Studi Tributari Europei. Vol.12 (2022)
ISSN 2036-3583

Determinanti giuridico – europee del diritto tributario nazionale

Steffen HindelangUppsala universitet (SE)

Hannes KöhlerFreie Universität Berlin (DE)

Pubblicato: 2023-10-03

Traduzione di Enrico Altieri

Hindelang, S., & Köhler, H. (2013). Europarechtliche Determinanten nationalen Steuerrechts. WHI - PAPER1 06/2013

Il diritto tributario ha valore di speciale sfera giuridica sensibile alla sovranità.2 Non fa, perciò, meraviglia se l’attuale dibattito politico e scientifico si concentra su una più forte influenza europea sui bilanci degli stati membri al fine di una conseguente sanatoria della crisi debitoria statale, principalmente nel settore delle spese.3

Questo contributo si deduca alla collocazione, lasciata solo al margine dall’attuale ansia di riforma europea, nella quale questa, in grandi linee, segue le super – riforme del diritto tributario nazionale da parte del diritto dell’UE. Devono essere approfonditi solo singoli aspetti nella sfera delle imposte dirette, ma viene qui offerto un vivace sguardo nel campo meccanico dell’integrazione europea, riguardante la giurisdizione, e nelle esigenze di questa.

Il punto di partenza delle trattazioni è formato dalla questione della potestà tributaria nel sistema a più piani dell’UE (A). Sono quindi da prendere in considerazione le diverse affermazioni dell’integrazione europea nella sfera delle imposte indirette da una parte (B) e delle imposte indirette dall’altra (C). Al riguardi diviene significativo l’intero spettro della rilevanza del diritto europeo per il diritto tributario nazionale: mentre nelle imposte indirette hanno luogo, in parte, ampie misure di armonizzazione di diritto secondario, la sfera delle imposte dirette appartiene ai pochi ambiti giuridici degli ordinamenti giuridici degli stati membri, che sono rimasti fino ad ora immodificati da simili misure UE, nonostante la loro centrale importanza per il mercato interno. D’altra parte, nell’ultimo ambito citato, sopravviene il ruolo, non da sottovalutare, nelle libertà fondamentali radicate nel diritto primario, nella forzatura del protezionismo fiscale di stati membri. Nella giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (CdGUE) si presenta una mobile immagine della corrente di andata e di ritorno tra integrazione europea e riguardo per la sovranità degli stati membri.

A. Potestà tributaria

La potestà tributaria come parte dell’autorità finanziaria di uno stato è elemento centrale della sovranità statale.4 Questo sottolineava anche il Bundesverfassungsgericht, quando metteva in risalto nella sua sentenza sul Trattato di Lisbona le “fondamentali decisioni fiscali sulle entrate”, oltre a quelle sulla cittadinanza e sul monopolio del potere come una di quelle sfere che ess5o considera come “immodificabili dall’integrazione”. La potestà tributaria degli stati membri non viene posta fondamentalmente in questione come tale,; agli stesi resta la competenza di produzione e abrogazione del diritto.6 Solo una deliberazione ai sensi dell’art. 311.3 TFUE, che prevede l’introduzione (o l’eliminazione) di tributi UE, presuppone, per la sua entrata in vigore, l’approvazione degli stati membri in armonia con le loro relative prescrizioni di diritto costituzionale (cfr. par. 3).7 Anche le misure fiscali dell’UE e degli stati membri assunte nel corso della crisi dei debiti di stato europei e delle banche – si ricordino qui il semestre europeo, il Six-Pack, il patto Euro – plus, il MES e il Fiskalpakt8 – non hanno cambiato nulla al riguardo. Esse concernono, nel punto focale, l’aspetto funzionale della politica finanziaria degli stati membri.9

Se la potestà tributaria in sé è rimasta anche degli stati membri, essa si è, però, notevolmente ristretta per i trattati europei,10 che prevedono nell’ art. 3.3.1.1 TUE, quale uno (dei più importanti scopi) un mercato interno europeo, uno spazio senza confini interni per la libera circolazione di beni, persone, servizi e capitale (art. 26.2 TFUE). Con questo non si aspira ad una completa unificazione del diritto tributario europeo.11 Deve, piuttosto, essere stabilita una neutralità nella concorrenza.12 Ottenere questo non è però realizzabile in una unione attuale di 28 stati membri, con discipline inconciliabili con le regolamentazioni e misure giuridiche dell’Unione. Solo la mera esistenza di 28 diversi sistemi fiscali negli stati membri turba la libera circolazione nel mercato interno, dove conduce ad elusioni o a tassazioni erronee di processi economici di scambio. Non sono da trascurare neanche i costi transattivi connessi con questo pluralismo giuridico per gli operatori di mercato nel traffico oltre confine. Da ultimo, una tassazione di di beni, servizi, lavoro esteri o di capitale straniero più favorevole nei confronti di prodotti o fattori produttivi nazionali, ispirata a scopi protezionistici,13 potrebbe condurre ad enormi distorsioni della concorrenza nel mercato interno.

I trattati europei – in primo luogo il trattato sul funzionamento dell’UE – hanno a che fare con l’esistenza di limiti fiscali nel mercato interno sotto due aspetti: da una parte essi consentono all’Unione, in misura limitata, l’armonizzazione di norme fiscali nazionali attraverso l’emanazione di direttive o regolamenti e di ulteriori misure di attuazione. Si parla, al riguardo, di “integrazione positiva”.14 Dall’altra i trattati vietano discriminazioni fiscali o limitazioni, determinate da imposte, della libera circolazione di prodotti e di fattori produttivi. Questi divieti di discriminazione e di limitazione si possono definire come “integrazione negativa”.

Mentre, fondamentalmente, entrambe le modalità dell’integrazione devono essere prese in considerazione tanto nell’ambito delle imposte indirette, quando delle imposte dirette, i trattati offrono però, rispettivamente, una significativa, diversa rilevanza.

B. Imposte indirette

Un’integrazione positiva ha avuto luogo, fino ad ora, in modo conseguente alla sua importanza centrale, nell’ambito delle c.d. imposte indirette, e cioè di quelle imposte riferite a beni, nelle quali il debitore d’imposta – e cioè il giuridicamente obbligato – e il soggetto inciso dall’imposta – e cioè colui che un’imposta colpisce economicamente – sono soggetti diversi.15 Mentre gli sforzi di assoggettare queste imposte al c.d. principio di origine siano state, fino ad ora, esercitati con poco successo, (I) l’UE è comparsa parzialmente in questa sfera con ampie misure di armonizzazione. (II). Una specifica competenza al riguardo sussiste con l’art. 113 TFUE. Già nel testo del Trattato CE16 spiccava in modo relativamente pregnante la volontà politica di armonizzazione, in contrasto con le imposte dirette.17 La diversa situazione motivazionale tra imposte dirette e indirette può essere stata determinata dal fatto che la circolazione dei beni in quel tempo, a causa della mobilità, allora strettamente configurata, degli operatori di mercato, aveva un maggior valore per cui le imposte indirette, riferite a prodotti, necessitavano più urgentemente di un’armonizzazione.18 Detta competenza veniva infine integrata. relativamente ai divieti di discriminazione tributaria, negli artt. 110 e 111 TFUE (III).

I. Scopo di un mercato interno tributario

Nell’armonizzazione di imposte indirette lo scopo a lungo termine è quello di creare, oltre all’Unione doganale, un mercato interno fiscale.19 Ciò presuppone, anzitutto, che la competenza sull’accertamento tributario deve essere chiaramente delimitata in misura sufficiente tra gli stati membri e che agli operatori di mercato non deve essere postin limiti di natura giuridica o materiale. Una doppia imposizione attraverso paese di origine e paese di accertamento potrebbe condurre ad una peggiore costruzione della circolazione di beni oltre confine nei confronti di comportamenti puramente nazionali e contrastare con la concezione di mercato interno. Secondo questa logica la tassazione può avvenire, quindi, solo nel paese di origine dei beni.20 Ivi potrebbero, sulla base del principio, attualmente osservato, di scelta del paese, non aver luogo i necessari procedimenti di conguaglio – rimborso all’esportazione e imposizione fiscale all’importazione21- ed una vigilanza fiscale ai confini. L’accesso al principio dell’origine dovrebbe, d’altra parte, essere imposto sotto un duplice profilo: un livello pressochè paritario delle imposte indirette in tutti gli stati membri dell’Unione22, oltre ad un meccanismo di compensazione interstatale per minori entrate in conseguenza della modificazione del sistema.23 Gli stati membri sono ancora lontani da entrambi i sistemi, per cui resta, fino ad ora, un mutamento di sistemi al posto di plurimi approcci.24 Si resta, perciò, per prima cosa, alla tassazione secondo il principio della scelta del paese.25 Vengono, così, posti limiti fiscalmente condizionati alla libera circolazione di prodotti.

II. Armonizzazione fiscale

Se si prescinde da “errori web” strutturali dell’utilizzo del principio di definizione del paese nell’ambito delle imposte indirette, potrebbero essere constatati i più grandi progressi in un’armonizzazione europea delle imposte indirette, relativamente all’imposta sul volume d’affari, praticamente estremamente importante. Per tutta l’Europa l’imposta sul volume d’affari ha il valore dell’originario modello francese dell’imposta – ognifase – al lordo. Con essa vengono applicate imposte su tutte le transazioni – acquisto e vendita. Agli imprenditori è però possibile, attraverso la detrazione dell’imposta pagata a monte, di commerciare senza l’obbligo d’imposta beni e prestazioni economici, così che l’imposta grava, alla fine, solo una volta, sul consumatore finale.26 Questa unificazione veniva politicamente favorita, non da ultimo, dal fatto che il modello tedesco dell’imposta ogni fase – lordo – volume d’affari- veniva dichiarato incostituzionale dal Bundesverfassungsgericht27 e quindi un cambiamento non era assolutamente necessario.28 Nell’ultimo modello citato veniva applicata un’imposta sul volume d’affari per ogni fase commerciale. Una detrazione dell’imposta pagata a monte non era possibile.29

Oltre al modello fondamentale dell’imposta sul volume d’affari veniva adeguata dall’Unione anche la base imponibile,30 così che l’ammontare dell’imponibile da tassare si sommava in tutti gli stati membri.31 L’armonizzazione non portava, però, un imponibile unitario per nessuna zona dell’UE. Nella relativa direttiva è stabilita soltanto l’aliquota minima nella misura del 15%.32 L’aliquota varia tra il 15% (in Lussemburgo) e il 27% (in Ungheria).33

Ulteriori misure di armonizzazione di diritto dell’Unione fuori dall’ambito dell’imposta sul volume d’affari concernevano, tra l’altro, imposte sui prodotti di tabacco, alcool ed energia.34

Venivano ivi stabiliti, prima di tutto, categorie di beni, i metodi sulla quantificazione dell’imposta, minimi di aliquota e discipline eccezionali.35

III. Divieti di discriminazione degli artt.110 e 111 TFUE

Un divieto di discriminazione secondo l’art. 110 TFUE sussiste specialmente per servizi e beni provenienti da stati membri UE. Agli stati membri è vietato di applicare su questi, direttamente o indirettamente, tributi di qualunque tipo maggiori di quelli che siano previsti per prodotti nazionali della stessa specie. In una visione congiunta con l’art. 112 TFUE diviene chiaro che la norma trova applicazione solo per le imposte e per i contributi indiretti.36 Come punto di riferimento delle misure discriminanti non deve, al riguardo, essere presa in considerazione soltanto l’origine dei beni. Anche un inserimento di determinati prodotti, che erano esclusivamente inseriti in altri stati membri, in categorie a maggiore tassazione, può costituire una discriminazione nel senso dell’art. 110 TFUE. La norma offre tutela, perciò, anche nei confronti di discriminazione occulta.37 La CdGUE non ha (ancora), però, ricavato dall’art. 110 TFUE un divieto limitativo.38 Quasi più specularmente al riguardo fornisce una tutela l’art. 111 TFUE col divieto di rimborsi retroattivi per i beni esportati negli stati membri riguardo a sovvenzioni occulte alla propria economia di esportazione.39

C. Imposte dirette

Il concetto di “imposte dirette”, come definizione di imposte riferite ai fattori produttivi, nelle quali soggetto inciso dall’imposta e debitore d’imposta sono la stessa persona,40 viene invano cercato nei trattati europei. Ciò non significa però, in alcun modo, che questi vogliano esonerare pienamente la sfera delle imposte dirette. L’art.112 TFUE41 contiene una disciplina con qualcosa di occulto per tutti i tributi che non siano imposte indirette. Un esplicito conferimento di potere di armonizzazione dell’Unione nella sfera delle imposte dirette non esiste,(neanche dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.). Le regolamentazioni possono, però, essere basate sulla clausola di adeguamento giuridico dell’art. 115 TFUE e sulla clausola generale di arrotondamento della competenza dell’art. 352 TFUE.42

D’altra parte, l’Unione ha fatto di ciò, fino ad ora, un uso assai esitante. Ciò non potrebbe essere ricondotto solo all’ unanimità, qui necessaria, per l’adozione della deliberazione in Consiglio, in quanto tale requisito di unanimità esiste anche nella sfera delle imposte indirette, in cui è ha manifestamente, ulteriormente progredito un’armonizzazione delle norme giuridiche degli stati membri sulla base dell’art. 113 TFUE. La concorrenza fiscale fa, piuttosto, qui il suo ingresso in primo piano come decisione fondamentale (I). Poichè la via dell’armonizzazione delle imposte dirette attraverso disposizioni europee, si è rivelata, fino ad ora, impercorribile, la CdGUE ha assunto qui, fino ad un certo livello, il ruolo di motore dell’integrazione (II), sì che qui deve prendersi in considerazione, prima di tutto, il principio di integrazione negativa.

I. Concetto di concorrenza fiscale

Anche se la trattenuta armonizzazione può meravigliare, di fronte al motivo di una sempre crescente mobilità dei cittadini dell’Unione e delle imprese con sede nell’Unione, operanti nel mercato interno, si rende, però, significativo in questo fatto quanto sensibilmente la sfera delle imposte dirette venga protetta dagli stati membri in considerazione della loro sovranità.43 Inoltre deve, però, ravvisarsi nel rimborso anche per una concorrenza fiscale nelle imposte la fondamentale decisione politica a favore di una concorrenza fiscale nelle imposte dirette. Perciò gli stati membri devono disciplinare nel modo più ampio le loro imposte dirette. Nella concorrenza tra i diversi ordinamenti fiscali si impone, alla fine, quello che si adatta meglio alle esigenze statali nel mercato interno. Per restare capace nella concorrenza gli altri ordinamenti – questa è l’idea fondamentale del concetto – si adegueranno a questo sistema fiscale. In questo modo un allineamento per tutta l’Europa avviene senza necessità di misure di armonizzazione dell’Unione.44 Al riguardo sembra, però, “unfair” sottovalutare prassi fiscali pregiudizievoli per il mercato interno, e specialmente anche per impedire un abbassamento, definito come “race to the bottom” del livello di regolamentazione. Per contrastare, o quanto meno per alleggerire questi effetti vennero adottate nell’ambito delle imposte dirette, tanto sul piano europeo, quanto in sede internazionale nel quadro dell’Organizzazione per la Cooperazione Sociale ed Economica – OCSE, misure, secondo cui le stesse si esaurivano spesso in codici di condotta e in rapporti giuridicamente non vincolanti.45 Le direttive UE sono emanate soltanto per specifiche aree problematiche – così la direttiva madre-figlia46, le direttive fusioni47 e tassazione degl’interessi48- o sull’efficace gestione fiscale della cooperazione amministrativa49 e la direttiva gestione.50 Attenzioni per un ragguagliamento giuridico esistono anche, per esempio, in relazione alle entrate da interessi di persone fisiche, pensioni ed eredità, ma non è stata raggiunta, fino ad ora, alcuna unificazione.51

II. Influenza delle libertà fondamentali

Gli stati membri sono fondamentalmente tanto carenti di una progressiva armonizzazione nell’ambito delle imposte dirette, da conformare il loro sistema fiscale alle loro idee ed ai loro interessi. Le misure nazionali non si sono, al riguardo, sottratte pienamente all’influenza del diritto europeo. Gli stati membri devono, comunque, osservare, nell’esercizio dei loro poteri, anche gli obblighi convenzionali di cui al TUE e al TFUE, dei quali fa parte, non da ultimo, anche la garanzia delle libertà fondamentali.52

Le libertà fondamentali consentono agli operatori di mercato d’intraprendere la loro attività economica in uno stato membro o di trasferirla in questo, dove trovano l’area fiscale per essi più favorevole. Specialmente la libertà di stabilimento ex art. 49 TFUE, ma anche la libera circolazione di capitali ex art. 63.1 TFUE garantiscono, come diritti soggettivi, la libera assunzione di un’attività autonoma in un altro stato membro e assicurano la circolazione di capitali senza ostacoli aldilà dei confini nazionali. Anche i lavoratori partecipano al mercato interno europeo per mezzo della libera circolazione secondo l’art. 45 TFUE.

D’altra parte, però, la garanzia di queste libertà non si mantiene neutrale nei confronti del gettito fiscale degli stati membri. Se operatori di mercato potessero ora, effettivamente, far uso delle dette libertà fondamentali, gli stati membri interessati potrebbero essere tentai di vietare proprio questo attraverso norme fiscali discriminatorie o di fare qualcosa di meno attraente. Se non si vuole aprire il mercato interno ad una politica fiscale protezionistica, devono essere posti confini alla libertà di regolamentazione. Questo suscita la domanda del se e del come dell’applicazione delle libertà fondamentali alle misure degli stati membri nella sfera delle imposte dirette.

Quantunque affetta da superficialità ed errori dogmatici,53 la giurisprudenza della Corte di Giustizia è, al riguardo, segnata da un costante bilanciamento tra sovranità (fiscale) nazionale ed effettività delle libertà fondamentali.54

1. Divieto di discriminazione

Secondo costante giurisprudenza della CdGUE le libertà fondamentali non vietano soltanto la c.d. discriminazione aperta, e cioè quella che si riferisce direttamente alla cittadinanza55, ma anche tutte le forme occulte di discriminazione, che hanno lo stesso effetto.56 Questo progresso ha, anzitutto, : una significativa importanza per le norme di diritto tributario: è principio fondamentale del diritto tributario che non debba distinguersi con riguardo alla cittadinanza, ma tra residenti e non residenti con riguardo alla dimensione della pretesa tributaria che lo stato fa valere in relazione a un determinato bene fiscale.57

Per i residenti la pretesa fiscale comprende, di regola, il bene di rilevanza tributaria di un obbligato fiscale sito in tutto il mondo. Ciò viene definito anche obbligo fiscale illimitato secondo il principio dell’universalità o totalità.58 Questo ha per fondamento l’idea che una persona residente in un determinato stato darà di regola origine ad una gran parte del suo reddito in quello stato, della cui infrastruttura economica, sociale, culturale e fisica profitta. Essa deve, perciò, contribuire, secondo la propria capacità, a rendere possibili i compiti pubblici con questa connessi. Al riguardo vengono prese in considerazione tutte le circostanze di fatto individuali – ad esempio, di natura personale o familiare. Lo stato di residenza è di regola, al meglio in grado di assumere un tale giudizio, perché ivi si trova, per lo più, il luogo degli alimenti della persona in questione.59

Per i non residenti l’obbligazione tributaria si limita spesso – conformemente al principio di territorialità – alla parte nazionale di un bene fiscale.60 Lo stato nel quale il reddito viene prodotto deve ricevere su questo una giusta parte, indipendentemente dalla questione dove e in quale misura questo venga sottoposto a tassazione.61

Il requisito della residenza nella zona riesuma, però, il pericolo che la disciplina abbia un effetto sfavorevole, in prima linea, ad obbligati d’imposta di altri stati membri. Ciò perché la maggior parte di essi sono stranieri.62 Perciò la distinzione di una persona fisica a seconda della residenza o della sede societaria veniva riconosciuta dalla CdGUE non senza riserve.63 Il punto di partenza per una trattazione differenziata da parte della CdGUE è, al riguardo, il principio generale secondo cui il divieto di discriminazione impone soltanto la parità di trattamento di fatti equiparabili e la diversità di trattamento di fatti non eguali.64 Conseguentemente, all’interno del divieto di discriminazione è una delle questioni centrali quella da trattarsi in conformità all’equiparabilità relativa degli avvenimenti, con riguardo a determinati elementi su cui indagare sotto il profilo del valore.65

Gli stati membri osservano regolarmente che le misure nazionali nell’ambito del diritto tributario, che si differenziano in base al luogo di abitazione o al luogo di produzione del capitale, non sarebbero in conflitto con le libertà fondamentali, semplicemente perchè sarebbero presenti due diverse circostanze di fatto.66 Ad una simile, rigida lettura la CdGUE si è però opposta, nella sua giurisprudenza, con la sentenza Schumacker. La CdGUE sottolineava, da una parte che, riguardo alle imposte dirette, le situazioni di fatto in cui si trovano residenti e non residenti non sono, di regola, comparabili.67 D’altra parte, per residenti e non residenti esiste una situazione comparabile quando il non residente percepisce in uno stato il suo (quasi) intero reddito mondiale. Nello stato di residenza riesce difficile, in mancanza di un criterio di misurazione, prendere sufficientemente in considerazione circostanze di fatto personali e familiari, ad esempio nella forma di contributi liberi, così che questo avrebbe come conseguenza, nello stato, accertare dove il non residente percepisce un reddito imponibile. Oltre a questa problematica, diventa scottante, nei casi dei c.d. “frontalieri” se, ad esempio, un lavoratore abita in uno stato membro, ma lavora in un altro.

Ancora più forte è l’argomento a favore di un’equiparabilità tra residenti e non residenti nei c.d. contributi riferiti al reddito o lasciti ereditari, esenti da imposta ad esempio le spese di pubblicità. Qui residenti e non residenti si trovano, di regola, in una situazione comparabile, e quindi i vantaggi fiscali si riferiscono al reddito, che – in contrasto con le vicende personali e familiari – è lo stesso obiettivo per entrambe le categorie.68

Le argomentazioni relative alla residenza nella zona trovano applicazione, allo stesso modo, alle società. Al riguardo la sede di una società è decisiva per l’appartenenza all’ordinamento giuridico di uno stato.69 Alle società, la cui sede conforme allo statuto, l’amministrazione principale o il loro stabilimento secondario principale si trovano ino stato membro UE, compete, in forza della libertà di stabilimento di cui all’art. 49 TFUE, il diritto di esercitare le loro attività in un altro stato membro attraverso agenzie, filiali o società figlie.70 La tassazione della società figlia incombe, secondo il principio di territorialità, allo stato in cui la la società figlia ha sede.71 Per quanto concerne il trattamento di filiali e di società figlie residenti di società madri non residenti, nei confronti ad imprese nazionali, la Corte di Giustizia ha deciso che queste si trovano fondamentalmente, per quanto attiene alla loro tassazione, in una situazione oggettivamente equiparabile,72 per cui è imposta una parità di trattamento.

La giurisprudenza sulla libera circolazione dei capitali secondo l’art. 63 TFUE – a prescindere da alcune distinzioni nella ricostruzione delle prove – ampiamente congruente, nell’ambito del diritto fiscale, con quello sulla libertà di stabilimento.73 La regolamentazione dell’art. 65, par.1, lett.a, TFUE, secondo cui la libertà di circolazione del capitale non deve ostacolare l’applicazione di quelle norme fiscali che trattano diversamente i contribuenti con diverso luogo di residenza o di produzione del capitale, dev’essere interpretata alla luce dell’art. 65.3 TFUE.74 Anche queste misure possono, così, non discriminare arbitrariamente o costituire una discriminazione occulta. In conformità a questa interpretazione il divieto ha pieno effetto tanto per le discriminazioni aperte, quanto per quelle occulte.75

2. Divieto di limitazione

Le libertà fondamentali hanno effetto, secondo una consolidata giurisprudenza della CdGUE, non solo come divieti di discriminazione, ma tutelano il cittadino dell’Unione nei confronti di tutte le misure che siano idonee a rendere meno attraente la circolazione di beni, servizi, forza di lavoro o capitale.76 L’applicazione di un ampio divieto di limitazione alle discipline tributarie degli stati membri imporrebbe, strettamente inteso, a ciascuna di queste norme una necessità di giustificazione giuridica unionale, perché la percezione delle imposte è sempre appropriata a rendere la circolazione a rendere la circolazione meno attraente per il cittadino dell’Unione.77 La mancante, espressa competenza dell’Unione nella sfera delle imposte dirette non può, comunque, essere pienamente appianata attraverso l’applicazione delle delle libertà fondamentali.78 Sembra qui preferibile anche qui un test, che chieda se una disciplina fiscale limiti sostanzialmente l’entrata nel mercato.79 La CdGUE si esercita attualmente, con una delicata riservatezza, sulla sovranità fiscale degli stati membri. Anche se essa parla parzialmente di limitazioni anche in relazione a determinati casi fiscali, essa, alla fine, controlla la disciplina (soltanto) sotto il profilo della sua libertà di discriminazione.80

3. Motivi di giustificazione

Per il diritto tributario sono in prima linea rilevanti i motivi non scritti di giustificazione giuridica che venivano sviluppati per le libertà fondamentali nel dialogo della CdGUE coi giudici nazionali. Questi possono, come rovescio della medaglia dell’ampliamento dei divieti di discriminazione, essere intesi come discriminazioni e limitazioni occulte. È imposto, così, agli stati membri garantire spazi operativi di azione e di giudizio al posto dell’interpretazione estensiva delle libertà fondamentali.

Come giustificazione veniva dapprima riconosciuta la vigilanza fiscale e l’effettiva riscossione del debito d’imposta.81 In relazione alla libertà di circolazione di capitale Ccò viene disciplinato – diversamente dalle alte libertà fondamentali – già espressamente dall’art. 65.1, lett. b TFUE. Gli stati membri sono, quindi, legittimati ad adottare misure che consentono un chiaro e non dubbioso accertamento sul livello di entrate e di perdite. La lotta contro l’evasione fiscale e contro partiche abusive può, comunque, svolgere una funzione di giustificazione giuridica.82 Gli stati membri possono, al riguardo, adottare anche misure che vadano al di là delle possibilità che le poche direttive di armonizzazione in materia garantiscono.83 Nella causa Marks & Spencer dell’anno 2005 la Corte di Giustizia ha riconosciuto ulteriormente la sopravvenuta divisione dei poteri fiscali tra gli stati membri, l’impedimento di doppia rilevanza delle perdite e l’impedimento di fuga fiscale.84 In questa e in altre sentenze appare chiaramente come ragione d’urgenza la cura di creare maggior spazio alla sovranità fiscale dei paesi membri. Questo non fa proprio meraviglia in riferimento al contesto politico, perché in questo tempo si disputava sull’entrata in vigore del trattato costituzionale e si discuteva in modo esplosivo sull’influenza dell’UE sugli ordinamenti giuridici nazionali. Anche per quel che concerne la ragione giustificativa della coerenza del diritto tributario85 da questo tempo anche una meno applicazione restrittiva può essere presa in considerazione. La ragione giustificativa veniva sviluppata per tener conto della complessità dei sistemi fiscali nazionali, perché questi si uniformano con un’imposta collegata parzialmente a vantaggi o svantaggi anche attraverso un calcolo su altre fattispecie tributarie. Un intervento attraverso il diritto dell’Unione avrebbe come conseguenza un turbamento di questo sistema.86 In relazione a questo deve, però, dimostrarsi, con una determinata imposizione, una diretta relazione tra lo svantaggio e la sua compensazione.87 Mentre la Corte di Giustizia, negli anni successivi all’evoluzione della ragione giustificativa nella causa Bachmann, non ha ritenuto esistenti, in nessun caso, i relativi presupposti,88 essa li ha invece ritenuti ricorrenti – in vicende fattuali simili a quelle delle precedenti sentenze – nelle cause Manninen e Krankenheim Ruhensitz am Wannsee.89 È quindi possibile agli stati membri salvaguardare caratteristiche giuridico – fiscali del loro sistema. Anche se la CdGUE riconosce, in tal modo, una pluralità di possibili ragioni giustificative, essa però – in parte assai criticamente – essa verifica la proporzionalità delle misure, specialmente in relazione alla necessità di una simile regolamentazione.90

Come ragione giustificativa non veniva prospettata, in particolare, la riduzione della percezione di imposte in uno stato membro91, oltre ad un appello sulla mancante armonizzazione delle imposte dirette.92 Ciò serve per fare una differenza sulla base di obblighi di diritto internazionale derivanti da un trattato sulla doppia imposizione. Fondamentalmente la Corte di Giustizia non pone in questione il potere degli stati membri di concludere tali trattati bilaterali. Ad essi spetterebbe liberamente, in mancanza di di misure di armonizzazione, stabilire mediante tali trattati i punti di riferimento per la ripartizione della sovranità fiscale.93 Diversi regimi, che derivassero dalla mera coesistenza di amministrazioni fiscali nazionali o dalla ripartizione del potere tributario tra due sistemi fiscali, non ricadono nell’ambito applicativo delle libertà fondamentali e non necessitano, quindi, anche di una giustificazione. Quando, però, certi benefici sono separabili dal trattato sulla doppia imposizione – anche i contribuenti non compresi dal trattato sulla doppia imposizione possono pretendere, attraverso la via più lunga dei diritti fondamentali, l’equiparazione coi contribuenti compresi dal trattato sulla doppia imposizione.94

D. Sintesi e panoramica

Anche dopo, ormai, già quasi 20 anni dall’introduzione del mercato interno europeo siamo ancora estremamente lontani, nell’ambito del diritto tributario, dal suo perfezionamento. L’integrazione positiva e negativa sono gli strumentari dei quali si serve l’UE per liberare il mercato interno anche dai confini fiscali. Si può, però, parlare di una sostanziale armonizzazione soltanto nel campo delle imposte indirette. Ma anche qui rimane ancora molto di incompiuto. Si ricordi, ad es., alla ritardata transizione dal principio del paese di definizione a quello del paese di origine per l’imposta sul volume d’affari.

L’adeguamento giuridico nelle imposte dirette ha luogo a fianco di poche direttive, principalmente sul divieto di discriminazione delle libertà fondamentali. D’altra parte, la Corte di Giustizia, per anni, ha riconosciuto molte ragioni giustificatrici non scritte, specialmente per il diritto tributario, che dovevano dare sostegno per garantire gli spzi operativi degli stati membri. Il peso nell’interpretazione ed applicazione di queste ragioni giustificatrici si è elevato in misura rilevante, negli ultimi anni, a favore della sovranità degli stati membri nel campo delle imposte dirette. La giurisprudenza della CdGUE poteva addobbarsi quasi come un prologo se si svolgeva lo sguardo alle contemporanee misure di armonizzazione dell’UE per combattere la crisi dei debiti statali e delle banche, e queste sono per lo più volte al settore dei compiti degli stati membri nella politica fiscale. Il settore entrate sembra essere destinato in parte, in passato, nell’intera “foga del salvataggio”. O, detto diversamente: gli stati membri – con eccezione di quelli che si impegnano, nella via del loro bail out ad un aumento di determinate imposte o alla riduzione di determinati benefici95 – intendono proteggere la loro sovranità, specialmente nel campo delle imposte dirette, nei confronti di ampie iniziative di armonizzazione europee. Era certamente giusto prescrivere, nella via dei pacchetti di salvataggio l’adozione di imposte sul dumping imprenditoriale negli stati membri già in precedenza salvati dalla bancarotta di stato, se queste fossero state impiegate, non solo per il pericolo di un generale “race to the bottom”, ma potessero condurre anche a flessioni di mercato, che porrebbero in serio pericolo lo scopo dell’intero mercato interno. D’altra parte è rimasto soltanto questo, fino ad ora, tra gl’interventi selettivi. Attualmente potrebbe avvenire che queste competenze possano essere affidate agli stati membri relativi anche solo in considerazione di un’incombente bancarotta di stato, così che si possa così sperare che non sia da temere in un prossimo futuro una qualunque concorrenza fiscale, che escluda una completa unificazione delle norme sulla sede delle imprese in un prossimo futuro. Sarebbe certamente appropriato avere a che fare con una via intermedia tra politica di residenza fiscale illimitata ad una piena unificazione delle norme fiscali, che potrebbe trovare il suo inizio, ove possibile, nell’armonizzazione dei fondamenti della valutazione per le imposte sulle imprese.96


  1. Walter Hallstein – Institut für Europäisches Verfassungsrecht Humboldt Universität Berlin↩︎

  2. Della “sensibilità” della sfera giuridica parlano anche, ad es., Klein, Der Einfluß des Europarechts auf das deutsche Steuerrecht, in: Lehner (Hrsg.): Steuerrecht im Europäischen Binnenmarkt, 1996, pag. 7 e Walhoff, in: Calliess/ Ruffert, AEUV / EUV, 4a ed. 2011, art. 110 AEUV, punto 2.↩︎

  3. Cfr. alla nota 7; dal punto di vista scientifico – giuridico, sulla sanatoria della crisi, fra molti Pernice e a., Die Krise demokratisch überwinden – Reformansätze für eine demokratisch fundierte Wirtschafts – und Finanzverfassung Europas, 2012; Nettesheim, Staatshilfen aus der Sicht des Europarechts und der Verfassung, in: Kadelbach (Hrsg.), Nach der Finanzkrise: Politische und rechtliche Rahmenbedingungen einer neuen Ordnung, 2012, pagg. 31 e segg.; Calliess / Schoenfleisch, Auf dem Weg in eine europäische “Fiskalunion?” – Europa und verfassungsrechtliche Fragen einer Reform der Wirtschaft – und Währungsunion im Kontext des Fiskalvertrages, JZ 2012, 477 e segg.↩︎

  4. Cordewener, Europäische Grundfreiheiten und nationales Steuerrecht, 2002, pag. 822; Jakob/ Kobor, Europa und Steuern im Lichte staatlicher Souveranität, in: Bottke/ Möllers/ Schmidt (Hersf.) Revht in Europa, 2003, pag. 131.↩︎

  5. BVerfG, sent. del 30.06. 2009, 2 Bave, 2 BvR 1022 /08, 2 BvR 182/09, BVerfGE 123, 267, cpv. 249, 252.↩︎

  6. Waldhoff, Steuerhoheit für die Europäische Union?, in: Zentrum für Europäisches Wirtschaftsrecht n. 195, 2012, pag.2; Wieland, Der EuGH als Steuergesetzgeber?, in: Krtuhoffer – Rüwekamp (Hrsg.), Die Rechtssprechung des EuGH n ihrere Bedeutung für da nationale und international Recht der indirekten Steuern, 2010, pag. 158; Klein, Der Einfluß des Europarchts auf das deutsches Steuerrecht, in: Lehner (Hrsg.) Steuerrecht im Europäischen Binnenmarkt, 1996, pag. 7 e seg.↩︎

  7. Waldhoff parte, perciò, dalla premessa che l’art. 311.3 TFUE non è di competenza dell’UE; cfr. Waldhoff in: Calliess / Ruffert, EUV/AEUV, 4a ed. 2011, art. 311, cpv. 5, 16; di diversa opinione Nettesheim, in: Oppermann/ Clasen/Nettesheim, Europarecht, 5a ed. 2011, §35, cpv. 3.↩︎

  8. Si veda in proposito il sommario delle misure riassunto dal Walter Hallstein – Institut Berlin; http://www.whiberlin.eu/EU_Reform2012html (consultato l’ultima volta il 15.08.13): v. anche http://ed.europa.eu/economy-finance/focuson/crisis/index-en.htm (consultato da ultimo il 21.08.13).↩︎

  9. Sugli obblighi degli stati membri che hanno richiesto aiuti finanziari cfr. nota 96; per le proposte della Commissione che intervengono riguardo ai “settori entrate” per introdurre un’imposta sul traffico aereo propria dell’UE un’imposta sulle transazioni finanziarie o un’imposta sul valore aggiunto direttamente percepita dall’UE cfr. http://europa.eu/taxation-%20customs/common/legislation/proposals/taxation/index-de.htm sull’imposta sulle transazioni finnaziarie, COM (2013) 71, final, <http://europa.eu/taxation-customs/resources/documents/taxation/com 2013 71 de.pdf>.↩︎

  10. Trttato sull’Unione Europea (TUE) e Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), GUUE, 2008 C n. 326, I.↩︎

  11. Di fatto, non viene definito come scopo autonomo, nell’art. 3 TUE, l’armonizzazione del diritto tributario o la rimozione di discriminazioni fiscali.↩︎

  12. Weber- Grellet, Europäisches Steuerrecht, 2005, pag. 27; Waldhoff, in: Calliess/ Ruffert, AEUV/EUV, 4a ed. 2011, art. 110 AEUV, punto 5; a favore di una “misura minima di uguaglianza impositiva” si esprime Birk, Besteuerungsgleichheit in der Europäischen Union, in: Lehner (Hrsg.), Steuerrecht im europäischen Binnenmarkt, 1996, pagg. 63 e segg, fino a 72.↩︎

  13. Nettesheim, in: Oppermann/Classen/Nettesheim. Europarecht, 5a ed. 20111, §35, punto 1.↩︎

  14. Adamczyk, The Sources of EU Law Relevant for Dierect Taxation, in Lang e a. (Hrsg.), Introduction to European Tax Law: Direct Taxation, 2a ed. 2010,pag. 25; Seiler, in: Grabitz/Hilf/Nettesheim, Das Recht der EU, 50.EL 2013, art.113 AEUV, punto 9 e seg.; Terra/Wattel, European Tax Law, 3a ed. 2001,pag. 22 e seg.; Weber- Grellet, Europäisches Steuerrecht2005, pag.43. Il carattere del recupero dell’imposta è, al riguardo, il criterio essenziale. Un esempio di un’apposita imposta indiretta e costituito dalle imposte sul valore aggiunto e sul volume di affari. Il venditore è, qui, un debitore d’imposta relativa a beni, inciso in via definitiva è il compratore dei beni, il consumatore, che viene gravato dall’imposta trasferita nel prezzo. Cfr. la direttiva 2006 / 112/CE del del Consiglio del 28 novembre 20016 sul sistema generale del’imposta sul valore aggiunto, GUCE 2006 L n.347. La distinzione tra imposte dirette ed indirette deve ricondursi a John Stuart Mill; s veda in proposito Englisch,Wettbewerbsgleichheit im grenzüberschreitenden Handel, 2008, pag. 558 e seg.; Waldhoff/Kahl, in: Calliess/Ruffert, AEUV/EUV, 4a ed. 2011, art. 113 AEUV, punto 12.↩︎

  15. Il carattere del recupero dell’imposta è, al riguardo, il criterio essenziale. Un esempio di un’apposita imposta indiretta e costituito dalle imposte sul valore aggiunto e sul volume di affari. Il venditore è, qui, un debitore d’imposta relativa a beni, inciso in via definitiva è il compratore dei beni, il consumatore, che viene gravato dall’imposta trasferita nel prezzo. Cfr. la direttiva 2006 / 112/CE del del Consiglio del 28 novembre 20016 sul sistema generale del’imposta sul valore aggiunto, GUCE 2006 L n.347. La distinzione tra imposte dirette ed indirette deve ricondursi a John Stuart Mill; s veda in proposito Englisch,Wettbewerbsgleichheit im grenzüberschreitenden Handel, 2008, pag. 558 e seg.; Waldhoff/Kahl, in: Calliess/Ruffert, AEUV/EUV, 4a ed. 2011, art. 113 AEUV, punto 12.↩︎

  16. Trattato sulla fondazione della Comunità Economica Europea, non comparso sulla GU CE, pubblicato in BgBI 1957 II, pag. 766.↩︎

  17. La Commissione doveva dimostrare, swecondo l’art. 90 Trattato CE, in quale misura potessero emanarsi misure di armonizzazione nell’ambito delle imposte indirette. l↩︎

  18. Lampert, Perspektiven der Rechtsangleichung auf dem Gebiet der direkten Steuern, in Lang e a. (Hrsg.), Introduction to European Tax Law: Direct Taxation, 2a ed. 2010, pag. 23↩︎

  19. Nettesheim, in Oppermann/Classen/Nettesheim, Europarecht, 5a ed. 2011, § 48; espositivamente Hagen, Die Harmonisierung der indirekten Steuern in Europa, 2000.↩︎

  20. Weber. Grellet, Europäisches Steuerrecht, 2005, pag. 112.↩︎

  21. Waldhof – kahl, in: Calliess / Ruffert, EUUV / EUV, 4a ed. 2011, art. 113 AEUV, punto 10.↩︎

  22. Sul principio di origine v. Gabler, Wirtschaftslexikon, 17a ed. 2010, pag. 3142. Diversità al riguardo condurrebbero a turbative della concorrenza, perché i differenti oneri della tassazione sul prezzo dei prodotti posti in concorrenza.↩︎

  23. Nettesheim, in: Oppermann/Classen/Nettesheim, Europarecht, 5a ed. 2011, §35, punto 48; cfr. Il documento di lavoro della Commissione CE: Realizzazione del mercato interno – Introduzione di un meccanismo di compensazione per l’imposta sul valore aggiunto nel movimento commerciale, COM (87) 323. Una compensazione dovrebbe, perciò, passare allo stato membro del consumo.↩︎

  24. Proposta per una direttiva del Consiglio per il completamento del sistema comune dell’ imposta sul valore aggiunto e per la modifica della direttiva 77/388/CEE- Rimozione dei confini fiscali, COM (87) 322. La Commissione non forzava ulteriormente una modifica negli ultimi anni, cfr. Comunicazione della Commissione sul futuro dell’imposta sul valore aggiunto: vie per un più semplice, più robusto, più i efficiente sistema IVA che è adatto al mercato interno, COM (20111) 851, nel quale si parla di una “situazione di blocco”. Si resta inizialmente, perciò, ad una tassazione secondo il principio del paese stabilito.↩︎

  25. Con riferimento a volumi d’affari commerciali, Seiler,in: Grabitz/Hilf/Nettesheim, Das Recht der Europäischen Union, 50.EL 2013, art.113 AEUV, punto 36, parla quindi di “principio di scelta modificato”; Birk, Besteuerungsgleichheit in der Europäischen Union, in: Lehner (Hrsg.), Steuerrecht im europäiscnen Binnenmarkt, 1996, pag. 75.↩︎

  26. Detrazione dell’imposta pagata a monte, Gabler Wirtscftslexikon, 17a ed. 2010, pag.3315. Questa unificazione veniva politicamente favorita, non da ultimo per il fatto che il modello tedesco dell’imposta ogni fase – lordo – volume d’affari-↩︎

  27. BVerfG, sent. del 20.12.1966, 1 BvR 320/ 57, 1 BvR 70/63, BVerfGE 21, 12.↩︎

  28. Lampert, Perspektiven der Rechtsangleichung auf dem Gebiet der direkten Steuern in der Europäischen Union, EuZW 2013, 493, 495.↩︎

  29. Weber – Grellet, Europäisches Steuerrecht, 2005, pag.111.↩︎

  30. Cfr. artt. 79 e segg. direttiva sul sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, n. 2006/112, Abl. 347/1, da ultimo modificata con ABI. 2010 L n.326, pag. 1, prorogata fino al 31 dicembre 2015.↩︎

  31. V. in proposito Cordewener, Europäische Grundfreiheiten und nationales Steurrecht, 2002, pagg. 380 e segg.↩︎

  32. Art. 97 direttiva sul sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, n. 2006/112, Abl. 347/1, da ultimo modificata con ABI. 2010 L n.326, pag. 1.↩︎

  33. V: Commissione Europea, Le aliquote IVA negli stati membri dell’UE, in: http://ec.auropa.eu/taxation_custom/resources/documents/taxation/vat/how-vat-works/rates.de.pdf.↩︎

  34. Le originarie direttive venivano sostituite con la direttiva comune 2008/118/CE sul sistema generale IVA e sull’abrogazione delle direttiva 92/12/CE, ABI, 2009 L n. 9, pag. 12.↩︎

  35. Cfr. <http://ed.europa.eu/taxation-customs/excise-duties/gen_ overwiew/index_de.htm>; in proposito anche Seiler, in: Brabitz/Hilf/Nettesheim, Das Recht der Europäischen Union, 50.EL 2013, art.113 AEUV, punto 44.↩︎

  36. Stumpf, in: Schwarze, EU, 3°a ed.2012, art.110AEUV, punto10; sulla regolamentazione dei precedenti Cordewener, Europäische Grundfreiheiten und nationales Steurrecht, 2002, pag 7 e seg.↩︎

  37. CdGUE del 5.7. 70, causa 77/68, punti 7 e segg. – Commissione/ Belgio; CdGUE del 5.5.82, causa 15/81, punto 33 e seg. – Schul; CdGUE del 9.5. 85, causa 112/84, punto 14 – Humblot; Terra/ Wattel, European Tax Law, 3a ed. 2001, pag.8; Kamann, in: Streinz, EUV/AEUV, 2°a ed. 2012, § 110 AEUV, punto 24; Seiler, in: Grabotz/ Nettesheim, Das Recht der Europäischen Union, 50. EL 2013, art. 110 AEUV, pag. 33.↩︎

  38. Seiler, in: Grabitz/Hilf/Nettesheim, Das Recht der Europäischen Union, 50.EL 2013, Art. 110 AEUV,punto 22; Waldhoff, in: Calliess/Ruffert, AEUV/EUV, 4a ed. 2011, art.110 AEUV, punto 14; di altro aviso Stumpf, in: Schwarze, EU, 3°a ed. 2012, arArt. 110 AEUV, punto 20.↩︎

  39. Kamann, in: Streinz, EUV/AEUV, 2a ed. 2012, art. 111 TFUE, punto 2; Waldhoff/ Kahl, in: Calliess/Ruffert, AEUV/EUV, 4a ed. 2011, art.111 AEUV, punto 1.↩︎

  40. Nettesheim, in: Oppermann/Classen/Nettesheim, Europarecht, 5a ed. 2011. §55, punti 8, 55 e segg.↩︎

  41. Alla norma non viene, d’altra aprte, fino ad ora, ricondotto un partico siglificato. Cfr. Waldhoff, in: Calliess / Ruffert, AEUV/EUV, 4°a ed. 2011, art. 112 AEUV, punto 1; Seiler, in: Grabitz/hilf/Nettesheim, Das Recht der Europäischen Union, 50.EL 2013, Art. 112 AEUV, punto 2.↩︎

  42. Cfr. Nettesheim, in: Oppermann/ Classen/ Nettesheim, Europarecht, %a ed. 2011, §35, punto 56.

    Si veda, per es., OECD, Harmful Tax Competition – An Emerging Global Issue, http://www.oecd.org/tax/transparency/44430243.pdf; risoluzione del Consiglio e dei rappresentatnti, ivi riubiti, dei giverni degli stati membri dell’1.12.97 su un codice di condotta per la tassazione delle imprese, ABI, 1998 C n.2, 2.Iin proposito Hey, Wettbewerb der Rechtsordnungen oder Europäisierung des Steuerrechts?, in: Reimer (e a.) Europäisches Gesellschfts – und Steuerrecht, 2007, pag. 298 e seg. Non deve qui, però, restare ignorato il fatto che la Commissione aveva già emanato un simile codice di condotta in una comunicazione sulla valutazione di antigiuridicità di una misura statale di aiuto; cfr. comunicazione della Commissione dell’1.10.1997, coordinamento della politica fiscale neel’UE – pacchetto di misure per il contrasto della conc orrenza fiscale dannosa, COM (97) 495; in proposito, in dettaglio, Terra/Wattel, European Tax Law, 3a ed. 20101, pagg. 193 e segg.↩︎

  43. Così anche Adamczyck, The sources of EU Law Relevant for direct taxation, in Lang ea (Hrsg.), Introduction to European Tax law: Direct taxation, 2a ed. 2010, pag. 24.↩︎

  44. Si veda in proposito esplicitamente Hey, Wettbewerb der Rechtsordnungen oder Europäisierung des Steuerrechts?, in Reimer (e a.) Europäisches Gesellschafts – und Steuerrecht, 2007, 2007, pag.295; che però distingue consettualmente tra “concorrenza fiscale” e “concorrenza tra ordinamenti giuridici” (fiscali 9 è Lampert, Perspektiven der Rechtsangleichung auf dem Gebiet der direkten Steuern in der Europäischen Union, EuZW 2013, 493, 496; Herzig, Besteuerung der Unternehmen in Europa- Harmonisierung im Wettbewrb der Systeme, in Lehner (Hrsg.), Steuerrecht im Europäischen Binnenmarkt, 1996, pagg. 122 e segg.↩︎

  45. Si veda, per es., OECD, Harmful Tax Competition – An Emerging Global Issue, http://www.oecd.org/tax/transparency/44430243.pdf; risoluzione del Consiglio e dei rappresentatnti, ivi riubiti, dei giverni degli stati membri dell’1.12.97 su un codice di condotta per la tassazione delle imprese, ABI, 1998 C n.2, 2.Iin proposito Hey, Wettbewerb der Rechtsordnungen oder Europäisierung des Steuerrechts?, in: Reimer (e a.) Europäisches Gesellschfts – und Steuerrecht, 2007, pag. 298 e seg. Non deve qui, però, restare ignorato il fatto che la Commissione aveva già emanato un simile codice di condotta in una comunicazione sulla valutazione di antigiuridicità di una misura statale di aiuto; cfr. comunicazione della Commissione dell’1.10.1997, coordinamento della politica fiscale neel’UE – pacchetto di misure per il contrasto della conc orrenza fiscale dannosa, COM (97) 495; in proposito, in dettaglio, Terra/Wattel, European Tax Law, 3a ed. 20101, pagg. 193 e segg.↩︎

  46. Direttiva 90/43/CEE del Consiglio del 23.7.1990 sul sistema fiscale comune delesocietà madre e figlia di diversi stati membri, ABI 1990 L n.225, pag.6.↩︎

  47. Direttiva 2009/133/CEE del Consiglio del 19.10.2009 sul sistema fiscale comune per fusioni, divisioni, separazioni, di parti d’imprese e lo scambio di rami che riguardano le società di diversi stati membri, oltre la mutamento di sede di una società europea o di un consorzio europeo da uno stato membro ad un latro stato membro, ABI 2011 L, n. 64, pag.1.↩︎

  48. Direttiva 2003/ 48/CE del Consiglio del 3.6.2003 nell’ambito della tassazione di utili da redditi d’interessi, ABI 2003 L n.64, pag.1.↩︎

  49. Direttiva 2011/16/EU del Consiglio sulla coperazione di autorità amministrative nell’ambito della tassazione e abrogazione della direttiva 77/799/CEE, ABI 2011L n.64, pag.1.↩︎

  50. Direttiva 2010/24/EU del Consiglio del 16.3.2010 sulla cooperazione nella gestione di promozioni in riferimento a determinate imposte e tasse, ed altre misure, ABI L n.84, pag.1.↩︎

  51. Si veda, per la situazione attuale http://ec.europa.eu/taxation/personal_tax/index_de.htm (consultato l’ultima volta il 21.8.13).↩︎

  52. CdGUE del 14.2.95, C-279/93, punto 21 – Schumacker; CdGUE dell’11.8.95, C-80/94, punto 16 – Wielockx. Si veda anche Hindelang, in Hailbronner/ Jochum/Kau (Hersg.), Recht der Europäischen Union in 2 vol, art. 63, punti 106 e segg., in pubblicazione nel 2014.↩︎

  53. Hindelang, The Free Movement of caoital and Foreign Direct Investment: The Scope of protection in EU law, 2009, 143; dello stesso, in Hailbronner/Jochum/Kau (Hrsg.), Recht der Europäischen Union in 2 vol., art 63, punti 106 e segg, in pubblicazione nel 2014; Kokott/ Ost,Europäische Grundfreiheiten und nationales Steuerrechr, EuZW 2011, 496, 500, sulla definizione di un’incisione come “limitazione” o la disciplina di disciplina conforme di fattispecie fiscali sul piano del pregiudizio o della giustificazione giuridica.↩︎

  54. Hindelang, The Free Movement of capital and Foreign Direct Investment: The Scope of protection in EU law, 2009,145 e segg.↩︎

  55. Diversamente dalla libertà di circolazione del capitale, che liberalizza il fattore produttivo capitale. Qui s l’origine ed anche lo scopo di un movimento di capitale costituisce una caratteristica differenziale espressamente vietata. Più analiticamente Hindelang, in Hailbronner/Jochum/Kau (Hrsg.), Recht der Europäischen Union in 2 vol., art 63, punti 99 e segg, in pubblicazione nel 2014;↩︎

  56. CdGUE del 16.1.03, C-388/01, punto 13 e segg., Musei Italiani; CdGUE dell’8.5.90, C-175/88 punto 13 – Biehl.↩︎

  57. Espressamente al riguardo Thömmes, Verbote der Diskriminierung von Steuerausländer und Steuerinländer, in Lehner (Hrsg.), Steuerrecht in europäischen Binnenmarkt, 1996, pag. 81.↩︎

  58. Sul principio di universalità Gabler, Wirtschaftslexikon, 17a ed. 2010, pag. 3369.↩︎

  59. CdGUE del 14.2.95, C-279/ 93, punto 32, Schumacker.↩︎

  60. Sul principio di territorialità gabler, Wirtschaftslexukon, 17a ed. 2010, pag. 2990 e seg.↩︎

  61. Terra/Wattel, European Tax Law, 3a ed. 2001, pag. 45.↩︎

  62. CdGUE, 8.5.90, C-175/88, punto 14 – Biehl; 14.2. 95, C-279/93, punto 28 – Schumacker.↩︎

  63. Implicitamente, in: CdGUE, 28.1.86, 270/83, punto 19 – avoir fiscal; 28.1.92, C-204/ 90, punto 9 – Bachmann; 13.7. 93., C-330/91, punto 14 e seg. – Commerzbank AG; esplicitamente in CdGUE 11.8. 95, C-80/94, punto 18 e seg. – Wielockx; 13.12. 05, C-446/93, punto 17 – Marks & Spencer.↩︎

  64. CcGUE, 14.2.95, C-279/ 93, punto 30- Schumacker; 11.8.95, C-80/94, punto 17 – Wielockx.↩︎

  65. CdGUE 14.2.95, C-279/93, punto 31 e seg. – Schumacker; si vda nche CdGUE 12.9.02, C-431/01, punto 32 – Mertens; 27.10.71, 6/71, punto 14, Rheinmühlen Düsseldorf. Cfr, più dettagliatamente, Hindelang, The free movement of capital and foreign direct investment: the scope of protection in EU law, 2009, 143 e seg.; Hintersteininger, Binnenmarkr ind Diskriminierungsverbot: unter besonderer Berücksichtigung der Situation nicht – staatlicher Handlungseinheiten, Schriften zum europäischen Recht, 1999, pag. 10; Mohn, Der Gleichsatz im Gemeinschftsrecht: Differenzierungen im europäischen Gemeinschaftsrecht und ihre Vereinbarkeit mit dem Gleichheitssatz, Schriftenreihe Europa – Forschung, 1990, 47 e seg.; Ohler, Europäische Kapital – und Zahlungsverkehrsfreiheit, 2002, art. 56 EGV, punto 259; Plötscher, Der Begriff der Diskriminierung im europäischen Gemeinschaftsrecht: Zugleich ein Beitrage zur einheitlichen Dogmatik der Grundfreiheiten des EG – Vertrages, Schriften zum europäiscen Recht, 2003, oag. 42 e seg.↩︎

  66. Così, per es., de Bont, EC Tax Review 1995, 136, 138 e seg.↩︎

  67. CdGUE 14.2.95, C-279/93, punto 31 – Schumacker; 11.8.95, C-80/94, punto 18 – Wielockx.↩︎

  68. CdGUE 11.8.95, C-80/94, punto 21 – Wielockx; Terra/ Wattel, European Tax Law, 3a ed. 2001, pagg. 48 e segg.↩︎

  69. CdGUE 28.1.86, 270/83, punto 18 – avoir fiscal; 21.09.99, C-307/97, punto 36 – Saint – Gobain.↩︎

  70. CdGUE 21.9.99, C-307/97, punto 36 – Saint-Gobain; Thömmes, Verbote der Diskriminierung von Steuerausländern und Steuerinländern, in: Lehner (Hrsg.), Steuerrecht im europäiscen Binnenmarkt 1996, 86, parla di “libertà secondaria di stabilimento”.↩︎

  71. CdGUE 13.12.05, C-446/03, punto 36 – Marks & Spencer.↩︎

  72. CdGUE 28.1.86, 270/83, punto 19 e seg.- Commissione / Francia; 21.9.99,C-307/ 97, punti 35 e segg. – Saint – Gobain; 29.499, C-311/97, punti 26 e segg. – Bank of Scotland.↩︎

  73. Da prendere in cosiderazione, però, Kokott/Ost, Europäische Grundfreiten und nationales Steurrecht, EuZW 2011, 496, 500 riguardo alle conseguenze del diverso ricollegamento ad aree di fattispecie o di gistificazione giuridica, innanzitutto per l’onere di esposizione e di prova.↩︎

  74. CdGUE 6.6.00, C-35/98, punti 43 e segg. – Verkooijen; 7.9.04, C-319/ 02, punto 28 –Manninen.↩︎

  75. Approfonditamente Hindelang, The free movement of capital and foreign direct investment: The scope of protection in EU Law, 2009, 154 e segg.↩︎

  76. CdGUE 11.7.74, 8/74, punto 5 – Dassonville; ord. 3.12.74, 33/74, punti 10 e segg. – van Binsbergen; 30.11. 95, C-55/94, punto 37 – Gebhard; 15.12. 95, C-415 / 93, punnto 91 – Bosman; ord. 15.5.97; 4.6.2002, C-503 / 99, punto 20 – Goldene Aktien Belgien.↩︎

  77. Kokott/Ost, Europäische Grundfreiheiten ubd nationales Steuerrecht, EuZW 2011, 496, 498.↩︎

  78. Così anche Weber/Grellet, Europäisches Steuerrecht, 2005, pag. 53.↩︎

  79. Sull’estensione swl divieto di limitazione nel quadro della libertà di circolaziione del capitale si veda Hindelang, The free movement of capital and foreign direct investment: the scope of protection in EU law, 2009, 116 e segg.↩︎

  80. Bröhmer, in: Calliess/ Ruffert, AEUV/RUV, 4a ed. 2011, art. 49 AEUV, punto 48; più dettagliatamente in proposito Kokott/Ost, Europäische Grundfreiheiten und nationales Steuerrecht, EuZW 201, 496, 498, che riconducono la scelta verbale al testo normativo degli articoli TFUE concernenti le libertà fondamentali; di altra opinione Thömmes, Verbote der Diskriminierung von Steuerausländern und Steuerinländern, in: Lehner (Hrsg.), Steuerrecht im europäischen Binnenmarkt,1996, pag. 87.↩︎

  81. CdGUE 20.2.79, 120/78, punto 8 – Cassis de Dijon; 15.5.97, C-250/ 95, punto 31 – Futura Participations; 12.7.12, C-269/ 09, punto 64 – Commissione / Spagna.↩︎

  82. CdGUE 12.9.06, C-196/04, punti 51 e segg. – Cadbury Schweppes; 28.10.2010, C-72/09, punto 33 – Ėtablissements Rimbaud. Sul problema della limitazione dell’impedimento di (viettata) evasione fiscale e del (fondamentalmente consentito) evitare l’imposta, Hindelang, The free Movement of capital and foreign dierect investment: the scopo of protection in EU law, 2009, 219 e seg.↩︎

  83. L’art. 11.1 lett.a della direttiva fusioni prevede, per es., per questi casi un rifiuto dei benefici fiscali; in proposito Höfstärrer/ Hohenwarter –Mayr, The merger directive, in: Lang e a. (Hrsg.), Introduction to european tax law: direct taxation, 2°a ed. 2010, pag. 149 e seg.; su tutta la problematica Codewener, Europäische Grundfreiheiten und natinales Steuerrecht, 2002, pagg. 950 e segg.↩︎

  84. CdGUE 13.1205, C-446/ 03, punto 43 – Marks & Spencer. Si veda anche CdGUE 18.7.07, C-231/05, punto 60 – Oy AA; 15.5. 08, C-414/ 06, punto 42 – Lidl Belgium.↩︎

  85. CdGUE 28.1.92, C-204/90, punto 28 – Bachmann; sulla coerenza si veda Cordewener, Europäische Grunfeiheiten und nationales Steuerrecht, 2002, pagg. 958 e segg.↩︎

  86. Nel dettagli CdGUE 28.1.92, C-204/90, punti 24 e segg. – Bachmann.↩︎

  87. Più dettagliatamente sulla “relazione diretta” Hindelang, in: Hailbronner/Jochum / Kau (HRSG.), Recht des Europäischen Union in 2 vol., art. 65, punto 39 e seg., in pubblicazione nel 214; dello stesso, The free Movement of capital and foreign direct investment: the scope of protection in EU law, 2009, 262 e segg.↩︎

  88. Engelmair, The relevance of the fundamental freedoms for direct taxation, in: Lang ea. (Hrsg.), Introduction in European tax law, 2a ed. 2010, pag. 66; Cordewener, Europäische Grundfreiheiten und nationales Steuerrecht, 2002, pagg. 958 e seg; con analisi di sentenze.↩︎

  89. CdGUE 7.9.04, C-319/02, punti 42 e segg. – Manninen, nella quale viene negata la necessità; 23.10.08, C-157/07, punto 43 – Krankenheim Ruhesitz am Wannsee; in proposito Kokott/Ost, Europäische Grundfreiheiten und nationales Steuerrecht, EuZW 2011, 496, 500 e segg.,↩︎

  90. Cordewener, Europäische Grundfreiheiten und nationales Steuerrecht, 2002, pagg. 930; Kube, EuGH – Rechtssprechung zum direkten Steuern – stand und perspektiven, in: Zentrum für Europäisches Wirtschftsrect n. 171, 2009, 45 e seg.; sul controllo della coerenza delle regolamentazioni degli stati membri da parte della CdGUE, Kokott/Ost, Europäische Grundfreiheiten und nationales Steuerrecht, EuZW 2011, 496, 502 e seg,↩︎

  91. CdgUE 21.9. 99, C-307/97, punto 51 – Saint Gobain; 7.9.04 C-319/02, punto 49 – Manninen.↩︎

  92. CdGUE 28.1.86, 270/83, punto 24 – avoir fiscal, in cui la prospettazione come ragione giustificativa è dubbia, si veda Cordewener, Europäische Grundfreiheiten und nationales Steuerrecht, 2002, pag. 932.↩︎

  93. CdGUE 21.99, C-307/97, punto 57 – Saint Gobain; in proposito Engelmair, The relevance of the fundamental freedom for direct taxation, in Lang e a. (Hrsg.), Introcuctio to european tax law: direct taxation, 2a ed. 2010, pag. 75.↩︎

  94. CdGUE 21.9.99, C-307/97, punto 59, Saint Gobain; 15.1.02, C-55/00, punto 73 – INPS.↩︎

  95. Crecia: MoU del 7.12.12, http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/occasional_paper/2012/pdf/oep123_en.pdf, punto 2.2.1; Irlanda MoU http://ec.europa.eu/economy_finance/articles/eu_economie_situation/pdf/2010-12-07-mou_en.pdf, punto 1 i; Portogallo, MoU del 17.5. 11, versione aggiornata del maggio 2013, http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/occasional_paper/2013/pdf/ocp123_en.pdf, punto 1.13 e segg.; Cipro, Memorandum of Understanding on Specific Economic Policy Conditionality (MoU) del 12.4. 2013 http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/occasional_paper/2013/pdf/ocp149_en.pdf, punto 2.2 e segg.↩︎

  96. Si veda, al riguardo, la proposta della Commissione Europea del 16.3.11 per una direttiva del Consiglio su una comune base consolidata di valutazione e d’imposta sulle persone giuridiche (GKKB), http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/taxation/company_tax/common_tax_base/com_2011_121_de.pdf.↩︎