1 Il potere giudiziario nell’ambito dell’Unione europea.
La Corte di giustizia dell’Unione europea (per comodità definita nel prosieguo anche come “CGE”) ha la funzione di assicurare l’uniformità di interpretazione ed applicazione delle norme comunitarie in ciascuno degli Stati membri (funzione “nomofilattica”)1.
In specie, la CGE è chiamata (ai sensi dell’art. 267 del TFUE) a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla interpretazione del diritto comunitario e dunque ad effettuare un’opera di ricostruzione ermeneutica delle norme e dei principi espressi nel Trattato e negli atti normativi del diritto comunitario derivato. Ed invero, pur se i giudici nazionali sono tenuti in via ordinaria a dare attuazione alle norme comunitarie nel diritto interno, in quanto il diritto comunitario è direttamente applicabile negli Stati membri2, essi possono proporre questioni pregiudiziali in merito alla interpretazione di norme comunitarie ovvero alla compatibilità di norme del diritto interno con l’ordinamento europeo3.
In particolare, la Corte di Giustizia è tenuta ad assumere una posizione sulla quaestio juris, definendo il significato della norma comunitaria rilevante per il giudizio, mentre il giudice nazionale è tenuto a pronunciarsi sulla quaestio facti, così da pervenire alla decisione sulla fattispecie concreta applicando le norme pertinenti (compresa quella comunitaria)4.
Il contenuto della decisione della Corte di giustizia riguarda non soltanto la ricostruzione della norma comunitaria (e dunque l’interpretazione in senso stretto), ma anche sovente la compatibilità delle norme interne con il parametro comunitario. Il fatto storico tende a rilevare nel giudizio della Corte di Giustizia come elemento delimitativo del thema decidendum, soprattutto al fine di stabilire l’applicabilità o meno del diritto comunitario (e quindi la competenza del giudice comunitario)5. In buona sostanza, pertanto, il giudice comunitario considera i principi generali e le norme dell’ordinamento eurounitario come parametri di legalità dell’attività svolta dal legislatore interno6.
Il meccanismo del rinvio pregiudiziale – anche definito come “pregiudiziale interpretativa comunitaria” – si presenta come una facoltà per i vari organi giurisdizionali nazionali e diviene un obbligo solo per i giudici di ultima istanza (per le decisioni dei quali, cioè, non è più possibile presentare una impugnazione)7.
Attraverso tale meccanismo i giudici nazionali si presentano come una sorta di “strumento” del processo di integrazione europea8: al fine di favorire l’uniformità e la corretta applicazione del diritto comunitario, evitando così che i giudici dei vari Stati membri possano formare una giurisprudenza condizionata dalle tradizioni giuridiche locali, il rinvio interpretativo determina una “cooperazione giudiziaria” tra ordinamenti separati eppure coordinati ed appare destinato a produrre una giurisprudenza centralizzata ed europea in ordine all’ordinamento comunitario, rispetto alla quale i contributi dei giudici nazionali sono valorizzati come impulsi provenienti da sistemi giuridici distinti che confluiscono in un unico contesto ordinamentale9.
Le sentenze interpretative pronunciate dalla Corte di Giustizia a seguito del rinvio pregiudiziale producono un effetto vincolante per il giudice nazionale che le ha sollecitate (e per i gradi successivi del medesimo giudizio)10. Esse peraltro sono destinate ad espandere i propri effetti anche oltre il giudizio cui si riferiscono, in quanto relative a questioni giuridiche di portata generale (efficacia erga omnes); in tal senso si può sostenere che le sentenze interpretative assumono un carattere impegnativo rispetto alle giurisdizioni ed alle amministrazioni pubbliche nazionali11.
Quanto all’efficacia temporale delle sentenze della Corte di Giustizia, in linea di massima vale la regola generale dell’efficacia ex tunc, con riconoscimento della latitudine interpretativa e della validità della norma comunitaria fin dall’origine12. Peraltro tale criterio è stato sovente bilanciato con esigenze di certezza del diritto e di tutela dell’affidamento incolpevole dei terzi; particolarmente in materia economica e finanziaria, la CGE ha riconosciuto l’efficacia ex nunc delle sentenze interpretative laddove interferenti con i comportamenti dei terzi in buona fede che avevano fatto affidamento sulla portata della normativa nazionale prima della sentenza emessa dalla giustizia comunitaria13.
2 Il ruolo della giurisprudenza della Corte di giustizia nel sistema delle fonti del diritto tributario comunitario.
La Corte di Giustizia Europea è andata precisando le dimensioni ed i confini del diritto comunitario attraverso un’opera costante di lettura e “riconoscimento” dei vari atti normativi emanati dalle istituzioni comunitarie14.
In dottrina si è sovente sottolineato come la Corte di Giustizia abbia fornito un consistente apporto alla definizione del sistema giuridico dell’Unione europea, anche con contributi di carattere creativo, così da supplire alla carenza di norme di riferimento nel tessuto normativo comunitario15. La funzione “creativa” è stata ravvisata in particolare nella creazione autonoma di norme giuridiche e nella integrazione del diritto comunitario, primario e derivato, e comunque nella continua ricerca di principi generali che potessero definire l’orizzonte assiologico della disciplina normativa16.
In questa prospettiva è stato ripetutamente osservato che la giurisprudenza della CGE ha contribuito in maniera determinante allo sviluppo del diritto comunitario, influendo anche sull’attività normativa delle istituzioni europee attraverso l’indicazione delle linee generali emergenti dall’ordinamento vigente ed il costante confronto con i fondamentali scopi di integrazione sopranazionale17.
Appare dunque sostanzialmente pacifica l’attribuzione di un ruolo di primaria rilevanza alla giurisprudenza della Corte di giustizia nella definizione del sistema delle fonti dei vari comparti del diritto comunitario (e chiaramente anche del diritto tributario comunitario)18.
Con specifico riferimento al settore della fiscalità (ed in specie della regolazione dei tributi), occorre rilevare che la CGE è stata costantemente sollecitata nel corso degli anni ad intervenire in sede interpretativa per dirimere questioni dubbie e colmare lacune ed insufficienze del diritto comunitario19.
In particolare, il dato quantitativo delle decisioni riguardanti la materia fiscale è assai rilevante soprattutto se confrontato con il numero di atti normativi emanati dalle istituzioni comunitarie20.
Le sentenze della CGE possono essere in linea di massima raggruppate in quattro gruppi omogenei, il cui indice di affinità è costituito dall’oggetto della decisione giurisdizionale21. A tal proposito emerge fin da ora il peso davvero rilevante occupato dalle sentenze riguardanti l’Iva, comprensibile se confrontato con il rilievo assunto da tale tributo nel sistema comunitario; numerose sono le sentenze concernenti le imposte indirette ed i dazi; decisamente poche appaiono infine le decisioni riconducibili espressamente alle imposte dirette.
Ai fini di questo commento non vengono considerate le decisioni della Corte di Giustizia che riguardano la definizione di principi generali dell’ordinamento europeo22, poiché, pur riguardando anche l’ambito fiscale (o addirittura essendo state pronunciate con riferimento a casi aventi ad oggetto la materia tributaria), assumono una rilevanza di portata generale che fuoriesce dall’ambito della regolazione della fiscalità (e della portata dei tributi)23.
Aldilà di considerazioni di ordine statistico e classificatorio, che comunque forniscono spunti ricostruttivi intorno all’incidenza ed al ruolo della Corte di Giustizia in materia tributaria, è possibile in linea di massima enucleare alcuni filoni principali della giurisprudenza comunitaria, così da indicare i principi emergenti dall’ordinamento europeo nella regolazione della fiscalità (e dunque rispondenti ad una logica generale e non specifica del singolo tributo) ovvero illustrare la posizione generalmente assunta nell’inquadramento della disciplina di un singolo tributo (o di un gruppo omogeneo di tributi).
3 Brevi spunti sull’apporto degli avvocati generali alla formazione delle decisioni della Corte di Giustizia.
Assai importante nel processo di formazione della giurisprudenza comunitaria è l’apporto fornito dagli avvocati generali, i quali attraverso la presentazione di conclusioni scritte forniscono una prospettazione sintetica della fattispecie in esame, depurata da possibili deviazioni di parte e soprattutto adeguatamente vagliata rispetto agli argomenti giuridici addotti.
Senza assumere carattere vincolante, (intervenendo essi nella funzione di amicus curiae) le conclusioni degli avvocati generali esercitano una importante influenza sulla decisione della Corte di Giustizia in quanto contengono una analisi comparatistica sugli ordinamenti degli Stati membri ed una accurata ricostruzione della giurisprudenza precedente che costituiscono il più delle volte l’imprescindibile materiale da utilizzare per formulare il giudizio di diritto24.
Ed invero, è da ritenere che il contributo dell’avvocatura generale, in quanto organo autonomo rispetto alle parti coinvolte nel processo, rivolto sostanzialmente alla tutela dell’interesse generale dell’Unione europea, costituisca un importante elemento di formazione del convincimento giudiziale e possa consentire di mantenere sempre vivo il collegamento tra la specificità del caso in esame e la trama dei valori di fondo dell’ordinamento comunitario25.
Con riferimento alla materia fiscale si può osservare che le conclusioni presentate dagli avvocati generali sono state frequentemente accolte nelle sentenze della CGE, come è dato evincere dalle motivazioni addotte dai giudici26.
In particolare, all’apporto degli avvocati generali possono ricondursi non soltanto le principali teorie ricostruttive formulate dalla giurisprudenza in materia di disciplina dell’Iva e di altre imposte armonizzate, ma soprattutto le tesi “creative” elaborate dalla Corte di Giustizia in merito ai principi normativi riguardanti le imposte dirette27.
4 Il carattere essenzialmente ricognitivo della giurisprudenza comunitaria in materia di Iva.
La materia in cui si registra il maggior numero di decisioni della CGE riguarda senz’altro l’imposta sul valore aggiunto, stante il carattere tipicamente europeo del tributo28.
È peraltro significativo che la Corte di Giustizia mostri in questo settore dell’ordinamento fiscale una tendenza essenzialmente ricognitiva delle norme esistenti, rinunciando a sviluppare principi di ordine generale a rilevanza trasversale (validi cioè anche per altri tributi)29. L’atteggiamento ricognitivo si esprime così attraverso la disamina puntuale delle norme previste negli atti comunitari del diritto derivato (particolarmente nelle direttive riguardanti l’Iva) e la precisazione in via interpretativa della latitudine semantica assunta dalle norme medesime30.
È pur vero che la giurisprudenza comunitaria ha contribuito in modo determinante ad enucleare i tratti fondamentali dell’Iva sulla base delle regole formulate nelle varie direttive: è stata così riconosciuta la natura giuridica del tributo come imposta sui consumi; sono stati individuati gli elementi qualificanti della disciplina comunitaria nella generalità dell’imposizione alle operazioni commerciali, nella proporzionalità dell’aliquota, nel carattere di imposta plurifase e nella neutralità determinata dalla imposizione del valore aggiunto; è stata puntualizzata la fattispecie impositiva sia negli elementi oggettivi sia negli elementi soggettivi.
Peraltro, la ricostruzione dei tratti qualificanti della disciplina comunitaria del tributo costituisce sovente il filo conduttore della giurisprudenza comunitaria anche nella definizione dei profili applicativi ed interpretativi delle regole stabilite dalle direttive per la fase di attuazione dell’Iva (ad es. in tema di detrazione e rivalsa, di esigibilità dell’imposta, di adempimenti ed obblighi strumentali etc.) così come nella individuazione delle fattispecie derogatorie ammesse dalla disciplina interna (ad es. le esenzioni o le esclusioni).
Talora, l’attitudine ricognitiva della Corte di Giustizia con riguardo alla disciplina dell’Iva si attenua per lasciare lo spazio a ricostruzioni normative connotate da una evidente valenza “creativa”. Così, in relazione al tema della possibile duplicazione del prelievo fiscale su un medesimo presupposto la Corte di Giustizia ha definito il principio del divieto di doppia imposizione che non trova un riferimento normativo espresso31. Anche con riferimento al tema del diritto al rimborso dell’imposta a causa di un indebito la CGE ha elaborato un orientamento che, pur in assenza di norme specifiche nelle direttive, vale a ricostruire in via interpretativa la portata dei diritti individuali ed a limitare le irragionevoli compressioni operate dalla disciplina interna32. Va altresì menzionata la vicenda dell’abuso del diritto che è stata formulata originariamente proprio con riferimento alla disciplina dell’Iva per contrastare le costruzioni negoziali artificiose operate dai contribuenti al fine di ottenere un ingiusto risparmio di imposta33.
Tale atteggiamento “creativo” occupa comunque uno spazio marginale della giurisprudenza comunitaria in materia di Iva, in quanto le principali questioni poste all’attenzione dei giudici trovano una soluzione mediante l’opera di ricostruzione casistica ed analitica della disciplina comunitaria vigente.
5 L’atteggiamento casistico della giurisprudenza comunitaria in tema di accise o dazi, nonché in materia di aiuti di Stato.
Sull’argomento delle accise, dei dazi e dei diritti doganali la giurisprudenza della CGE assume una impostazione orientata tipicamente al case by case approach, intervenendo per risolvere questioni specifiche e casi di interpretazione ed applicazione della legislazione comunitaria. Ed invero non è facile rinvenire apprezzabili filoni teorici in questo settore normativo, trattandosi perlopiù di ricomporre ed ordinare fattispecie dettagliate e minute34.
Un tema ricorrente è rappresentato in specie dalla identificazione della nozione di “tasse ad effetto equivalente” ai dazi, rispetto al quale nella giurisprudenza comunitaria sembra consolidarsi il convincimento che la similarità dei prodotti debba essere giudicata in relazione alla classificazione dei prodotti nella stessa categoria fiscale, doganale o statistica35. A tal riguardo sono emersi alcuni passaggi rimarchevoli nella giurisprudenza comunitaria:
- la tassa ad effetto equivalente va individuato in ogni onere pecuniario imposto alle merci in occasione del passaggio della frontiera nazionale36;
- deve trattarsi di un onere imposto al soggetto obbligato al pagamento37;
- l’onere pecuniario deve essere proporzionato al valore del servizio reso38;
- l’onere pecuniario deve essere imposto in maniera unilaterale dallo Stato membro di importazione (o di esportazione)39.
Va segnalato peraltro come la giurisprudenza comunitaria abbia cercato ripetutamente di individuare l’ambito applicativo del divieto di tasse ad effetto equivalente rispetto al principio di non discriminazione relativo alle imposte indirette40. A tal proposito si è precisata la diversità sistematica delle due norme e la necessità di puntualizzare per ogni fattispecie concreta la riconducibilità all’uno o all’altro regime giuridico41.
In qualche caso per distinguere adeguatamente tra le fattispecie riconducibili al divieto di tasse ad effetto equivalente ovvero al principio di non discriminazione fiscale si è suggerito di porre attenzione al profilo della destinazione del tributo: in specie la giurisprudenza ha precisato che, ove il gettito fiscale sia destinato a supporto del prodotto soggetto a tassazione generando un beneficio compensato integralmente dal tributo pagato, si è in presenza di una tassa ad effetto equivalente; nel caso di un tributo ristorato solo parzialmente dal beneficio ricevuto si ricade invece nel campo di applicazione del principio di non discriminazione42.
Un diffuso atteggiamento casistico sembra potersi ricostruire anche nella giurisprudenza della CGE in materia di aiuti di Stato43.
Vale la pena osservare a tal riguardo che tale impostazione trova un fondamento concettuale nell’idea che il giudizio sulla applicabilità della disciplina degli aiuti di Stato deve essere formulato a posteriori, riguardando cioè gli effetti che si producono in ordine alla concorrenza e non agli obiettivi programmatici perseguiti o dichiarati dal legislatore nazionale. La norma comunitaria, infatti, nell’interpretazione giurisprudenziale è ricostruita in funzione dello scopo di evitare che i benefici tributari concessi da uno Stato membro possano incidere in modo distorsivo sugli scambi nel mercato comune così da alterare la regolarità del gioco concorrenziale; il divieto degli aiuti di Stato non è pertanto condizionato dall’apprezzamento delle cause o delle finalità sottese alla norma agevolativa, bensì è definito in relazione all’impatto (e dunque al complesso degli effetti) che si produce sul sistema della concorrenza44. Parimenti, una attenzione peculiare è riservata dalla giurisprudenza comunitaria al tema della selettività territoriale45. Ne consegue evidentemente l’esigenza di effettuare, in sede di decisione giudiziaria, una analisi accurata degli effetti concreti che si vanno producendo sull’assetto concorrenziale in relazione alla misura di aiuto di Stato oggetto del sindacato giudiziale.
6 La giurisprudenza creativa in materia di imposte dirette.
A differenza di quanto visto per l’Iva e le imposte indirette, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha fornito un apporto decisamente “creativo” alla ricostruzione della normativa comunitaria applicabile alla materia delle imposte dirette46.
Innanzitutto la CGE si è soffermata sulla portata del principio di non discriminazione fiscale per puntualizzarne i caratteri e l’ambito di applicazione: non a caso la prima decisione in assoluto in tema di imposte dirette riconosce espressamente il divieto di discriminazione diretta a danno dei cittadini esteri di uno Stato membro da parte di una norma nazionale47; successivamente è stato precisato il divieto di discriminazione indiretta, che viene attuata mediante forme occulte o dissimulate48.
L’effetto lesivo e discriminante della norma nazionale viene giudicato dalla giurisprudenza comunitaria non tanto in termini di risultato effettivo, quanto piuttosto di mera potenzialità. Emerge così la caratterizzazione del principio di discriminazione come semplice rischio di produrre un’alterazione dell’assetto concorrenziale e, dunque, di determinare un pregiudizio rispetto al pari trattamento degli operatori economici, e non anche come un risultato obiettivo da riscontrare (e provare) materialmente49. È evidente che proprio questa connotazione in termini di potenzialità del principio di non discriminazione, operata in sede giurisprudenziale, vale ad allargare sensibilmente l’ambito di applicazione della regola comunitaria rispetto all’enunciato normativo contenuto nel Trattato50.
In epoca più recente la Corte di Giustizia sembra avere spostato il baricentro del sindacato dalla discriminazione vera e propria alla restrizione di una libertà comunitaria, indipendentemente dall’analisi degli effetti distorsivi prodotti da una regola discriminatoria51; pertanto, l’illegittimità della norma nazionale viene giudicata in relazione all’effetto restrittivo al principio di non restrizione delle libertà di circolazione (e quindi di una delle quattro libertà fondamentali previste dal Trattato) e non anche con riguardo alla sussistenza di una differenziazione di trattamento tra soggetti residenti e soggetti non residenti52. Si può rilevare a tal proposito che nella giurisprudenza comunitaria talora si è espresso il convincimento che la tutela delle libertà costituisce il fondamento logico del principio di non discriminazione e dunque ne annulla l’autonomia assiologica (così che quest’ultimo principio non può essere invocato separatamente dalla restrizione delle libertà comunitarie)53; in altre occasioni, invece, si è sostenuta l’indipendenza dei due valori e dunque la possibile contestuale e distinta proponibilità della lesione al principio di non discriminazione insieme alla restrizione delle libertà comunitarie54.
In particolare la giurisprudenza comunitaria ha precisato la portata delle norme europee in ambito fiscale con riguardo:
- alla libera circolazione delle merci e agli scambi intracomunitari55;
- la libera circolazione dei servizi56;
- alla libera circolazione dei capitali57;
- alla libertà circolazione dei lavoratori58;
- alla libertà di stabilimento59.
Peraltro è da rilevare che una medesima norma nazionale può entrare in collisione con più libertà dell’ordinamento comunitario, in quanto contrastante con una pluralità di norme formulate nel Trattato60. Ed invero, è frequente constatare nella giurisprudenza comunitaria l’accertamento di una norma nazionale che viola al contempo la libera circolazione delle persone e dei servizi61. D’altro lato, sovente la Corte di Giustizia si è espressa nel senso che gli effetti restrittivi in tema di libera circolazione dei capitali rappresentano l’inevitabile conseguenza di un ostacolo alla libertà di stabilimento e dunque sono da ritenere ricompresi in tale giudizio62.
In ogni caso appare evidente che tale tendenza giurisprudenziale in ordine alla portata della restrizione delle libertà comunitarie produce pertanto un sensibile allargamento del giudizio di compatibilità comunitaria delle norme fiscali nazionali63.
Va comunque osservato che il ragionamento della Corte di Giustizia, rivolto alla verifica sia della discriminazione che della mera restrizione, presuppone un giudizio di comparabilità delle situazioni rispetto alle quali si afferma sussistere un effetto lesivo delle norme comunitarie. Ed invero, prima di stabilire la illegittimità di una norma nazionale per violazione del principio di non discriminazione fiscale o di restrizione di una libertà comunitaria occorre preventivamente accertare la similarità delle situazioni giuridiche prese in esame64. Così è stato espressamente affermato che, anche in materia tributaria, “una discriminazione può consistere solo nell’applicazione di norme diverse a situazioni analoghe ovvero nell’applicazione della stessa norma a situazioni diverse”65.
È da rilevare peraltro che nella giurisprudenza comunitaria non è agevole individuare uno schema di comparazione ricorrente e univoco, venendo piuttosto proposte formule di valutazione dei tratti rilevanti giuridicamente che cambiano in ragione del caso di specie66. Possono rinvenirsi a tal riguardo due metodologie di fondo di formulazione del giudizio sulla comparazione delle situazioni prese in esame ai fini del sindacato di non discriminazione o di mera restrizione: talora viene assunto come termine di confronto un aspetto singolo e specifico del rapporto giuridico (c.d. comparazione limitata)67 oppure la comparazione viene fondata in relazione all’intera posizione economica e giuridica del soggetto (c.d. comparazione complessiva) (orientamento che sembra prevalere nella giurisprudenza comunitaria)68.
7 Segue: la c.d. rule of reason ed il bilanciamento dell’interesse comunitario con gli interessi nazionali.
La tutela di principi comunitari espressi in norme del Trattato (quali sono per l’appunto il divieto di discriminazione e di restrizione delle libertà fondamentali) deve essere comunque bilanciata con la protezione di interessi nazionali primari69. La giurisprudenza comunitaria ha infatti individuato alcuni interessi pubblici dei singoli Stati membri che possono portare a derogare alle regole comunitarie in quanto siano considerate come cause di giustificazione obiettiva. È appena il caso di osservare che il riconoscimento degli interessi pubblici nazionali meritevoli di protezione e la verifica comparativa rispetto alle libertà comunitarie costituisce un evidente momento di “creazione” giuridica da parte della giurisprudenza della Corte di Giustizia70.
In particolare, la Corte di Giustizia ha identificato tre ordini di motivi imperativi di interesse generale del singolo Stato membro che risultano suscettibili di confrontarsi dialetticamente – e quindi eventualmente portare ad una deroga – con i principi fondamentali espressi dal Trattato in materia di fiscalità e precisamente:
- la coerenza del sistema fiscale interno71;
- l’esigenza di contenere le frodi e l’elusione fiscale72;
- l’effettività dei controlli e degli accertamenti tributari73.
Il primo motivo imperativo di interesse generale, ripetutamente riconosciuto quale causa di giustificazione idonea a legittimare una deroga rispetto alla tutela del principio di non discriminazione o di non restrizione, è individuato dalla giurisprudenza comunitaria nella coerenza del sistema fiscale. In particolare, si è affermato che la coerenza del regime fiscale, la cui configurazione spetta a ciascuno Stato membro, è un fattore decisivo per l’equilibrio della finanza pubblica nazionale, in quanto consente di assicurare il rispetto della struttura impositiva prescelta e, conseguentemente di evitare artificiose ed incontrollabili fuoriuscite di gettito fiscale. Essa, pertanto, costituisce indubbiamente un “motivo imperativo di interesse nazionale” meritevole di essere considerato come un valore dell’ordinamento comunitario idoneo ad essere ponderato in un giudizio di bilanciamento rispetto al principio di non discriminazione74. Inoltre, è stato precisato che la coerenza deve mostrare un carattere strutturale e sistematico, relativo cioè ad un intero complesso impositivo e non riguardare soltanto una singola e limitata fattispecie75. La “coerenza fiscale” è stata identificata come valore che opera su due diversi livelli di fonti normative, nazionali e internazionali: per un verso, la coerenza viene individuata come un’esigenza specifica del diritto interno, da valutare cioè esclusivamente rispetto agli scopi ed alle funzioni predefiniti dalla normativa nazionale76; per altro verso, è stato attribuito rilievo alla convenzione contro le doppie imposizioni tra gli Stati membri, nell’ambito della quale il criterio di giudizio è costituito dal rispetto della reciprocità delle norme applicabili agli Stati contraenti (e non dalla coerenza con gli obiettivi e gli scopi della legislazione nazionale)77.
Una declinazione del criterio della coerenza fiscale è stata individuata dalla Corte di Giustizia nella protezione del principio di territorialità funzionale a garantire la tassazione in uno Stato membro del reddito prodotto nel territorio dello Stato medesimo da un soggetto non più residente78. In specie si è affermato che “la tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri può rendere necessaria l’applicazione alle attività economiche delle società stabilite in uno dei detti Stati delle sole norme tributarie di quest’ultimo, sia per i profitti sia per le perdite”79. Nella sensibilità giurisprudenziale la finalità della norma nazionale che riporta la tassazione al paese nel quale è stabilita l’attività economica risponde ad “un obiettivo di interesse generale” e come tale può ammettere una deroga rispetto ai principi sanciti dal Trattato e ad altri valori comunitari80.
Un ulteriore profilo di emersione dell’interesse fiscale nazionale nella giurisprudenza comunitaria quale causa di giustificazione rispetto alla deroga delle norme di diritto comunitario riguarda l’apprezzamento del rischio di evasione (od elusione) fiscale internazionale. A tal riguardo, la Corte di Giustizia sembra non attribuire rilievo, almeno in linea di massima, al pericolo di evasione fiscale o comunque al rischio di perdite di gettito a causa di arbitraggi fiscali dei contribuenti quali possibili cause di giustificazione rispetto a violazioni delle libertà fondamentali e del principio di non discriminazione81. La causa di giustificazione è stata rinvenuta piuttosto nella necessità di prevenire l’elusione fiscale in quanto argomento che vale effettivamente a pregiudicare l’effettività dei sistemi fiscali degli Stati nazionali. In particolare, la maggior parte delle questioni giudiziarie riguarda ipotesi di attribuzione di perdite o comunque di benefici fiscali a favore della società controllante nell’ambito di un gruppo societario con sedi in vari Stati membri, al fine di consentire in sostanza lo spostamento degli utili tassabili dal luogo di produzione al luogo con minore tassazione82. La giurisprudenza comunitaria mostra di riconoscere in astratto l’esigenza di protezione del sistema di fiscalità nazionale rispetto a comportamenti elusivi o evasivi dei contribuenti, però al contempo identifica una serie di limiti e vincoli alla utilizzazione di tale principio come causa di giustificazione rispetto alle libertà fondamentali del diritto comunitario83. Evidentemente, la Corte di Giustizia avverte il rischio di un uso indiscriminato, o comunque largheggiante, di tale motivo di interesse nazionale come possibile chiavistello per aprire le maglie dell’ordinamento comunitario in favore di obiettivi protezionistici ed egoistici degli Stati membri, e dunque tratta con circospezione e cautela il richiamo alla tutela dal rischio di evasione o elusione fiscale.
Un ultimo motivo imperativo di interesse generale – concettualmente assai vicino al motivo sopra menzionato dell’apprezzamento del rischio di evasione (od elusione) fiscale internazionale – è stato individuato dalla giurisprudenza comunitaria nella garanzia di effettività dei controlli e degli accertamenti tributari. Innanzitutto, con riferimento alle imposte indirette, la Corte di Giustizia ha riconosciuto la rilevanza delle ragioni di “salvaguardia dell’efficacia dei controlli fiscali” come causa di giustificazione rispetto alla disciplina comunitaria84. Successivamente, tale convincimento è stato ribadito anche in materia di imposizione diretta, soprattutto laddove le regole di diritto nazionale erano dirette ad evitare una determinazione arbitraria della base imponibile in sede di dichiarazione e autoliquidazione del tributo85. La Corte di Giustizia ha riconosciuto la legittimità della disciplina nazionale che introduceva misure di controllo e di vigilanza e comunque adempimenti diretti a contenere possibili evasioni fiscali, purché fosse evitata la discriminazione tra residenti e non residenti ed in ogni caso venisse rispettato il principio di proporzionalità. Peraltro, proprio la valutazione del grado di proporzionalità ha condotto sovente i giudici comunitari a qualificare come illegittima la misura di diritto interno86. Inoltre, pur venendo riconosciuta la generale facoltà degli Stati di procedere alla regolazione degli obblighi strumentali secondo esigenze proprie dell’ordinamento nazionale, ed in specie in linea con gli obiettivi di semplicità, razionalità ed efficacia del prelievo fiscale, la Corte di Giustizia ha più volte affermato che le esigenze dello Stato-apparato non possono mai giustificare la deroga ai principi di fondo dell’ordinamento comunitario87.
Nella menzionata giurisprudenza viene definito un test di giudizio (c.d. rule of reason), volto a valutare l’idoneità degli interessi nazionali a legittimare una deroga rispetto ai principi di non discriminazione e di non restrizione delle libertà fondamentali del Trattato. In sostanza, sulla base di una valutazione obiettiva (e non anche delle mere finalità perseguite dal legislatore nazionale) il giudice comunitario compara i rischi ed i potenziali svantaggi subiti dall’ordinamento interno con i benefici ritraibili in termini di protezione delle libertà comunitarie secondo una valutazione di ragionevolezza88.
Tale giudizio di bilanciamento trova, peraltro, un argomento spesso decisivo nell’apprezzamento di possibili soluzioni alternative per la tutela degli interessi nazionali da perseguire con un minore sacrificio degli interessi e delle libertà comunitarie da effettuarsi secondo lo schema tipico del giudizio di proporzionalità89. D’altro lato, in alcune decisioni i giudici comunitari hanno riconosciuto che le misure fiscali adottate da uno Stato membro non costituiscono soluzioni eccessivamente invasive dei valori comunitari, in quanto appaiono adeguate e proporzionate rispetto alle finalità perseguite90.
Occorre rilevare peraltro che la Corte di Giustizia ha escluso l’ammissibilità di una compensazione tra gli svantaggi fiscali che gravano sul contribuente discriminato ed altri benefici o vantaggi tributari di cui il medesimo contribuente possa godere sotto altri profili, pur sempre nell’ambito dell’ordinamento fiscale nazionale91. Ed invero, in tal caso, verrebbe in gioco una sorta di compensazione economica che non può essere apprezzata come ragione di esclusione rispetto all’applicazione delle regole comunitarie, in quanto inidonea a fare emergere un “motivo imperativo di interesse nazionale”, la quale semmai potrebbe essere giudicata quale indice di differenza generale delle situazioni da considerare in sede di comparazione delle fattispecie.
8 Alcune osservazioni di sintesi sul ruolo della giurisprudenza comunitaria rispetto alla regolamentazione della fiscalità europea.
Alla luce della analisi sviluppata in precedenza possono trarsi alcune considerazioni di fondo sul ruolo esercitato dalla giurisprudenza della CGE nel sistema delle fonti comunitarie in materia di fiscalità (ed in specie di regolazione dei tributi)92.
In linea di massima, si può delineare una distinzione in due gruppi delle decisioni assunte dalla CGE: la giurisprudenza “creativa”, prevalentemente incentrata intorno alle imposte dirette; la giurisprudenza “riproduttiva”, fondamentalmente sviluppata con l’Iva e altri tributi indiretti.
La giurisprudenza “creativa” si caratterizza per l’apporto originale in sede di definizione di regole e principi rispetto all’ordinamento normativo stabilito nel Trattato e negli atti normativi derivati, sovente supplendo alla mancanza di norme di riferimento e comunque integrando la disciplina legislativa esistente.
La giurisprudenza “riproduttiva”, al contrario, assume una posizione decisamente subordinata rispetto al testo legislativo, limitandosi a fornire una ricostruzione interpretativa, perlopiù in chiave analitica, delle norme fissate dal Trattato, dai regolamenti e dalle direttive.
Occorre sottolineare come la partizione della giurisprudenza nei due gruppi indicati mostra un significativo parallelismo con lo sviluppo della legislazione comunitaria in materia fiscale: la giurisprudenza “riproduttiva” è infatti presente in settori nei quali può rintracciarsi una quantità consistente di norme legislative, primarie e derivate, che forniscono un quadro ordinamentale compiuto e, dunque, “decifrabile” in sede giurisdizionale93; al contrario, per le imposte dirette, la giurisprudenza “creativa” si connette ad un assetto regolamentare pressoché vuoto, a seguito della mancanza sostanziale di norme legislative94.
Peraltro, l’importanza del ruolo della CGE è fondamentalmente ricollegabile all’apporto fornito dalla giurisprudenza “creativa” ed in particolare alla elaborazione di principi generali della materia tributaria. È proprio in una serie di decisioni concernenti le imposte dirette che la Corte di Giustizia è riuscita, per un verso, ad enucleare regole e principi di portata generale diretti ad assicurare l’effettivo rispetto delle libertà fondamentali sancite dal Trattato e, per altro verso, a definire i limiti ed i vincoli connessi agli interessi particolari degli Stati che possono opporsi ad una incondizionata attuazione delle menzionate libertà. La Corte è andata, in tal modo, definendo la dialettica fondamentale del diritto tributario comunitario, individuando elementi positivi e negativi del percorso di sviluppo della “liberalizzazione tributaria” coerente con gli scopi della integrazione europea95.
È comunque da rilevare che la giurisprudenza comunitaria in genere, e dunque indipendentemente dall’appartenenza ad uno dei gruppi di decisioni suindicati, declina ed esplicita principi della fiscalità negativa96. Oggetto principale delle decisioni della CGE sono infatti applicazioni del principio di non discriminazione e di non restrizione delle dei singoli Stati può ostacolare il regime di concorrenza ed alterare, conseguentemente, il funzionamento del mercato comune. Soltanto in via del tutto marginale sono individuabili decisioni che attribuiscono rilievo al profilo dell’armonizzazione delle legislazioni dei paesi membri.
Sotto questo profilo è così ravvisabile una chiara propensione degli organi comunitari a ricostruire il fenomeno tributario in una dimensione essenzialmente “negativa”, come possibile distorsione rispetto ad un assetto concorrenziale del mercato comune e, pertanto, come ostacolo rispetto al processo di integrazione commerciale ed economica97. Ne consegue l’inevitabile tendenza a sviluppare regole e principi che limitano e negano, per l’appunto, il potere tributario dei singoli Stati piuttosto che a ricercare norme a contenuto positivo in ordine alle fattispecie tributarie98.
Sul tema vedi, solo per qualche riferimento bibliografico, ADINOLFI I principi generali nella giurisprudenza comunitaria e la loro influenza sugli ordinamenti degli stati membri, in Riv. It. Dir. Publ. Com. 1994, 521 ss.; TORIELLO I principi generali del diritto comunitario: il ruolo della comparazione, Milano 2000; STROZZI Diritto dell’Unione europea. Parte istituzionale, Torino 2001, 221 ss. Nella letteratura internazionale vedi TRIDIMAS The general principles of the EU law, New York, 2006.
Sulla centralità della giurisprudenza della Corte di Giustizia rispetto all’ordinamento comunitario, vedi MONACO Realtà e tendenze della giurisprudenza della Corte di giustizia delle comunità, in Riv. Dir. Eur., 1987, 175 ss.; DANIELE Corte di Giustizia delle Comunità europee, in Dig. IV Sez. Pubbl., Torino 1989, 229 ss.; TIZZANO Il ruolo della Corte di Giustizia nella prospettiva dell’Unione europea, in Riv. Dir. Int. 1994, 922 ss.; BIAVATI La funzione unificatrice della Corte di giustizia, in Riv. Trim. Dir. Proc. Civ. 1995, 273 ss.↩︎
Sulla primazia del diritto europeo esiste una letteratura, italiana ed europea, pressoché sterminata. Solo per qualche riferimento bibliografico vedi LA PERGOLA Il giudice costituzionale italiano di fronte al primato e all’effetto diretto del diritto comunitario: nota su un incontro di studio, in Giur. Cost. 2003, 2419 ss.; CELOTTO – GROPPI Diritto UE e diritto nazionale: primautè vs controlimiti, in Riv. Ital. Dir. Pubbl. Com. 2004, 1309 ss.; ADAM – TIZZANO Lineamenti di diritto dell’Unione Europea, Torino 2011, 207 ss.; CARCHIDI Principi regolatori della competenza tra l’Unione Europea e i suoi Stati membri, in Riv. Coop. Giur. Int. 2011, n. 39, 100 ss.; ORLANDI L’evoluzione del primato del diritto dell’Unione europea, Torino 2012.↩︎
Cfr. CAPOTORTI Processo comunitario, in Enc. Dir., XXXVI, Milano 1987, 847 ss.; BRIGUGLIO Pregiudizialità comunitaria, in Enc. Giur. Treccani, XXIII, Roma 1997; CONDINANZI – MASTROIANNI Il contenzioso dell’Unione Europea, Torino 2009; GIACALONE Il ruolo dei giudici nazionali nella tutela dei diritti garantiti dall’ordinamento dell’Unione Europea, in Dir. Proc Trib., 2017, 85 ss.↩︎
Cfr. BORIA Diritto tributario europeo, Milano 2017, 125.↩︎
Sulla struttura del giudizio comunitario e sulle tecniche decisorie adottate dalla Corte di Giustizia, con una attenzione peculiare rivolta alla materia tributaria, vedi MELIS Motivazione e argomentazione nelle sentenze interpretative della Corte di Giustizia in materia tributaria: alcuni spunti di riflessione, in Rass. Trib., fasc. 2, 2005, 401 ss.↩︎
Cfr. GIACALONE Il ruolo dei giudici nazionali nella tutela dei diritti garantiti dall’ordinamento dell’Unione Europea, cit., 116.↩︎
Cfr. TESAURO G. Diritto comunitario, Padova, 2001, 277 ss.↩︎
Cfr. MORBIDELLI La tutela giurisdizionale dei diritti nell’ordinamento comunitario, Milano 2001; BIAVATI Diritto processuale dell’Unione Europea, Milano 2005, 33; CONDINANZI – MASTROIANNI Il contenzioso dell’Unione Europea, cit., 16.↩︎
Su questi temi vedi LUCIANI Interpretazione conforme a costituzione, in Enc. Dir. Annali IX, Milano 2016, 453 ss.↩︎
Si tratta di un passaggio del tutto noto nella teoria delle fonti europee. Sul punto vedi Corte Cost. sentenza del 23.4.1985 n. 113; sentenza del 11.7.1989, n. 389. Solo per qualche riferimento bibliografico vedi LOTITO Corte costituzionale e direttive self executing, in Quad. Cost. 1991, 613 ss.; GIACALONE Il ruolo dei giudici nazionali nella tutela dei diritti garantiti dall’ordinamento dell’Unione Europea, cit., 94 ss.↩︎
Vedi TESAURO G. Diritto comunitario, cit., 283 ss.;↩︎
Cfr. DANIELE Costituzione italiana ed efficacia nel tempo delle sentenze di Corte di Giustizia comunitaria, in Foro It. 1990, I, 1855 ss.↩︎
Con particolare riguardo alla materia tributaria vedi BIZIOLI La tutela del legittimo affidamento generato dal legislatore nazionale: i limiti alla retroattività delle norme tributarie al vaglio della Corte di Giustizia CE, in Dir. Prat. Trib. Int. 2003, 309 ss.; FRANSONI Riflessioni (critiche) sulla limitazione degli effetti nel tempo delle sentenze interpretative della Corte di Giustizia, in Riv. Dir. Trib. 2006, I, 375 ss.; KOKOTT – MALFERRARI La giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee in materia fiscale: la limitazione degli effetti nel tempo delle sentenze, in Giur. It. 2006, 1787 ss.;↩︎
Su questo tema vedi PISTONE I limiti esterni alla sovranità tributaria statale nell’era del diritto globale, in AA. VV. Per un nuovo ordinamento tributario, a cura di C. Glendi – G. Corasaniti – C. Corrado Oliva, I, Padova, 2019, 655 ss. ed in particolare 660.↩︎
In ordine al ruolo ed alla funzione della Corte di Giustizia nel sistema delle fonti comunitarie esiste un’ampia letteratura. In via meramente indicativa, con particolare riferimento alla funzione “creativa” della CGE si indica CAPOTORTI Corte di giustizia della Comunità europea, in Enc. Giur. Treccani, IX, Roma 1988; POCAR Diritto dell’unione e delle comunità europee, Milano 1997, 167 s; MENGOZZI Il diritto comunitario e dell’Unione europea, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da F. Galgano, Padova 1997, XV, 143; BALLARINO Lineamenti di diritto comunitario e dell’Unione europea, Padova 1997, 96 ss.; LUPOI Riflessioni comparatistiche sulla funzione creativa della giurisprudenza, in Studi in onore di V. Uckmar, II, Padova, 1997, 811 ss.↩︎
Cfr., con particolare riguardo alla materia tributaria, MELIS Coordinamento fiscale nell’Unione europea, in Enc. Dir. Annali I, Milano 2008, 407.↩︎
Cfr. PISTONE Diritto tributario europeo, Torino 2018, 43 s.↩︎
Sulla funzione della Corte di Giustizia nel processo di formazione del sistema fiscale nazionale secondo i principi europei vedi BIZIOLI Potestà tributaria statuale, competenza tributaria della comunità europea e competenza tributaria della Corte di Giustizia, in Riv. Dir. Trib. 2000, III, 192 ss; FANTOZZI Problemi di adeguamento dell’ordinamento fiscale nazionale alle sentenze della Corte di Giustizia e alle decisioni della Commissione CE, in Rass. Trib. 2003, 2262 ss.; SACCHETTO Il coordinamento fiscale attuato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, in Atti del convegno tenutosi a Ravenna il 13-14 ottobre 2006, dal titolo Sovranità fiscale degli Stati tra integrazione e decentramento, in Giur. Imp. 2006, 417 ss.; VANISTENDAEL Le nuove fonti del diritto ed il ruolo dei principi comuni nel diritto tributario, in AA. VV. Per una costituzione fiscale europea, a cura di A. Di Pietro, Padova 2008, 31 ss.; PICCIAREDDA La pregiudiziale comunitaria nel processo tributario: alcuni spunti di riflessione, in Riv. Giur. Sarda fasc. 2, 2008, 231 ss.; DEL FEDERICO Tutela del contribuente ed integrazione comunitaria, Milano, 2010, 133 ss.; DORIGO Il ruolo del diritto dell’Unione europea, in AA. VV. Diritto tributario internazionale, a cura di R. Cordeiro Guerra, Padova 2012, 171 ss.; AA. VV. I tributi nella giurisprudenza delle Corti, a cura di M. Ingrosso – S. Fiorentino, Napoli 2015; MELIS L’interpretazione del diritto tributario europeo e internazionale, in AA. VV. Principi di diritto tributario europeo internazionale, a cura di C. Sacchetto, Torino 2016, 23 ss.↩︎
Per una ricostruzione di ordine generale della giurisprudenza comunitaria rispetto al problema dell’interpretazione del diritto comunitario nella prospettiva fiscale, vedi MELIS – MICELI Le sentenze interpretative della Corte di giustizia delle comunità europee nel diritto tributario: spunti dalla giurisprudenza relativa alle direttive sull’imposta sui conferimenti e sull’Iva, in Riv. Dir. Trib. 2003, I, 111 ss; CARPENTIERI Il ruolo della Corte di Giustizia nell’interpretazione e nell’applicazione del diritto comunitario, in CARPENTIERI – LUPI – STEVANATO Il diritto tributario nei rapporti internazionali, Milano 2003, 52 ss.; MELIS Motivazione e argomentazione nelle sentenze interpretative della Corte di Giustizia in materia tributaria: alcuni spunti di riflessione, in Rass. Trib. 2005, 401 ss.; ADONNINO Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia della Comunità europea, in Rass. Trib. fasc. 5, 2005, 1462 ss.; FRANSONI Riflessioni (critiche) sulla limitazione degli effetti nel tempo delle sentenze interpretative della Corte di Giustizia, in Riv. Dir. Trib. 2006, I, 375 ss.; DEL FEDERICO Giurisdizione comunitaria e giustizia tributaria: azioni, tecniche di tutela e cooperazione tra giudici, in AA. VV. Sistema di garanzie e ordinamento tributario, a cura di F. Amatucci e F. M. D’Ippolito, Napoli 2008, 35 ss.; BASILAVECCHIA L’influenza delle interpretazioni della Corte di Giustizia, in GT - Riv. Giur. Trib., 2008, 15 ss; ATTARDI Il ruolo della Corte europea nel processo tributario, Milano 2008, 37 ss.; NUCERA Sentenze pregiudiziali della Corte di Giustizia e ordinamento tributario interno, Padova 2010; ID. Le sentenze interpretative della Corte di Giustizia ed il loro impatto sul diritto tributario, in Rass. Trib. fasc. 4, 2006, 1136 ss.; MASTROIANNI La corte di giustizia e il controllo di costituzionalità: “simmenthal revisited”?, in Giur. Cost., 2014, 4089 ss.↩︎
Sul punto cfr. BORIA Diritto tributario europeo, cit., 97 ss.↩︎
Cfr. BORIA Diritto tributario europeo, cit., 128.↩︎
Si intende fare riferimento ai principi ordinamentali (sussidiarietà, effettività, proporzionalità, leale collaborazione tra Stati) o ai principi generali (certezza giuridica, tutela del legittimo affidamento e della buona fede, giusto procedimento e giusto processo) emergenti dall’ordinamento europeo che vengono enucleati e definiti tipicamente dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia.↩︎
Sulla portata della giurisprudenza della Corte di Giustizia per la formazione di principi ordinamentali e principi generali con particolare riguardo al diritto tributario vedi DEL FEDERICO Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea, Pescara 2003, 17 ss.; LA SCALA I principi fondamentali in materia tributaria in seno alla Costituzione dell’Unione europea, Milano 2005, 69 ss.; VANISTENDAEL Le nuove fonti del diritto ed il ruolo dei principi comuni nel diritto tributario, in AA. VV. Per una costituzione fiscale europea, a cura di A. Di Pietro, Padova 2008, 91 ss.; AA. VV. I principi europei nel diritto tributario, a cura di A. Di Pietro, Padova 2013; MELIS Coordinamento fiscale nell’Unione europea, cit., 406 s.; BORIA Diritto tributario europeo, cit., 287 ss.↩︎
Cfr. PISTONE Diritto tributario europeo, cit., 46.↩︎
Per alcune considerazioni di ordine generale sull’apporto delle conclusioni formulate dalla figura dell’avvocato generale si possono vedere MONACO Comunità europee: Corte di giustizia, Chieti 1971, 153 ss.; BIAVATI Accertamento dei fatti e tecniche probatorie nel processo comunitario, Milano 1992, 99 ss.; BIAVATI – CARPI Diritto processuale comunitario, Milano 1994, 97 ss.↩︎
In particolare per una accurata analisi del collegamento che intercorre tra le conclusioni degli avvocati generali e le sentenze della CGE in materia fiscale, ed in specie per l’imposta sul valore aggiunto, si veda COMELLI Iva comunitaria e Iva nazionale, Padova 2000, 287 ss.↩︎
Cfr. BORIA Diritto tributario europeo, cit., 129.↩︎
Sul tema, decisamente noto nella letteratura scientifica, vedi COMELLI Iva comunitaria e Iva nazionale, cit., 4 ss.; MELIS – MICELI Le sentenze interpretative della Corte di giustizia delle comunità europee nel diritto tributario: spunti dalla giurisprudenza relativa alle direttive sull’imposta sui conferimenti e sull’Iva, cit., 155 ss.; PERRONE L. L’armonizzazione dell’Iva: il ruolo della Corte di Giustizia, gli effetti verticali e l’affidamento del contribuente, in Rass. Trib. 2006, 423 ss.↩︎
Cfr. MELIS – MICELI Le sentenze interpretative della Corte di giustizia delle comunità europee nel diritto tributario: spunti dalla giurisprudenza relativa alle direttive sull’imposta sui conferimenti e sull’Iva, cit., 157.↩︎
Per un esame del ruolo della giurisprudenza della Corte di Giustizia con riguardo alla disciplina dell’Iva vedi COMELLI Iva comunitaria e Iva nazionale, Padova 2000; PERRONE L. L’armonizzazione dell’Iva: il ruolo della Corte di Giustizia, gli effetti verticali delle direttive e l’affidamento del contribuente, cit., 423 ss.; TRAVERSA ENRICO – TRAVERSA EDOARDO Limiti ai procedimenti di elaborazione legislativa derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea, in AA. VV. Per un nuovo ordinamento tributario, a cura di C. Glendi – G. Corasaniti – C. Corrado Oliva, I, Padova 2019, 750 ss. Vedi altresì CAPELLO La giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di IVA (2015-2019). Parte prima), in Dir. Prat. Trib., 2020, 1238 ss.; ID. La giurisprudenza della Corte di giustizia in materia di IVA (2015-2019). Parte seconda, in Dir. Prat. Trib., 2021, 1451 ss.↩︎
CGE sentenza del 5.5.1982, causa C-15/81, Schul; sentenza del 25.2.1988, causa C-299/86, Drexl; CGE sentenza del 24.11.2016, causa C-464/14, SECIL – Companhia Geral de Cal e Cimento SA c. Fazenda Pública.↩︎
CGE sentenza del 6.7.1995, causa C-62/96, BP Soupergaz c. Grecia; sentenza del 2.12.1997, causa C-188/95, Fantask.↩︎
CGE sentenza 21.2.2006, causa C-255/02, Halifax; sentenza del 09.07. 2015, causa C-144/14, Cabinet Medical Veterinar Dr. Tomoiaga Andrei.↩︎
Cfr. DANIELE Diritto del mercato unico europeo, Milano 2012, 46 ss.; TRAVERSA ENRICO – TRAVERSA EDOARDO Limiti ai procedimenti di elaborazione legislativa derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea, cit., 757 ss.↩︎
CGE sentenza del 4.4.1968, causa C-27/67; sentenza del 22.3.1977 causa C-78/76 Steinike; sentenza del 17.12.2015, causa C-402/14, Viamar - Elliniki Aftokiniton kai Genikon Epicheiriseon AE c. Elliniko Dimosio.↩︎
CGE sentenza del 22.3.1977 causa C-78/76 Steinike; sentenza del 16.7.1992, causa C-163/90 Legros; sentenza del 21.9.2000, cause riunite C-441/98 e C-442/98 Michailides; sentenza del 9.9.2004, causa C-72/03 Carbonati.↩︎
CGE sentenza del 25.1.1977, causa C-46/76 Bauhuis; sentenza del 12.1.1983, causa C-39/82, Donner.↩︎
CGE sentenza del 21.3.1991, causa C-209/89 Commissione vs Italia.↩︎
CGE sentenza del 25.1.1977, causa C-46/76 Bauhuis; sentenza del 31.1.1984, causa C-1/83 IFG; sentenza del 15.12.1993, causa C-277/91 Ligur Carni.↩︎
Cfr. DANIELE Diritto del mercato unico europeo, cit., 51 ss.↩︎
CGE sentenza del 1.3.1966, causa C-48/65, Luttick; sentenza del 17.7.1997, causa C-90/94, Haar Petroleum; sentenza del 17.9.1997, causa C-130/96 Fazenda publica.↩︎
CGE sentenza del 11.3.1992, cause riunite da C-78/90 a C-83/90, Compagnie commerciale de l’Ouest; sentenza del 27.10.1993, causa C-72/92, Schartbtke; sentenza del 17.9.1997, causa C-130/96 Fazenda publica; Tribunale I grado UE, sentenza 13.09.2016, causa T-384/15, EDF Luminus c. Parlamento europeo.↩︎
Sul tema vedi FRANSONI Profili fiscali della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato, Pisa 2007; DEL FEDERICO Tutela del contribuente ed integrazione europea, cit., 163 ss.; FONTANA Gli aiuti di Stato in materia fiscale, Torino 2012; MICELI La metamorfosi del divieto di aiuti di Stato nella materia tributaria, in Riv. Dir. Trib. 2015, I, 31 ss.; QUATTROCCHI Gli aiuti di Stato nel diritto tributario, Milano 2020, 393 ss.↩︎
CGE sentenza del 24.2.1987, causa C-310/85, Deufil; sentenza 15.03.2017, causa C-415/15, Stichting Woonpunt, Woningstichting Haag Wonen, Stichting Woonbedrijf SWS.Hhvl, c. Commissione europea, Regno del Belgio↩︎
CGE sentenza del 14.10.1987, causa C-284/84 Germania vs Commissione; sentenza del 19-09.2000, causa C-156/98 Germania vs Commissione; sentenza del 06.09.2000, causa C-88/03 Portogallo vs Commissione; sentenza del 11.09.2008, cause C-428/06 e C-434/06 UGT Rioja; sentenza del 15.11.2011, cause C-106/09 e C-107/09 Gibilterra.↩︎
Per una analisi della giurisprudenza comunitaria in tema di imposte dirette vedi TESAURO Il ruolo della Corte di giustizia nel coordinamento della tassazione delle società, in Tributimpresa 2004, 3 ss.; SACCHETTO Le libertà fondamentali ed i sistemi fiscali nazionali attraverso la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE in materia di imposte dirette, in AA. VV. La normativa tributaria nella giurisprudenza delle Corti e nella nuova legislatura, a cura di V. Uckmar, Padova 2007, 45 ss.; TRAVERSA ENRICO – TRAVERSA EDOARDO Limiti ai procedimenti di elaborazione legislativa derivanti dall’ordinamento dell’Unione Europea, cit., 761 ss.↩︎
CGE sentenza del 28.1.1986, causa C-270/83 Avoir Fiscal; sentenza del 7.09.2004, causa C-319/02 Manninen; sentenza del 10.09.2015, causa C-151/14, Commissione europea, c. Repubblica di Lettonia, Repubblica ceca, Ungheria.↩︎
CGE sentenza del 8.5.1990, causa C-175/88 Biehl; sentenza del 13.7.1993, causa C-330/91 Commerzbank; sentenza del 26.11.1993, causa C-112/91 Werner; sentenza del 27.6.1996, causa C-107/94 Asscher; sentenza del 14.03.2017, causa C-157/15, Sa. Ac., Centrum voor gelijkheid van kansen en voor racismebestrijding c. G4S Secure Solutions NV.↩︎
Anche se in riferimento alla discriminazione nelle imposte indirette vedi CGE sentenza del 25.4.1985, causa C-207/83 Commissione c. Regno Unito; sentenza del 18.2.1986, causa C-35/84 Commissione c. Italia.↩︎
Vedi TIZZANO Sul divieto di discriminazioni fiscali nella CEE, Foro It. 1974, IV, 318 ss.; SACCHETTO I divieti di discriminazione contenuti nell’art. 95 CEE. L’evoluzione dell’interpretazione della Corte di Giustizia CEE e l’applicazione nell’ordinamento italiano, in Dir. Prat. Trib. 1984, I, 499 ss.; ADONNINO Il principio di non discriminazione nei rapporti tributari tra paesi membri secondo le norme della Cee e la giurisprudenza della Corte di giustizia, in Riv. Dir. Fin. 1993, I, 63 ss.; AMATUCCI F. Il principio di non discriminazione fiscale, Padova 1998; BORIA Il principio di non discriminazione tributaria e di rapporti con l’interesse fiscale nella disciplina comunitaria dell’imposizione diretta, in Riv. Ital Dir. Pubbl. Com. 2005, 476 ss.; FANTOZZI Dalla non discriminazione all’eguaglianza in materia tributaria, in AA. VV. Per una costituzione fiscale europea, a cura di A. Di Pietro, Padova 2008, 193 ss.; GALLO Ordinamento comunitario e principi costituzionali tributari, ibidem, 408 ss.; BIZIOLI Il processo di integrazione dei principi tributari nel rapporto fra ordinamento costituzionale, comunitario e diritto internazionale, Padova 2008, vol. 20, collana Problemi attuali di diritto tributario, 111 ss.↩︎
Inaugurata con riguardo alla libertà di stabilimento con la sentenza del 21.9.1999, causa C-307/97 Saint Gobain; e poi ripresa con la sentenza del 8.3.2001, cause riunite C-397/98 e C- 410/98 Metallgesellschaft; vedi altresì la sentenza del 10.12.1998, cause riunite C-127/96, C-229/96 e C-74/97 Hoechtst.↩︎
CGE, sentenza del 19.1.2009, causa C-540/07, Commissione vs Italia; sentenza del 17.09.2015, causa C-10/14, Miljoen.↩︎
CGE sentenza del 28.1.1986, causa C-270/83 Avoir Fiscal.↩︎
CGE sentenza del 16.7.1998, causa C-264-96, Imperial Chemical Industries – ICI.↩︎
CGE sentenza del 28.1.1974, causa C-8/74 Dassonville; sentenza del 16.2.1977, causa C-20/76 Schottle; sentenza del 3.7.1985, causa C-277/83 Commissione c. Italia, Marsala.↩︎
CGE sentenza del 14.11.1995, causa C-484/93 Svensson – Gustavsson; sentenza del 28.4.1998, causa C-118/96, Safir; sentenza 30.1.2007, causa C-150/04, Commissione vs Danimarca; sentenza del 22.11.2018, causa C-575/17 Sofina.↩︎
CGE sentenza del 11.11.1981, causa C- 203/80, Casati; sentenza del 13.4.2000, causa C-251/98, Baars; sentenza del 15.7.2004, causa C-315/2002, Lenz; sentenza del 19.1.2006, causa C-265-04, Bouanich; sentenza del 3.10.2006, causa C-452/04 Fidium Finanz; sentenza del 13.3.2007, causa C-524/04 Test claimants in the thin cap group litigation; sentenza del 3.10.2013, causa C-282/12, Itelcar.↩︎
CGE sentenza del 12.12.2002, causa C-385/2000, De Groot; sentenza del 21.2.2006, causa C-152/03, Ritter; sentenza del 18.7.2007, causa C-182/06, Lakebrink.↩︎
La prima decisione della Corte di Giustizia in tal senso risale alla sentenza del 27.9.1998, C-81/87, Daily mail; successivamente vedi anche la sentenza del 16.7.1998, causa C-264/96, Imperial Chemical Industries – ICI; sentenza del 29.04.1999, causa C-311/97 Royal Bank of Scotland; sentenza del 13.4.2000, causa C-251/98, Baars; sentenza del 11.3.2004, causa C-9/2002, De Lasteyrie du Saillant; sentenza del 13.12.2005, causa C-446/03, Marks & Spencer; sentenza 23.4.2008, causa C-201/05, Test claimants in the CFC.↩︎
CGE, sentenza del 21.12.2016, causa C-503/14, Commissione c. Portogallo, ove quest’ultimo è stato condannato per la violazione degli artt. 21, 45 e 49 del TFUE, nonché degli artt. 28 e 31 dell’accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992.↩︎
CGE sentenza del 3.10.2002, causa C-136/00, Danner; sentenza del 30.1.2007, causa C-150/04, Commissione vs Danimarca; sentenza del 12.12.2006, causa C-374/04, Test claimants in Class IV of the Act Group Litigation; sentenza del 24.5.2007, causa C-157/05, Holbock; nonché sentenza del 22.11.2018, causa C-575/17 Sofina (con riferimento alla libera circolazione dei capitali e dei servizi).↩︎
CGE sentenza del 12.9.2006, causa C-196/04, Cadbury Schweppes; sentenza del 3.10.2006, causa C-452/04, Fidium Finanz; sentenza del 15.5.2008, causa C-414/06, Lidl.↩︎
Cfr. NUZZO Libertà di stabilimento e perdite fiscali: il caso Imperial Chemical Industries, in Rass. Trib. fasc. 6, 1999, 1828; BIZIOLI Il rapporto tra libertà di stabilimento e principio di non discriminazione in materia fiscale: una applicazione nel recente caso Imperial Chemical Industries, in Dir. Prat. Trib. 1999, II, 313 ss.; MELIS Libertà di circolazione dei lavoratori, libertà di stabilimento e principio di non discriminazione nell’imposizione diretta: note sistematiche sulla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità Europee, in Rass. Trib. 2000, 1165 ss.; MONACO I principi di non discriminazione, non restrizione e ragionevolezza nel diritto comunitario e nel diritto del commercio internazionale: struttura, contenuto e incidenza sui sistemi fiscali nazionali, in Riv. Dir. Fin. 2006, I, 449 ss.; PIANTAVIGNA Profili fiscali della libera circolazione dei capitali, in Riv. Dir. Fin. fasc. 2 e 3, 2010, 386 ss.; BIZIOLI The Miljoen et al. Decision: A Lesson on Comparability, in Riv. dir. fin. sc. fin., 2016, 36 ss.; BORIA Diritto tributario europeo, cit., 152 ss.↩︎
CGE sentenza del 14.2.1995, causa C-279/93 Schumacker; sentenza 09.02.2017, causa C-283/15, Staatssecretaris van Financiën; sentenza 09.09.2015, causa C-160/14, João Filipe Ferreira da Silva e Brito e altri c. Estado português↩︎
CGE sentenza del 14.2.1995, causa C-279/93 Schumacker.↩︎
Cfr. BORIA Diritto tributario europeo, cit., 179 ss.↩︎
CGE sentenza del 28.1.1986, causa C-270/83 Avoir Fiscal; sentenza del 13.7.1993, causa C-330/91 Commerzbank.↩︎
CGE sentenza del 14.2.1995, causa C-279/93 Schumacker; sentenza del 11.8.1995, causa C-80/94 Wielocks; sentenza del 27.6.1996, causa C-107/94 Asscher; sentenza del 15.5.1997, causa C-250/95 Futura; sentenza del 5.7.2005, causa C-376/03, D; sentenza del 6.12.2007, causa C-298/05, Columbus container services; sentenza del 8.11.2007 causa C-379/05, Amurta; sentenza del 29.11.2011, causa C-371/10, National Grid Indus.↩︎
In generale sull’adozione di tecniche di bilanciamento delle norme europee con i principi degli ordinamenti nazionali nella giurisprudenza della CGE cfr. ORLANDI L’evoluzione del primato del diritto dell’Unione europea, cit., 83 ss.↩︎
Cfr. BORIA Il principio di non discriminazione tributaria e di rapporti con l’interesse fiscale nella disciplina comunitaria dell’imposizione diretta, in Riv. Ital Dir. Pubbl. Com., fasc. 2, 2005, 476 ss.; MELIS Perdite intracomunitarie: imposizione e territorialità, in Rass. Trib. 2008, 1491 ss.; ID. Trasferimento della residenza fiscale ed imposizione sui redditi, Milano 2009, 610 ss.; DORIGO Residenza fiscale delle società e libertà di stabilimento nell’Unione europea, Padova 2012, 152; BIZIOLI Il principio di non discriminazione, in AA. VV. I principi europei del diritto tributario, a cura di A. Di Pietro, Padova 2013, 220 ss.↩︎
CGE sentenza del 28.1.1992, causa C-204/90, Bachmann; sentenza del 28.1.1992, causa C-300/90, Commissione v. Belgio.↩︎
CGE sentenza del 16.7.1998, causa C-264/96, Imperial Chemical Industries; sentenza del 21.9.1999, causa C-307/97 Saint Gobain; sentenza del 6.6.2000, causa C-35/98 Verkooijen; sentenza del 8.3.2001, cause riunite C-397/98 e C-410/98, Metallgesellshaft; sentenza 12.9.2006, causa C-196/2004 Cadbury Schweppes.↩︎
Vedi in specie CGE sentenza del 20.2.1979, causa C-120/78 Cassis de Dijon.↩︎
CGE sentenza del 28.1.1992, causa C-204/90, Bachmann; sentenza del 28.1.1992, causa C-300/90, Commissione v. Belgio.↩︎
CGE sentenza del 11.8.1995, causa C-80/94, Wielocks; sentenza del 14.2.1995, causa C-279/93 Schumacker; sentenza del 14.11.1995, causa C-484/93 Svensson; sentenza del 16.7.1998, causa C-264/96, Imperial Chemical Industries – ICI; sentenza del 28.10.1999, causa C-55/98 Vestergaard; sentenza del 13.4.2000, causa C-251/98 Baars; sentenza del 6.6.2000, causa C-35/98, Verkooijen; sentenza del 3.10.2002, causa C-136/00, Danner; sentenza del 23.10.2008, causa C-157/07, Krankenheim Ruhesits.↩︎
Cfr. sentenza del 28.1.1992, causa C-204/90, Bachmann.↩︎
CGE sentenza del 11.8.1995, causa C-80/94, Wielocks; sentenza del 17.9.2015, cause C-10/14, C-14/14 e C-17/14, Miljoen.↩︎
CGE sentenza del 7.9.2006, causa C-470/2004 N Van Dijk; sentenza del 29.11.2011, causa C-371/10, National Grid Indus.↩︎
CGE sentenza del 13.12.2005, causa C-446/2003 Marks & Spencer; sentenza del 18.7.2007, causa C- 231/2005 OY AA; sentenza del 15.5.2008, causa C-414/2006 Lidl.↩︎
CGE sentenza del 25.2.2010, causa C-337/08, X Holding; sentenza del 29.11.2011, causa C-371/10, National Grid Indus.↩︎
CGE sentenza del 16.7.1998, causa C-264/96, Imperial Chemical Industries; sentenza del 21.9.1999, causa C-307/97 Saint Gobain; sentenza del 6.6.2000, causa C-35/98 Verkooijen; sentenza del 8.3.2001, cause riunite C-397/98 e C-410/98, Metallgesellshaft; sentenza 12.9.2006, causa C-196/2004 Cadbury Schweppes.↩︎
CGE sentenza del 13.12.2005, causa C-446/2003 Marks & Spencer; sentenza del 18.7.2007, causa C- 231/2005 OY AA.↩︎
CGE sentenza del 17.7.1997, causa C-28/95 Leur-Bloem; sentenza del 15.5.1997, causa C-250/95 Futura Participation SA; sentenza del 16.7.1998, causa C-264/96, Imperial Chemical Industries – ICI; sentenza del 9.3.1999, causa C-212/97 Centros; sentenza del 30.9.2003, causa C- 167/2001 Inspire Art; sentenza 12.9.2006, causa C-196/2004 Cadbury Schweppes; sentenza del 29.3.2012, causa C-196/04, 3M Italia.↩︎
CGE sentenza del 20.2.1979, causa C-120/78 Cassis de Dijon.↩︎
CGE sentenza del 28.1.1992, causa C-204/90, Bachmann; sentenza del 15.5.1997, causa C-250/95 Futura Participation SA; sentenza del 8.7.1999, causa C-254/97 Baxter; sentenza del 28.10.1999, causa C-55/98 Vestergaard; sentenza del 11.10.2007, causa C-451/05, Europeenne et Luxembourgeoise d’investissements.↩︎
CGE sentenza del 15.5.1997, causa C-250/95 Futura Participation SA; sentenza del 8.7.1999, causa C-254/97 Baxter; sentenza del 28.10.1999, causa C-55/98 Vestergaard.↩︎
Vedi sentenza del 26.1.1999, causa C-18/95 Terhoeve e sentenza del 16.5.2000, causa C-87/99 Zurstrassen.↩︎
Vedi BORIA Diritto tributario europeo, cit., 208 ss.↩︎
CGE sentenza del 13.12.2005, causa C-446/2003 Marks & Spencer; sentenza del 7.9.2006, causa C-470/2004 N Van Dijk, sentenza del 15.5.2008, causa C-414/2006 Lidl.↩︎
CGE sentenza del 18.7.2007, causa C- 231/2005 OY AA; sentenza del 12.7.2005, causa C-403/2003, Egon Schempp; sentenza del 28.2.2008, causa C-293/2006 Deutsche Shell.↩︎
CGE sentenza del 13.7.1993, causa C- 330/91 Commerzbank; sentenza del 27.6.1996, causa C-107/94, Asscher; sentenza del 21.9.1999, causa C-307/97, Saint Gobain.↩︎
Cfr. BORIA Diritto tributario europeo, cit., 136 ss.↩︎
Cfr. SACCHETTO Armonizzazione fiscale nelle Comunità europea, in Enc. Giur. Treccani, Roma 1994.↩︎
Cfr. GALLO F. Il ruolo dell’imposizione dal Trattato dell’Unione alla Costituzione europea, in Rass. Trib. 2003, 1473 ss.↩︎
Cfr. FREGNI Problemi e prospettive dell’Unione fiscale europea, in Rass. Trib. fasc. 5, 2013, 1061 ss.↩︎
Cfr. BORIA Diritto tributario europeo, cit.,481 ss.↩︎
Cfr. BORIA L’Anti-sovrano, Torino 2004, 86 ss.↩︎
Per una analisi in tal senso richiamo BORIA Il potere tributario, Bologna 2021, 455 ss. Su questi temi vedi, di recente, AA. VV. Di alcune grandi categorie del diritto costituzionale. Sovranità. Rappresentanza. Territori, Atti del XXXI convegno annuale, Napoli 2017; LUCIANI Dal chaos all’ordine e ritorno, in Riv. Fil. Dir. fasc. 2, 2019, 349 ss.; CANNIZZARO La sovranità oltre lo Stato, Bologna 2020. In specie sul tema della sovranità fiscale vedi PERRONE A. Tax competition e giustizia sociale nell’Unione Europea, Milano 2019; PISTONE I limiti esterni alla sovranità tributaria statale nell’era del diritto globale, cit., 683 ss.; PEPE Dal diritto tributario alla diplomazia fiscale, Milano 2020.↩︎