adesione è stato il settore della fiscalità internazionale (principalmente inter-europeo). Molti casi recenti hanno rivelato che anche gli Stati che da molto tempo sono membri dell’Unione Europea a volte hanno difficoltà ad armonizzare la loro legislazione fiscale con le norme europee. Ciò è dovuto, soprattutto, alla struttura complessa del diritto tributario internazionale [5]. Nonostante il fatto che il diritto tributario croato sia stato fortemente influenzato dai sistemi fiscali tedesco, austriaco e di altri Stati europei, le norme sulla fiscalità internazionale, in particolare in materia di meccanismi di protezione contro l’elusione fiscale, in parte divergono dai sistemi citati. Ciò è particolarmente evidente per quanto riguarda la normativa CFC, che in molti paesi europei è altamente sviluppata e fiscalmente rilevante [6], mentre in Croazia è piuttosto trascurata.

Diversamente dal diritto tributario tedesco [7], quello croato non è dotato di un codice fiscale internazionale, ma piuttosto disciplina le questioni in materia di fiscalità internazionale nel codice generale delle imposte e nelle rispettive norme fiscali speciali [8]. Questa è la conseguenza di una serie di fattori: il numero limitato di partners commerciali internazionali rilevanti [9], una buona rete di convenzioni contro le doppie imposizioni [10], ma anche le limitate esperienze con problematiche relative alla fiscalità internazionale [11]. La fissazione di regole nelle convenzioni contro le doppie imposizioni ha anche portato ad una regolamentazione frammentaria in materia di società controllate. Mentre le società controllate residenti in Croazia sono soggette a norme che limitano alcune prospettive di pianificazione fiscale [12], il regime croato delle CFC si applica solo in uno spettro molto ristretto di casi in conseguenza della bassa pressione fiscale sulle società e di alcune particolarità del sistema fiscale croato. Le rispettive regole sono attuate nelle diverse leggi fiscali e definite attraverso regolamenti interni del Ministero delle Finanze che modellano i confini tra l’elusione fiscale illegale ed i legali metodi di pianificazione. Mente questo approccio limitato ha il vantaggio di poter essere più probabilmente accettato nella prospettiva della legislazione europea [13], il suo più grande svantaggio è il campo di applicazione estremamente ristretto.

Questo problema è stato in gran parte ignorato in passato, ma recentemente ha iniziato a porsi al centro della discussione, dopo che il Ministero delle Finanze ha iniziato la sua campagna nazionale contro l’evasione fiscale [14]. L’attuale ministro delle Finanze croato ha definito gli obiettivi della campagna, quali la creazione di un ambiente governato dall’idea di un’equa posizione sul mercato per tutti i soggetti fiscali, che può essere creata solo attraverso una tassazione obiettiva e globale [15]. Questo obiettivo non può essere raggiunto con l’attuale legislazione in materia di diritto internazionale. Pertanto il Ministero delle Finanze ha iniziato a lavorare ad una strategia di riforma del diritto tributario internazionale croato, comprese le norme che contrastano l’evasione fiscale, in particolare attraverso le società controllate con sede in paradisi fiscali. La riforma definitiva potrebbe rivoluzionare il modo di affrontare le questioni fiscali internazionali in Croazia, come pure, però, potrebbe essere origine di incertezza giuridica. Dal momento che la normativa CFC rappresenta un elemento importante della riforma ed è, quasi completamente, stata esclusa dalle discussioni teoriche e pratiche, l’analisi della sua posizione all’interno del più ampio contesto del sistema fiscale croato è essenziale per lo sviluppo del diritto tributario croato globalmente inteso.

Pertanto, questo articolo presenta la disciplina, in realtà molto limitata, delle società estere controllate in Croazia e le principali questioni con le quali il Ministero delle Finanze si dovrà confrontare nel prossimo futuro. Successivamente, l’articolo analizzerà, per la prima volta nella dottrina croata, le ragioni che hanno portato ad un tale sistema di protezione, incluse quindi le peculiarità del quadro costituzionale croato, nonché le influenze economiche e finanziarie in questo settore. Sulla base di questa analisi, l’articolo descrive i confini unici della legislazione fiscale croata in questo settore e definisce, altresì, le interrelazioni, precedentemente non esplorate, delle norme vigenti in materia di el fiscale relativamente alla loro influenza sulla legislazione CFC, dando anche un giudizio su possibili prospettive di una necessaria riforma in questo settore.

2. Il sistema fiscale croato

2.1. La definizione di società controllate

Il diritto tributario croato definisce esattamente le società controllate quali società in cui un’altra società può esercitare un’influenza decisiva, diretta o indiretta, o sulle quali un altro ente ha il “controllo”, mentre il significato di controllo nel campo del diritto tributario è legalmente definito [16]. Quindi, secondo la nozione fornita dal codice fiscale croato, esiste un “controllo” se sono soddisfatti i criteri di cui sopra, o mediante l’instaurazione di un rapporto che soddisfi i predetti criteri, tra una persona fisica e una società; o se è presente uno dei seguenti requisiti [17]:

1. La società controllante detiene la maggioranza delle azioni della società controllata o detiene la maggioranza dei diritti di voto;

2. La società controllante ha il diritto di eleggere o nominare e/o revocare la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione o la maggioranza degli amministratori esecutivi, o del consiglio di sorveglianza

3. La società controllante, di diritto o di fatto, esercita l’influenza dominante sulla società;

4. La società controllante ha il diritto di controllare la politica finanziaria ed aziendale della società in base allo statuto, ad un contratto o di qualsiasi altro atto o accordo giuridico;

5. La società controllante controlla più del 50% dei diritti di voto in base a un accordo speciale

6. La società controllante ha il potere di indirizzare la maggioranza dei voti in sede di riunioni del consiglio di amministrazione della società.

Mentre questi elementi ricordano le norme base che definiscono ed individuano le società controllate nell’ambito di alcuni regimi CFC [18], la legge croata li considera, per lo più, alla stregua di un metodo per definire con più precisione le società affiliate e per prevenire particolari schemi di frode fiscale.

2.2. Il trattamento fiscale di redditi e profitti nel diritto tributario croato

Il sistema fiscale croato contiene alcune norme particolari in materia di imposizione sul reddito e sulle società, che influenzano fortemente le disposizioni in materia di fiscalità internazionale. La normativa CFC, in particolare, riflette la posizione nazionale nei confronti delle tematiche riguardanti il trattamento di alcuni tipi di reddito, principalmente redditi di capitale, ma anche di altre fonti di reddito problematiche [19]. Pertanto, è necessario analizzare i concetti di base della tassazione croata delle società e dei redditi da capitale, al fine di comprendere i provvedimenti che il legislatore ha integrato nella legislazione croata stessa, per garantire un gettito fiscale stabile e un sistema fiscale giusto in generale. A questo scopo, l’analisi che segue prende in considerazione gli elementi essenziali dell’attuale sistema fiscale croato descrivendo, allo stesso tempo, gli sviluppi storici che hanno portato alla situazione odierna.

Nella Repubblica di Croazia, l’imposta sulle società si applica alle società di capitali e, in alcuni casi, ad altri tipi di società o anche a persone fisiche che soddisfino specifici requisiti [20]. Ma, ai fini del tema che qui si indaga, l’analisi della tassazione delle società di capitali è centrale, mentre le altre situazioni particolari possono essere considerate quali casi piuttosto teorici. L’aliquota dell’imposta sulle società croata è pari al 20% dell’utile netto della società [21]. Vista l’esistenza di alcune norme sulla limitazione dei fattori che riducono la base imponibile [22], il regime fiscale societario croato può essere considerato piuttosto favorevole. Dalla combinazione di questi elementi, risulta relativamente bassa la contribuzione dell’imposta sulle società al gettito fiscale complessivo, nella misura approssimativa del 7% [23]. Il sistema fiscale croato ha una propensione piuttosto bassa verso la tassazione diretta delle imprese. Ciò può essere considerato quale specifica conseguenza dello sviluppo storico della tassazione, in generale, delle imprese in Croazia [24]. Mentre il precedente sistema socialista limitava in modo severo le libertà economiche delle imprese private, la legge croata attuale è, in teoria, basata su un approccio che sostiene e stimola gli investimenti [25].

L’ideale di sostegno e stimolo per gli investitori ha anche ispirato una recente riforma fiscale che ha introdotto la possibilità di un differimento della tassazione degli utili reinvestiti. In sostanza, tutti gli utili netti di una società che di solito sono tassati con l’aliquota del 20%, non vengono affatto tassati se la società li reinveste nella propria attività. Questa previsione offre praticamente alle imprese una soluzione legale e di “benvenuto” al fine di evitare la tassazione, senza la necessità di ricorrere ad una struttura complessa come quella alla base del fenomeno CFC. Se questa struttura si propone di stimolare le imprese a reinvestire i loro profitti, essa tuttavia presenta anche un effetto negativo sull’inserimento di nuovi capitali a causa dell’insicurezza degli investitori circa la futura politica di distribuzione dei dividendi da parte della società [26]. Per prevenire le frodi fiscali, il legislatore ha limitato la possibilità di reinvestire i profitti attraverso regole che sono in parte simili alle regole standard sulle CFC, nonché attraverso specifici requisiti formali che permettono un migliore controllo dell’intero processo. Eppure, questa opzione rappresenta una pietra miliare nel diritto tributario croato e una fonte significativa in vista di future evoluzioni giuridiche in questo campo.

Il regime di tassazione dei dividendi è anche una conseguenza delle recenti riforme. Mentre si è a lungo discusso se la tassazione dei dividendi rappresentasse un’incostituzionale doppia imposizione (economica), secondo il diritto tributario croato [27] l’introduzione di una imposta sui dividendi era il contrappeso previsto per le modifiche del regime fiscale delle società. I redditi da dividendi sono tassati con un’aliquota del 12% [28]. Le società di capitali sono in genere esentate dall’imposta sui dividendi a causa della altrimenti evidente doppia imposizione [29]. L’esenzione non si applica per i dividendi distribuiti a società di capitali straniere, per i quali esiste una ritenuta fiscale generale del 12% [30]. Questa norma esclude le società all’interno dell’UE, se soddisfano i necessari requisiti [31]. Il reddito da dividendi è il risultato dei versamenti della società al socio e, anche se si colpisce un altro soggetto fiscale, è in rapporto diretto con il trattamento degli utili delle società (ad esempio, il suo reinvestimento o versamento). Pertanto, anche se la tassazione dei dividendi rappresenta una misura fiscale con l’obiettivo di alleviare gli effetti negativi sul reddito fiscale a seguito della sospensione di imposta per gli utili reinvestiti, osservata dal punto di vista economico deve invece essere considerata un’ulteriore distorsione della pressione fiscale, a favore degli azionisti delle società che reinvestono i loro profitti rispetto al trattamento fiscale degli azionisti di società che distribuiscono i loro profitti, e quindi devono sostenere l’intero onere fiscale.

La non tassazione degli utili reinvestiti, unitamente alla mancanza di una base imponibile quando i profitti non vengono distribuiti, crea un enorme divario tra le società che reinvestono i loro profitti e le società che non li reinvestono. Questo problema è già stato ampiamente discusso a livello internazionale in materia di aliquote “0%” dell’imposta sulle società nei paradisi fiscali e dei vantaggi che emergono per un investimento a lungo termine in tali paesi [32]. Di conseguenza, l’attuale sistema fiscale croato può essere considerato come favorevole agli investimenti, in una misura raramente riscontrabile in un paese con una pressione fiscale generale in linea rispetto agli standard europei. Tali cambiamenti radicali nel sistema fiscale di un paese porteranno probabilmente a lacune nel sistema stesso, nonché ad aumentare il livello di evasione fiscale. Questo vale in particolare per le misure che accordano direttamente i benefici fiscali. La situazione diventa ancora più complicata quando la si osserva in un ambiente internazionale con (re-)investimenti transfrontalieri e limitazioni dei meccanismi di controllo esistenti nello Stato. Pertanto, nel testo che segue, verranno analizzati i metodi di protezione che hanno trovato attuazione nella nuova disciplina e la loro connessione con le società estere controllate.

2.3. L’esenzione fiscale (differimento) per gli utili reinvestiti

Il differimento dell’imposizione per gli utili reinvestiti è uno degli elementi chiave della nuova tassazione societaria croata [33]. La legge sull’imposta sulle società non contiene una norma esplicita che definisce il trattamento favorevole degli utili reinvestiti in termini di sospensione di imposta, quanto piuttosto di esenzione fiscale, ciononostante ha l’effetto di fatto di un differimento d’imposta. Il soggetto è esente da imposte sugli utili che vengono reinvestiti, ma nel caso di una distribuzione di utili che non modifichi il valore nominale del profitto reinvestito, il profitto inizialmente esentato verrebbe tassato. L’effetto di differimento è ulteriormente disciplinato nella normativa dell’imposta sulle società [34]. Ma deve essere considerato piuttosto una conseguenza della sistematica interna della normativa fiscale croata e perciò una norma dedotta dalle norme costituzionali e dai valori fondamentali del sistema fiscale, che legittima tale normativa a limitare severamente la posizione del soggetto fiscale.

La procedura per l’applicazione di un’esenzione dall’imposta sul capitale reinvestito prevede condizioni rigorose. In primo luogo, il reddito imponibile del periodo deve essere utilizzato per aumentare il capitale nominale della società [35]. Questo aumento deve essere registrato nella cancelleria del Tribunale, in conformità con i regolamenti speciali [36]. Sulla base di questa registrazione, il soggetto può presentare una richiesta di esenzione all’interno della sua dichiarazione fiscale o sei mesi dopo averla presentata [37]. Nella dichiarazione fiscale deve essere inclusa la dichiarazione circa la destinazione degli utili, inclusi quelli reinvestiti [38], nonché una panoramica sulle riserve di capitale della società [39]. Una richiesta che soddisfi tutti gli elementi della procedura predeterminata deve essere accolta a prescindere dall’utilizzo concreto che degli utili reinvestiti sia stato fatto, tranne in due casi specifici:

  1. Se il profitto da reinvestire è realizzato all’interno del settore bancario e finanziario, non può essere esentato indipendentemente dagli scopi del reinvestimento [40]. Tale previsione tiene in considerazione la posizione particolare del settore bancario e finanziario come un settore sui generis; in base alle particolari situazioni di fatto e di diritto in questo settore è molto più probabile che i profitti siano fatti circolare così che un efficace controllo diventa quasi impossibile. In aggiunta a ciò, le istituzioni finanziarie sono preparate per investimenti a lungo termine come parte della loro strategia di business. Applicare a questo settore la previsione in materia di reinvestimento del profitto avrebbe trasformato la Croazia in un paradiso fiscale ideale come destinazione per la creazione di imprese controllate ed allo stesso tempo, sul lungo termine, avrebbe posto la Croazia di fronte a consistenti riduzioni di gettito fiscale. Queste considerazioni, in particolare gli effetti fiscali di tale norma e la mancanza di effetti positivi diretti per l’economia croata, hanno portato all’esclusione di questo settore. La norma si applica quindi direttamente all’origine del profitto e non sulla base dello scopo del reinvestimento stesso. Tale costellazione mostra che il legislatore in genere non percepisce gli investimenti in questo settore come problematici, ma piuttosto vede come necessario tassarli alla loro emersione.
  2. L’esenzione non si applica ai casi in cui l’aumento del capitale nominale è avvenuto con l’obiettivo di eludere le imposte o realizzare frodi fiscali [41]. Poiché il termine di “elusione fiscale” non è ulteriormente specificato nella legge, esso deve essere interpretato in base allo scopo delle norme in materia di sospensione di imposta per gli utili reinvestiti e in base alla logica interna del sistema fiscale. Pertanto il termine “elusione” non può essere caratterizzato come ogni attività che è motivata dalla riduzione della pressione fiscale, in quanto il legislatore ha scelto questo effetto al fine di stimolare le imprese a reinvestire i profitti. Tuttavia, questo termine non può essere limitato alla evasione fiscale illegale attraverso metodi proibiti, perché ciò sarebbe già coperto dal concetto di frode fiscale. Pertanto, il termine di elusione fiscale nel contesto della normativa in materia di profitto reinvestito, deve essere definito come quell’attività avente ad oggetto l’abbassamento della pressione fiscale attraverso l’ottenimento di vantaggi mediante l’applicazione delle norme sulla sospensione di imposta per gli utili reinvestiti, senza che la stessa sia diretta a produrre un reinvestimento effettivo, bensì solo un risparmio fiscale.

Tutte le normative hanno in comune il fatto di non limitare la libertà essenziale dei soggetti imprenditoriali di utilizzare il loro profitto reinvestendolo per ogni scopo connesso alla loro attività. Questo include anche la creazione di nuove imprese, la costituzione di una società controllata o l’acquisizione di partecipazioni azionarie, purché entro i confini di cui sopra. Come risultato, gli effetti e limitazioni devono essere inseriti nel contesto di una società attiva sul piano internazionale. Le norme non escludono direttamente l’applicazione dell’esenzione agli investimenti internazionali. Né tali limitazioni sarebbero facili da giustificare nel rispetto delle regole del diritto costituzionale nazionale e del diritto dell’Unione europea. Pertanto, deve essere considerato che le limitazioni citate hanno una applicazione universale, ma date le circostanze attuali la loro prima applicazione sarà relativa a casi internazionali, in particolare ai casi riguardanti le CFC. Tale applicazione delle norme generali, anche se rappresenta un’eccezione nell’ambito della normativa CFC, non è unica in Croazia [42]. Tuttavia le specifiche del sistema richiedono soluzioni diverse rispetto a come sono generalmente attuate nelle legislazioni nazionali.

Un quesito interessante a questo proposito è quello relativo alla posizione che assumeranno gli altri Stati membri nei confronti di questo modello. Generalmente un sistema fiscale che ha un regime CFC sviluppato segue un approccio in base al quale i profitti generati da tali società vengono tassati, al momento della loro emersione, uniformemente al livello nazionale di tassazione, deducendo gli importi già tassati in capo alla società controllata. Tuttavia, poiché gli utili reinvestiti non sono tassati affatto, una società controllata in Croazia non pagherebbe alcuna imposta sugli stessi, rimanendo l’obbligo di pagare il 20% sugli utili solo nel caso in cui venissero successivamente distribuiti. Pertanto, se la società madre fosse tassata senza la deduzione di cui si è detto, nel caso in cui l’utile distribuito venisse tassato con un’aliquota del 20% al momento della distribuzione in Croazia, questo darebbe luogo ad una chiara situazione di doppia imposizione. Tuttavia, se la società madre viene tassata con un’aliquota ridotta, l’effetto di differimento rimane intatto. In considerazione del diritto della Croazia di continuare a tassare tale importo unitamente all’inclusione generale delle imposte estere nel calcolo dell’imposta dovuta per la società controllante, teoricamente sarebbe logico non tassare l’importo in discussione. Tuttavia, a causa delle conseguenze pratiche di vasta portata e le incertezze in merito allo sviluppo della normativa CFC nell’UE, una risposta certa non può essere data a questo punto. La risposta concreta a questa domanda, molto probabilmente, può essere trovata nelle singole relazioni tra la Croazia e altri Stati, in particolare nelle loro convenzioni contro le doppie imposizioni e nella posizione adottata dal ciascuno Stato rispetto alla normativa CFC. Tuttavia, l’esclusione dei profitti provenienti dal settore finanziario, nel tentativo di arginare possibili elusioni e frodi fiscali, deve essere apprezzato come un segno della buona volontà del legislatore croato di non compromettere altri sistemi fiscali.

2.4. Il fondamento costituzionale del sistema fiscale

Sulla base delle esperienze di molte altre costituzioni e atti costituzionali di più antica tradizione, gli autori della Costituzione croata hanno riconosciuto l’importanza del diritto tributario come un settore caratterizzato da grande discrezionalità governativa che può seriamente limitare i diritti umani fondamentali. Pertanto, i principi essenziali del diritto tributario che informano il sistema fiscale croato sono stati inclusi nella Costituzione. Quindi, la parità di trattamento tra i contribuenti e la tassazione sulla base della capacità economica [43] sono stati elementi fondamentali, che hanno influenzato fortemente il sistema fiscale croato sin dalle sue origini. Oltre alle norme speciali in materia di fiscalità, la Costituzione contiene, similmente ad altre costituzioni, norme che non sono principalmente dirette alla tassazione, ma che comunque contribuiscono notevolmente a plasmare il diritto tributario nazionale. Uno dei fattori chiave nel contesto del diritto fiscale internazionale e della normativa CFC, in particolare, è l’art. 49 comma 5, che definisce la libertà di ogni investitore di ritirare i propri capitali e profitti dal paese. Questa previsione, che in origine rappresentava una reazione alle norme anticapitaliste del precedente regime, ed era stata proposta per ridurre l’incertezza degli investitori in relazione a potenziali nazionalizzazioni o altre aggressioni al loro capitale, ha poi assunto un ruolo significativo per orientare l’attività del legislatore in Croazia. Osservando i leitmotiv di queste categorie costituzionali come un’unica entità in materia di fiscalità internazionale, essi creano una struttura di base che definisce i limiti e gli obblighi dello Stato di fornire un sistema fiscale “amichevole” verso il capitale ma comunque informato ad equità. Mentre la denotazione complessiva delle interazioni tra le norme costituzionali in materia di tassazione e le norme a protezione del capitale non può essere analizzata in questo articolo, la loro influenza sulla legislazione CFC può essere estrapolata dal loro significato storico, bilanciando i gli interessi opposti ad essi sottesi, all’interno di una più ampia logica di legittimità costituzionale. All’interno di questa predeterminazione, il confine tra dovere fiscale e libertà del capitale, nella legislazione croata, deve essere osservato in una prospettiva generale inclusiva. La libertà del capitale non è mai stata concepita come un diritto assoluto, ma come il risultato dello sviluppo generale di una società libera e democratica [44]. Tale libertà diventa, quindi, una derivazione dell’interesse dello Stato alla crescita economica e al benessere sociale. Di conseguenza, il diritto dello Stato in materia di tassazione e l’astratto diritto dei contribuenti alla parità di trattamento fiscale, da cui emerge il dovere dello Stato di perseguire una tassazione equa, sono da ritenersi applicabili prioritariamente rispetto alla semplice libertà di capitale, nel limite in cui i processi di tassazione si basino sui principi fiscali costituzionali e non influenzino l’essenza della libertà del capitale o comunque non la limitino in misura eccessiva.

L’applicazione di queste conclusioni alle regole fiscali internazionali rivela la chiara logica alla base del trattamento riservato alla pianificazione fiscale internazionale e al trasferimento del capitale attraverso la costituzione di CFC. Il legislatore, infatti, ha il diritto di tassare gli utili in capo alle società in cui sono stati generati. Tuttavia, dopo che il soggetto fiscale ha adempiuto le proprie obbligazioni, l’utile può essere liberamente spostato senza ulteriori interferenze dello Stato. Questa regola di base non può, a questo livello, risolvere le questioni emergenti dal complesso delle problematiche relative alle CFC, perché i profili internazionali della tematica provocano delle contraddizioni tra gli elementi delle regole di base. Così gli elementi del costrutto costituzionale devono essere analizzati nella situazione concreta del sistema fiscale croato e delle sue interazioni internazionali nei particolari casi di CFC.

3. La normativa CFC in Croazia come conseguenza del sistema fiscale

Sulla base del descritto sistema fiscale, la regolamentazione CFC croata diverge fortemente dagli altri sistemi europei. La disciplina CFC, solitamente, viene introdotta per limitare artificiali differimenti d’imposta attraverso entità off-shore a fiscalità ridotta. In Croazia la situazione è così particolare che la disciplina degli utili reinvestiti sposta l’attenzione dalla normativa CFC. Mentre le previsioni sulle CFC, generalmente, tentano di prevenire l’accumulo di profitti in una società, la legislazione croata in generale ammette, e addirittura stimola, tale comportamento. Pertanto, il punto centrale della discussione in relazione alla disciplina croata delle CFC può essere diviso in due categorie: le norme dirette ad evitare che i profitti generati in Croazia da società croate vengano poi trasferiti alle CFCs, e le norme riguardanti i profitti generati direttamente da CFC.

3.1. La disciplina dei profitti generati in Croazia e successivamente trasferiti a società estere controllate

Il sistema fiscale croato consente il reinvestimento degli utili generati senza tassare i rispettivi soggetti fiscali sulla base di tali profitti. Se questa è un’innovazione positiva che potrebbe sostenere la ripresa dell’economia croata su scala nazionale, tuttavia all’interno dell’area del diritto tributario internazionale ciò genera una serie di problemi; prima di tutto, va presa in considerazione la questione relativa all’applicazione di tale regola a casi internazionali. Nonostante questa misura sia stata prevista per i suoi effetti di sostegno nazionale al settore industriale, il legislatore non ha cercato di limitare il differimento della tassazione ai soli casi di reinvestimento nazionali. Questo deve essere considerato principalmente quale conseguenza della consapevolezza del punto di vista della Corte di Giustizia UE in merito a tali limitazioni [45]. Pertanto, il reinvestimento nella forma della costituzione e capitalizzazione di una CFC deve essere considerato legale. La possibilità di generare profitto e, invece di pagare le tasse su di esso, poterlo ricollocare a piacimento, genera un enorme potenziale di evasione fiscale. Ciò è stato considerato dal legislatore croato il quale, di conseguenza, ha previsto una regola generale anti-abuso che, unitamente al controllo preventivo degli investimenti, dovrebbe garantire una sufficiente protezione contro l’elusione e le frodi fiscali.

L’investimento nella costituzione, capitalizzazione o acquisto di azioni di una CFC, in generale, rappresenta una forma di reinvestimento lecita nella misura in cui rimanga all’interno dei limiti della normale attività economica [46]. L’investimento è, tuttavia, limitato attraverso le previsioni in materia di elusione e frodi fiscali. Tale disciplina, che si applica sia a casi nazionali che internazionali, può limitare in modo consistente le decisioni di una società che voglia investire in un paese straniero attraverso una sovvenzione. La regola del reinvestimento e, quindi, il relativo beneficio fiscale, si applica solo dopo che le autorità fiscali abbiano controllato la dichiarazione dei redditi relativa agli utili reinvestiti. Pertanto, il contribuente deve effettuare l’investimento e, successivamente, presentare la richiesta di agevolazione in dichiarazione dei redditi. Ciò potrebbe diventare problematico, e generare incertezza giuridica, specialmente nei casi internazionali, perché la norma stabilisce che il fisco può negare una tale approvazione nel caso in cui vi sia la possibilità di evasione fiscale. In questo caso, però, il contribuente ha il diritto di provare che il suo investimento si basa su interessi economici inerenti alla sua normale attività, e non mira unicamente al conseguimento di un risparmio d’imposta. La normativa croata in questo campo deve essere considerata come abbastanza rigorosa, perché fonda il potere di respingere una dichiarazione dei redditi unicamente sulla eventuale possibilità di evasione fiscale ma, considerando l’enorme potenziale di evasione fiscale che crea la disciplina relativa al reinvestimento degli utili, questo rappresenta un meccanismo necessario per la tutela degli interessi fiscali della Croazia. Tuttavia, tale meccanismo rimane discutibile perché la decisione deve essere presa dopo che l’investimento è già stato completato. La revisione preventiva di ogni singolo caso avrebbe condotto ad una maggiore certezza del diritto e sarebbe stata maggiormente in linea con il principio di buona fede relativamente alla procedura fiscale.

Se questo problema viene analizzato nel quadro dei principi costituzionali in materia fiscale, la relazione tra i principi fiscali e la libertà del capitale non rappresenta un problema, nel caso concreto, perché la parte di capitale già sottoposta ad imposizione successivamente è assolutamente libera, mentre la disciplina fiscale si applica solo sull’importo generalmente imponibile [47]. Questo porta anche, nel campo del diritto internazionale, ad evitare quei problemi che, in normali casi CFC, si manifestano nella delimitazione di due sistemi fiscali ugualmente sovrani [48]. D’altro canto, poi, va considerato se una tale disciplina possa rappresentare una violazione del principio di uguaglianza dei contribuenti. E’ molto più facile che i casi internazionali vengano considerati come rientranti nei confini dell’eccezione, e quindi le società che beneficiano di sussidi internazionali saranno poste in una posizione più protetta rispetto ad altre società. Questa situazione, però, rappresenta più una questione relativa all’applicazione pratica della norma che non un problema della legislazione. Se le autorità fiscali basano le loro decisioni su elementi oggettivi, piuttosto che sul semplice fatto che la sovvenzione sia localizzata in un altro paese, questa resterà chiaramente entro i parametri definiti dai principi fiscali della Costituzione. Pertanto, un “black-list approach” su questo tema non può essere considerato costituzionale, mentre un controllo sul singolo caso lo sarebbe. Tuttavia, la definizione concreta degli investimenti che sarebbero considerati rientranti nell’eccezione è stata, fino ad ora, evitata dalle autorità fiscali. E’ molto probabile che le autorità fiscali in futuro scelgano una combinazione tra una black-list non ufficiale e un successivo approfondimento dei casi corrispondenti. Tale approccio deve essere definito come estremamente immaturo e pericoloso e quindi si deve auspicare che la prassi applicativa di questa regola sia tale da fornire l’assoluta certezza necessaria per i soggetti d’imposta.

3.2. Le regole in materia di utili generati da una CFC

Accanto alla questione degli utili non tassati e messi in circolazione, deve essere inoltre considerata la situazione classica alla quale la legislazione CFC solitamente si applica. La legge croata permette già una sospensione d’imposta alle società; pertanto la questione della legislazione CFC a questo proposito potrebbe sembrare superflua, ma se il punto di vista viene spostato dall’effetto di differimento previsto dalla disciplina alle potenziali lacune fiscali generate da misure poste in essere dalle società controllate al di fuori dell’area di influenza dell’amministrazione fiscale croata [49], tale questione diventa molto rilevante. Oltre agli effetti fiscali negativi delle sospensioni d’imposta, la preoccupazione principale degli Stati che hanno determinati tipi di legislazione CFC è rivolta all’assenza di controllo sulle azioni delle CFC stesse e al pericolo di lacune fiscali derivanti da operazioni illegali della società. Relativamente alla Croazia, ciò apre un dibattito inconsueto.

Mentre gli altri legislatori tasserebbero solo la società controllante prima che questa riceva una distribuzione dalla società controllata, la legge croata non ha intenzione di tassare gli utili reinvestiti o i dividendi distribuiti fra le società, da quando il sistema fiscale croato e le norme costituzionali vietano un tale approccio. La libertà costituzionale del capitale vieta l’intrusione nei trasferimenti di capitale operati dalle società fino a quando il principio di equa tassazione in Croazia non sia messo in pericolo. Se si accetta l’equazione che il sistema fiscale croato non tassa gli utili a livello di società nazionali, ma solo a livello del reddito delle persone fisiche o dei soggetti stranieri, se essi non soddisfano determinati requisiti, questo ci porta ad alcune conclusioni degne di nota:

  1. se la società croata è solo una holding intermedia con azionisti all’interno della UE, che soddisfano determinati requisiti, non sussistono i presupposti per la tassazione in Croazia al livello delle società o dei dividendi. Pertanto, ulteriori meccanismi di protezione non sarebbero di per sé coerenti con il sistema fiscale.
  2. La necessità di protezione del potenziale reddito fiscale è principalmente limitato alla tassazione dei dividendi delle persone fisiche, e a causa dell’esenzione generale delle società dalla tassazione dei dividendi non può essere risolta attraverso le regole CFC, dato che una soluzione di questo tipo porterebbe ad un incostituzionale trattamento iniquo dei contribuenti.

Pertanto, il legislatore croato regola adeguatamente tale protezione mediante norme anti-elusive, come le regole sul transfer pricing e sul capitale di debito. Tuttavia, la normativa CFC è ancora rilevante in una certa misura sulla base delle norme anti-elusive all’interno della legge sull’imposta sulle società e del codice fiscale. Quindi, anche se la normativa CFC non fa scattare direttamente l’imposizione in capo alla società controllante, potrebbe in alcuni casi provocare la tassazione degli azionisti. Questo può accadere quando la creazione di una CFC è unicamente diretta all’evasione fiscale, e quindi la regola anti-elusiva prevista dalla disciplina sul reinvestimento, in correlazione con la normativa in materia di società controllate e in base ai valori costituzionali della parità di trattamento fiscale, crea le basi per disconoscere la costruzione operata e prevedere la tassazione diretta degli azionisti croati. Tuttavia, in pratica, le nuove regole sono state istituite da solo un anno e sussistono dubbi sul fatto che le autorità fiscali, se non in casi estremi, possano spingersi sino a tassare direttamente gli azionisti, soprattutto a causa della mancanza di esperienza e di giurisprudenza in questo campo. Pertanto la previsione di una norma CFC a copertura dei particolari casi nei quali il sistema fiscale croato rischia di essere eluso, va considerata una soluzione migliore e più realistica.

4. Conclusioni

Il sistema fiscale croato si differenzia in misura rilevante, nel suo diritto tributario internazionale, dal sistema fiscale della maggior parte dei paesi europei ed internazionali. Ciò è particolarmente evidente nel campo della tassazione delle società internazionali, nel quale la Croazia cerca di creare un sistema favorevole di imposizione societaria che, tuttavia, non rischi di essere percepito come un sistema fiscale privilegiato o al centro di potenziali iniziative dirette all’evasione fiscale. All’interno di questa struttura, la disciplina in materia di utili reinvestiti è un elemento essenziale della strategia economica dello Stato. Oltre agli effetti economici di un tale normativa, i suoi effetti fiscali, unitamente alla sua interazione con altri istituti di diritto tributario croato, creano un sistema fiscale che rende assai ridondante una legislazione CFC nella sua forma classica. Nell’ambito dell’analisi svolta in merito al sistema fiscale croato, tuttavia, è apparso evidente che, mentre la normativa risolve alcuni problemi che sono oggetto della legislazione CFC, ne crea di nuovi che devono essere risolti su un piano paragonabile a quello della legislazione CFC tradizionale.

Nell’ambito dell’analisi costituzionale condotta, sono emersi due elementi chiave che definiscono le ragioni che hanno portato lo Stato ad agire e le sue limitazioni per quanto riguarda i metodi applicabili. Il primo elemento chiave era relativo all’interazione dei principi fiscali costituzionali di uguaglianza e capacità economica. Attraverso la loro osservanza nei rispettivi contesti storici e comparativi, sono emersi confini e indicazioni chiare in materia di tassazione internazionale delle CFC. Il secondo elemento, la libertà del capitale, viceversa ha dettato una libertà più ampia in questo campo. Entrambi i principi sono stati armonizzati attraverso un’analisi teleologica della libertà del capitale, che ha dovuto sopportare i diritti di imposizione dello Stato. Al di là di queste conclusioni, l’attuale legislazione croata è stata analizzata criticamente e sono stati sottolineati i difetti del sistema attuale.

L’attuale legislazione croata contiene alcune norme che potrebbero essere considerate parte integrante di una normativa CFC. Tuttavia, la disciplina sul reinvestimento rende il sistema fiscale croato particolarmente degno di nota quale possibile destinazione per le CFC, e le norme che limitano l’esenzione fiscale sono, attraverso il loro impatto sui casi di CFC, di grande rilevanza per le società controllanti e controllate croate. Ma considerando le possibili soluzioni è lecito chiedersi se il legislatore non avrebbe potuto attuare meccanismi di protezione più miti che avrebbero potuto avere il medesimo effetto. Oltre a tali previsioni, la tassazione dei profitti esteri alla luce della frode fiscale rappresenta la seconda categoria di riferimento ai sensi del diritto tributario croato. Questo problema non è ancora stato analizzato approfonditamente dalle autorità fiscali e genera ancora incertezza giuridica. Nonostante, in linea generale, esista nell’ordinamento croato la base giuridica per la tassazione degli utili delle società estere controllate a livello degli azionisti attraverso la somma di una serie di regole, la cui interazione concreta ancora non è stata applicata in pratica, occorre tuttavia dubitare del fatto che un’applicazione concreta possa avvenire nelle circostanze attuali. Pertanto, la normativa croata in questo ambito deve essere specificata, così da garantire una posizione corretta, equa e trasparente delle autorità fiscali su questi temi. Di conseguenza, lo stato attuale delle cose deve essere rivisto, predisponendo regole più chiare unitamente alla promozione dei meccanismi di protezione contro l’evasione fiscale internazionale. Ciò diventa rilevante, soprattutto, quando viene inserito nel contesto delle reazioni degli altri regimi CFC rispetto metodo del differimento proprio del diritto croato che, fondamentalmente, in pratica attua l’effetto esattamente opposto rispetto a quello perseguito dalla maggior parte delle regole CFC.

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  1. Come citare questo articolo:

    Š. Jozipović, Tendenze del diritto tributario croato in materia di legislazione CFC, in Studi Tributari Europei, n. 1/2013 (ste.seast.org/it), pagg. 1-23.

  2. Šime Jozipović Mag. Iur., LLM ger. (LMU München) Ricercatore al Max Planck Institute in diritto tributario e finanza pubblica, contatto: simejozipovic@hotmail.com. Traduzione a cura di Dott.ssa Carlotta Armuzzi.
  3. Art. 3, comma 3. Trattato di adesione della Repubblica di Croazia all’Unione europea, Gazzetta ufficiale della Repubblica di Croazia – Narodne Novine (NN) 2/12. http://eur-lex.europa.eu/it/treaties/new-2-46.htm.
  4. Informazioni sui risultati dei negoziati di adesione all’UE della Croazia compilati dalla Direzione Generale per l’Allargamento della Commissione Europea – da novembre 2011, si veda: http://ec.europa.eu/croatia/index_hr.htm.
  5. Ad esempio, nel settore qui analizzato: CGE 12. 9. 2006, C-196/04, Cadbury Schweppes.
  6. Si veda: Wissenschaftlichen Beirat Steuern der Ernst & Young GmbH: Hinzurechnungsbesteuerung und gesonderte Feststellung von Besteuerungsgrundlagen IStR 2013, 549 fn., riferendosi a IBFD, European Tax Handbook 2012.
  7. Codice fiscale internazionale tedesco – legge sulla tassazione degli affari esteri (Foreign Tax Act) dall’8 Settembre 1972 (Gazzetta ufficiale federale I P. 1713), l’ultima volta modificato il 26 Giugno 2013 (Gazzetta ufficiale federale I, pag 1809).
  8. Per esempio art. 56 f. codice fiscale croato – OPCI porezni zakon NN 147/08, 18/11, 78/12, 136/12, 73/13.
  9. Si veda: Dr. sc. Vlatka Bilas: collegamenti commerciali croati ed europei – Gli atti dell Facoltà di Economia e Commercio di Zagabria, pag. 72.
  10. Informazioni circa l’applicazione della convenzione contro le doppie imposizioni, Primjena ugovora o izbjegavanju dvostrukog oporezivanja, pubblicato dal Ministero delle Finanze croato, p. 39, si veda: http://www.porezna-uprava.hr/HR_publikacije/Prirucnici_brosure/DvostukoOporezivanje_2011.pdf.
  11. Sotto il regime jugoslavo, la proprietà privata e l’imprenditorialità sono stati notevolmente limitati, al punto che molte delle questioni relative all’evasione fiscale internazionale, in un contesto moderno, non sono emerse. Dal 1991 al 1999 la Croazia era in gran parte isolata a livello internazionale e il sistema fiscale nel suo complesso non è stato sufficientemente funzionale a causa del conflitto in Jugoslavia e le problematiche emerse dallo stesso nei periodi successivi. Negli ultimi dieci anni sono stati compiuti rilevanti sviluppi nel settore della fiscalità internazionale. Tuttavia, un decennio non può essere considerato un tempo sufficiente per la creazione di una pratica fiscale autonoma in questo campo, tale da rendere il ricorso ad esperienze straniere obsoleto.
  12. Si veda, ad esempio: art. 31 d Sub. 3 per quanto riguarda i metodi di circolazione del profitto all’interno dell’UE, e limitante l’applicazione dell’art. 31 a – 31 d.
  13. Circa le problematiche europee e le azioni degli stati membri: Christian Möller: Die Hinzurechnungsbesteuerung ausgewählter EU-Mitgliedstaaten – Reaktionen auf Cadbury Schweppes IStR 2010, 166.
  14. P 16 f Linee guida del Ministero delle Finanze croato per la politica fiscale per il periodo 2014-2016, disponibili all’indirizzo: http://www.mfin.hr/hr/smjernice-ekonomske-i-fiskalne-politike.
  15. Si veda l’intervista con il Ministro delle Finanze, Slavko Linić, dal 2013/06/27. http://dnevnik.hr/vijesti/hrvatska/linic-nema-presije-kritiziraju-me-oni-koji-bi-probleme-rijesili-neplacanjem-poreza—292428.html.
  16. Art. 40. b Codice fiscale croato.
  17. Art. 40. c Codice fiscale croato.
  18. Si veda ad esempio Protzen AStG § 7 Steuerpflicht inländischer Gesellschafter, Außensteuergesetz Vol. 1 2009 Rn 191.
  19. La definizione delle fonti di reddito “problematiche” è una questione estremamente complessa, che ogni paese deve adattare alle specificità della situazione nazionale. Si vedano ad esempio le fonti di reddito particolari tematizzate nel modello statunitense, meglio descritte in: Andreas Demleitner Hinzurechnungsbesteuerung nach US-amerikanischem Recht IStR 2012, 461 f.
  20. Art 2 f. Legge croata sulla fiscalità d’impera – Zakon o porezu na dobit NN 177/04, 90/05, 57/06, 146/08, 80/10, 22/12.
  21. Art. 28 Legge croata sulla fiscalitàd’impresa.
  22. Si veda ad esempio: Kuzman Vujević: Amortizacija s troškovnog, poreznog i računovodstvenog aspekta “Pomorstvo” 19. (2005), str. 159-169 ; Vjekoslav Bratić & Ivica Urban: Porezni izdaci u HrvatskojFinancial theory and practice 30 (2) P. 129-194 (2006.)
  23. Rapporto fiscale annuale del ministero croato delle finanze disponibile su (p. 1): http://www.mfin.hr/hr/drzavni-proracun-2012-godina.
  24. Si veda: Božidar Jelčić ,Predrag Bejaković: Razvoj i perspektive oporezivanja u Hrvatskoj, 2011. P 171.
  25. Art. 48 f. Costituzione della Repubblica di Croazia – Ustav Republike Hrvatske NN 56/90, 135/97, 8/98, 113/00, 124/00, 28/01, 41/01, 55/01, 76/10, 85/10.
  26. A proposito di questo tema si veda per esempio: Rieckers in Spindler/Stilz, Aktiengesetz 2. Auflage 2010 AktG § 135 Ausübung des Stimmrechts durch Kreditinstitute und geschäftsmäßig Handelnde Rn. 52; Pinkernell: Das Steueroasen-Dilemma der amerikanischen IT-Konzerne IStR 2013, 180.
  27. Helena Blažević: Ekonomsko dvostruko oporezivanje u Hrvatskoj Economic Review , 53 (3-4) 362-390 (2002) P 363 f.
  28. Art. 51. Sub. 4. Legge sull’imposta sul reddito – Zakon o porezu na dohodak NN 177/04, 73/08, 80/10 , 114/11, 22/12, 144/12.
  29. Art. 6 Sub. 1 Nr. 1 legge croata sulla fiscalità d’impresa.
  30. Art. 31. Sub. 7. legge croata sulla fiscalità d’impresa.
  31. Art. 31.e Sub. 1. legge croata sulla fiscalità d’impresa.
  32. Si veda per esempio gli effetti sugli utili degli investimenti a lungo termine in paesi a bassa fiscalità in: Alexander Rust: CFC Legislation and EC Law INTERTAX, Vol. 36, I. 11 P 493.
  33. La nuova disciplina è stato l’elemento centrale ed ampiamente discusso della recente riforma fiscale. Circa l’importanza e l’impatto della disciplina relativa al reinvestimento, si veda l’intervista al Ministro delle finanze Slavko Linić from 5.9.2013 in Business.hr, http://www.business.hr/ekonomija-7/linic-gospodarstvenici-su-reinvestirali-oko-milijardu-kuna-dobiti-sto-se-negativno-odrazilo-na-proracun.
  34. Pravilnik o porezu na dobit NN 95/05, 133/07, 156/08, 146/09, 123/10, 137/11, 61/12 i 146/12.
  35. Art. 6. Sub. 1 Nr. 5 , Sub. 5. Income tax act, Art 12 a Sub. 1 Nr. 1 Regolamentazione sulla fiscalità d’impresa.
  36. Art 12 a Sub. 1 Nr. 2 Regolamentazione sulla fiscalità d’impresa.
  37. Art. 12 a Sub. 2 Regolamento sulla fiscalità d’impresa.
  38. Circa la procedura dettagliata si veda la posizione del Ministero delle Finanze sulla procedura di reinvestimento: Mišljenje porezne uprave – Porezna olakšica za reinvestiranu dobit Nr.:410-01/12-01/2897.
  39. Art. 12 a Sub. 4 Regolamentazione sulla fiscalità d’impresa.
  40. Art 6. Sub. 6. Legge sull’imposta sul reddito.
  41. Art 6. Sub. 7. Legge sull’imposta sul reddito.
  42. Si veda, ad esempio: Möller Die Hinzurechnungsbesteuerung ausgewählter EU-Mitgliedstaaten – Reaktionen auf Cadbury Schweppes IStR 2010 P 167f.
  43. Art. 51. Costituzione della Reppublica di Croazia.
  44. A proposito dello sviluppo sociale e la tutela del capitale: Arsen Bačić: Komentar Ustava Republike Hrvatske, 2002. P 145 f.
  45. Si veda: Christian Ranacher, Markus Frischhut: Handbuch Anwendung des EU-Rechts: mit Judikatur (EuGH, VfGH, VwGH, OGH) ; [Strukturprinzipien, Unionsbürgerschaft, Grundfreiheiten, doppelte Bindung, indirekter Vollzug, Rechtsschutz, Staatshaftung] P 187 f.
  46. Così come nel settore bancario e finanziario è esclusa la possibilità di reinvestire i profitti, ed i reinvestimenti devono restare nell’ambito della normale attività economica di una società, anche i reinvestimenti che abbiano il solo scopo di acquisire capitale finanziario non potranno mai essere considerati quali investimenti adeguati all’interno del regolamento di reinvestimento. Tuttavia, l’acquisizione strategica di utili di partner commerciali o di concorrenti può essere considerata quale reinvestimento, se tale acquisto è stato effettuato al fine concreto di un miglioramento della società in generale.
  47. La libertà del capitale croata va distinta da quella di base europea, perché quella croata si riferisce agli utili netti e al capitale investito. Pertanto, la libertà del capitale croata non può essere valutata attraverso gli standards della normativa europea e delle decisioni della Corte di Giustizia.
  48. A proposito di questo problema si veda: Kluge: Internationales Steuerrecht, 2000. P 412.
  49. Questa è stata una primaria considerazione per la realizzazione della prima reglamentazione CFC negli USA . Si veda: Revenue Act from 1962, P.L. 87-834, 87th Cong. 2d. Sess. (Oct 16, 1962). Si veda, a proposito dello sviluppo del regolamento: Dilworth: Tax Reform: International Tax Issues and Some Proposals, International Tax Journal 2009, p. 12 f.