Studi Tributari Europei. Vol.11 (2021)
ISSN 2036-3583

La limitazione alla deducibilità degl’interessi passivi: considerazioni sul dibattito in Germania

Enrico AltieriGià Corte di Cassazione (Italy)

Pubblicato: 2022-09-21

Abstract

The limitation of the deductibility of interest in the calculation of personal and corporate income tax unites the tax choices in Italy and Germany. In Germany, however, the scheme is not seen as an anti-avoidance tool, but as a means to safeguard the national tax base from erosion caused by loans taken out by German companies with foreign entities. However, this protective measure clashes with the preservation of the freedoms guaranteeing the European market and has been referred to the Constitutional Court. In particular, the limitation of deductible interest expenses would first of all violate the constitutional principle of equality. Ultimately, the purposes put forward in the justification for the limitation of the deductibility of interest, namely the strengthening of the equity capital base or the encouragement of foreign investments, cannot, therefore, justify the limitation, not even from the point of view of securing the national tax base.

La limitazione della deducibilità degli interessi nel calcolo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle società accomuna le scelte tributarie in Italia e in Germania. In Germania però il regime non è considerato come uno strumento antielusione, ma come un mezzo per salvaguardare l’imponibile nazionale dalle erosioni causate dai prestiti contratti da imprese tedesche con soggetti stranieri. Una misura protettiva che si scontra però con la salvaguardia delle libertà a garanzia del mercato europeo e che è stata rimessa al giudizio della Corte costituzionale. In particolare la limitazione degli interessi passivi da dedure violerebbe prima di tutto il principio costituzionale di eguaglianza. In definitiva gli scopi addotti nella motivazione del limite alla deducibilità degli interessi e cioè il rafforzamento della base del capitale proprio o l’incentivo ad investimenti esteri non possono, quindi, giustificare la limitazione, neppure sotto l’aspetto di una garanzia dell’imponibile fiscale nazionale.

Keywords: Irpef tedesca; base imponibile; deducibilità interessi; limiti; non ammissibilità.

In molti Paesi vi sono state iniziative per limitare la deducibilità degl’interessi passivi nei rapporti tra imprese. La stessa disciplina italiana in materia d’imposte sul reddito, precedente la direttiva del Consiglio n. 2017/ 952, prevedeva all’art. 63, comma 1, DPR n. 917 / 86, che gl’interessi passivi fossero deducibili “per la parte corrispondente al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi”. Col d.l. 142/208 veniva data attuazione alla direttiva UE 2017/ 952 ( c.d. ATAD 2 ), che mirava ad un più efficace contrasto delle pratiche di elusione fiscale, ispirandosi al progetto BEPS ( Base Erosion and Profit Shifting ) elaborato dall’OCSE nel 2015. L’art. 1 del D.L. ridefinisce le regole in materia di deducibilità degl’interessi passivi, ammessa nei seguenti limiti:

Le limitazioni della deducibilità degl’interessi passivi suscitano dubbi sulla loro conformità a principi del diritto UE e costituzionali, ma finora, in Italia, nessun giudice, neppure la Corte di Cassazione, ha rimesso tali questioni alla Corte Costituzionale o alla Corte di Giustizia UE mediante rinvio pregiudiziale. Sotto il secondo profilo vi è da considerare, anzitutto, che la nuova disciplina è stata concepita dal Consiglio UE come misura anti elusione e quindi, come tale, non può introdurre un regime presuntivo assoluto, dovendo sempre essere consentita al contribuente la prova della realtà ed economicità dell’apposizione degl’interessi passivi in bilancio.1 Di fronte a tale sorprendente inerzia sembra interessante l’esame dell’acceso dibattito in Germania sulla disciplina di limitazione introdotta alcuni ani fa, dibattito conclusosi con l’ordinanza del Bundesfinanzhof – BHF ( Corte Federale Finanziaria ), che ha rimesso la questione di costituzionalità delle misure al Bundesverfassungsgericht – BVerfG ( Tribunale Costituzionale Federale ). Quest’ultimo non ha ancora reso la sua decisione ma, in caso venisse dichiarata l’incostituzionalità della disciplina, si darebbe luogo ad un nuovo conflitto tra Germania e UE, considerando la procedura d’infrazione iniziata da quest’ultima per la mancata applicazione delle decisioni della BCE in materia di acquisto e redistribuzione di titoli di Stato nazionali.2

La disciplina normativa tedesca in contestazione

La limitata deducibilità degl’interessi passivi è stata introdotta dai §§ 4h e 8a della legge sull’imposta sul reddito ( EstG ), nell’ambito della legge di riforma sulla tassazione delle imprese del 12 agosto 2007, applicabile dal 25 maggio 2007, e quindi, per quanto riguarda i soggetti tassabili in base al bilancio, dal 1° gennaio 2008.3 La misura, vivacemente criticata, veniva considerata, non come uno strumento anti elusione, ma come un mezzo per salvaguardare l’imponibile nazionale dall’erosione causate dai prestiti contratti da imprese tedesche con soggetti stranieri.

Le sue principali caratteristiche erano le seguenti:

  • l’impresa non subisce alcuna limitazione quando i suoi ricavi sono pari a zero o, comunque, inferiori ai 1000 euro annui;

  • la misura non è riportata a distinzioni oggettive o soggettive, così che non può essere ravvisata una violazione della libertà d’impresa nel senso dell’art. 12.1 della Legge Fondamentale ( Grundgesetz – GG );

  • al di fuori di questi casi, gl’interessi possono essere detratti per l’anno relativo solo in misura non superiore al 30%; il resto in anni successivi;

  • secondo la prevalente dottrina tale misura contrasterebbe con diversi principi affermati da normative di grado superiore:

  • per il diritto UE vi sarebbe contrasto con la libertà di stabilimento e con la libera circolazione di capitali ( artt. 43 e 58 TUE ); per quanto riguarda il diritto secondario, con la direttiva sui debiti d’interessi e di corrispettivi di licenza; non sussisterebbe, invece, una violazione del divieto di doppia imposizione;

  • quanto al diritto costituzionale, vi sarebbe violazione del principio della statualità di diritto (Art. 4.1.3 GG) e della parità di trattamento (Art. 3.1 GG), dai quali deriva il principio della esclusiva tassabilità del netto oggettivo, principio desumibile anche da quello della capacità contributiva;

  • un’ulteriore ipotesi di esenzione ( escape- clausel ) ricorre quando la quota di capitale proprio dell’impresa tassabile viene compensata col suo consenso.La quota di capitale proprio dell’impresa può consistere al massimo nell’1% al di sotto della quota di capitale proprio di un gruppo; in tal caso tuti gl’interessi passivi possono essere dedotti. In via alternativa la legge consente, a determinate condizioni, altre soluzioni. Anche la escape - clausel non si applica , secondo il § 8a della legge sulla imposta sul reddito delle persone giuridiche ( KStG ) quando “gli utili da capitale esterno della persona giuridica o di altro titolare giuridicamente appartenente allo stesso gruppo della stessa possono riferirsi, direttamente o indirettamente, per più di un quarto del capitale, del socio di una società appartenente al gruppo, ad una persona con questa collegata o a un terzo” “che può rivolgersi ad una persone tra queste nominata” e far valere non più del 10% dell’ammontare degl’interessi nel senso del § 4.3 EStG. Questa regola vale anche per l’imposta sul reddito delle persone fisiche.

A parte le diffuse critiche, la dottrina segnalava una consistente perdita di utili in conseguenza della mancata deducibilità integrale degl’interessi passivi.4

L’ordinanza del Bundesfinanzhof

Con ordinanza del 14.10. 2015 – IR 20/15 la Corte Federale Finanziaria tedesca, adita col ricorso dell’Amministrazione finanziaria contro la sentenza del Tribunale Finanziario di Monaco del 6 marzo 2015, rimetteva al Bundesverfassungsgericht ( Tribunale Costituzionale Federale) la questione della conformità a Costituzione della disciplina sulla limitata deducibilità degl’interessi passivi di cui ai §§ 8.1 KStG 2002 nel nuovo testo del 31 dicembre 2008, e 4 h comma 4 EsTG. Oggetto dell’impresa, anch’essa ricorrente in revisione, era la costruzione, l’acquisto, la vendita, la manutenzione, la conduzione e l’amministrazione d’immobili. La società per azioni A era direttamente partecipata dall’attrice al 74% nell’anno in contestazione ( il 2008 ); il 1° gennaio 2009 la srl si fondeva con la spa attrice. L’attrice partecipava al consorzio cash clearing del gruppo A e veniva compresa nel bilancio consorziale della società A; essa era, inoltre, un’impresa collegata alla società B. L ’ammontare degl’interessi passivi era di 5.002.851 euro per il 2008 e 4.983.386 euro per il 2009. L’ufficio finanziario aveva determinato l’imposta tenendo conto degl’interessi non deducibili, ai sensi del § 8.1 KStG nuovo testo, e quindi sottraendo dal deducibile la parte eccedente il limite consentito. L’azione proposta contro l’accertamento non aveva esito favorevole. La ricorrente chiedeva, pertanto, che l’imposta sul reddito delle persone giuridiche venisse quantificata senza applicazione del blocco degl’interessi.

Sintesi della motivazione dell’ordinanza:

  • il divieto di deduzione per addebito d’interessi contrasta con l’art. 3.1 GG perché viola il precetto della costruzione del diritto fiscale sui redditi, ivi compreso quello delle persone giuridiche, in coerenza con la capacità fiscale del contribuente. Gl’interessi che superano il 30% del profitto possono essere dedotti solo negli anni successivi. Tale limitazione, però, vien meno in caso di trasferimento e cessazione dell’azienda.

  • Il principio generale di uguaglianza dell’art. 3.1 GG impone al legislatore di trattare in modo uguale situazioni uguali e in modo diverso situazioni disuguali. Da tale principio derivano diversi limiti, che si estendono dal mero divieto di arbitrio ad un più stretto vincolo, a requisiti di proporzionalità. Nell’ambito del diritto tributario il legislatore ha un ampio spazio decisionale nella scelta dell’oggetto dell’imposizione e nella determinazione dell’aliquota del tributo. La fondamentale libertà del legislatore di definire i fatti ai quali la legge ricollega gli stesso effetti giuridici e quelli qualificati come giuridicamente equivalenti viene, però, limitata da due principi tra loro strettamente collegati: l’adeguamento del peso fiscale al principio della capacità contributivo – finanziaria e l’imperativo della conseguenzialità. La prima viene stabilita dal legislatore secondo il principio del netto oggettivo. Ciò deriva anche dal § 8.1 KStG nuovo testo, secondo cui il reddito e il suo accertamento sono determinati secondo le disposizioni tributarie sul reddito. Pertanto, nell’ambito della tassazione d’impresa è soggetto a tassazione, in principio, solo il reddito netto. Quindi le spese aziendali sono in principio fiscalmente deducibili. Il legislatore ha infranto questa regola fondamentale del sistema perché il reddito netto non viene tassato sulla base del blocco di addebiti d’interessi ritenuti indeducibili. Nella nuova disciplina una rilevante parte del saldo interessi negativo può essere dedotta solo in successivi periodi d’imposta. Al riguardo vi è da osservare, ai fini di una pratica probabilità di una successiva utilizzazione del quantum degli interessi, che la gestione di un’impresa può essere resa più difficile per la limitazione della dichiarazione degli interessi, con la quale viene sottratta liquidità all’impresa. La misura deve ritenersi, perciò, contraria al principio del netto oggettivo.

  • tale deroga non è giustificata da alcuna ragione sostanziale. Partendo dalla motivazione del progetto di legge, la limitazione si presenta come una disciplina di impedimento dell’abuso. Essa sarebbe finalizzata, quindi, a contrastare l’eccessivo finanziamento delle imprese con capitale estero e dovrebbe impedire che una rilevante quota di capitale straniero sia impiegata soltanto per ragioni di ottimizzazione fiscale. In particolare, i gruppi di imprese non possono trasferire all’estero, col trasferimento transfrontaliero, redditi prodotti in Germania; deve, inoltre. impedirsi che gruppi s’indebitino al posto delle loro affiliate tedesche e venga ristretto, in corrispondenza degl’interessi pagati, l’imponibile fiscale in Germania.

  • quanto ad ulteriori prospettive giustificative, la qualificazione della disciplina come misura anti-abuso non sarebbe adeguata.

  • pur dovendosi riconoscere che al legislatore fiscale non è vietato perseguire scopi di promozione e dirigismo extra fiscali, il cittadino non è tenuto, però, ad un determinato comportamento, ma riceve, attraverso uno speciale onere su un comportamento non gradito, un motivo economico- finanziario per orientarsi ad una determinata azione od omissione.

  • gli scopi addotti nella motivazione del progetto, e cioè il rafforzamento della base del capitale proprio o l’incentivo ad investimenti esteri non possono, quindi, giustificare la limitazione, neppure sotto l’aspetto di una garanzia dell’imponibile fiscale nazionale.


  1. V. Corte di Giustizia UE,sentenze in cause 251/ 16, 126/10. La previsione d’interessi può costituire una forma simulata di distribuzione dividendi.↩︎

  2. Sentenza del Bundeverfassungsgericht del 5 maggio 2020, 2 BvR 859/ 15.↩︎

  3. Un completo esame della riforma si trova sulla nota del BMF ( Ministero Federale delle Finanze ) del 4 febbraio 2008 ). Per un’esposizione sintetica della nuova disciplina v. anche Drobek, D., Zu Auslegungsfragen der Zinsschranke unter Berückscichtigung des BMF – Anwendungsschreibens vom 4.7. 2008.↩︎

  4. Fra i numerosi critici della misura si vedano: Landvatter, T., Die Zinsschranke als wirksames Mittel zur Verhinderung von Gewinnverlagerung ins Ausland, Stuttgart, 2008; Bohn, A. Zinsschranke und alternativmodelle zur Beschränkung des steuerlichen Zinsabzugs; Monaco, 2009; München, M. Die Zinsschranke – eine verfassungs -, europa – und abkommenrechtliche Würdigung, Trier, 2010; Alberternst / Schwarz, Relevanz der Zinssschrznke – eine empirische Untersucung der betroffenen Unternehmen von 2008 bis 2012; Arqus Discussion Paper n. 200, 2016; per l’applicazione della misura nei rapporti tra fondi immobiliari d’investimento e società investitrici, Hussien, S., Die Zinsschranke im Rahmen der Investition eines deutschen Immobilienvermögens über eine Immobilienkapitalgesellschaft, Norderstedt, 2008.↩︎