(Die Bindung der Mitgliederstaaten an die Europäische Grundrechtcharta im Bereich der Richtlinienumsetzung)
I. Introduzione
A seguito delle decisioni1 del Tribunale Costituzionale Federale (BVerfG) adottate nel tardo autunno 2019 nelle cause “Diritto a dimenticare I e II” si è rimesso in moto il dibattito sull’ambito di applicazione della Carta europea sui diritti fondamentali.2 Al suo centro vi è la questione su quando vi è l’ipotesi della “attuazione del diritto dell’Unione” da parte degli stati membri ai sensi dell’art. 51.1.1 della Carta e quando questa sia, così, vincolata ai diritti fondamentali dell’Unione. Questa questione concerne direttamente la ripartizione di competenza tra l’Unione e gli stati membri ed è per questo di speciale importanza. È così pensabile che ai diritti fondamentali dell’Unione sia riconosciuta dalla Corte di Giustizia UE una forza integrativa sovranazionale come già alle libertà fondamentali. Che questo non sia voluto dal lato degli stati membri si evidenzia già nell’art. 51.2 della Cart e nell’art. 6.1.3 TUE, come pure nella formulazione restrittiva dell’art. 51.1.1.2 della stessa Carta, che prevede un vincolo degli stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione3.
Come deve ora, però essere redatto in modo più giuridicamente sicuro e convincente l’ambito di applicazione della Carta? Questo deve essere spiegato sinteticamente di seguito per l’ambito della trasposizione di direttive. Mentre il vincolo degli stati membri viene affermato unitariamente4 nella trasposizione di norme di contenuto pienamente determinate al diritto dell’Unione, resta discusso se un vincolo sia da affermare anche quando gli stati membri utilizzano uno spazio operativo concesso dalla direttiva. Per avvicinarsi qui ad una risposta alla predetta questione viene in più propriamente opportuno dare una definizione di un ambito applicativo compatibile col tenore letterale II. Nello stesso tempo si deve motivare un ragionevole ambito di applicazione dopo un confronto con le risposte della Corte di Giustizia UE e del Tribunale Federale Costituzionale e con le proposte della dottrina, nel quadro di proprie considerazioni. Il contributo si chiude, quindi, con una conclusione.
II. I limiti del tenore letterale
Un primo punto di riferimento per la risposta alla posta questione è il tenore letterale dell’art.51.1.1.2 della Carta. Questo non è inoltre, d’altra parte, di ausilio nella esatta trattazione della definizione dei limiti dell’ambito applicativo. L’art.51.1.1.1.2 è, invero, in raffronto con la giurisprudenza della Corte di gIustizia UE prima dell’entrata in vigore della Carta, redatto più restrittivamente e parla nella versione tedesca di un’applicabilità “esclusivamente nell’attuazione di diritto dell’Unione” invece che della scelta di espressioni “nell’ambito applicativo del diritto dell’Unione, come utilizzata dalla Corte UE per i principi generali. Ricavare da questo una interpretazione ristretta dell’art. 51.1.25 però non convince. Innanzitutto questa differenziazione linguistica tra ambito di applicazione e attuazione non si trova in tutte le versioni linguistiche della carta sui diritti fondamentali6. Le formulazioni in Polonia (stosuja), in Portogallo (apliquem), in Spagna (apliquen) e in Svezia (tillämpar) devono essere tradotte in modo più prossimo ad”applicazione” che a “attuazione”. Anche la Corte di Giustizia UE, nella sua giurisprudenza, non osserva una identica differenziazione7. Da ultimo anche le osservazioni sulla Carta dei diritti fondamentali non sono d’accordo su questa distinzione linguistica8. Il significato letterale non fornisce, in proposito, un’interpretazione restrittiva.9 Il significato letterale sta, piuttosto alla base anche di una concezione che assoggetta ogni rapporto di fatto preso in considerazione dal diritto UE, e non può essere ad esso contraria. Se si riflette solo su questa ragione, secondo cui, per esempio, l’applicabilità delle libertà fondamentali dell’Unione o già la cittadinanza dell’unione avrebbero potuto aprire l’ambito applicativo dei diritti fondamentali dell’Unione, s’imporrebbe una necessità di limiti più stretti, che il tenore letterale non mette in mostra.
III. Soluzioni nella giurisprudenza
1. La giurisprudenza del tribunale costituzionale federale
La giurisprudenza del tribunale costituzionale federale (BVerfG) è estranea ad una separazione dei diversi spazi applicativi dei diritti fondamentali ed afferma un vincolo ai diritti fondamentali dell’Unione solo nella trasposizione di diritto secondario univocamente formulato10. Con l’emanazione delle citate decisioni Diritto a dimenticare I e II il BVerfG modificava in parte questa osservanza.
a.Diritto a dimenticare I
Oggetto della decisione era una ricorso costituzionale contro una sentenza che aveva rigettato un’azione del ricorrente, nella quale egli aveva fatto valere una pretesa all’omissione dell’enunciazione del suo nome in un articolo on line. Il rapporto era ispirato dal diritto dell’Unione per l’art. 9 della direttiva 95/46(CE che consentiva agli stati membri “per l’elaborazione di dati personali che avvenisse sol per scopi giornalistici, artistici o letterari di introdurre deroghe ed eccezioni” dalle previsioni della direttiva quando ciò fosse necessario “per mettere il diritto alla sfera privata in accordo con le disposizioni vigenti per la libertà della manifestazione di opinione” 11. Questo spazio operativo consentito dall’art. 9 della direttiva poneva la questione se qui dovessero trovare applicazione i diritti fondamentali nazionali o quelli dell’Unione. Il BVerfG escludeva i secondi, col riferimento al fatto che di regola il diritto dell’Unione, nel caso di spazio operativo di trasposizione non sarebbe derivato da una tutela unitaria dei diritti fondamentali e ricorreva alla presunzione che il livello di tutela della Carta dei diritti fondamentali sarebbe garantita congiuntamente attraverso i diritti fondamentali nazionali1213 Se, quindi, il BVerfG si mantiene fermo, fondamentalmente, alla sua tesi di separazione ed afferma un primato dei diritti fondamentali nazionali, la decisione contiene di conseguenza un’eccezione14. Uno scambio tra diritti fondamentali nazionali e dell’Unione sarebbe quindi possibile15. La tesi una volta severa viene ora per lo meno ritirata attraverso la decisione16.
b. Diritto a dimenticare II
Diversamente dalla decisione Diritto a dimenticare I la causa Diritto a dimenticare II si fondava su un rapporto regolato pienamente dal diritto dell’Unione. La ragione era un ricorso costituzionale contro una decisione del Tribunale Superiore di Celle, nella quale la ricorrente aveva agito senza successo contro il rifiuto di un imprenditore di ricerca meccanica di astenersi dalla diffusione di un risultato di ricerca con contenuto diffamatorio secondo la ricorrente. Il BVerfG decideva qui che sulla base del primato di applicazione del diritto dell’Unione devono essere applicati i diritti fondamentali dell’Unione, quando attraverso questi viene assicurata una tutela sufficientemente efficace
Sulla base di entrambe le decisioni si può così affermare che in caso di una piena disciplina attraverso il diritto dell’Unione il BVerfG deve applicare i diritti fondamentali dell’Unione, con riserva di un sufficiente livello di tutela dei diritti dell’unione. Sarebbero invece applicabili i diritti fondamentali nazionali negli spazi operativi nella trasposizione. Una relativizzazione della tesi della separazione si può però ravvisare nel caso in cui sia ritenuta possibile un’applicazione parallela dei due regimi di diritti fondamentali 16.
2. La giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea.
La CdGUE parte, invece, nell’ambito degli spazi operativi in trasposizioni, da una coesistenza dei diritti fondamentali nazionali e di quelli europei17. È però decisivo che l’applicazione di diritti fondamentali nazionali “non venga assicurato, nè il livello di tutela della Carta, come viene interpretato dalla CdGUE, né il primato, l’unità e l’efficacia del diritto dell’Unione”18 Se la direttiva conferisce agli stati membri spazi operativi discrezionali o limitate possibilità di scelta viene affermato da una maggioranza 19 un vincolo ai diritti fondamentali dell’Unione con riferimento alla debilitata, ma sempre ancor presente disciplina da parte dell’Unione.20
È invece controverso il caso in cui la direttiva contiene clausole di apertura, che consentono regolamentazioni derogatorie o più ampie. Nella sostanza si appoggiano a ciò coloro che sono contrari ad un’applicazione dei diritti fondamentali dell’Unione21 come conseguenza del doppio grado nella trasposizione della responsabilità per interventi in diritti fondamentali.22 Qui non esiste affatto bisogno di una tutela di diritto fondamentale sul piano europeo.23 Anche se questa tesi venisse giustificata con le decisioni della CdGUE nelle cause Siragusa (C/206/13) e Hernandez (C- 198/13) secondo le quali un obbligo degli stati membri sarebbe fondato da un presupposto del diritto dell’Unione per l’applicabilità dei diritti fondamentali dell’Unione24. Questo non sarebbe, però il caso in cui solo il diritto dell’Unione consentisse deroghe25. Da ultimo viene affermato che i diritti fondamentali dell’Unione devono limitare il potere dell’Unione nell’ambito del primato di applicazione dl diritto europeo, così che non ci siano da attendersi i rischi sopra menzionati26. Il primato di applicazione del diritto dell’Unione e l’unità e l’effettività del diritto dell’Unione verrebbero, cioè, messe in pericolo dall’applicazione di diversi regimi nazionali di diritti fondamentali, per cui qui sarebbe ragionevole uno standard di diritti nazionali unico sul piano dell’Unione27. Si potrebbe perciò venire all’applicazione della tutela di diritto fondamentale nazionale.
IV. Tesi propria
È però convincente, anche nel caso di clausole di apertura, affermare un vincolo ai diritti fondamentali dell’Unione28. I diritti fondamentali dell’Unione devono, in principio, limitare l’agire di organi dell’Unione29. Se l’Unione emette direttive, essa agisce anche con l’attribuzione di clausole di apertura sul piano legislativo e offre in conseguenza agli stati membri possibilità d’incisione su diritti fondamentali negli ambiti normativi relativi30. Ciò deve essere, però, legittimato se sul piano della stessa Unione viene legittimato un sufficiente standard di diritto fondamentale. La funzione di legittimazione quindi non si limita, come viene sostenuto dall’opinione contraria, sulla base di diritto dell’unione vincolante, ma concerne anche le clausole di apertura.
Inoltre non è convincente argomentare che il diritto dell’Unione, nel caso di spazi operativi costitutivi non si baserebbe su una unica tutela giuridica. Il fondamento delle clausole di aperura è, piuttosto, il rispetto del principio di solidarietà e le particolarità nazionali, contro le quali sono di rango inferiore le conseguenze della scelta del regime determinante di diritti fondamentali. A ciò può essere anche obiettato che gli spazi operativi costitutivi devono essere colmati nell’osservanza di compiti relativi a diritti fondamentali, perché questo non dice nulla sul regime determinante dei diritti fondamentali. Molti sono, invece a favore dell’affermazione che la conformazione degli spazi operativi obbliga gli stati membri. Al contrario invece la conformazione dovrebbe essere unitaria su valori limitativi come guida unitariamente nell’intera Unione, e deve provenire in tal modo, dalla Carta. Si minacciano, altrimenti, rilevanti contrasti di valori all’interno dell’Unione. Questo pericolo si evidenzia specialmente se si prendono in esame rapporti plurimi di diritti fondamentali. La limitazione della propria posizione sui diritti fondamentali conduce qui necessariamente ad un rafforzamento della diversa opinione31.
A favore di un ambito di applicazione complessivamente ampio e dell’opinione qui sostenuta è anche il fatto che a favore di una differente ampiezza giuridica dei diritti fondamentali dell’Unione ai sensi dell’art. 6.3 TUE – come principi giuridici generali – Questi rientrerebbero nei diritti fondamentali – Questi non verrebbero, cioè, compresi nelle ipotesi di cui all’art. 511.1.2 della Carta sui Diritti Fondamentali Anche il riferimento alla storia di formazione della Carta conferma che questo non può essere voluto. Il mandato della commissione sui diritti fondamentali si limitava alla messa in sicurezza dei diritti fondamentali, già riconosciuti come come principi giuridici generali. Prima dell’emanazione della Carta veniva però affermato che i principi generali del diritto dovrebbero sviluppare un vincolo nei confronti degli stati membri, quando questi agiscano nell’ambito di applicazione della Carta sui diritti fondamentali. Da questo non si dovrebbe e potrebbe derogare in considerazione del mandato- Una deroga avrebbe dovuto, piuttosto, avvenire espressamente, il che non sembrava. Queste riflessioni forniscono anche una base alla Carta, che fa riferimento alla giurisprudenza, la quale parla solo di “ambito di applicazione”.
Anche il riferimento fatto dall’opinione contraria alle cause Hernandez e Siragusa non può condurre ad un opposto giudizio. Innanzitutto è scarsamente giustificato che ora si intenda invece obbligatoriamente, al posto di “attuazione” “ambito di applicazione”, perché nella decisione il concetto fa riferimento a sentenze relative e anche alle motivazioni della Carta.
È dopotutto convincente nella questione dell’applicabilità dei diritti fondamentali dell’Unione partire dall’ambito applicativo delle direttive e quindi dal loro ambito normativo, che comprende anche clausole di apertura. Anche nelle clausole di apertura viene introdotta tramite un atto dell’Unione. Ciò conduce anche ad una ragionevole limitazione dell’ambito applicativo dei diritti fondamentali dell’Unione, perchè l’Unione, nell’ambito di clausole di apertura, possiede già una competenza normativa e quindi non sorge la minaccia di applicazione dei diritti fondamentali dell’Unione sulle esistenti competenze normative dell’Unione
V. Conclusione
Nell’ambito della trasposizione di direttive la carta D.F. deve, così, trovare applicazione anche nell’ambito di clausole di apertura e direttamente, di conseguenza, nel complessivo ambito normativo previsto nella direttiva. Una concezione ampia, da costruirsi sulla decisione della CdGUE nella causa Åkerberg Fransson (C- 617/ 10) potrebbe partire, non solo relativamente all’ambito regolato direttamente dalla direttiva, ma anche da quella in cui la direttiva è inserita. Ciò produce certamente molte difficoltà di delimitazione e non è compito di questo contributo.
BVerfG ordinanze 6.1.2019, 1 BvR 16/1, e del 6.11. 2019, 1 BvR 276/173 e 1 BvR 16/13↩︎
Così, ad es. M. Wende, JZ 2020 157 E. Neumann / F: Ecvhberger, jus 2020, 502. H. Wendt, DVBL 2020, 549; W. Hidien, UR 2020. 249, J. A. Kämmerer / M. Kotzur, NVwZ 2020, 177, M. Hoffmann, NVwZ, 2020, 33, A. Edenharter, DÖV 2020, 349, M. Wendel, JZ 2020, 157.↩︎
V. M. Honer, Jus 2017, 409, 412.↩︎
CdGUE cause C – 74/95, C-275/06, Promusicae; in dottrina v ad es. D. Ehlers, in Ehlers, Europäsche Grundrechte und Grundfreiheiten, 4 a ed. 2014, §14 punto 73; C. Nowak, in: S. Heselhaus / C. Nowak, Handbuch der Europäische Grunfrechte, 2 a ed 2020, §9 punto 28.↩︎
Così P.M. Huber, NJW 2011, 2385, 2387; Schwardtfeger, in: J. Meyer 7 S. Hölscheidt, Charta der Grundrechte und Grundfreiheiten, 5 a ed. 2019, art.51 punto 37 – nello stesso senso M. Borowski nella premessa. punti 24e seg., W. Cremer, EuGRZ 2011, 545, 551. Un’interpretazione restrittiva significa anche una discussione nella commissione dei diritti fondamentali, D. Thym, NVwZ 2013, 889, 890. Per una esplicita esposizione del provvedimento di consulenza nella Commissione dei diritti findamentali v. M. Bleckmann, Nationale Grundrechte im Annwengsbereich des Rechts der Europäischen Union, 2011, 137 e segg.↩︎
D. Ehlers, in: Ehlers, Europäische Grundrechte und Grundfreiheiten, 4 a ed. 2104, § 14 punto 67.↩︎
M. Honer. JuS 2017, 409, 410; più precisamente sulle diverse versioni linguistiche R. Srteinz/ W. Michl, in: R. Streinz EuGH bausa 260/89, ERT, punto 15; C/ 276/ 01, Steffensen, punto 70;↩︎
sulla “attuazione” nella giurisprudenza della CdHGUE, causa C – 5/88, C- 292/ 97, Karlsson. Punto 37; C – 117/ 06, Möllendorf, punto 78.↩︎
V. causa C 303/2007.↩︎
BVerfG, ord. 13.3.2007, 1 BvF 1705; 14.5. 2007, 1 BvR 2036/05; sentenze 24.4. 2013, 1 BvR 1215/ 07 citata in Calliess/ RUffert, TUE / TFUE, 5 a ed. 2016, art. 61, punto 10 e seg.; Stendke, IStR 2018, 110;D. Thhim, NVwZ 2013, 889.↩︎
V. S. Muckel, JA 2020, 233.↩︎
BVerfG, ordinanza del 6.11. 2019, 1 BvR 16/13, punto 49.↩︎
J. Kühling NJW 2020, 275; v. anche M. Wendel, JZ 2020, 157.↩︎
BVerfG, ordinanza 6.11.2019, 1 BvR 16/13, punto43. Sulla prossimità relativa del regi, e dei diritti fondamentali v. per es.J. Masing JZ 2015, 477.↩︎
M. Wendel JZ 2020, 157; v. anche E. Neumann/ F. Eichberger, JuS 2020, 502, I quali ravvisano in ciò un’applicazione della teso della separazione.↩︎
BVerfG, ordinanza del 6.11.2019, BvR 276/17, punti 42 e 47. Su quanto da queste derivante per per non tener iconto della rilevante ampiezza della misura di controllo nell’art. 95.1 n. 4 a GG v. ad es Kühling NJW 2020, 275; J.M. Hoffmann, NVwZ20, 33; H. Wendt, DVBl 2020, 549; critico invece S. Muckel, JA 2020, 237.↩︎
CdGUE, causa C-540/03, parlemento Europo c. Consiglio UE, punto 104 e seg.;↩︎
C – 517/16, Åkerberg Fransson, con punto 29.↩︎
T. Kingreen, in: Calliess/ Ruffert, EUV/ AEUV, 5 a ed. 2016, art.51, punto 10; F. Oppel/ T. Sendke, IStR 2018, 110.↩︎
V. in proposito W. Frenz Handbuch Europarecht, ed 4. 2009, punti 249 e segg.↩︎
D. Ehlers. Europäische Grundrechte und Grundfreiheiten, 4 a ed. 2014, § 14, punto 74; W. Frenz HandbuchEuroparecht. Parte 4, 2009, punto 251; B. Maier Grundrechtschutz bei der Durchführung von Richtlinien. 2014, 102 e seg.; C. Ladenburger / J. Vondung in: P. Tettinger/K. Stern, GrCh, 2016 art. 51, punto 45; C. Nowak in: S. Heselhaus 7 C. Nowak, Handbuch der Europäischen Grundrechte, 2009, 81 e segg.; Zorn / B. Twardosz DStR 2007, 2185; E. Oache, in: Pechstein/ C. Nowak/ Häde, GRC 2017, art. 51 punto 28; T. v. DAnwitz, FS Hrzog, 2009, punto 19.↩︎
Così T. Kingreen in: C. Caliess/M. Ruffert. EUV/ AEUV 5 a ed. 2009, art. 51 GrCh punto 14; Aufsberg DÖV 2010, 153; K. Gebauer Parallele Grund – und Menschenrechtsschutzsysteme in Europa, 2007, 291; J. Kokot, Das Steuerrecht der Europäischer Union 2018 § 3 punto 9; G. Britz EuGRZ 2015, 275; H W. Rengeling/ P. Szczekalla, Grundrechte in der Europäischen Union, 2004, punto 313; F. Schorkopf in: C. Grabenwarter. EnzEuR, Europäischer Grundrevhtsschutz, 2014, § 3, punto 26 e eeg.: Calliess JZ 2009. 113; W. Frenz Handbuch Europarecht parte 4 2009, punto 250, G. Ziegenhornh NVWZ 2010, 803; A. Grosse Wentrup, Die Europäische Grundrechtcharta m Spannungsfeld der Kompetenzverteilung zwischen Europäisc her Union und Mitgliedstaaten, 2003, 56;M. Hoffnamm, NVwZ 2020, 33.↩︎
K. Gebauer. Parallele Grund – und Menschenrechtsschutzssteme in Europa. 207. 191.↩︎
M. Ruffert, EuGRZ 1995, 518; M. Honer Jus 2017, 409.↩︎
G. Britz EuGERZ 2015, 275.↩︎
Così anche H.D. Jarass, NVwZ 2012, 457; lo stesso, GR.Ch., 3 a ed. 2016, art. 51 punto 20 a e seg.; E. M. Frenzel Der Staat 53 (2014) 1: Kokott/ I. Dobratz: in W. Schön/ C. Heber, Grundfragen des Europäischen Steuerrechts 2015. 25; M. Homer JuS 2017, 409; Kühling in: A. von Bogdandy/ J. Bast, Europäisches Verfassungsrecht. 2 a ed. 2009, 657; C. Franzius ZaöRV 2015, 383; C. Ohler NVwZ 2013, 1433; R. Streinz FS Dauses 2014, 429; D. Sarmiento CMLR 50 (2013) 1267; F. Lindner EuZW 2007, 71; lo stessoJura 2008, 401.↩︎
A. Haratsch / C. Koenig/ M. Pechstein Europarevht. 11 a ed. 2018, punto 91; R. Streinz in: D. Merten/ H – J. Paper, HGrR VI / 1. § 151, punto 12.↩︎
A. Haratsch/ C. Koenig / M. Pechstein Europarecht, 11 a ed. 2018 punto 691; R. Streinz in: D. Merten/ H. – GrR 2010 § 151, punto 12.↩︎
Cfr.R. Streinz FS Dauses 2014, 429.↩︎
Così BVerfG, ordinanza 6.11. 2019 1 BvR 16/13, punto 49.↩︎
ALLEGATO iv (DELIBERAZIONE DEL Consigli Europeo per l’elaborazione della Carta d. F. UE) sulle conclusioni del prsidente del Consiglio d’Eurpa in Colonia il 3 e il 4 giugno 1999, pag. 364.↩︎