Le exit taxes ed il diritto comunitario: l’esperienza spagnola

Adolfo Martín Jiménez, Jose Manuel Calderón Carrero [1]

1. Considerazioni preliminari

Oggetto del presente lavoro è lo studio delle questioni sollevate, dal punto vista comunitario, dalle c.d. “imposte in uscita” (o exit taxes ), che gli Stati membri della CE impongono in conseguenza del trasferimento di residenza o di domicilio di una persona fisica o di una persona giuridica nel territorio di un altro Stato membro.

Com’è noto, la Corte di Giustizia si è pronunciata in maniera specifica su questo tipo di imposizione in due occasioni (le cause de Lasteyrie du Saillant e N [2]) e in maniera indiretta in un’altra serie di pronunce (segnatamente nelle cause Van Hilten [3] e Daily Mail [4]). Ugualmente, nella sua Comunicazione Exit Taxation and the need for Co-ordination of Member State’s tax policies [5], la Comissione Europea ha preso posizione sul tema mettendo in evidenza i criteri che dovrebbero essere osservati dagli Stati membri nel configurare e applicare le proprie exit taxes in relazione ai trasferimenti di residenza delle persone fisiche o delle persone giuridiche in un altro Stato membro (così come ai trasferimenti di attivo tra casa madre e stabile organizzazione situata in un altro Stato membro). Il terzo elemento da tenere in considerazione nell’affrontare questo tema è la giurisprudenza elaborata dalla Corte di Giustizia in materia commerciale o societaria circa la compatibilità comunitaria della legislazione interna degli Stati membri che determina la nazionalità e lo status giuridico delle società nel quadro delle situazioni transnazionali comunitarie; in particolare, analizzeremo l’impatto esercitato in questo settore dalle pronunce della Corte nelle cause Daily Mail [6], Centros [7], Überseering [8], Sevic [9] ed Inspire Art [10].

Dato che questo studio è condotto in una prospettiva nazionale, l’analisi si concentrerà principalmente sulle questioni sollevate dalla legislazione fiscale spagnola con riguardo al trasferimento della residenza o del domicilio di persone fisiche o giuridiche nel territorio di altri Stati membri. A tale fine, il nostro lavoro si strutturerà in due parti ben distinte. Da un lato, esamineremo le problematiche relative alle persone fisiche, evidenziando che, nonostante il fatto che l’ordinamento spagnolo non preveda exit taxes in senso proprio, esistono figure nella disciplina dell’imposta sui redditi delle persone fisiche che hanno effetti restrittivi equipollenti a quelli derivanti dall’applicazione di exit taxes vere e proprie, e in questo senso riteniamo che si possano sollevare dubbi sulla loro compatibilità col Diritto comunitario. Dall’altro, tenteremo di analizzare le problematiche connesse al trasferimento della sede legale o della sede di direzione effettiva di una società residente in Spagna in un altro Stato membro, nelle ipotesi in cui la legislazione fiscale spagnola stabilisce forme di tassazione in uscita legate al trasferimento della residenza di una persona giuridica in un altro Stato. Peraltro, l’imposta risulta ugualmente esigibile nei casi di trasferimento a soggetto estero di beni afferenti ad una stabile organizzazione spagnola.

La principale conclusione che si può ricavare dalla presente analisi è la constatazione dell’esistenza di vari punti di frizione tra il Diritto comunitario e la legislazione fiscale spagnola, con riguardo all’imposizione sia delle persone fisiche sia delle società. In questo senso riteniamo che la normativa spagnola non si trovi allineata con la giurisprudenza comunitaria in tema di exit taxes , e che neppure osservi correttamente le linee guida elaborate dalla Commissione in materia.

2. Le exit taxes relative alle persone fisiche nell’ordinamento spagnolo

In primo luogo, occorre osservare che non esistono vere e proprie exit taxes che colpiscano il trasferimento della residenza fiscale delle persone fisiche nel territorio di un altro Stato (che sia o non sia membro dell’Unione Europea). Vale a dire che l’attuale disciplina dell’imposta sui redditi delle persone fisiche spagnola (nel prosieguo definita IRPF) (Ley 35/2006, del 28 de novembre [11]) non stabilisce nessuna exit tax in relazione al trasferimento all’estero della residenza (fiscale) delle persone fisiche.

La normativa spagnola, infatti, non detta una disciplina espressa sul tema della perdita di residenza fiscale dovuta al trasferimento del domicilio del contribuente nel territorio di un altro Stato membro (fatta eccezione per quanto riguarda la deduzione delle ritenute fiscali effettuate quando tale soggetto era residente – per cui si rimanda all’articolo 52 del Real Decreto Legislativo 5/2004, del 5 di marzo [12], relativo all’Imposta sui redditi dei non residenti). Perciò, tale questione si risolve attraverso l’applicazione (in negativo) dei criteri di connessione che determinano la residenza fiscale spagnola. Al contrario, il trasferimento della residenza fiscale in territorio spagnolo è oggetto di una regolamentazione sia di carattere generale diretta a facilitare la “gestione tributaria” di siffatto nuovo status fiscale (si veda, ad esempio, per quanto riguarda la pratica delle ritenute fiscali, l’art. 99.8 della legge 35/2006), sia di carattere speciale per agevolare il trasferimento dei lavoratori nel territorio spagnolo (il regime speciale dei rimpatriati di cui all’articolo 93 della legge 35/2006). In questo senso, non troviamo nessun punto di conflitto tra il Diritto comunitario (e le sentenze della Corte di Giustizia de Lasteyrie du Saillant [13] e N [14]) e la legislazione spagnola del IRPF che disciplina la residenza fiscale.

Tuttavia, non si può fare a meno di segnalare che la normativa spagnola in materia di IRPF contiene due norme che, pur non creando autentiche exit taxes, potrebbero produrre effetti restrittivi nei mutamenti di residenza fiscale di un contribuente verso un altro Stato membro della CE.

In primo luogo, l’articolo 14 della Legge 35/2006 [15] contiene la disciplina della imputazione temporale dei redditi, stabilendo nel comma 3 una regola che riguarda specificamente i mutamenti di residenza:

“Nel caso in cui il contribuente muti il suo status di residente, tutti i redditi che devono ancora essere imputati ad un periodo d’imposta, dovranno concorrere a formare la base imponibile dell’ultimo periodo d’imposta, alle condizioni che verrano fissate con regolamento, effettuando, se del caso, un’autoliquidazione, senza applicazione di sanzioni né interessi di mora, né di alcuna maggiorazione”.

La fattispecie regolata dall’articolo 14.3 della Legge 35/2006 [16] presenta alcuni aspetti in comune con una exit tax che non sia configurata come una clausola antiabuso, com’era accaduto nel caso olandese oggetto della pronuncia della Corte di Giustizia nella causa N [17]. In questo senso, risulta difficile negare che la specifica norma d’imputazione collegata al cambiamento di residenza fiscale possa avere effetti restrittivi sotto il profilo tributario. Senza tale trasferimento di residenza, infatti, i redditi non sarebbero compresi nella base imponibile né tanto meno tassati fino al verificarsi del presupposto del corrispondente criterio d’imputazione; l’applicazione di questa norma, invece, dà luogo ad un’anticipazione del pagamento delle imposte motivata dal cambiamento di residenza, tale perciò da restringere o dissuadere dall’esercizio di una libertà comunitaria fondamentale nelle ipotesi di trasferimento in un altro Stato membro della UE o anche in uno Stato parte dell’Accordo sullo Spazio Economico Europeo. In entrambi i casi, a prescindere dalla qualificazione di tale Stato come paradiso fiscale. Il richiamo alla sentenza della Corte di Giustizia nel caso N potrebbe valere nella fattispecie a disapplicare il regime speciale descritto e ad applicare, in sostituzione, quello generale di cui all’articolo 14 della Legge 35/2006 [18], senza pregiudizio per l’obbligo del contribuente di liquidare l’imposta sui redditi non ancora prodotti. Non c’è bisogno di dire che tale disapplicazione dovrebbe limitarsi ai casi di mutamento di residenza che interessano Stati membri della UE.

In secondo luogo, si applica ai fini IRPF il regime di “estensione della residenza fiscale” conosciuto internazionalmente come extended unlimited tax liability oppure trailing taxes. Specificamente, l’articolo 8.2 della Legge 35/2006 sull’IRPF stabilisce che:

“Non perderanno il loro status di soggetti passivi dell’imposta le persone fisiche di nazionalità spagnola che stabiliscano la loro residenza in un Paese o territorio considerato come paradiso fiscale. La disposizione si applicherà nell’esercizio fiscale in cui si é trasferita la residenza e nei quattro successivi”.

Si tratta di una clausola antiabuso che penalizza i trasferimenti di residenza dalla Spagna verso un Paese o territorio qualificato come paradiso fiscale ai sensi della normativa spagnola. A tale scopo, bisogna rilevare che l’elenco spagnolo di paradisi fiscali (Real Decreto 1080/1991 [19]) include Stati membri della UE (es. Cipro) nonché Stati che fanno parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo AEEE/EFTA (es. il Liechtenstein), cosa che, come vedremo in seguito, potrebbe sollevare dubbi di compatibilità col Diritto comunitario.

Tornando alla già menzionata clausola antiabuso si deve evidenziare che il suo presupposto fa riferimento all’ipotesi in cui una persona fisica di nazionalità spagnola, fiscalmente residente in Spagna nel periodo d’imposta in cui si realizza il trasferimento di residenza in un Paese o in un territorio qualificato come paradiso fiscale, invoca un cambiamento di status fiscale rispetto alla legislazione (fiscale) e nei confronti dell’amministrazione spagnola, appellandosi alla sua condizione di non residente in Spagna, derivante proprio dal trasferimento di residenza (fiscale) in un altro Paese. La norma spagnola non permette al contribuente di dimostrare che il cambiamento di residenza è reale ed effettivo oppure che risponde a valide ragioni economiche. Al contrario, ci si trova di fronte ad una presunzione assoluta di elusione fiscale che, come tale, non ammette prova contraria. Ne consegue che questa persona fisica continua ad essere considerata residente in Spagna, agli effetti dell’IRPF (ma senza ulteriori conseguenze nell’ambito né dell’Imposta sul patrimonio né dell’Imposta sulle successioni e donazioni) per il periodo d’imposta in cui si effettua il mutamento di residenza e nei quattro seguenti.

Al riguardo, occorre osservare che la clausola antiabuso spagnola non si pone l’obiettivo di evitare costruzioni puramente abusive o totalmente artificiose come U-turns, ma, al contrario, viene applicata a tutte le operazioni di trasferimento di residenza verso un paradiso fiscale, indipendentemente, cioè, dalla natura elusiva o legittima (cioè di buona fede, fondata su un cambiamento reale ed effettivo della residenza e del domicilio della persona e dettata da motivazioni non puramente fiscali, come ad esempio esigenze lavorative o professionali) di tale trasferimento. é proprio questa configurazione della clausola antiabuso spagnola che solleva seri dubbi di compatibilità con la giurisprudenza della Corte di Giustizia sulle misure fiscali nazionali antievasive (v. Cadbury Schweppes C-196/04 [20], de Lasteyrie du Saillant [21], Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation, C-524/04 [22]), quando viene applicata a trasferimenti di residenza in uno Stato membro della UE (Gibilterra, Cipro) o in uno Stato parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo (Liechtenstein) [23]. Tuttavia, deve osservarsi che la norma spagnola non configura una exit tax in senso stretto, in quanto la conseguenza derivante dalla realizzazione della fattispecie normativa non implica la esigibilità di un’imposta sull’incremento di valore degli elementi positivi di reddito non realizzati (imposizione sulle plusvalenze latenti non realizzate). La clausola antiabuso spagnola stabilisce, invece, che in questi casi il contribuente continui a essere considerato residente in Spagna per quattro anni (indipendentemente dal fatto che presenti o meno quegli elementi di collegamento che, sotto il profilo fiscale, determinano la residenza abituale nel territorio spagnolo).

Alla luce di tutto ciò, a nostro avviso, l’attuazione della norma antiabuso spagnola potrebbe provocare restrizioni all’esercizio delle libertà fondamentali del TCE (libertà di stabilimento, libera circolazione dei lavoratori e libera prestazione dei servizi) e la sua compatibilità con la giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di misure fiscali nazionali antievasive è più che dubbia, qualora sia applicata nei casi di trasferimento della residenza in territori o Stati membri della UE o in Stati parte dell’accordo sullo Spazio economico europeo (qualificati come paradisi fiscali).

è certo, tuttavia, che la Corte di Giustizia nella sentenza del 23 febbraio 2006 (C-513/03, van Hilten-van der Heijden [24]) ha ritenuto compatibile la norma olandese relativa all’imposta sulle successioni e sulle donazioni, in virtù della quale i cittadini olandesi che hanno risieduto nei Paesi Bassi e che sono deceduti o hanno fatto una donazione durante i dieci anni successivi all’abbandono del proprio domicilio nel Paese, sono considerati residenti nei Paesi Bassi al momento della morte oppure della donazione. Questa affermazione di compatibilità comunitaria è fondata su una particolare interpretazione della clausola, in relazione ad una vicenda riferita a un trasferimento di domicilio da uno Stato membro (Olanda) ad un paese terzo (Svizzera) (anche se passando per una destinazione comunitaria intermedia). In specifico, la Corte di Giustizia ha affermato che:

a) le successioni costituiscono movimenti di capitali nel significato di cui all’articolo 73.B TCE [25], ma la regola dell’estensione della residenza fiscale dei cittadini olandesi che si trasferiscono in altri Paesi non provoca una restrizione sotto il profilo fiscale (il che è assai discutibile);

b) il fatto che la normativa nazionale disincentivi un cittadino che desideri trasferire il suo domicilio in un altro Stato e, quindi, ostacoli il suo diritto alla libera circolazione, non può essere qualificato, soltanto per questo motivo, come restrizione ai movimenti di capitali, nel significato di cui all’articolo 73 B TCE; e

c) il fatto che la norma olandese costituisca una clausola antielusiva è stato considerato irrilevante.

In questo senso, riteniamo che dalla giurisprudenza Van Hilten [26] non possa ricavarsi un principio generale in favore della compatibilità comunitaria di queste clausole di estensione della residenza fiscale, in particolar modo quando sono costruite come misure antielusione e sono applicabili in relazione ai trasferimenti di residenza o domicilio da uno Stato membro ad un altro (applicandosi così altre libertà fondamentali diverse dalla libera circolazione di capitali).

La dottrina [27] ha criticato la sentenza Van Hilten , ritenendo che il criterio adottato dall’Olanda per attribuirsi la “giurisdizione tributaria” sul contribuente non rappresenta un criterio fondato sui principi fiscali internazionali consolidati (ad es. il modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni). In questo senso, la giurisprudenza Van Hilten (così come la recente pronuncia Kerckhaert-Morres [28]) potrebbe essere interpretata nel senso di rafforzare l’autonomia o la competenza esclusiva degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione della portata della loro giurisdizione fiscale, tratteggiando una sorta di “carta bianca” in questa materia. Tuttavia, a nostro avviso le norme delimitatrici della giurisdizione fiscale continuano ad essere assoggettate al controllo di compatibilità comunitario e devono fondarsi sui principi consolidati di fiscalità internazionale (in particolare il Modello OCSE), specialmente quando questi criteri di soggezione fiscale consacrano autentiche misure antiabuso.

La terza norma in materia di IRPF che può provocare effetti restrittivi equipollenti a quelli delle exit tax è quella dell’articolo 88.3 del Testo Unico della Legge sull’Imposta delle Società (in seguito, TULIS). Questa disposizione disciplina il regime sostanziale dell’imposizione dei soci nelle operazioni di fusione, fusione per incorporazione nonché scissione totale o parziale. La regola principale prevista nell’articolo 88 TULIS è il differimento della tassazione delle plusvalenze eventualmente ottenute dal socio (persona fisica) in conseguenza di un’operazione di ristrutturazione d’impresa (fusione, fusione per incorporazione e scissione) realizzata nell’ambito del regime speciale del Capitolo VIII del Titolo VII del TULIS, cioè, il c.d. regime speciale delle “Fusioni” [29].

I dubbi di compatibilità con il Diritto comunitario sorgono con riferimento alla regola particolare stabilita nel comma 3 dell’articolo 88 TULIS [30], che riguarda i casi in cui il socio perda la sua condizione di residente nel territorio spagnolo: in queste ipotesi, egli deve integrare nella base imponibile del periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento, la differenza tra il valore di mercato, al momento del trasferimento di residenza, delle proprie azioni o quote societarie risultanti dall’operazione di ristrutturazione ed il loro valore fiscale, tenuto conto delle perdite di valore deducibili ai fini fiscali [31]; la regola del differimento della tassazione non si applica a questa fattispecie sul presupposto che con la perdita della residenza in Spagna si perda anche la possibilità di tassare il reddito, altrimenti soggetto ad imposizione differita. Si noti, tuttavia, che la regola dell’articolo 88.3 TULIS non solo postula l’integrazione nella base imponibile delle plusvalenze altrimenti soggette ad imposizione differita in virtù del regime delle fusioni (come evidenziate al momento dell’operazione di ristrutturazione dell’impresa), ma anche del reddito maturato dopo tale operazione nella misura in cui le azioni o le quote societarie abbiano incrementato il loro valore di mercato.

Per quanto riguarda il regime generale dell’IS, la fattispecie di cui all’articolo 88.3 TULIS, è regolata negli articoli 17 e 26 TULIS, in quanto il trasferimento della residenza all’estero presuppone la fine del periodo d’imposta, con la conseguenza che nella base imponibile va integrata la differenza tra il valore normale ed il valore contabile degli elementi posseduti da un soggetto che trasferisca la sua residenza fuori del territorio spagnolo. Nell’ambito dell’IRPF, l’articolo 14.3 LIRPF (legge 35/2006), come già abbiamo osservato, dispone che tutti i redditi che ancora devono essere imputati ad un periodo d’imposta, concorrano a formare la base imponibile dell’ultimo periodo d’imposta per cui si deve presentare la dichiarazione ai fini IRPF, ivi includendo le plusvalenze soggette a tassazione differita per l’applicazione delle regole sostanziali peculiari del c.d. regime di fusioni [32]. In questi casi, tuttavia, il socio persona fisica che perda la propria condizione di residente ai fini fiscali in Spagna, può differire il pagamento del debito tributario, relativo ai redditi così maturati come plusvalenze, fino al momento in cui trasferirà i titoli ricevuti nell’operazione di ristrutturazione d’impresa. Questo differimento, pur non necessitando di un procedimento amministrativo che lo riconosca e/o autorizzi, presuppone che sia prestata una cauzione a garanzia del pagamento del debito tributario, ai sensi del RD 939/2005 (art.48), applicandosi altresì gli interessi di mora (art. 65.5 LGT) [33].

Soffermandoci ora sui dubbi di compatibilità col Diritto comunitario sollevati della disciplina in materia di trasferimento della residenza delle persone fisiche di cui all’art. 83.3 TULIS, risulta chiaro che tale regola sostanziale di tassazione potrebbe costituire una figura molto vicina ad una exit tax, come quelle riscontrate nella disciplina francese e olandese all’esame della Corte di Giustizia nei casi de Lasteyrie du Saillant [34] e N [35], che integrano una restrizione all’ esercizio effettivo delle libertà fondamentali comunitarie (trasferimento della residenza in uno Stato membro della UE o appartenente al SEE).

Da un lato, infatti, la pretesa fiscale sorge in connessione con il trasferimento della residenza del contribuente all’estero, e non si può trovare nella fattispecie nessuna causa di giustificazione ulteriore rispetto a quelle fatte valere nei casi de Lasteyrie du Saillant [36] e N [37]; cioè, la perdita di introiti tributari, il controllo fiscale e la lotta all’elusione fiscale, che già sono stati disattesi dalla Corte di Giustizia.

Dall’altro lato, il tentativo di giustificare l’imposizione di cui all’articolo 88.3 [38] TULIS dalla prospettiva della Direttiva comunitaria sulle Fusioni (Direttiva 90/434/CEE [39]) presenta due problemi: (a) la regola relativa al differimento della tassazione prevista dall’articolo 8 della Direttiva sulle Fusioni stabilisce che l’assegnazione, in occasione di un’operazione straordinaria che ricada nell’ambito di applicazione della Direttiva, di titoli rappresentativi del capitale sociale di una società coinvolta nell’operazione “non deve di per se stessa comportare alcuna imposizione sul reddito, gli utili o le plusvalenze di detto socio”, fino a che non si realizzi un successivo trasferimento dei titoli; tuttavia analoga disposizione (tassazione differita della plusvalenza latente) non è prevista in caso di trasferimento della residenza del socio; la tassazione (e la mancata applicazione del differimento) è ammessa nella sola ipotesi di applicazione dell’articolo 11 della Direttiva sulle Fusioni, che contiene la clausola c.d. antiabuso. Tuttavia, riteniamo che la ratio di quest’ultima sia combattere i casi di rule shopping, cioè, i casi in cui l’unico fine della operazione di ristrutturazione d’impresa è ottenere un risparmio d’imposta oppure un vantaggio fiscale: conseguentemente, il mero fatto che il socio trasferisca la sua residenza fiscale nel quadro di una operazione di ristrutturazione d’impresa (sorretta da una valida motivazione economica) non implica la disapplicazione della regola sostanziale del regime speciale delle fusioni (art. 8 della Direttiva sulle Fusioni), poiché tale trasferimento di residenza non costituisce una situazione abusiva di per sé, né incide materialmente sulla valida motivazione economica della ristrutturazione d’impresa; inoltre, (b) la regola di cui all’articolo 88.3 TULIS, come abbiamo già segnalato, non coinvolge unicamente la plusvalenza differita ma anche quella maturata con l’aumento di valore dei titoli a seguito dell’operazione di ristrutturazione d’impresa.

Insomma, nei casi in cui si rientra nel campo di applicazione di una libertà comunitaria (ad esempio, la libertà di stabilimento), non sembra che la exit tax di cui all’articolo 88.3 TULIS sia compatibile col Diritto Comunitario. Questo significa che dovrebbe applicarsi la giurisprudenza della Corte di Giustizia relativa al caso N, così da differire automaticamente la tassazione senza bisogno d’esigere una garanzia per la sua riscossione: secondo la Corte di Giustizia, infatti, la Direttiva 76/308/CEE [40] sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti garantisce la riscossione del credito allo Stato spagnolo quando avvenga un trasferimento di residenza nel territorio di un altro Stato membro [41]. Questa conclusione si applicherebbe altresì ai Paesi appartenenti al SEE (Norvegia, Islanda e Liechtenstein), a patto che la Spagna abbia concluso con tali Paesi una convenzione di mutua assistenza amministrativa in materia di scambio di informazioni e riscossione tributaria.

3. Le exit taxes e le persone giuridiche nel diritto comunitario e nell’ordinamento spagnolo

3.1. Introduzione

Nel caso delle società oppure di enti con personalità giuridica, il giudizio sul contrasto tra la normativa tributaria ed il diritto comunitario esige che preliminarmente si analizzino i diritti e le libertà che quest’ultimo attribuisce loro. Perciò, cominciamo questa introduzione inquadrando la giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di diritto delle società come passo preliminare per determinare quando ed in quali circostanze le exit taxes possono ledere le libertà fondamentali riconosciute dal Trattato CE. Una volta delineato il rapporto tra la giurisprudenza della Corte sulle società e quella sulle exit taxes, allora si potrà affrontare la questione delle exit taxes nella legislazione spagnola in materia di Imposta sulle società e segnalare i punti di contrasto tra la normativa spagnola ed il Diritto comunitario primario.

3.2. Il diritto comunitario delle società ed il loro trasferimento: l’interpretazione delle sentenze della Corte di Giustizia Daily Mail , Centros , Überseering e Inspire Art

Non si farà qui riferimento alle proposte legislative relative alla circolazione delle società nell’ambito dell’Unione Europea [42], bensì alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, non semplicemente per commentarla, ma soprattutto per determinare i diritti che, in materia di circolazione delle società, il diritto comunitario riconosce o attribuisce. è noto che, in Daily Mail [43], C-81/87, fu chiesto alla Corte se la libertà di stabilimento coprisse il trasferimento in Olanda della sede di direzione effettiva (non della sede legale) di una società costituita nel Regno Unito, con uno scopo precipuamente fiscale (la vendita di alcune partecipazioni evitando la tassazione nel Regno Unito). Davanti al diniego, da parte delle autorità britanniche, dell’autorizzazione al trasferimento, la società Daily Mail impugnò la decisione e la questione giunse alla cognizione della Corte di Giustizia, la cui risposta è assai conosciuta:

“Il Trattato considera la disparità delle normative nazionali relative al criterio di collegamento imposto alle società, come pure alla possibilità ed, eventualmente, alle modalità del trasferimento della sede, formale o reale, di una società, costituita in base alla legge nazionale, da uno Stato membro ad un altro, come problemi che non sono risolti dalle norme relative al diritto di stabilimento, ma che devono esserlo da leggi o convenzioni, le quali tuttavia ancora non esistono”.

Secondo la Corte, quando emise la sentenza Daily Mail, il diritto di stabilimento riconosciuto nel Trattato CE non comprendeva la possibilità di trasferire la sede di direzione formale o reale (il domicilio statutario o l’amministrazione centrale) in un altro Stato membro quando questo trasferimento determinasse la perdita della personalità giuridica nello Stato di origine della società. In realtà, l’impostazione della Corte nel caso Daily Mail risultò sbagliata o sproporzionata. La questione era soltanto fiscale, non commerciale, giacché, dal momento che il Regno Unito adottava un sistema fondato sul principio di incorporazione, il trasferimento della sede centrale all’estero, indipendentemente dalle conseguenze tributarie e dalle eventuali sanzioni se esso non fosse stato autorizzato dalle autorità fiscali britanniche, non avrebbe determinato la perdita della personalità giuridica per la società Daily Mail [44]. Ciò nonostante, probabilmente per evitare problemi maggiori in questioni commerciali, la Corte di Giustizia fornì al giudice a quo la risposta ad una questione che questo non aveva posto (ciò che interessava al giudice a quo era il problema di diritto tributario, non quello di diritto commerciale, che invece affronta la sentenza Daily Mail).

La situazione presa in considerazione dalla Corte nel caso Centros [45], C-212/97 [46], era radicalmente diversa. In tal caso si dichiarò incompatibile con la libertà di stabilimento l’atto di diniego dell’iscrizione in Danimarca di una filiale di una società britannica costituita da due persone fisiche danesi, quando tale società svolgeva unicamente la propria attività in Danimarca ed era stata costituita allo scopo di evitare o eludere la rigidità del diritto societario danese, e godere invece della maggiore flessibilità, a questi effetti, del diritto societario del Regno Unito. La società di cui si discute nel caso Centros, aveva la propria sede sociale nel Regno Unito, anche se probabilmente, come si deduce dai fatti di causa, la sede della direzione effettiva era situata in Danimarca. Non essendo un caso di trasferimento societario, il fatto che la sede della direzione effettiva o dell’amministrazione centrale della società si trovasse in Danimarca, così come la sede della sua attività principale, ha una influenza diretta sui sistemi di diritto societario che sono informati al criterio della sede reale, in quanto, dopo questa sentenza, è chiarissimo che lo Stato in cui viene esercitata l’attività deve riconoscere, a tutti gli effetti, la società costituita nell’altro Stato membro (sebbene si ammetta che possa adottare alcune misure, come esigenze imperative d’interesse generale, allo scopo di prevenire frodi a danno di terzi) e non imporre le proprie norme di conflitto. È certo che la sentenza Centros può costituire un attacco (si veda più avanti il commento al caso Überseering [47]) alla “linea di galleggiamento” dei sistemi societari basati sulla sede reale delle società [48], ma non è meno inesatto dire che, considerata in se stessa, la sentenza Centros non riguarda un caso di trasferimento delle società e nemmeno il vincolo tra una società e l’ordinamento che la disciplina, quanto piuttosto il riconoscimento delle società costituite (validamente) in altri Stati membri. Quindi, sarebbe inesatto arguire che la giurisprudenza Centros presuppone un cambiamento radicale rispetto alla dottrina di Daily Mail (neppure quest’ultima sentenza ha rappresentato un mutamento radicale rispetto a Segers [49] nella quale furono sollevate alcune questioni simili a quelle del caso Centros, con la differenza che allora si trattava di un doppio livello di società, una società – madre nel Regno Unito, inattiva, e una società olandese figlia, controllate da un residente in Olanda, che svolgeva l’attività prima esercitata personalmente dal sig. Segers: la Corte, in Segers, emise una sentenza molto simile a Centros ). Non è meno certo che una lettura attenta di Centros autorizzi la conclusione per cui sussiste, almeno, il riconoscimento del diritto di trasferire la sede della direzione effettiva della società nell’ambito della libertà di stabilimento, anche se lo Stato di “origine” della società conservi, alla luce di Daily Mail, un’ampia possibilità di apprezzamento e il diritto di decidere se una società costituita in conformità con la propria legislazione che trasferisce la sua sede di direzione effettiva o la sede statutaria in un altro Stato continui o meno ad essere considerata come una società retta dal proprio ordinamento [50]. E, certamente, l’effetto indiretto di questa decisione è la dubbia compatibilità con il Diritto comunitario delle teorie della sede reale, ma non al fine di determinare l’attribuzione della personalità giuridica ad una società, quanto per decidere se una società di un altro Stato membro è validamente costituita nel suo ordinamento di origine o va riconosciuta come società straniera [51].

Sulla stessa linea di Centros (cioè sempre in tema di questioni formali, non sostanziali, di diritto societario), la sentenza Überseering C-208/00 [52], considera compatibile con la libertà di stabilimento una misura tedesca di natura parasanzionatoria e – in modo certo sorprendente – il mancato riconoscimento alla società straniera con sede reale effettiva in Germania della legittimazione attiva agli effetti processuali (a meno che non si provvedesse ad una nuova costituzione in Germania secondo il diritto tedesco). Veniva, invece, riconosciuta in questi casi la legittimazione passiva e, certamente, la possibilità, per esempio, di essere proprietario di un immobile (com’era il caso della società Überseering, la ricorrente, costituita in Olanda, ma con sede di direzione effettiva in Germania ed ivi proprietaria di un immobile). Sulla linea della “specialità” avrebbe potuto muoversi la decisione della Corte di Giustizia, come suggerivano le conclusioni dell’Avvocato generale al paragrafo 46 [53], in cui si esclude che tale regime sia ispirato alla teoria della sede reale delle società, e si compie un’analisi della normativa controversa considerandola non come un corollario della citata teoria, bensì come un caso speciale di restrizione della capacità processuale. È significativo, al riguardo, che l’Avvocato generale (par. 50) ritenga che i motivi che ispirano la teoria della sede reale, cioè la protezione dei diritti dei creditori, dei soci di minoranza, delle società controllate, dei lavoratori e dell’Erario, sono ragioni da considerare come motivi imperativi di interesse generale, meritevoli di tutela, ma che, in nessun caso, la misura controversa avrebbe potuto essere giudicata proporzionata o adeguata a garantire tali interessi.

Infatti, la sentenza della Corte parte dal necessario rispetto di Daily Mail, sulla base del fatto che la determinazione del collegamento di una società con un ordinamento (la determinazione della lex societatis) è una questione che compete al detto ordinamento d’accordo con i criteri dell’art. 48 TCE [54]. Ma, una volta che detta società è riconosciuta come tale da uno Stato membro e, ai sensi dell’art. 48 del Trattato, ha la sua sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro dell’attività principale nella Comunità, gli altri Stati membri devono riconoscere questa società come validamente costituita e come titolare del diritto alla libertà di stabilimento. In definitiva, Überseering [55] e Centros [56] risolvono in verità una questione non affrontata in Daily Mail [57], quella del mutuo riconoscimento delle società fra gli Stati membri. Il corollario di quest’idea che la Corte di Giustizia ha ricavato in Überseering (e prima in Centros), è che quegli Stati membri che applicano la teoria della sede reale, sono obbligati a riconoscere le società validamente costituite negli altri Stati membri. Se l’ordinamento di origine di una società permette che la stessa continui ad essere regolata dalla propria legge nazionale (e, come conseguenza, continuando ad essere considerata la sua legislazione di origine come lex societatis ), l’ordinamento dello Stato dove svolge la sua attività (compreso il caso in cui questa attività è quella principale e si desume che in tale Stato si trova la sede della direzione effettiva) è obbligato a riconoscere questa società e la sua personalità, senza frapporre ostacoli giuridici, che essi derivino o meno dal fatto che lo Stato dove la società straniera svolge l’attività sia tra quelli che applicano la teoria della sede reale. La sentenza Überseering, nonostante ciò, ammette che lo Stato dove la società straniera svolge la propria attività possa imporre restrizioni basate su criteri che fondano o sono alla base della teoria della sede reale (ad esempio la protezione degli interessi dei creditori, dei soci minoritari, dei lavoratori o dell’Amministrazione finanziaria).

Da queste considerazioni, e contrariamente all’interpretazione che propone la dottrina più qualificata, da Überseering o Centros [58] crediamo che si possa dedurre che la teoria della sede reale non è necessariamente contraria al Trattato CE, né sotto il profilo del suo utilizzo come criterio che regga la società, la sua vita e la sua personalità giuridica (Daily Mail), né come criterio di valutazione delle società straniere (si vengono ad ammettere alcune delle conseguenze proprie della teoria della sede reale, per via dei motivi imperativi di interesse generale) [59]. Sarebbe, in ogni caso, soggetta a severe limitazioni, che possono anche renderla impraticabile in alcuni casi [60], in quanto tale teoria è meno compatibile con la mobilità societaria propria del mercato unico, ed è invece maggiormente probabile che presenti importanti punti di contrasto con le libertà fondamentali. Specialmente quando si tratta di riconoscere le società straniere, ed in particolare quelle che provengono da sistemi giuridici che utilizzano la teoria della costituzione (che garantisce una maggiore mobilità internazionale, caratteristica inerente a questi sistemi, in cui, per esempio, il trasferimento della sede reale o dell’amministrazione centrale non implica, di solito, conseguenze dal punto di vista della disciplina commerciale dello Stato di costituzione).

Se i casi Centros e Überseering erano incentrati sul riconoscimento della personalità giuridica delle società costituite in altri Stati membri, la sentenza Inspire Art [61] si è occupata della possibilità di stabilire condizioni sostanziali rispetto a quelle società riconosciute in altri Stati, la cui personalità non è messa in discussione nello Stato dove svolgono le loro attività. Ciò significa che Inspire Art parte dal presupposto del riconoscimento della società straniera, ma esige certi requisiti, di carattere sostanziale, al fine di permettere a tale società di operare validamente nel territorio di quello Stato, quando tali requisiti sostanziali non sono richiesti nell’ordinamento d’origine. In concreto, è stata discussa la compatibilità con la libertà di stabilimento della legislazione olandese che richiedeva alle società straniere l’iscrizione nel Registro Commerciale olandese, con menzione del loro carattere di società straniere, l’adempimento di alcuni obblighi formali nel Registro olandese e l’adeguamento alle condizioni in materia di capitale sociale minimo e di responsabilità degli amministratori proprie delle società olandesi. La Corte, nella sua decisione Inspire Art [62], ha fatto ricorso alla giurisprudenza Centros e Überseering [63] per concludere che la libertà di stabilimento non solo richiede il riconoscimento della personalità della società costituita in altro Stato membro, ma impedisce anche che siano imposte condizioni di natura sostanziale (ad es. capitale minimo e responsabilità degli amministratori) se la legge dello Stato di origine della società non le richiede, compreso il caso in cui la società straniera svolge tutta la sua attività nell’altro Stato. La misura, com’è accaduto nel caso Centros, non risultò neppure giustificata da motivi imperativi di interesse generale, anche se dalla sentenza si poteva dedurre che la Corte aveva enfatizzato il fatto che nulla impedisce allo Stato in cui la società opera di adottare misure antiabuso specifiche (non generali) che contrastino i casi di abuso o permettano la tutela, fra l’altro, degli interessi dei creditori, la lotta contro l’esercizio abusivo della libertà di stabilimento, l’efficacia dei controlli fiscali e la lealtà nelle transazioni commerciali (par. 132), senza che si possa trascurare il fatto che la costituzione della società da parte di cittadini di questo Stato in un altro Stato membro, proprio per approfittare della minore rigidità del suo diritto societario, è un comportamento che costituisce esercizio della libertà di stabilimento [64].

A questo punto, si ritiene che da questa giurisprudenza si possano ricavare alcune conclusioni rilevanti per il presente studio sulla exit tax :

· Il riconoscimento della personalità giuridica delle società continua a dipendere dagli ordinamenti nazionali, ai quali spetta decidere, secondo la sentenza Daily Mail [65], come e quando una società considerata nazionale potrà perdere la propria personalità giuridica. Se, per ragioni commerciali, un soggetto perdesse la sua personalità giuridica secondo l’ordinamento dello Stato d’origine, il fatto che allo scioglimento o alla liquidazione si aggiungano conseguenze tributarie non risulta contrario al Diritto comunitario, perché si tratta di una questione che va oltre l’ambito di applicazione della libertà di stabilimento [66].

· Si comincia a considerare il diritto societario comunitario secondo i principi del mercato interno. Questi devono essere osservati dagli ordinamenti societari nazionali, riconoscendo per l’aspetto formale e sostanziale le società costituite in altri Stati, senza considerare le ragioni che portano i loro soci a creare la società in un altro Stato (e fra queste ragioni può annoverarsi la possibilità di cercare soluzioni commerciali più flessibili di quelle offerte dal diritto nazionale). In una certa misura, quest’idea non è che una variante del principio di mutuo riconoscimento derivato della giurisprudenza in materia di libera circolazione delle merci (Cassis de Dijon [67]).

· Le condotte non possono essere considerate abusive secondo il diritto societario nazionale. Bisogna procedere caso per caso, senza mettere in discussione il mutuo riconoscimento delle società per via di esigenze imperative di interesse generale, che devono essere proporzionate agli scopi perseguiti. I criteri nazionali, come quello della sede reale, che nel cercare di proteggere certi interessi (creditori, soci, etc.) limitano fortemente il riconoscimento e la libera circolazione delle società, si pongono, logicamente, in maggiore contrasto con la libertà comunitaria di stabilimento, al punto che buona parte dei postulati di tale criterio nazionale cadono con il riconoscimento del diritto di stabilimento, secondo l’interpretazione datane dalla Corte di Giustizia. Al contrario il sistema di incorporazione, permettendo una maggiore mobilità e, soprattutto, il riconoscimento delle società straniere, presenta teoricamente minori punti di frizione o problemi rispetto ad un sistema di diritto societario che si fonda sul mutuo riconoscimento delle società.

· In termini strettamente tributari, i precedenti rappresentati da Daily Mail, Centros, Überseering e Inspire Art [68] non definiscono quali siano i criteri di collegamento territoriale che uno Stato può utilizzare per considerare una società residente ai fini fiscali nel proprio territorio. Ciò non significa che questo filone giurisprudenziale (specialmente le sentenze “commerciali”, Centros, Überseering e Inspire Art) non abbia alcun effetto tributario. In tutte le citate pronunce, la Corte afferma che la tutela dell’interesse fiscale è un fattore chiave che può costituire un’eccezione ai principi “commerciali” o una giustificazione di misure potenzialmente restrittive. Come tali, le misure tributarie restrittive, per essere compatibili con il Trattato CE, dovranno essere giustificate e risultare proporzionate al fine che intendono conseguire, senza negare, evidentemente, il contenuto essenziale della libertà di stabilimento. Inoltre, tali conseguenze o effetti tributari delle sentenze Centros, Überseering e Inspire Art risultano rilevanti non nella prospettiva dello Stato di incorporazione della società, ma in quella dello Stato dove la società ha la propria sede reale o realizza la maggior parte della sua attività (logicamente quando lo Stato di costituzione e quello di ubicazione della sede reale, di diritto o di fatto, non coincidono). Tale ultimo Stato può applicare misure per impedire l’abuso o la frode in relazione alla propria legislazione tributaria. Ovvero, questa giurisprudenza non impedisce allo Stato della sede o dell’incorporazione di considerare residente agli effetti tributari nel suo territorio le società quando lo reputi opportuno, così come non impedisce l’applicazione di misure antiabuso in relazione a società costituite in altri Stati che abbiano la sede reale o operino principalmente nel suo territorio [69].

Non si deve dimenticare, d’altra parte, l’importante sentenza Sevic Systems AG [70], che, in maniera indiretta, può avere un certo impatto (limitativo) sulla giurisprudenza Daily Mail. Come si ricorderà, in Sevic la Corte dichiara contraria alla libertà di stabilimento la normativa tedesca che impedisce la fusione transnazionale, nel caso concreto, di una società tedesca con un’altra lussemburghese, a meno che non si proceda alla liquidazione della società tedesca. I principi che applica la Corte in Sevic sono molto simili a quelli stabiliti in Centros, Überseering e Inspire Art [71]: la fusione transnazionale è il corollario della libertà di stabilimento, anche se determinate esigenze imperative di interesse generale possono limitare questo tipo di operazioni (tutela dei creditori, dei lavoratori, come anche del fisco o della correttezza delle transazioni commerciali). A nessuno sfugge che, nella maggior parte dei sistemi societari, la fusione transnazionale è vietata proprio per cause legate al sistema di diritto societario interno e al riconoscimento della personalità giuridica delle società. In questo senso, la sentenza Sevic potrebbe contribuire a correggere alcune conclusioni della sentenza Daily Mail [72] (interpretata alla luce di Centros, Überseering e Inspire Art ), nel senso che lo Stato di origine di una società, cioè quello che le attribuisce la personalità giuridica e stabilisce le condizioni formali e materiali di funzionamento della vita societaria, non può imporre come conseguenza giuridica la necessità di sciogliere e liquidare una società costituita in conformità al proprio diritto societario quando si effettua un’operazione di fusione transnazionale con un’altra società di un diverso Stato membro (nel caso Sevic , il Lussemburgo non oppose alcuna riserva alla fusione internazionale, la restrizione ebbe origine in Germania). A giudizio di chi scrive, la sentenza Sevic è realmente la decisione che, sebbene entro certi limiti, riduce la portata di quanto affermato dalla Corte nel caso Daily Mail , dal momento che attraverso operazioni di fusione transnazionale sarà possibile evitare la liquidazione della società che venga imposta dallo Stato membro di costituzione quando, per esempio, la sede reale o statutaria della società risultante dalla fusione sia localizzata o sia trasferita in un altro Stato membro [73]. Dobbiamo attendere, tuttavia, la Sentenza della Corte nella causa Cartesio, per sapere se essa muterá il proprio orientamento, secondo quanto sostenuto nella sentenza Daily Mail riconoscendo che la libertà di stabilimento è lesa qualora un sistema societario imponga lo scioglimento e la liquidazione di una società in conseguenza del trasferimento della sua sede effettiva o della sua sede statutaria in un altro Stato membro [74].

3.3. La giurisprudenza Daily Mail, Centros, Überseering e Inspire Art e le exit taxes societarie: il rapporto con le sentenze de Lasteyrie, Van Hilten e N e con la Comunicazione della Commissione in materia di exit taxes; la necessità di un coordinamento delle politiche fiscali degli Stati Membri

La Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato economico e sociale riguardante le exit taxes e la necessità di un coordinamento fiscale degli Stati Membri [75], del 19 dicembre 2006, propone di estendere alle società quanto affermato dalla Corte di Giustizia nella sentenza de Lasteyrie [76] sulla base di due argomenti: in primo luogo, il fatto che la de Lasteyrie sia stata redatta in maniera generale riferendosi ai “contribuenti”, in secondo luogo, che essa venga citata in Sevic [77]. Nonostante ciò, la Comunicazione non si preoccupa di esaminare le conseguenze di questa affermazione e si occupa soltanto di due casi, il trasferimento della sede societaria in un altro Stato da parte della società europea ed il trasferimento di attivo dalla sede centrale ad una stabile organizzazione.

E’ significativo il fatto che, nella Comunicazione della Commissione, non vengano presi in considerazione altri casi. La problematica delle exit taxes e l’esigenza degli Stati Membri di ricorrervi in relazione ai trasferimenti delle società, non possono essere svincolate dalla giurisprudenza Daily Mail, Centros, Überseering e Inspire Art [78]. In altri termini, le sentenze de Lasteyrie, Van Hilten e N [79], quando applicate alle società dovrebbero essere interpretate in base al loro contesto, ossia in base alle sentenze Daily Mail , Centros, Überseering e Inspire Art . In questo senso, è opportuno ricordare il par. 70 dalla sentenza Überseering:

“In questo modo [fa riferimento a Daily Mail] la Corte si è limitata a constatare che la facoltà, per una società costituita in conformità alla normativa di uno Stato membro, di trasferire la sua sede, sociale o effettiva, in un altro Stato membro senza perdere la personalità giuridica di cui essa gode nell’ordinamento giuridico dello Stato membro di costituzione ed, eventualmente, le modalità di tale trasferimento, erano determinate dalla normativa nazionale secondo la quale tale società era stata costituita. Essa ne ha concluso che uno Stato membro aveva la possibilità di imporre ad una società costituita in forza del suo ordinamento giuridico restrizioni al trasferimento della sua sede effettiva al di fuori del suo territorio affinché essa potesse conservare la personalità giuridica di cui beneficiava in base al diritto di questo stesso Stato”.

Il corollario di queste affermazioni dovrebbe essere che, quando il trasferimento della sede di direzione effettiva determina la perdita della personalità giuridica nell’ordinamento d’origine, non esisterà nessun problema ad esigere le imposte corrispondenti come se si trattasse di uno scioglimento od una liquidazione, non trattandosi in questo caso di una exit tax , quanto piuttosto la conseguenza derivante dal cambiamento della lex societatis e dalla perdita, per lo statuto della società, della conformità con l’ordinamento in cui era stata costituita, cosa che renderà impossibile invocare la libertà di stabilimento. Sebbene sia una conseguenza “restrittiva della libertà di stabilimento”, il riconoscimento della giurisprudenza Daily Mail (interpretata alla luce della giurisprudenza posteriore) e il suo mantenimento, con riguardo al diritto societario, impongono questa conclusione. Salvo che non sopraggiunga un’ulteriore decisione che meglio definisca ovvero modifichi la sentenza Daily Mail , non esisterà alcun inconveniente nel fatto che uno Stato membro imponga conseguenze di tipo tributario alla perdita della personalità giuridica che conduca necessariamente allo scioglimento e alla liquidazione di una società [80] (una volta ammessa la fusione transnazionale, probabilmente, l’applicazione delle conseguenze tributarie a qualunque tipo di fusione in cui si abbia lo scioglimento ma non la liquidazione risulterà proibita dal diritto comunitario, soprattutto, ma non esclusivamente, dalla Direttiva 90/434/CE [81]). In questo senso, non si crede che la sentenza Daily Mail abbia perso la sua attualità con le sentenze de Lasteyrie o N , che producono effetti soltanto con riguardo a sistemi di diritto societario che ammettano il trasferimento della sede centrale o del domicilio sociale della società senza che ne consegua la perdita della personalità giuridica nello Stato che ne disciplina lo statuto. Se in Cartesio, C-210/06, la Corte di Giustizia seguisse l’opinione dell’AG e correggesse la giurisprudenza della causa Daily Mail, la tassazione dello scioglimento della società che trasferisca il suo domicilio in un altro Stato membro sarebbe da ritenere contraria alla libertà di stabilimento e, da quel momento, sarebbero uguali le conseguenze in materia di exit tax , tra i sistemi che seguono il criterio della «sede effettiva» e quelli che non lo applicano [82].

Paradossalmente, quindi, gli effetti della giurisprudenza de Lasteyrie e N, fino ad ora, sono maggiori in relazione agli Stati che seguono un sistema di incorporazione nel quale il trasferimento della sede di direzione (effettiva o meno) in un altro Stato non abbia nessuna conseguenza, in termini di mantenimento della personalità giuridica della società costituita in conformità al proprio ordinamento, rispetto a quegli Stati che collegano il mantenimento della personalità al fatto che la sede di effettiva direzione (amministrazione centrale) o il domicilio sociale rimangano nel proprio territorio. Senza dubbio si tratta di una conseguenza paradossale, ma necessaria in un sistema di mutuo riconoscimento delle società che ammette, dopo Daily Mail, il criterio dello Stato di origine della società come punto di riferimento inevitabile o come elemento definitore della personalità giuridica. E, allo stesso tempo, si tratta di una conseguenza che, in effetti, corregge in modo indiretto la sentenza Daily Mail : se gli stessi fatti di causa si fossero verificati oggi, ora che esiste una teoria consolidata in materia di diritto societario nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, probabilmente la soluzione sarebbe stata un’altra, nel senso che la exit tax nel Regno Unito avrebbe potuto porre dei problemi in termini di libertà di stabilimento se, come sembra, la società Daily Mail , nel trasferire in Olanda la sede effettiva, non avesse perso il suo carattere di società inglese [83]. Non si deve perdere di vista, per quanto riguarda i sistemi di incorporazione, che il trasferimento della sede reale o statutaria in un altro Stato non implica necessariamente la perdita della “giurisdizione fiscale” su una determinata società. Dal momento che gli Stati membri utilizzano diversi criteri di collegamento territoriale per l’applicazione della propria imposta sulle società, può accadere che il trasferimento dalla sede reale o statutaria dallo Stato dove la società è stata costituita ad un altro Stato non determini la perdita della giurisdizione tributaria per lo Stato della costituzione, in cui questa società potrà continuare ad essere considerata come residente, per quanto riguarda l’ambito tributario (e, conseguentemente, sarà doppiamente residente, nello Stato della costituzione ed in quello dove ha la sede) [84]. Soltanto l’esistenza di una Convenzione per l’eliminazione della doppia imposizione fra lo Stato di costituzione e lo Stato della nuova sede societaria, che segua l’art. 4.3. del Modello di convenzione OCSE, può determinare la perdita della giurisdizione fiscale su tutti quegli elementi o redditi su cui la convenzione attribuisca giurisdizione esclusiva allo Stato dove la sede di direzione effettiva si trova localizzata. In questo caso, una exit tax che seguisse i parametri delle sentenze de Lasteyrie e N potrebbe trovare giustificazione nella nozione di territorialità che la Corte di Giustizia ha adottato in Marks & Spencer [85].

3.4. La normativa commerciale spagnola e i trasferimenti del domicilio sociale o dell’ammin istrazione centrale/sede reale

Nell’ambito della dottrina civilistica, commerciale e di diritto internazionale privato si è discusso sul modello societario che l’ordinamento spagnolo adotta (aspetto che, come vedremo, avrà un’influenza decisiva nel rapporto con la riscossione delle exit taxes). In generale, la miglior dottrina civilistica e commerciale ha sostenuto che sia il Codice Civile spagnolo (art. 28 [86]) sia il Codice di Commercio (art. 15 [87]) accolgono la teoria o il modello dell’incorporazione o della costituzione (il riferimento al domicilio nell’art. 28 C.C. viene interpretato come un requisito relativo alla costituzione e, in ogni caso, collegato al domicilio statutario e non alla sede di direzione effettiva) [88].

La determinazione del modello societario è più complessa nella legislazione sulle società anonime o a responsabilità limitata. Nella prospettiva puramente commerciale o di diritto internazionale privato, la maggior parte della dottrina ha sostenuto che gli articoli 5 della Legge sulle Società Anonime (LSA) [89] e 6 della Legge sulle Società a Responsabilità Limitata (LSRL) [90] seguono la teoria della sede reale. Le conseguenze dell’eventuale accoglimento della teoria della sede reale nella disciplina delle due principali forme della società di capitali, fondamentalmente, sono state tratte più sul terreno del riconoscimento delle società straniere che su quello della definizione di ciò che avviene nei casi di mutamento della sede reale della società dalla Spagna verso un altro Stato. Ovvero, la maggior parte della dottrina affermava che la presenza della sede reale in Spagna di una società costituita secondo il diritto straniero determinava che la società dovesse considerarsi spagnola ed essere costituita come le società spagnole (non si riconosce, cioè, la sua costituzione in conformità con il diritto straniero). La dottrina commerciale e civilistica più qualificata [91], tuttavia, ha compiuto una revisione dell’interpretazione degli articoli 5 LSA e 6 LSRL, sia per adeguarli ai criteri comunitari (fondamentalmente alla sentenza della Corte di Giustizia Centros [92]), sia per renderli più coerenti con la legislazione generale (art. 28 del Codice civile e art. 15 del Codice di Commercio). Così, si è sostenuto che il riferimento al domicilio negli articoli 5.1 LSA e 6.1 LSRL [93] deve essere interpretato nel senso di “domicilio statutario” e non di sede reale: ciò permetterebbe un’interpretazione armonica di queste disposizioni, soprattutto rispetto all’art. 28 c.c. Il riferimento alla necessità che si trovi in Spagna il domicilio delle SA o SRL il cui stabilimento principale sia radicato in Spagna, è stato considerato, in realtà, una specie di norma anti-abuso, applicabile soltanto alle “pseudo-foreign corporations” , prive di elementi di internazionalità a margine della loro costituzione [94].

Nel caso del trasferimento della sede formale (domicilio statutario) dalla Spagna all’estero di una società costituita in Spagna, la dottrina tradizionale in tema di società anonime ed a responsabilità limitata, in mancanza di una disciplina chiara e per l’influenza delle teorie della sede reale predominanti nell’interpretazione degli articoli 5 LSA [95] e 6 LSRL [96], ha ritenuto che si realizzasse la perdita della personalità giuridica spagnola, come conseguenza inerente allo scioglimento e alla liquidazione della società in questione [97]. Tale opinione si è basata, fondamentalmente, sugli articoli 149.2 LSA e 72.2 LSRL (nonché sull’art. 160.2 del Regolamento del Registro Commerciale [98]), ai sensi dei quali la decisione di trasferire il domicilio sociale all’estero può essere adottata soltanto qualora esista una convenzione internazionale vigente in Spagna che permetta il mantenimento della personalità giuridica. Se, a tal fine, non sussistono convenzioni, il trasferimento del domicilio sociale (formale) all’estero determinerà l’obbligo di sciogliere la società in Spagna e ricostituirla all’estero [99]. Seguendo questa impostazione, non è chiaro che cosa succeda se quella che viene trasferita all’estero è l’amministrazione centrale o la sede reale, ma non il domicilio statutario. Comunque, nella misura in cui viene tendenzialmente applicata la teoria della sede reale, ci si attende che la conseguenza di un tale trasferimento sia ugualmente lo scioglimento o la liquidazione della società spagnola, senza continuità della personalità giuridica.

Tuttavia, la dottrina più recente, così come anche le Risoluzioni della “Direzione generale dei tributi” (alle quali ci si riferirà nel prosieguo), hanno sostenuto un’interpretazione degli articoli 5 LSA e 6 LSRL [100] completamente diversa, più in linea con i postulati propri dei sistemi societari basati sull’incorporazione. Per un importante settore della dottrina [101], esistono fondate ragioni per affermare che gli articoli 5 LSA e 6 LSRL non impediscono il trasferimento all’estero della sede reale di una società costituita in Spagna con il mantenimento della personalità giuridica, per cui questo trasferimento non sarebbe mai causa di scioglimento della società spagnola [102]. Maggiori problemi sorgerebbero nei casi di trasferimento fuori dalla Spagna del domicilio statutario, dal momento che gli articoli 149.2 LSA e 72.2 LSRL richiedono l’esistenza di una convenzione internazionale affinché si possa mantenere la personalità giuridica della società costituita in Spagna. Nonostante ciò, la dottrina alla quale ci riferiamo afferma che l’ambito di applicazione di queste norme deve rimanere limitato a quei casi inusuali o eccezionali nei quali il trasferimento di domicilio all’estero non è accompagnato da un cambiamento nella legge che regolamenta la società (quindi, la variazione del domicilio statutario si realizza, ma la società continua ad essere disciplinata dalla legge spagnola) [103]. Quando il trasferimento di domicilio sociale o statuario dalla Spagna verso l’estero comporta il mutamento della legislazione che regge il funzionamento e l’attività della società, non sarebbe necessaria una convenzione internazionale che riconosca tale possibilità (questo è perfettamente possibile fra due ordinamenti che ammettano “l’uscita” e “l’ingresso” di società senza necessità di una convenzione internazionale) [104]. Al riguardo, è interessante sottolineare che la Risoluzione della Direzione Generale dei Tributi del 9 febbraio del 2005 [105]) ha ammesso, senza complicazioni, la possibilità che una società spagnola trasferisca il suo domicilio sociale in Italia; in realtà, dalla risposta all’interpello si desume che, dal punto di vista commerciale, l’operazione non poneva dubbi [106].

3.5. Il regime tributario applicabile ai trasferimenti all’estero del domicilio sociale o dell’amministrazione centrale/sede reale delle società spagnole (o, in generale, delle persone giuridiche spagnole)

Secondo l’art. 26.2 del Real Decreto 4/2004 [107], del 5 marzo, con cui si è approvato il Testo Unico della Legge sull’Imposta delle Società (d’ora in avanti, “TULIS”), il trasferimento all’estero della residenza di una società fiscalmente residente in Spagna determina la conclusione del periodo d’imposta. In questi casi, l’art. 17.1.a) TULIS stabilisce che concorre a formare la base imponibile la differenza fra il valore normale di mercato e quello contabile degli attivi patrimoniali della società che trasferisce la propria residenza al di fuori della Spagna, a meno che tali elementi patrimoniali non confluiscano in una stabile organizzazione che resta nel territorio spagnolo. In tal caso, si applicherà l’art. 85 TULIS (tale richiamo impedisce la rivalutazione dei beni connessi al patrimonio aziendale in Spagna come conseguenza del trasferimento di residenza).

Una lettura congiunta degli articoli 26 e 17 TULIS potrebbe condurre ad affermare che nell’ordinamento spagnolo esiste una forma di “imposizione in uscita” per le società, che potrebbe sollevare problemi di conformità con l’ordinamento comunitario e la giurisprudenza de Lasteyrie e N [108]. Ciò nonostante, la mera lettura di queste due norme può condurre a conclusioni sbagliate, in quanto le stesse devono essere collegate a quanto illustrato nei paragrafi precedenti. Allo stesso tempo, occorre chiarire quando una persone giuridica può essere considerata residente in Spagna agli effetti del suo assoggettamento all’obbligazione personale di contribuire all’Imposta sulle Società (in sostanza, tutte le persone giuridiche, ad eccezione delle società civili dotate di personalità giuridica, e delle altre entitá che, pur non avendo personalità giuridica, sono soggetti all’IS, come, ad esempio, i fondi di investimento o i fondi pensione). Problema cui fa riferimento l’art. 8.1. TULIS, il quale fissa diversi criteri che possono determinare la residenza in Spagna di una persona giuridica.

«Si considereranno residenti nel territorio spagnolo le persone giuridiche che presentino uno dei seguenti requisiti:

a) Che siano stati costituiti secondo la legislazione spagnola;

b) Che abbiano la sede legale nel territorio spagnolo;

c) Che abbiano la sede della direzione effettiva nel territorio spagnolo.

A tali fini, si intenderà che una persona giuridica ha la sede di direzione effettiva nel territorio spagnolo quando in tale territorio si radicano la direzione e il controllo del complesso delle sue attività.

L’amministrazione tributaria potrà presumere che una persona giuridica radicata in un Paese o territorio che non contempli alcuna forma di imposizione, ai sensi del comma 2 della prima disposizione addizionale della “Legge sulle misure per la prevenzione della frode fiscale [109]“, ovvero considerato come paradiso fiscale, sia residente nel territorio spagnolo quando il suo attivo principale, direttamente o indirettamente, consista in beni localizzati, o diritti che vengono esercitati, nel territorio spagnolo, o quando la sua attività principale si svolga in quest’ultimo, salvo che tale persona giuridica provi che la sua direzione e la sua effettiva gestione sono localizzati nel summenzionato Paese o territorio, così come la sua costituzione ed operatività rispondono a validi motivi economici e ragioni imprenditoriali sostanziali, distinte dalla semplice gestione dei valori o di altri elementi dell’attivo.

Un’interpretazione congiunta degli articoli 8, 17 e 26 TULIS [110] determina che soltanto nei casi in cui si perda la residenza fiscale in Spagna e gli elementi dell’attivo del soggetto giuridico non confluiscano in una stabile organizzazione (SO) in Spagna, si potrà esigere l’imposta sulla “plusvalenza fittizia” cui fa riferimento l’art. 17 TULIS (differenza fra il valore contabile e il valore di mercato) e si determinerà la chiusura del periodo d’imposta agli effetti dell’IS, secondo il disposto dell’art. 26 TULIS. Ciò comporta che il debito d’imposta e l’applicazione dell’art. 17 [111] non conseguono a tutte le variazioni che avvengano nella vita societaria. Così, per esempio, il trasferimento della “sede della direzione effettiva” in un altro Stato diverso dalla Spagna determinerebbe soltanto la considerazione della società come doppiamente residente, in Spagna e nello Stato dove si trova la sede della direzione effettiva dopo il trasferimento. Ci si interroga, logicamente, su che cosa potrebbe accadere se fra la Spagna e il nuovo Stato della sede di direzione effettiva esistesse una convenzione per l’eliminazione della doppia imposizione conforme al Modello di Convenzione OCSE [112] (MC OSCE, d’ora in avanti) e che, pertanto, contenga una regola di soluzione del conflitto di doppia residenza secondo quanto stabilito all’art. 4.3. del Modello OCSE [113]. In questi casi, curiosamente, e nonostante il fatto che il soggetto giuridico possa essere considerato residente nello Stato dove ha la propria sede di direzione effettiva ai sensi della convenzione contro le doppie imposizioni fra tale Stato e la Spagna, la sua condizione di ente o società con doppia residenza non porterà all’applicazione degli artt. 17 e 26 TULIS, nonostante il fatto che la Spagna potrebbe perdere la propria “giurisdizione fiscale” su determinati redditi e, in particolare, sulle plusvalenze per cui potrebbe giustificarsi l’applicazione di una exit tax [114]. Si potrebbe anche interpretare l’art. 17.1.a) TULIS nel senso che la “residenza” sia connessa anche a quei casi in cui la Spagna non considera residente un soggetto giuridico in conseguenza all’applicazione di un norma convenzionale, che segua l’art. 4.3 MC OCSE , ma certo è che quest’ultima disposizione è una norma di conflitto che parte dal presupposto di una doppia residenza e crea la finzione di una residenza unica, nello Stato della sede della direzione effettiva [115], quindi difficilmente si potrà affermare che, in realtà, si verifichi un “trasferimento di residenza” nel senso di cui all’art. 17.1.a) TULIS, anche se il soggetto giuridico può essere trattato come non residente in Spagna ai fini dell’applicazione della convenzione contro la doppia imposizione con lo Stato dove si trova la sede di direzione effettiva (o anche della legislazione interna spagnola [116]).

Non è meno problematica l’applicazione dell’art. 17.1.a) TULIS al caso in cui la società o l’ente costituito in Spagna trasferisca la propria sede statutaria o il domicilio sociale in un altro Stato membro. Se si segue l’opinione più tradizionale della dottrina commercialistica – nel senso, cioè, che una tale scelta ha come conseguenza lo scioglimento e la liquidazione della società – l’art. 17.1.a) TULIS non sarebbe applicabile, anche se l’imposizione degli eventuali redditi nel momento del trasferimento non solleverebbe, secondo quanto abbiamo visto, alcun problema di compatibilità con il diritto comunitario, atteso che si tratta di una conseguenza derivante dalla configurazione stessa del diritto di stabilimento a seguito della sentenza Daily Mail [117] (Se la Corte di Giustizia nella sentenza Cartesio deciderà cambiare questa dottrina, sorgerebbero dei punti di contrasto con la libertà di stabilimento, che qui di seguito segnaliamo [118]). Tuttavia, se si seguisse l’opinione che noi consideriamo più corretta, ovvero che il trasferimento della sede statutaria non determina necessariamente lo scioglimento e la liquidazione della società ed è perfettamente possibile nonostante non ci sia nessuna convenzione internazionale che lo ammetta, l’art. 17.1.a) TULIS sarebbe applicabile in relazione a tutti quegli elementi dell’attivo che non confluiscano in una stabile organizzazione in Spagna (quando la società perde la propria condizione di soggetto “costituito” conformemente alla legislazione spagnola). In questo caso, la regola dell’art. 17.1.a) TULIS certamente potrebbe porre problemi di compatibilità con la giurisprudenza de Lasteyrie e N [119], dal momento che assoggetta ad imp osizione le plusvalenze “fittiz ie”, nel momento in cui la residenza viene trasferita [120]. Comunque, si deve riconoscere che se il trasferimento del domicilio sociale o sede statutaria all’estero (con la conseguente modificazione della “lex societatis”) non è accompagnato dal trasferimento della sede di direzione effettiva, la società non perderà la condizione di residente in Spagna e, come conseguenza, non si applicherà l’art. 17.1.a) TULIS [121].

Si deve inoltre tener conto delle regole contenute negli articoli 87.4 e 88.3 TULIS, le quali impongono che, in caso di scambio di titoli mobiliari o di operazioni di fusione, fusione per incorporazione o scissione sottoposti al regime speciale del Capitolo VIII del Titolo VII, la perdita della qualifica di residente in Spagna, ai fini della Imposta sulle Società (IS), comporti l’integrazione nella base imponibile della differenza tra il valore normale delle azioni o delle quote societarie ed il valore contabile dei titoli mobiliari sottoposti a questo regime speciale, a meno che la tassazione della plusvalenza venga differita, con deposito di cauzione sul debito tributario, fino il momento in cui questi titoli mobiliari vengano trasferiti. È certo che non è facile conciliare l’interpretazione di questi articoli con il tenore dell’articolo 17.1, a) TULIS. Si potrebbe pensare che gli articoli 87.4 e 88.3 TULIS aggiungono poco al contenuto dell’articolo 17.1.a) TULIS, giacché in quest’ultimo articolo la perdita della residenza determina l’integrazione nella base imponibile delle plusvalenze relative ai titoli mobiliari che avevano goduto del regime speciale. Tuttavia, probabilmente, gli articoli 87.4 e 88.3 TULIS aggiungono, rispetto all’articolo 17.1.a) TULIS, la possibilità di differire l’imposta, con le dovute garanzie: quindi, a nostro parere, i citati articoli si configurano come norme speciali rispetto all’articolo 17.1.a) TULIS, in quanto permettono di evitare le conseguenze che tale disposizione prevede (integrazione nella base imponibile della differenza tra il valore normale e il valore contabile dei titoli coinvolti) nonché di differire la tassazione fino il momento della trasmissione dei titoli, se si fornisca la corrispondente garanzia. Come già precisato nella parte dedicata alle persone fisiche, gli articoli 87.4 e 88.3 TULIS regolano una exit tax la cui compatibilità col diritto comunitario (primario o secondario) non è sufficientemente assicurata dal fatto che si consenta la sospensione dell’imposizione tramite la costituzione di una cauzione a garanzia del pagamento del debito tributario, quindi nemmeno nei casi di sospensione della riscossione del debito tributario si eviterebbe una lesione del Trattato CE o della Direttiva 90/434/CEE ad opera della normativa spagnola.

Una terza ipotesi che si potrebbe immaginare e che solleva problemi nell’ottica del diritto comunitario, è quella in cui la società (o più generale, la persona giuridica) sia stata costituita in uno Stato diverso dalla Spagna e, invece, abbia nel territorio spagnolo la sua sede di direzione effettiva [122] (o anche che il trasferimento della sede di direzione effettiva si accompagni al trasferimento del domicilio sociale nel territorio spagnolo [123]). Anche in questo caso l’art. 17.1.a) TULIS troverà applicazione quando il trasferimento della sede della direzione effettiva (ed eventualmente, la sede statutaria) determini la cessazione della residenza in Spagna. Qui non sorge soltanto il problema dell’imposizione delle plusvalenze non realizzate, in virtù dell’art. 17.1.a) TULIS, ma anche l’altro problema per cui occorre collegare l’”uscita” della società dalla Spagna con la precedente “entrata”. Dal punto di vista del TULIS, nel momento dell’ingresso della società in Spagna (in seguito al trasferimento della sede della direzione effettiva, accompagnata o meno dal trasferimento del domicilio sociale) non si verificherà, in principio, alcuna rivalutazione dell’attivo contabilizzato nel bilancio della società, quindi, tecnicamente, nulla impedisce che le plusvalenze generate durante il periodo di residenza al di fuori della Spagna possano emergere, in virtù dell’art. 17.1.a) TULIS, trasferendo nuovamente dalla Spagna la sede di direzione effettiva in un altro Stato. Si verificherà una doppia imposizione se, come avviene di solito, lo Stato d’origine della società ha richiesto il pagamento della corrispondente “imposta di uscita”, con riguardo alle plusvalenze non realizzate, nel momento del trasferimento della sede di direzione effettiva (ed eventualmente del domicilio sociale) in Spagna. La mancanza di “step-up” o di rivalutazione in Spagna, potrebbe sollevare problemi di diritto comunitario, nella misura in cui restringesse il trasferimento della residenza delle società in Spagna da altri Stati membri [124] o il successivo trasferimento della residenza dalla Spagna in un altro Stato membro, senza eliminare la doppia imposizione (conformemente al criterio fissato dalla Corte di Giustizia nella sentenza Van Hilten [125]). È curioso, invece, che la sentenza de Lasteyrie [126] ammetta, al punto 66, che lo Stato in cui sia trasferita la residenza di un contribuente possa esigere l’imposta corrispondente senza che esista rivalutazione del valore d’acquisto, con l’effetto che rimangono soggette ad imposta le plusvalenze generate nel precedente Stato di residenza.

Bisogna tener conto, nonostante ciò, che le differenze di contabilizzazione di un bene possono avere la loro origine nell’applicazione di norme contabili diverse (ad es. ammortamenti, fondi di commercio, etc.), per cui i problemi generati da queste differenze probabilmente possono essere risolti soltanto se l’applicazione della exit tax viene differita fino al momento in cui l’attivo viene trasferito ad un terzo, come suggerisce la sentenza della Corte di Giustizia N [127] (in relazione agli Stati comunitari) [128]. In alcuni casi, la differenza tra le regole contabili/fiscali nazionali può anche provocare che si realizzi una situazione di doppia imposizione che non può essere risolta con il ricorso alla libertà di stabilimento. Con riguardo alle persone fisiche, la Comunicazione [129] della Commissione, al paragrafo 2.2., suggerisce che debba essere garantita nei casi come quello in questione (doppia imposizione conseguente al fatto che il nuovo Stato di residenza esige l’imposta corrispondente senza tener conto della “porzione” di guadagno patrimoniale attribuibile allo Stato di residenza precedente) l’eliminazione della doppia imposizione, posto che questa problematica è implicita nella sentenza N . Dopo la sentenza Kerckhaert [130], fra le altre, a nostro avviso l’eliminazione della doppia imposizione deve essere assicurata con mezzi di coordinamento, senza che si possa affermare che intrinsecamente costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento.

Orbene, tenendo conto che, in base alla sentenza N, laddove non esistano trasferimenti di beni e diritti a terzi in occasione del cambiamento di residenza, non si può riscuotere una exit tax fino al momento dell’effettivo realizzo della plusvalenza da cessione, l’art. 17 TULIS può generare problemi di compatibilità con la libertà di stabilimento disciplinata dall’art. 43 Trattato CE, nella misura in cui implica la tassazione di una plusvalenza fittizia senza differire la riscossione dell’imposta al momento della cessione del bene o diritto ad un terzo e senza tener conto neppure delle eventuali perdite che si siano generate in un momento successivo alla data in cui si è trasferita la residenza. In concreto, sono due le situazioni in cui può verificarsi una violazione della libertà comunitaria di stabilimento:

· Se si ritiene – come è corretto, a nostro avviso – che una società spagnola possa trasferire la propria sede statutaria o il domicilio sociale in un altro Stato membro senza necessità di scioglimento e liquidazione, l’applicazione dell’art. 17 TULIS [131] avrà come conseguenza la riscossione dell’IS su plusvalenze fittizie (sempre che i beni e diritti in questione non confluiscano in una stabile organizzazione in Spagna e che questo trasferimento del domicilio sociale si accompagni al trasferimento della residenza fiscale ai sensi dell’art. 8 TULIS). Se si ritenesse che, in questi casi, il corollario del trasferimento della sede statutaria sia lo scioglimento e la liquidazione della società, ciò che si verificherebbe non sarebbe un cambiamento di residenza, ma la conseguenza intrinseca dello scioglimento e della liquidazione, che la giurisprudenza Daily Mail [132] protegge e riconosce, e perciò, paradossalmente, in questo caso non ci sarebbe alcuna violazione del diritto comunitario.

· L’applicazione dell’art. 17 TULIS ai trasferimenti della sede di direzione effettiva, dalla Spagna verso altri Stati membri, di società o enti costituiti in altri ordinamenti, che determinino la perdita della residenza fiscale in Spagna e portino anche a tassare plusvalenze fittizie (con riguardo a beni e diritti non confluiti in una stabile organizzazione in Spagna), può ugualmente violare l’art. 43 dal Trattato CE. Si noti che in questi casi l’ordinamento spagnolo tasserà tanto la plusvalenza generata prima del trasferimento della sede di direzione effettiva in Spagna quanto quella maturata durante il periodo di mantenimento della residenza nel territorio spagnolo, con l’effetto che può verificarsi una doppia imposizione, a causa del concorso dell’imposizione spagnola con quella applicata dallo Stato di costituzione della società, quando quest’ultima ha trasferito la sua sede di direzione effettiva in Spagna. Questa doppia imposizione, tuttavia, probabilmente dovrà essere risolta attraverso la procedura legislativa comunitaria o, eventualmente, attraverso un emendamento del TULIS che tenga in considerazione tali situazioni. Si noti ugualmente come la Corte di Giustizia, nella sua sentenza N [133], abbia sviluppato una regola comunitaria riferita al trattamento delle minusvalenze o perdite di valore che l’attivo dell’impresa possa subire tra il momento del trasferimento della residenza e la data in cui viene effettuata l’alienazione o comunque il trasferimento dell’attivo stesso [134].

È paradossale, invece, che in Spagna, di fronte alla possibilità di trasferimenti della sede di direzione effettiva in altri Stati, non si garantisca l’imposizione delle plusvalenze attraverso convenzioni contro la doppia imposizione che contengano una norma simile alla clausola dell’art. 4.3 del Modello OCSE [135], posto che l’amministrazione finanziaria spagnola può perdere il diritto alla riscossione dei redditi generati durante gli anni di residenza in Spagna e su questo presupposto possono realizzarsi operazioni di pianificazione fiscale.

3.6. La “tassazione in uscita” ed il trasferimento di beni e diritti dalla casa madre in Spagna all’estero

In conformità con la Comunicazione della Commissione europea sulle exit taxes, potrebbero assimilarsi alle “imposte in uscita” la riscossione o, comunque, il sorgere dell’obbligo impositivo, in conseguenza del trasferimento di attivo dalla casa madre alle stabili organizzazione situate all’estero (è curioso che non si consideri la situazione contraria o il trasferimento di beni o di elementi dell’attivo fra due stabili organizzazioni situate in diversi Stati membri). In questi casi, secondo la Commissione, potrebbero prodursi situazioni discriminatorie o restrittive delle libertà comunitarie nella misura in cui il capital gain sul bene o il diritto trasferito venga tassato nello Stato della casa madre nel momento in cui il bene o diritto “esce” dalla sua “giurisdizione tributaria” senza che necessariamente tale capital gain sia stato realmente realizzato (può accadere che lo stesso non venga mai realizzato o che la cessione ad un terzo si verifichi in un momento successivo). Dalla giurisprudenza de Lasteyrie e N [136], la Commissione deduce che tale imposizione può sollevare problemi analoghi a quelli connessi alle exit taxes e, di conseguenza, l’imposta esigibile nello Stato dove si trova la casa madre dovrebbe essere differita fino il momento del trasferimento del bene o del diritto ad un terzo (senza pregiudizio del fatto che sia possibile esigere dal soggetto passivo l’adempimento degli obblighi d’informazione relativi alla conferma annuale che il bene o diritto rimane ancora nel patrimonio della stabile organizzazione – il che è curioso, poiché questo dato deve già ricavarsi dalla contabilità della società stessa, che sarà a disposizione dell’Amministrazione nello Stato della casa madre – sia che le venga concessa la possibilità di effettuare il pagamento nel momento del trasferimento, sia che abbia facoltà di differirlo ad un momento successivo). È strano che la Commissione taccia rispetto ai trasferimenti di beni-merce fra la casa madre e la stabile organizzazione, probabilmente perché è cosciente del fatto che sarà difficile differire la riscossione dell’imposta sulle società nello Stato della casa madre al momento in cui i beni-merce escano effettivamente dalla stabile organizzazione per essere destinate ai clienti.

Senza soffermarsi sul problema se l’imposizione che stiamo considerando sia o meno conforme alla disposizione di cui all’art. 7.2 del Modello OCSE, in riferimento alla stabile organizzazione [137], anche ala luce delle diverse soluzioni che, al riguardo i vari Stati hanno adottato [138], è certo che la relativa disciplina spagnola potrebbe porre dei problemi nella prospettiva che viene adottata dalla Commissione. Infatti, in conformità con l’art. 16.3.j) TULIS [139] (nella versione emendata di cui alla Legge 36/2006 [140] sulle “Misure per la Prevenzione della Frode Fiscale”), si considerano operazioni vincolate quelle realizzate fra una persona giuridica residente nel territorio spagnolo e le sue stabili organizzazioni all’estero, con la conseguenza che il trasferimento dei beni o diritti dalla casa madre a una stabile organizzazione all’estero genera l’obbligo di valutare detti beni e diritti al valore di mercato ed eventualmente di includere la differenza fra il costo d’acquisto e il valore di mercato nella base imponibile della imposta sulle società dell’anno in cui si verifica il trasferimento [141]. Si può concordare con la Commissione che l’obbligo relativo ai trasferimenti di elementi patrimoniali dalla casa madre alla stabile organizzazione può risultare sproporzionato laddove, come nel caso della Spagna, trova applicazione il metodo dell’imputazione per eliminare la doppia imposizione, dal momento che, in questi casi, il trasferimento del bene o del diritto dalla casa madre alla stabile organizzazione non causerebbe alla Spagna la perdita della sua “giurisdizione tributaria” sullo stesso. Più giustificata è la tassazione in Spagna quando il trasferimento dell’elemento patrimoniale produce come conseguenza che esso rimane fuori dall’ambito della giurisdizione tributaria spagnola, perché, in relazione alla stabile organizzazione, convenzionalmente o in conformità alla legislazione interna (art. 22 TRLIS), i redditi imputabili alla stabile organizzazione sono esenti da tassazione in Spagna. In questi casi, l’inclusione della differenza fra il valore di mercato del bene o del diritto trasferito e il suo costo d’acquisto per la casa madre è, a nostro avviso, giustificata, sebbene probabilmente, come indica la Commissione, la riscossione dell’imposta debba essere differita al momento in cui il bene o il diritto è ceduto ad un terzo [142].

Non c’è bisogno di dire che, ovviamente, nel momento in cui si tassano in Spagna i trasferimenti di elementi patrimoniali dalla casa madre all’estero si possono verificare i problemi di doppia imposizione ai quali la Commissione fa riferimento nella sua Comunicazione [143], soprattutto, quando lo Stato della stabile organizzazione non adotti come valore del bene o del diritto confluito nella stabile organizzazione lo stesso valore che lo Stato della casa madre ha tenuto in considerazione nel momento del trasferimento del bene o del diritto. Ancora un volta, a nostro avviso, si tratta di problemi che dovrebbero essere risolti soltanto attraverso un provvedimento legislativo, sebbene la scelta per il mutuo riconoscimento di valori che la Commissione propone risulta interessante. Ad ogni modo, non si può non pensare che l’equiparazione operata dalla Commissione fra il trasferimento d’attivo dalla casa madre alla sua stabile organizzazione ed i trasferimenti di residenza o di domicilio di una persona fisica o giuridica da uno Stato membro ad un altro, solleva dubbi, nella misura in cui non pare che risultino “operazioni” pienamente equiparabili dal punto di vista dell’esercizio delle libertà fondamentali comunitarie. In questo senso, la semplice comparazione tra il trasferimento di una merce realizzato dalla casa madre alla sua stabile organizzazione in altro Stato Membro e la stessa operazione fra due soggetti dello stesso gruppo situati in diversi Stati Membri può mettere in discussione la tesi della Commissione, specialmente se si compara con un’operazione di trasferimento di residenza di una persona giuridica in un altro Stato membro.

3.7. Questioni riguardanti la Società Anonima Europea e le imposte d’uscita [144]

In conformità con la normativa spagnola di attuazione della Direttiva 2005/19/CE [145], che ha modificato la Direttiva 90/434/CEE per ciò che riguarda la Società Anonima (SAE) o Società Cooperativa Europea (SCE), entrambi i tipi di società potranno trasferire il loro domicilio sociale in un altro Stato membro dell’Unione Europea, godendo del regime di differimento proprio della Direttiva 90/434/CEE (Capitolo VIII, Titolo VII del TULIS ), con riguardo ai beni e ai diritti situati nel territorio spagnolo che confluiscano in una stabile organizzazione in esso localizzata (art. 83.7 TULIS).

In realtà, i problemi della SAE o della SCE non sono molto diversi da quelli che hanno altre società, eccezion fatta per il loro regime commerciale, nel quale è chiaro che (1) il trasferimento del domicilio sociale in un altro Stato non implica la perdita della personalità giuridica [146]; (2) il domicilio sociale e la sede dell’amministrazione centrale devono trovarsi all’interno del medesimo Stato (art. 312-313 LSA [147]). Cioè, in termini tributari, la perdita di residenza fiscale della SAE o SCE in Spagna o il trasferimento dell’attivo alle proprie stabili organizzazioni all’estero comporterà l’applicazione sia dell’art. 17 TULIS [148] (con l’obbligo di includere nella base imponibile la differenza fra il costo del bene e il valore di mercato) sia dell’art. 16 TULIS (con l’obbligo di valutare a mercato il bene o diritto trasferito alla stabile organizzazione). In questo senso, si può affermare che la disciplina speciale del trasferimento di domicilio della SAE o SCE nell’art. 83.7 TULIS è ridondante e aggiunge poco in rapporto all’art. 17.1.a) TULIS, per cui non riusciamo a vedere quali siano i vantaggi provenienti dall’includere le SAE o le SCE nel regime speciale dell’art. 83.7 TULIS. Come indica la Comunicazione [149]della Commissione sulle exit taxes , la Direttiva 90/434/CEE nulla dice sul regime giuridico-tributario degli elementi dell’attivo della SAE o SCE che trasferiscano il loro domicilio sociale in un altro Stato membro, in relazione alle quali si devono applicare, come per le altre società, i principi delle sentenze della Corte di Giustizia de Lasteyrie e N [150]. La conseguenza sarà che, quando la variazione di domicilio sociale implichi, in conformità all’art. 17 o all’art. 83.7 TULIS, l’integrazione nella base imponibile dell’Imposta sulle Società dell’esercizio nel quale il trasferimento si verifica, i redditi connessi ad elementi patrimoniali non confluiti in stabili organizzazioni site in Spagna, si potrebbe violare il diritto comunitario primario, specificamente la libertà di stabilimento. Lo stesso accadrà quando il trasferimento di elementi dell’attivo della SAE o della SCE alle proprie stabili organizzazioni site in altri Stati Membri generi un reddito (fittizio) che debba essere incluso nella dichiarazione dell’Imposta sulle Società dell’esercizio nel quale si realizza il trasferimento.

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Footnotes    (↵ returns to text)
  1.   Adolfo Martín Jiménez é Professore Associato di Diritto Finanziario e Tributario, Università di Cádiz ; Jose Manuel Calderón Carrero é Professore Associato di Diritto Finanziario e Tributario, Università di La Coruña. Traduzione a cura di Fernando Fernández Marín e Ángel Fornieles Gil, Universidad de Almería, Dottori di ricerca in Diritto tributario europeo presso l’Università di Bologna;

    Andrea Mondini, ricercatore di Diritto tributario presso l’Università di Bologna.   

  2.   CGCE, sent. 11 marzo 2004, C-9/02 e CGCE, sent. 7 settembre 2006, C-470/04 .   
  3.   CGCE, sent. 23 febbraio 2006, C-513 /03 .   
  4.   CGCE, sent. 27 settembre 1988, C- 81/87 .   
  5.   Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato Economico e Sociale Europeo, “Tassazione in uscita e necessità di coordinamento delle politiche fiscali degli Stati Membri”, 19 dicembre 2006, COM (2006) 825 definitivo.   
  6.   CGCE, sent. 27 settembre 1988, C-81/87 , Daily Mail .   
  7. CGCE, sent. 9 marzo 1999, C-212/97 , Centros.   
  8. CGCE, sent. 5 novembre 2002, C-208/00 , Überseering .    
  9. CGCE, sent. 13 dicembre 2005, C-411/05 , SEVIC.    
  10. CGCE, sent. 30 settembre 2003, C-167/01 , Inspire Art .    
  11. Ley 35/2006 , del 28 novembre, relativa all’imposta sui redditi delle persone fisiche e alla parziale modifica delle leggi relative all’imposta sulle società, ai redditi dei non residenti e all’imposta sul patrimonio.    
  12. Real Decreto legislativo 5/2004 , del 5 marzo, che approva la riforma delle Legge sull’imposta sui redditi dei non residenti.    
  13. CGCE, sent. 11 marzo 2004, C-9/02 .    
  14. CGCE, sent. 7 settembre 2006, C-470/04 .   
  15. Ley 35/2006 , del 28 novembre, relativa all’imposta sui redditi delle persone fisiche e alla parziale modifica delle leggi relative all’imposta sulle società, ai redditi dei non residenti e all’imposta sul patrimonio.    
  16. Ley 35/2006 .    
  17. CGCE, sent. 7 settembre 2006, C-470/04 , N .    
  18. Ley 35/2006 , del 28 novembre. Legge relativa all’imposta sui redditi delle persone fisiche e alla parziale modifica delle leggi relative all’imposta sulle società, ai redditi dei non residenti e all’imposta sul patrimonio.    
  19. Real Decreto 1080/1991 , del 5 luglio.    
  20. CGCE, sent. 12 settembre 2006, C-196/04 , Cadbury Schweppes .    
  21. CGCE, sent. 11 marzo 2004, C-9/02 , Huges de Lasteyrie du Saillant .     
  22.   CGCE, sent. 13 marzo 2007, C-524/04 , Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation .   
  23. Questa posizione può fondarsi sulle sentenze della Corte di Giustizia del 26 ottobre 2006, C-345/05 , Commissione/Portogallo , e del 18 gennaio 2007, C-104/06 , Commissione/Svezia . Tuttavia non ignoriamo che le cause di giustificazione che si possono invocare da parte degli Stati membri dello Spazio Economico Europeo possono essere distinte da quelle invocate da parte degli Stati membri della Comunità Europea. In particolare, un fattore discriminante sta nel fatto che i primi non devono implementare il diritto comunitario secondario sulla mutua assistenza amministrativa nello scambio d’informazioni e nella riscossione, così che l’assenza di misure di cooperazione amministrativa di portata equiparabile a quelle previste a livello comunitario può giustificare misure nazionali degli Stati membri dirette al controllo tributario o alla prevenzione dell’evasione fiscale, sempre che risultino proporzionate al fine specifico perseguito. In termini analoghi, si veda la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato Economico e Sociale Europeo, “Tassazione in uscita e necessità di coordinamento delle politiche fiscali degli Stati Membri”, 19 dicembre 2006, COM (2006) 82 5 definitivo, pp.8-9.     
  24. CGCE, 23 febbraio 2006, C-513/03 .    
  25. Trattato che istituisce la Comunità Europea, versione consolidata, G.U . Unione Europea, 29/12/2006 , C 321 E.   
  26. CGCE, 23 febbraio 2006, C-513/03 .    
  27. DOUMA (2006); MARTÍN/CALDERÓN (2007).   
  28. CGCE, 14 novembre 2006, C-513/04 , Kerckhaert & Morres .  
  29. La regola del differimento della tassazione, di cui all’articolo 88 TULIS, costituisce attuazione dell’articolo 8 della Direttiva 90/434/CEE . Si veda: LOPEZ-SANTACRUZ (2000, pp.192-192) e CALDERON/MARTIN (2007), nonché la bibliografia citata al termine di questo lavoro.   
  30. Il comma 4 dell’articolo 87 contiene una previsione analoga che fa riferimento allo scambio di titoli mobiliari. A tale norma possono considerarsi applicabili le considerazioni svolte a proposito dell’articolo 88.3 TULIS.   
  31.   Si consideri che la legge di riforma e adattamento della legislazione commerciale in materia contabile ai fini della sua armonizzazione internazionale sulla base della normativa comunitaria, promulgata dal Congreso de los Diputados , 21 giugno 2007 , contiene una modifica di carattere tecnico del comma 3 dell’articolo 87 e del comma 4 dell’articolo 88 TULIS, laddove stabilisce che il valore fiscale delle azioni o delle quote societarie si modifica, in tal caso, “in misura pari all’importo delle perdite per riduzione durevole di valore, che siano state deducibili ai fini fiscali”.

      

  32. Si consideri, tuttavia, che la regola di cui all’articolo 88.3 TULIS obbliga ad integrare nella base imponibile del contribuente dell’IRPF che trasferisce la propria residenza fiscale, tanto i redditi differiti così come i redditi maturati posteriormente alle operazioni di ristrutturazione d’impresa dovuti all’aumento del valore dei titoli. Ció che constrasta con la previsione di cui all’articolo 14.3 LIRPF.   
  33. Al riguardo, autorevole dottrina (si veda, J.A. López-Santacruz) ha sottolineato la difficoltà dell’Amministrazione finanziaira nell’accertare se i titoli in questione siano stati ceduti o meno, soprattutto nel caso in cui rappresentino una partecipazione in un soggetto giuridico non residente nel territorio spagnolo. Tuttavia, si osserva che le autorità spagnole rimangono, comunque, titolari della potestà di escutere la garanzia se il socio non dimostra in modo inequivocabile, dietro richiesta dell’Amministrazione finanziaria, che i titoli mobiliari non sono stati trasferiti (si veda, LOPEZ SANTACRUZ 2000, p. 193).   
  34.   Corte Giust., sent. 11 March 2004, C-9/02 , Hughes de Lasteyrie du Saillant , citata.

      

  35. Corte Giust., sent. 7 settembre 2006, C-470/04 , N, in Racc. 2006, pag. I-7409.

       

  36. Corte Giust., sent. 11 March 2004, C-9 / 02 , Hughes de Lasteyrie du Saillant , citata.

       

  37. Corte Giust., sent. 7 settembre 2006, C-470/04 , N, in Racc. 2006, pag. I-7409.

       

  38.   Real Decreto Legislativo 4/2004, del 5 marzo, che approva la riforma della Legge sull’Imposta sulle Società.  
  39.   Direttiva 90/434/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990.  
  40. Direttiva 76/30 8 CEE del Consiglio, del 15 marzo 1976 .

       

  41. Si consideri, tuttavia, che sarebbe compatibile col Diritto comunitario l’imposizione di obblighi formali (ad esempio, la presentazione di una dichiarazione fiscale) motivati dal trasferimento della residenza fiscale, al fine di consentire allo Stato membro di controllare e riscuotere l’imposta sui redditi maturati nel suo territorio quando i titoli siano trasmessi dopo il cambio di residenza. Per quanto riguarda le regole derivate della giurisprudenza N , si veda CALDERON (2007).     
  42. Su questo problema, cfr. WYMEERSCH (2006).   
  43. CGCE, sent. 27 settembre 1988, C- 8 1/87 .

       

  44. In questo senso, cfr. WEBER (2003), GONZÁLEZ SÁNCHEZ / FLUXÁ (2005), p. 223, e le considerazioni critiche degli stessi autori in MARTÍN JIMÉNEZ (1999), cap. 6.

       

  45. CGCE, 9 marzo 1999, C-212/97 .

       

  46.   Si veda al riguardo, GARCIMARTÍN ALFÉREZ ,1999, eccellente studio su detta sentenza e sulle sue implicazioni dal punto di vista societario e di diritto internazionale privato.  
  47.   CGCE, 5 novembre 2002, C-208/00 .

      

  48. Cfr., ex multis, GARCIMARTÍN ALFÉREZ (2001) e (1999).   
  49.   CGCE, 10 luglio 1986, C-70/85 .

      

  50.   In questo senso si è pronunciato l’Avvocato generale Ruiz-Jarabo nelle sue conclusioni alla causa Überseering, C-208/00 . A suo avviso, dopo la sentenza Daily Mail ( C-81/87 ), il contesto comunitario é mutato. In modo particolare, con la entenza Centros ( C-212/97 ) é stato riconosciuto il diritto delle società al trasferimento della propria sede di direzione effettiva da un Stato all’altro.

      

  51. La teoria della sede reale non ammette il riconoscimento di una societá costituita in uno stato diverso. Di conseguenza, in questi sistemi, il cambiamento della sede reale determina mutamenti della lex societatis e, di solito, comporta il necessario scioglimento. Si veda GARCÍMARTÍN ALFEREZ (1999), p. 649-651. In realtà, nel caso Centros il problema non era il trasferimento della sede reale in un altro Stato, bensì il riconoscimento in uno Stato che applica la teoria della sede reale di una società costituita in uno Stato che segue la teoria della costituzione (e nel quale, di conseguenza, il trasferimento della sede reale non comporta necessariamente lo scioglimento e la liquidazione della società). Come spiega GARCIMARTÍN ALFÉREZ (1999), p. 654, “quando lo Stato di incorporazione e lo Stato della sede reale non coincidono, per il modello della sede reale la società non si considera validamente costituita, per quello della costituzione, invece, sì”.

       

  52. Corte di Giustizia, sentenza del 5 novembre 2002, causa C-208/00 , Überseering .

       

  53. Conclusioni dell’AG Ruiz-Jarabo Colomer nella causa C-208/00 , Überseering .     
  54. Versione consolidata del Trattato dell’Unione Europea e del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (28/C 115 /01) .     
  55. CGCE, 5 novembre 2002, C-208/00 .    
  56. CGCE, 9 marzo 1999, C-212/97 .   
  57.   CGCE, sent. 27 settembre 1988, C-81/87 .   
  58.   CGCE, 9 marzo 1999, C-212/97.

      

  59. GARCIMARTÍN (1999) e (2001), o PAZ-ARES (1999), ritengono che secondo la sentenza della Corte di Giustizia Centros ( C-212/97 ) la teoria della sede reale non sia applicabile all’interno dell’Unione Europea. In senso più conforme a quanto noi sosteniamo, cfr. l’interpretazione di Daily Mail ( C-81/87 ) e Überseering ( C-208/00 ) offerta da VOSSESTEIN (2006), p. 872-873, per il quale se la società non rispetta le condizioni del proprio ordinamento di origine (ad es. la presenza della sede reale o statutaria nel suo territorio), la stessa “perde la sua nazionalità” e , con ogni probabilità, il diritto di invocare la libertà di stabilimento.

       

  60. Questa è l’opinione di LOWRY (2004), p. 343.   
  61. CGCE, 30 settembre 2003, C- 167/01 .    
  62.   CGCE, 30 settembre 2003, C- 1 6 7/01 .    
  63. CGCE, 9 marzo 1999, C-212/97 e CGCE, 5 novembre 2002, C-208/00 .     
  64. In questo senso anche LOWRY (2004), p. 342, interpreta la sentenza della Corte di Giustizia Inspire Art.     
  65. CGCE, sent. 27 settembre 1988, C-81/87 .     
  66. Al momento del presene lavoro, sono state pubblicate le conclusioni dell’AG Poiares Maduro del 22 maggio 2008 relative alla causa C-210/06 , Cartesio , in cui l’AG sostiene il superamento della sentenza Daily Mail e considera contrarie alla libertà di stabilimento le norme nazionali (nel caso di specie le norme ungheresi) che impongono lo scioglimento delle società che trasferiscano la propria sede effettiva all’estero. Se la Corte di Giustizia seguirà l’opinione dell’AG, le conclusioni cui si perviene in questo paragrafo dovranno essere modificate e, di conseguenza, qualsiasi norma nazionale che imponga la “morte” della società per il trasferimento della sua direzione o amministrazione centrale o domicilio statutario in un altro Stato membro sarebbe da considerarsi contraria al diritto comunitario. Il che non implicherebbe, come segnala l’AG, che uno Stato non potrebbe imporre condizioni o restrizioni giustificate (da ragioni imperative d’interesse generale o d’ordine pubblico) al trasferimento del domicilio delle Società nazionali all’estero.

    Nota della redazione della rivista: la sentenza della Corte di Giustizia nella causa C-210/06,

    Cartesio, é stata emessa il 16 dicembre 2008. Il Giudice comuniatrio ha assunto una posizione contrastante con quella dell’Avvocato generale, riaffermando, invece, quanto sostenuto con la sentenza Daily Mail .    

  67.   CGCE, 20 febbraio 1979, C-120/78 .

      

  68.   CGCE, sent. 27 settembre 1988, C-81/ 8 7 , CGCE, 9 marzo 1999, C-212/97 , CGCE, 5 novembre 2002, C-208/00 e CGCE, 30 settembre 2003, C- 167/01 .

      

  69. In senso contrario, GONZÁLEZ SÁNCHEZ / FLUXÀ (2005). Secondo tali autori, detta giurisprudenza ha un’incidenza diretta sui criteri di collegamento impiegati con riferimento all’imposta sulle società nei diversi Stati.   
  70.   CGCE, 13 dicembre 2005, C-411/03 .

      

  71.   CGCE, 9 marzo 1999, C-212/97 , CGCE, 5 novembre 2002, C-208/00 e CGCE, 30 settembre 2003, C- 1 6 7/01 .

      

  72. CGCE, sent. 27 settembre 1988, C-81/87 .

       

  73. Bisogna tenere in considerazione, d’altra parte, che pochi giorni prima della sentenza Sevic è stata approvata anche la Direttiva 2005/56/CE, del 26 ott o bre 2005 , relativa alle fusioni transfrontaliere delle società di capitali, GU UE L 310, del 25 novembre 2005, p. 1. In vigore dal 15 dicembre 2007, essa si fonda su principi assai simili a quelli espressi nella sentenza Sevic , dal momento che ammette limiti sulla base di motivi imperativi di interesse generale che sussistano nello Stato di costituzione delle società che intendano procedere alla fusione.

       

  74. Questa è la soluzione cui giunge l’AG Poiares Maduro nella sue Concusioni relative al caso Cartesio.

    Nota della redazione della rivista: la sentenza della Corte di Giustizia nella causa C-210/06, Cartesio, é stata emessa il 16 dicembre 2008. Il Giudice comuniatrio ha assunto una posizione contrastante con quella dell’Avvocato generale, riaffermando, invece, quanto sostenuto con la sentenza Daily Mail .

       

  75. Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato Economico e Sociale Europeo, “Tassazione in uscita e necessità di coordinamento delle politiche fiscali degli Stati Membri”, 19 dicembre 2006, COM (2006) 825 definitivo.

       

  76. CGCE, 11 marzo 2004, causa C-9/02 , Hughes de Lasteyrie du Saillant v. Ministère de l’Economie, des Finances et de l’Industrie.

       

  77. CGCE, 13 dicembre 2005, C-411/03 .

       

  78. CGCE, sent. 27 settembre 1988, C-81/87 , CGCE, 9 marzo 1999, C-212/97 , CGCE, 5 novembre 2002, C-208/00 e CGCE, 30 settembre 2003, C- 167/01 .

       

  79.   CGCE, sent. 11 marzo 2004, C-9/02 , CGCE, sent. 23 febbraio 2006, C-513/03 e CGCE, sent. 7 settembre 2006, C-470/04 .

      

  80.   Cfr. un’opinione simile in WEBER (2003), specialmente p. 352.  
  81. Direttiva 90/434/CE del Consiglio, del 23 luglio 1990, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati Membri diversi.   
  82.   Nota della redazione della rivista: la sentenza della Corte di Giustizia nella causa C-210/06, Cartesio, é stata emessa il 16 dicembre 2008. Il Giudice comuniatrio ha assunto una posizione contrastante con quella dell’Avvocato generale, riaffermando, invece, quanto sostenuto con la sentenza Daily Mail .

      

  83. In questo senso, WEBER (2003), p. 152-153 chiedeva espressamente una correzione della sentenza Daily Mail ( C-81/ 8 7 ), giacché la Corte di Giustizia aveva fatto riferimento alle conseguenze proprie di un sistema in cui venga applicata la teoria della sede reale, mentre in realtá, nel caso di specie, rilevava la teoria della cosrituzione. Orbene, a nostro avviso, questo è l’effetto delle sentenze de Lasteyrie ( C-9/02 ) e N ( C-470/04 ) in relazione alle società. Procedendo ad una correzione della “teoria commerciale o societaria” derivata da Daily Mail proprio sulla base di dette sentenze, quantunque esse non la implichino, le sentenze stesse potrebbero avere importanti effetti tributari per gli Stati che seguono il sistema di incorporazione e impongono exit taxes nei casi di trasferimento della sede reale o statutaria in un altro Stato membro dell’Unione Europea.

       

  84. Si vedano, in un significato simile, VAN DEN HURK e KORVING (2007), p. 157.   
  85.   CGCE, 13 dicembre 2005, C-446/03 .

      

  86. Art. 28 Codice Civile: “Le società, le fondazioni e le associazioni riconosciute dalla Legge domiciliate in Spagna, godranno della nazionalità spagnola, purché siano dotate di personalità giuridica conformemente alle disposizioni del presente Codice. Le associazioni domiciliate all’estero, godranno in Spagna dei diritti sanciti dai Trattati o dalle Leggi speciali”.   
  87. Art. 15 Codice di Commercio: “Gli stranieri e le società costituite all’estero potranno esercitare attività commerciali in Spagna; restando soggette alle leggi del loro Paese, per ciò che riguarda la capacità negoziale, e alle disposizioni del presente Codice, per tutto ciò che concerne la creazione di stabilimenti nel territorio spagnolo, le operazioni commerciali e la giurisdizione dei tribunali della Nazione”.   
  88. Cfr. al riguardo PAZ-ARES (1999), p. 539, che afferma: “L’art. 28 del Codice civile, correttamente interpretato, porta, in effetti, a ritenere che la soggezione alla legge spagnola è determinata dalla costituzione della società “in conformità” alle norme spagnole, riducendosi la condizione della domiciliazione in Spagna ad una condizione materiale di validità o di regolarità nella costituzione”, interpretazione che, secondo questo autore, è confermata dall’art. 15 del Codice di Commercio.   
  89. Art. 5 del Real Dec r eto Legislativo 1564/1989 , del 22 dicembre, con il quale si approva il Testo Unico della Legge sulle Società anonime: “1. Saranno spagnole e saranno rette dalla presente Legge tutte le società anonime che abbiano il proprio domicilio nel territorio spagnolo, qualunque sia il Paese nel quale sono state costituite. 2. Dovranno avere il loro domicilio in Spagna le società anonime il cui stabilimento o l’attività principale siano localizzati all’interno del suo territorio”.

       

  90. Art. 6 della Ley 2/1995, d e l 23 marzo sulle società a responsabilità limitata: “1. Saranno spagnole e saranno rette dalla presente Legge tutte le società a responsabilità limitata che abbiano il proprio domicilio nel territorio spagnolo, qualunque sia il Paese nel quale sono state costituite. 2. Dovranno avere il loro domicilio in Spagna le società a responsabilità limitata il cui stabilimento o l’attività principali siano localizzati allínterno del suo territorio”.

       

  91. Cfr., ad es., PAZ-ARES (1999), p. 538 y ss., GARCIMARTIN ALFEREZ (1999) e (2001).   
  92. Corte di Giustizia, sentenza del 9 marzo 1999, C-212/97 , Centros .

       

  93. Ley 2/1995 , del 23 marzo, sulle Società a Responsabilità Limitata.   
  94. Nonostante questa sia l’interpretazione degli articoli 5.2. LSA e 6.2 LSRL sostenuta da PAZ-ARES (1999), p. 542, o GARCIMARTIN (2001), p. 125, abbiamo l’impressione che questi autori non abbiano tenuto nella dovuta considerazione che dalla sentenza della Corte di Giustizia Centros ( C-212/97 ) si desume che le cosiddette “pseudo-foreign corporations” possono operare in ambito comunitario e che, se queste disposizioni fossero norme antiabuso, probabilmente sarebbero dichiarate contrarie alla libertà di stabilimento, per mancanza di proporzionalità, essendo costruite come norme generali. Pertanto, il fatto che il centro principale dell’attività della società straniera si trovi in Spagna non può automaticamente condurre il legislatore spagnolo al suo disconoscimento.    
  95. Real Decreto Le g islativo 1564/1989 .    
  96.   Ley 2/1995, del 23 di marzo .   
  97. Cfr., ad es., CHECA MARTÍNEZ (1989) e (1990).   
  98. Real Decreto 1 784/1996 , del 19 luglio, che approva il Regolamento del Registro Commerciale.   
  99.   Cfr. CHECA MARTÍNEZ (1990), p. 307.  
  100. Ley 2/1995 , del 23 marzo, sulle Società a responsabilità limitata.  
  101. Si veda, per tutti, GARCIMARTÍN (2001), p. 125 e ss., così come PAZ-ARES (1999), p. 539 e ss.   
  102. GARCIMARTÍN (2001), p. 126. Secondo l’autore, non sarebbero di ostacolo a questa interpretazione gli artt. 6.1. LSA e 7.1 LSRL (norme che collegano il domicilio societario al territorio spagnolo), dal momento che si riferiscono allo stabilimento principale che la società abbia in Spagna, e non alla sede reale.   
  103. GARCIMARTÍN (2001), p. 129.   
  104.   GARCIMARTÍN (2001), p. 130.  
  105. Risoluzione n . V018 8 -05 , pubblicata sul sito web www.aeat.es   
  106. Più restrittiva la Risoluzione della Direzione Generale dei Tributi dell’8 Luglio 1991 (Normacef NFC000638), in base alla quale una società la cui attività principale si trovi in Spagna deve, in linea di principio, avere il suo domicilio sociale nel territorio spagnolo, nonostante tale possibilità sia prevista – prosegue la Risoluzione – da una convenzione internazionale, come dispone l’art. 149.2 LSA   
  107.   Real Decreto Legislativo 4/2004 , del 5 marzo , che approva la riforma della Legge sull’Imposta sulle Società (B.O.E. 11-03-2004)  
  108.   CGCE, sent. 11 marzo 2004, C-9 / 02 e CGCE, sent. 7 settembre 2006, C-470/04 .  
  109. LEY 36/ 2 006 , del 29 novembre, sulle misure per la prevenzione della frode fisclale.   
  110. Real Decreto Legislativo 4 /2004 , del 5 marzo, che approva la riforma della Legge dell’Imposta sulle Società.   
  111. Real Decreto Legislativo 4/2004 , del 5 marzo.   
  112. Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni.   
  113. La Spagna ha concluso convenzioni contro la doppia imposizione con tutti gli Stati dell’Unione Europea, eccetto Cipro   
  114. Ha espresso un’opinione simile GARCÍA PRATS (2006) in relazione al trasferimento della sede di direzione effettiva di una Società Anonima Europea costituita in Spagna. Si veda anche il lavoro di questo autore, così come VEGA BORREGO (2004), p. 255, sul significato della nozione di “sede di direzione effettiva” nell’art. 4.3 del Modello OCSE, che l’Amministrazione spagnola interpreta nel senso di effettiva adozione, nel territorio spagnolo, delle decisioni che permettono il normale svolgimento dell’attivitá (Risoluzione della Direzione Generale dei Tributi del 6 giugno 2001, V0043-01 , o del 23 settembre 2004, V0128-04 ), non tenendo affatto in considerazione i criteri stabiliti nel Commentario all’art. 4.3 del Modello OCSE (Risoluzione della Direzione Generale dei tributi del 7 maggio 2002, V0011-02 )   
  115. Si veda, in tal senso, la Risoluzione della Direzione Generale dei tributi del 7 maggio 2002, V00 1 1-02 : l’applicazione del art. 4.3. della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Spagna e Irlanda “richiede una previa condizione, quale la doppia residenza, che a sua volta presuppone, come abbiamo visto, la doppia soggezione del soggetto giuridico ad un’imposta personale che colpisca il suo reddito mondiale”.   
  116. Ancora in tal senso, la Risoluzione della Direzione Generale dei Tributi del 7 maggio 2002, V0011-02, in relazione ad un soggetto giuridico costituito in Spagna, con sede di direzione effettiva in Irlanda, e che aveva percepito interessi di fonte spagnola, ai quali si era applicata l’esenzione prevista dalla LIR N R per gli interessi ottenuti dai residenti degli altri Stati dell’Unione europea.    
  117. CGCE, sent. 27 settembre 1988, C-81 / 87 .

       

  118. Nota della redazione della rivista: la sentenza della Corte di Giustizia nella causa C-210/06, Cartesio, é stata emessa il 16 dicembre 2008. Il Giudice comuniatrio ha assunto una posizione contrastante con quella dell’Avvocato generale, riaffermando, invece, quanto sostenuto con la sentenza Daily Mail .   
  119. CGCE, sent. 11 marzo 2004, C-9/02 e CGCE, sent. 7 settembre 2006, C-470/04 .    
  120. Si noti che, in questi casi, neppure il regime di esenzione dell’art. 21 TULIS sarebbe applicabile alle partecipazioni in società straniere mantenute dal soggetto giuridico che trasferisce la residenza, essendo vincolata l’applicazione dello stesso al “trasferimento” della partecipazione al soggetto non residente e al fatto che non si realizzi nella fattispecie alcun “trasferimento” ma soltanto un cambiamento di residenza.   
  121. GARCIMARTÍN (2001), p. 134.   
  122. Si tratta di un’ipotesi infrequente che, peró, è stata oggetto di alcune Risoluzioni della Direzione Generale dei Tributi specificamente per avere accesso al regime di “ETVEs” [N.d.T.: regime delle Holding straniere] (e, in qualche caso, per sviluppare pianificazioni fiscali basate sulla doppia residenza dell’ente ai fini fiscali). Si veda, ad es., la Risoluzione della Direzione Generale dei Tributi del 6 giugno 2001 ( V0 0 43-01 ), in cui un soggetto giuridico costituito e domiciliato nel Regno Unito aveva trasferito la propria sede di direzione effettiva in Spagna; la Risoluzione del 4 settembre 2000 ( V0076-00 ), relativa a due soggetti giuridici costituiti in conformità al diritto irlandese, domiciliati in tale Paese e che avevano la propria sede di direzione effettiva in Spagna.    
  123. Si veda, ad es., la Risoluzione del 9 ottobre 2000, V0085-00 , in cui la Direzione Generale conclude che il trasferimento in Spagna del domicilio sociale e della sede di direzione effettiva di due società lussemburghesi non determina conseguenze tributarie in Spagna.     
  124. Questa opinione è stata sostenuta anche da VAN DEN HURK e KORVING (2007), p. 155.   
  125. CGCE, sent. 23 febbraio 2006, C-513/03 .    
  126. CGCE, sent. 11 marzo 2004, C-9/02 .    
  127. CGCE, sent. 7 settembre 2006, C-470/04 .   
  128. Nello stesso senso, VAN DEN HURK e KORVING (2007), p. 155. 
  129. Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato Economico e Sociale Europeo, “Tassazione in uscita e necessità di coordinamento delle politiche fiscali degli Stati Membri”, 19 dicembre 2006, COM (2006) 825 definitivo.  
  130. CGCE, 14 novembre 2006, C-513/04 .   
  131. Real Decreto Legislativo 4/2004 , del 5 marzo 2004.   
  132. CGCE, sent. 27 settembre 1988, C-81/87 .  
  133. CGCE, sent. 7 settembre 2006, C-47 0 /04 .   
  134. Si veda CALDERON (2007), p.117. 
  135. Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni relativa all’imposizione sul reddito e sul patrimonio.  
  136. CGCE, sent. 11 marzo 2004, C-9/02 e CGCE, sent. 7 settembre 2006, C-470/04 .   
  137. Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni.   
  138. Si vedano le considerazioni di GARCÍA PRATS (1996), p. 365-366 sulla dottrina tedesca e olandese. 
  139. Real Decreto Legislativo 4/20 0 4 , del 5 marzo.   
  140. LEY 36/ 2 006 , del 29 novembre, sulle misure per la prevenzione della frode fiscale.    
  141. L’art. 17.b) e c) TULIS si riferisce soltanto ai trasferimenti di elementi patrimoniali da una stabile organizzazione che cessa la sua attività in Spagna e al trasferimento all’estero di beni confluiti in una stabile organizzazione.  
  142.   La dottrina ha proposto varie soluzioni: (1) il differimento della tasazione della plusvalenza nello Stato della casa madre fino all’effettivo realizzo della plusvalenza per cessione a un terzo; (2) l’imputazione del guadagno alla casa madre frazionato in parti uguali in realzione ad un predefinito arco temporale. Si veda GARCÍA PRATS (1996), p. 366-367. 
  143. Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato Economico e Sociale Europeo, “Tassazione in uscita e necessità di coordinamento delle politiche fiscali degli Stati Membri”, 19 dicembre 2006, COM (2006) 825 definitivo.   
  144. Circa il regime tributario della SAE, cfr. in particolare GARCÍA PRATS (2006) e la bibliografia ivi citata.  
  145. Direttiva 2005 / 19/CE del Consiglio del 17 febbraio 2005 che modifica la direttiva 90/434/CEE relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d ‘ attivo ed agli scambi d ‘ azioni concernenti società di Stati membri diversi.   
  146. Sul trasferimento del domicilio sociale della SAE dal punto di vista commerciale, cfr. PALAO MORENO (2006).  
  147. Real Decreto Legislativo 1564/1989 .  
  148. Real Decreto Legislativo 4/20 0 4 , del 5 marzo.    
  149. Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento Europeo e al Comitato Economico e Sociale Europeo, “Tassazione in uscita e necessità di coordinamento delle politiche fiscali degli Stati Membri”, 19 dicembre 2006, COM (2006) 825 definitivo.    
  150. CGCE, sent. 11 marzo 2004, C-9/02 e CGCE, sent. 7 settembre 2006, C-470/04 .