1 Premessa.
È noto come la funzione fiscale nazionale sia ormai da tempo intimamente legata all’esperienza giuridica europea.
Quest’ultimo percorso, infatti, ha definito una significativa e graduale mutazione genetica di alcuni caratteri del diritto tributario nazionale verso modelli giuridici condivisi da tutti gli Stati e strumentali agli obiettivi dell’Unione1.
Nel corso dell’integrazione giuridica, all’interno della materia tributaria, si sono registrate diverse fasi importanti legate a fondamentali politiche di sviluppo europeo, quali: l’unificazione doganale, l’armonizzazione dell’imposizione indiretta, il ravvicinamento dell’imposizione diretta.
Si ritiene che nell’ultimo ventennio si sia consolidata un’innovativa linea di integrazione finalizzata alla crescita economica ed espressiva dei principi della concorrenza.
Tale linea di sviluppo si serve della disciplina degli aiuti di Stato ed attua i valori dell’economia sociale di mercato.
In tal senso, la suddetta disciplina ha assunto il ruolo di perno dell’integrazione giuridica, assolvendo alla funzione di paradigma generale della compatibilità europea dei diversi interventi dello Stato membro in materia fiscale.
Si è così delineata una nuova fase storica nella quale gli aiuti di Stato sono destinati a definire le prospettive dell’integrazione, incidendo in modo rilevante sugli equilibri della materia tributaria.
Scopo del presente contributo è quello di porre in luce le fondamenta di tale politica e gli effetti che ha prodotto nella nostra materia.
Come si dimostrerà, infatti, la ragione di tale linea evolutiva si riscontra nell’impostazione politica che l’Unione europea ha consolidato negli ultimi decenni ovvero l’economia sociale di mercato; quest’ultima impostazione definisce, ormai da tempo, l’indirizzo delle scelte europee, servendosi della disciplina degli aiuti di Stato quale strumento principale di attuazione dei propri obiettivi.
Al fine di comprendere quanto detto si procede, pertanto, ad una breve analisi dei contenuti della economia sociale di mercato all’interno del progetto europeo, ponendo in luce il suo collegamento con la disciplina degli aiuti di Stato.
Si procederà poi all’esame dell’impatto di tale evoluzione sulla materia tributaria, al fine di comprendere come l’economia sociale di mercato, attraverso la materia degli aiuti di Stato, abbia inciso sulla funzione fiscale.
4 Le fasi di sviluppo della disciplina degli aiuti di Stato.
La rilevanza degli aiuti di Stato è legata alle diverse fasi storiche dell’Unione europea ed alla graduale attuazione degli obiettivi connessi al mercato unico.
Si precisa, infatti, che la disciplina degli aiuti non ha avuto sempre il medesimo rilievo nella politica europea.
Si evidenzia, inoltre, come anche i diversi comparti della disciplina hanno avuto uno sviluppo diversificato nel tempo, sempre legato alle necessità del mercato e alla direzione politica dei differenti momenti storici.
La sua centralità è un indiscutibile risultato della politica europea degli ultimi trenta anni. Nel corso di questo periodo la normativa sugli aiuti di Stato ha anche acquisito una crescente importanza nella materia tributaria.
Autorevole dottrina individua, a tale proposito, diverse fasi nella disciplina degli aiuti di Stato nelle quali le ragioni del mercato e quelle della regolazione giuridica dei valori sociali si sono combinate, conferendo una diversa direzione alla politica comunitaria degli aiuti alle imprese17.
Nel corso della prima fase l’attenzione dell’Europa è volta principalmente a far comprendere agli Stati l’importanza dell’assetto normativo e l’obbligo di preventiva notifica degli aiuti alla Commissione.
La centralità dell’impostazione liberista conduce ad un’attività europea concentrata sul divieto di aiuti di Stato (oggi art. 107, par. 1, TFUE) che afferma la necessità di un mercato libero da interferenze statali.
Nel suddetto contesto, dopo una (primissima) fase post bellica in cui la necessità di assecondare le politiche statali finalizzate ad una ripresa economica e la scarsa conoscenza delle regole europee avevano sostenuto un’attività della Commissione europea non severa sul fronte degli aiuti statali, negli anni compresi dal 1980 al 1995 si difende la centralità del divieto, fattore importante nel progetto del mercato; si registra, in tal modo, una politica rigida della Commissione europea.
Poi si avvia una seconda fase influenzata dalla lenta ma decisa affermazione della economia sociale di mercato.
Una produzione di aiuti basata principalmente sull’applicazione rigorosa del divieto dimostra i suoi limiti, soprattutto nel momento in cui fanno ingresso nell’Unione europea numerosi Paesi dell’est che necessitano di una politica di sviluppo mirato per giungere un livello di coesione economico e sociale pari a quelli degli altri Paesi europei.
Gli interessi si modificano gradualmente spostando la propria visuale da una difesa esclusiva della concorrenza nel mercato attraverso una politica di contrasto agli aiuti ad un’azione finalizzata all’utilizzo strumentale degli aiuti.
In altre parole, la promozione dei valori sociali avviene attraverso la valorizzazione delle deroghe (oggi art. 107, par. 2 e 3 TFUE) e l’introduzione degli aiuti ammessi (art. 108 TFUE) che per l’appunto divengono - in questa logica - strumentali all’affermazione della concorrenza nel mercato.
La categoria degli aiuti ammessi si radica in modo definitivo sulla scena europea con l’approvazione di regolamenti di esenzione per categoria, che realizzano la codificazione di una disciplina generale ed omogenea di aiuti per lo sviluppo economico e sociale18.
La politica di valorizzazione delle deroghe qualifica, in tal modo, il definitivo passaggio verso l’economia sociale di mercato.
Attraverso la produzione normativa in materia di aiuti ammessi si è realizzata nel tempo un’ampia regolamentazione in materia di discipline selettive che gli Stati membri possono attuare senza incorrere nel divieto di aiuti di Stato19.
Tali discipline prevedono aiuti trasparenti e proporzionali che hanno come obiettivo la promozione di uno o più valori sociali, individuati sulla base di quelli previsti dalle deroghe alla materia degli aiuti di Stato o sulla base di valutazioni della Commissione europea.
La materia degli aiuti ammessi ha così definito un nuovo comparto disciplinare, espressione di una logica autonoma, che qualifica una politica di integrazione con le finalità e gli strumenti della economia sociale di mercato.
La nuova funzione della disciplina degli aiuti si compone in questo modo di aiuti vietati e di aiuti ammessi in un equilibrio dettato dall’Unione europea.
Si affermano le due linee contestuali: l’integrazione negativa attraverso gli aiuti vietati e l’integrazione positiva attraverso gli aiuti ammessi.
Si tratta di politiche convergenti finalizzate a perseguire un obiettivo unitario (la concorrenza nel mercato), in relazione al quale gli aiuti ammessi divengono una categoria complementare a quella degli aiuti vietati.
Le fasi successive di tale evoluzione sono quelle che mettono alla prova l’intera disciplina, testandone la validità e l’efficacia.
La crisi economica che ha coinvolto l’Europa a partire dal 2008 e la pandemia che si è sviluppata nel 2020 hanno mostrato una buona tenuta della materia, la quale è riuscita con alcuni interventi mirati a salvaguardare gli interessi sociali nel mercato.
In tali fasi gli aiuti sono divenuti uno strumento cardine per il sostegno degli Stati, definendo una linea (comune e condivisa) di tipo europeo per il superamento delle crisi che valutasse la protezione dei valori sociali nell’area della ripresa economica20.
Nell’ambito di questo percorso, come anticipato, la materia fiscale ha rivestito un ruolo molto importante.
5 Gli aiuti di Stato nella materia fiscale. Evoluzione.
L’attuale politica fiscale dell’Unione europea, come anticipato in premessa, è il risultato di un’attività normativa che si è concentrata su differenti temi, quali l’imposizione doganale, l’imposizione indiretta, l’imposizione diretta.
I suddetti temi avevano una differente posizione di partenza nel progetto europeo e si sono caratterizzati per un’evoluzione autonoma.
La politica fiscale originaria, stigmatizzata nel Trattato di Roma21, era rivolta a due obiettivi strumentali alla creazione del mercato unico ovvero la realizzazione dell’Unione doganale fra gli Stati membri e l’armonizzazione dell’imposizione indiretta sul consumo22.
L’indirizzo che emergeva in questa fase era quello di promuovere la neutralità dell’imposizione fiscale sugli scambi, assecondando le esigenze del mercato e della concorrenza nella definizione della libera circolazione di beni e servizi nel territorio europeo.
L’evoluzione della politica europea ha presto evidenziato la necessità di definire principi comuni anche nell’ambito delle imposte dirette, in quanto sono emerse numerose questioni di rilevanza cruciale per il raggiungimento degli obiettivi europei23.
L’importanza delle suddette questioni è stato il fattore che ha favorito un’integrazione in materia di imposte dirette in assenza di competenze espressamente attribuite all’Unione europea24.
Si è così definita una politica che afferma principi propri e che si qualifica per aver causato un importante depotenziamento del potere fiscale statale.
In tale attività sono state utilizzate disposizioni generali, contenute nel Trattato e non rivolte alla materia fiscale, quali il principio di non discriminazione, il divieto di aiuti di Stato e il principio del ravvicinamento contenuto nell’art. 115 TFUE25. Tali disposizioni sono state gradualmente rivolte alla materia fiscale attraverso un’intensa attività interpretativa della Corte di Giustizia e della Commissione nel settore della concorrenza.
In questo modo la filosofia europea è penetrata anche all’interno dell’imposizione diretta, avviando un percorso che è divenuto sempre più pervasivo26 e nel quale - per le ragioni prima indicate, legate alle caratteristiche di questa materia - la disciplina degli aiuti di Stato ha occupato uno spazio sempre più crescente.
Sulle disposizioni in materia di aiuti di Stato si è così definita una naturale convergenza di azioni europee nella materia fiscale. In tale assetto specifico, il divieto di aiuti di Stato, a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, ha avuto un ruolo decisivo, definendo un percorso di integrazione negativa.
Successivamente si è assistito anche ad una importante attività di integrazione positiva, effettuata attraverso la materia degli aiuti fiscali ammessi.
L’effetto di tali due direttrici, nella loro evoluzione storico – giuridica, si riscontra chiaramente nelle logiche della disciplina fiscale nazionale, oggi permeate dai principi degli aiuti di Stato europei divenuti un paradigma generale cui la fiscalità si deve attenere.
Come si verificherà, infatti, tale paradigma definisce, nella nostra materia con riferimento alle attività economiche, gli equilibri e le modalità di protezione di ogni valore sociale nell’esercizio della funzione fiscale.
6 Le due direttrici. L’integrazione negativa.
La riferibilità della disciplina degli aiuti di Stato alla materia fiscale è avvenuta in un momento in cui la predetta disciplina presentava un buon grado di compiutezza e di sperimentazione in ambito europeo.
Per tale motivo, dopo l’esplicitazione del collegamento (tra il divieto di aiuti di Stato e la materia fiscale), è iniziata una importante sinergia che in breve tempo ha conclamato l’importanza di tale normativa27.
L’integrazione giuridica avvenuta nella materia fiscale ha così prodotto risultati importanti ed inaspettati.
In particolare, il divieto di aiuti fiscali è stato volto a due differenti finalità28: la difesa della concorrenza all’interno dello Stato (secondo il paradigma tradizionale) e la lotta alla concorrenza fiscale sleale, secondo un paradigma nuovo ed estraneo alla disciplina originaria degli aiuti. Tale ultima finalità ha impattato sul diritto europeo, sugli equilibri internazionali e sulla funzione fiscale di ogni singolo Stato, definendo una miscela di valori di estremo rilievo che la disciplina degli aiuti fiscali è chiamata a regolare.
Secondo la prospettiva tradizionale il divieto di aiuti si è sostanzialmente rivolto alla eliminazione di tutte le discipline selettive di vantaggio che operavano all’interno del territorio dello Stato attraverso la materia fiscale.
In tal modo la disciplina in esame ha affermato con decisione un divieto di interventi fiscali di favore verso le attività economiche che non rispettassero il paradigma in esame29.
Con riferimento alla finalità di repressione della concorrenza fiscale sleale, attraverso il medesimo divieto, si sono rimosse disposizione fiscali che favorivano i non residenti a danno dei residenti, provocando l’effetto di alterare la concorrenza tra Stati attraverso forme impositive discriminatorie.
La sinergia di tali due obiettivi ha definito un divieto generale di trattamenti fiscali selettivi, che ha favorito l’affermazione del principio di non discriminazione fiscale nell’imposizione diretta e indiretta sia con riferimento ai soggetti residenti, sia con riferimento ai soggetti non residenti.
La materia fiscale ha così effettuato un passaggio importante.
Da tempo, infatti, si avvertiva la necessità fondamentale di definire un’area giuridica ove non si realizzassero discriminazioni nell’accesso al mercato unico e nella permanenza all’interno dello stesso.
In tale assetto il principio di non discriminazione fiscale e il divieto di restrizione avevano mostrato una forza precettiva limitata, soprattutto per l’assenza di una disciplina strutturata a livello europeo che consentisse una costante verifica del rispetto di tali paradigmi.
La disciplina degli aiuti di Stato ha costituito lo specchio del principio di non discriminazione fiscale in quanto ogni vantaggio selettivo qualifica un beneficiato (da un lato) e dei discriminati (dall’altro lato)30.
Il divieto di aiuti ha così definito l’altra strada per reprimere le discriminazioni fiscali attraverso l’individuazione del beneficiato e la correzione del beneficio31.
L’importanza dell’attività in esame si comprende in ragione delle fattispecie coinvolte, oggetto di analisi nel paragrafo successivo.
L’effetto più evidente di tale percorso attiene alla circostanza che ogni regolamentazione fiscale di vantaggio rivolta alle attività economiche ed introdotta negli Stati dovrà rispettare la disciplina generale degli aiuti di Stato32.
In altre parole, l’area delle agevolazioni fiscali riferite alle imprese ed alle attività economiche è oggi soggetta alla disciplina degli aiuti di Stato.
Come noto, le agevolazioni fiscali sono strumenti fondamentali di politica fiscale, risultato di una costante operazione di bilanciamento tra l’interesse fiscale33 e altri valori generali, che definiscono, sulla base di interessi nazionali ritenuti prioritari, discipline sostanzialmente derogatorie rispetto alla generale regolamentazione tributaria34.
Attraverso le agevolazioni l’ordinamento nazionale persegue interessi sociali definendo una politica fiscale conforme ai principi costituzionali di solidarietà e di uguaglianza sostanziale.
Tale assetto è attualmente in trasformazione.
Oggetto di protezione saranno soltanto i valori sociali del mercato, come selezionati e regolati dalla materia degli aiuti di Stato.
Si evidenzia come la tutela realizzata dall’Unione europea non è una tutela finalizzata alla mera protezione del valore sociale se non nel caso delle agevolazioni concesse ex art. 107, par. 2, TFUE.
Nella maggior parte delle ipotesi le agevolazioni sono finalizzate alla crescita ed allo sviluppo del valore sociale per favorire una contestuale evoluzione del mercato, secondo i paradigmi della proporzionalità e necessità.
In questo modo si realizza un differente progetto giuridico rispetto alle tradizionali agevolazioni tributarie nazionali.
Si attua una protezione degli interessi economici e sociali nel mercato, proporzionata alla evoluzione di quest’ultimo secondo i paradigmi della economia sociale di mercato.
6.1 (segue) Le fattispecie dell’integrazione negativa nella materia fiscale.
La caratteristica che ha reso la materia degli aiuti così importante per la disciplina fiscale si riscontra nella sua estesa potenzialità applicativa.
Tale carattere discende dalla declinazione del requisito della selettività; quest’ultima, infatti, attraverso le diverse forme che può assumere, ha reso la disciplina in esame potenzialmente applicabile ad una serie indeterminata di fattispecie fiscali35.
I diversi modi in cui è stata costruita la selettività (di diritto, di fatto, materiale e territoriale)36 hanno conferito alla disciplina degli aiuti la funzione di paradigma generale37.
In relazione alla funzione tradizionale (la difesa della concorrenza nel mercato nazionale) la disciplina degli aiuti di Stato è stata rivolta principalmente alle discipline (nazionali) sostanziali e procedimentali che definivano una ingiustificata sottrazione dall’ordinario onere impositivo.
Il paradigma in esame è stato pertanto riferito non solo alle agevolazioni fiscali, ma anche a diversi aspetti della disciplina dei tributi, con particolare riferimento ai tributi di scopo, alla disciplina del presupposto ed alle esclusioni38.
Allo stesso modo il medesimo paradigma è stato rivolto ad istituti preposti alla attuazione del tributo (condoni, transazioni fiscali) definendo, anche in questi ambiti, un generale divieto di trattamenti selettivi ingiustificati.
Con riferimento a tale ultimo ambito il divieto è stato declinato sia in relazione al procedimento di attribuzione del beneficio, sia in relazione all’atto finale del procedimento stesso, stabilendo che sia la procedura di attribuzione del beneficio che l’atto finale non debbano essere discriminatori39.
In relazione alla finalità di contrasto alla concorrenza fiscale sleale, il paradigma suddetto è stato rivolto a tutte le discipline espressamente rivolte ai non residenti, agli effetti definiti dall’insieme di norme rivolte ai non residenti, ai rulings fiscali40.
Soprattutto in tale ultima finalità è emersa una costruzione della selettività basata sugli effetti che un determinato trattamento tributario produce sui contribuenti.
Ne è emerso, in via generale, un campo di applicazione illimitato che può coinvolgere potenzialmente tutte le discipline tributarie.
Le differenti modalità in cui è stata declinata la selettività hanno dimostrato come anche laddove si introducano discipline generali non si può escludere che rientrino nell’ambito di applicazione del divieto di aiuti, in quanto può ricorrere una forma di selettività di fatto41.
In tale assetto, nell’ambito del paradigma generale, il limite tra ciò che è ammesso e ciò che è vietato è definito dalle decisioni della Commissione e dai regolamenti di esenzione per categoria.
Si è così realizzato un disegno generale della fiscalità nella quale tutte le discipline sottrattive devono essere compatibili con i valori del mercato, come definiti dalla Commissione europea nelle diverse fasi storiche.
7 L’integrazione positiva nella materia fiscale. La funzione strutturale e la funzione emergenziale.
L’integrazione positiva, effettuata attraverso la materia degli aiuti di Stato in campo fiscale, definisce l’assetto più innovativo della disciplina in esame, destinato a crescere esponenzialmente nell’ambito dei prossimi anni.
In tale assetto si sono registrate due funzioni importanti che gradualmente la disciplina in esame ha consolidato nella propria esperienza applicativa: una strutturale (o fisiologica) ed una emergenziale (o patologica).
Entrambe le funzioni sono oggi centrali all’interno della materia.
La funzione fisiologica si esprime in un programma di evoluzione economica e sociale basato sulla tecnica normativa della integrazione per differenziazione42, mediante la quale si valorizzano le differenze al solo fine di addivenire ad uno sviluppo economico funzionale all’integrazione.
Si prende atto che in certi contesti - quali, ad esempio, le realtà territoriali connotate da profonde differenze sociali ed economiche - o con riferimento a certi temi (l’ambiente) l’integrazione non sarebbe possibile con regole uniformi o con discipline comuni.
In tali ipotesi le differenze sono destinate ad essere individuate e regolate con strumenti autonomi, definendo un fattore ineliminabile per il raggiungimento degli obiettivi europei; la differenziazione è così strumentale alla successiva uniformità e risulta sostanzialmente transitoria.
In questo senso tale politica di differenziazione è qualificata come positiva43.
L’Unione europea attraverso le diverse fattispecie di aiuti ammessi (de jure, discrezionalmente, senza preventiva autorizzazione) definisce una politica strutturale di crescita, tarata sul caso specifico, per una evoluzione economica in senso europeo.
In particolare, con i regolamenti di esenzione, l’Unione fissa delle linee comuni e dei limiti per la definizione di discipline selettive compatibili con i principi europei; nell’ambito di tali confini i diversi Stati potranno declinare le fattispecie differenziandole sulla base delle circostanze specifiche.
Allo stesso modo la funzione emergenziale ricorre nei momenti di difficoltà e definisce politiche mirate a superare le crisi. In questo assetto si approvano deroghe (alla disciplina generale) e normative ad hoc di cui gli Stati si possono servire per fronteggiare l’emergenza sempre secondo schemi omogenei e con limiti predefiniti che consentono di prevedere discipline specifiche tarate sui vari contesti.
Nell’espletamento di entrambe le funzioni (strutturale e congiunturale) la materia fiscale ha avuto un rilievo molto importante, confermando una centralità negli equilibri economici europei.
A livello strutturale si è potenziato l’utilizzo della leva fiscale nei programmi di sviluppo, avendo acquisito la consapevolezza che attraverso la materia tributaria si riescono a raggiungere obiettivi con maggiore efficacia.
In tale evoluzione gli aiuti ammessi sono stati attuati attraverso discipline fiscali aventi una finalità agevolativa e lo strumento maggiormente utilizzato è stato quello del credito di imposta.
Con specifico riferimento allo Stato italiano, tale attività ha riguardato diverse materie e discipline, quali: l’ambiente, la cultura, la crescita economica, lo sviluppo industriale.
L’impressione generale è quella che un percorso importante sia stato avviato, ma non ha - ad oggi - raggiunto un livello condivisibile di coerenza e di organicità.
In tal senso, infatti, le opportunità di crescita in senso europeo sono molteplici ma a livello nazionale tali opportunità sono state utilizzate in modo frammentario e soprattutto senza una coerente linea di sviluppo che riguardasse i diversi temi coinvolti.
L’unica eccezione a tale valutazione è stata costituita dal piano Industria 4.0 che, invece, ha definito un programma molto accurato, recante una disciplina organica nella materia tributaria al fine di stimolare la ricerca industriale e lo sviluppo tecnologico44.
Secondo la stessa linea di pensiero, anche a livello congiunturale, la materia fiscale, come dimostra l’esperienza durante l’emergenza sanitaria COVID -19, ha rivestito il ruolo di importante fattore per il contenimento della crisi e di impulso per la ripresa economica. Nelle Comunicazioni della Commissione, emesse nel corso della emergenza sanitaria, infatti, sono stati fissati alcuni principi generali che sintetizzano la politica fiscale che si è potuta attivare negli Stati45.
Nello Stato italiano, nel corso dell’emergenza sanitaria, l’attività normativa nella materia fiscale ha registrato due linee di intervento, che si sono espresse in disposizioni finalizzate a difendere la liquidità (e a garantire il funzionamento del sistema fiscale) e in discipline volte a favorire la ripresa economica46.
In questo momento il ricorso alla disciplina fiscale è stato molto intenso e frenetico ed ha prodotto una stratificazione di testi normativi che, come noto, ha generato uno stato di caos normativo, ampiamente messo in luce dalla dottrina.
Al di là degli aspetti negativi legati alla tecnica normativa ed in merito ai quali si rinvia ad altre sedi47, si pone in luce, quale aspetto significativo, l’importante coinvolgimento della materia fiscale nel processo di crescita economica di stampo europeo.
La ragione del ricorso alla materia fiscale per l’attuazione di programmi di sviluppo strutturali e congiunturali ha numerose cause di tipo tecnico e di tipo ideologico.
Gli interessi economici sottesi alla materia fiscale - ovvero la necessità di individuare fonti di ricchezza (quali presupposti dei tributi) e di acquisire gettito per l’effettuazione di spese pubbliche - consentono con maggiore facilità, rispetto ad altre discipline, di prevedere normative promozionali che abbiano ad oggetto fattispecie economiche ovvero normative volte al contenimento della spesa o alla ripresa economica.
Tali normative avranno anche una maggiore possibilità di essere conosciute ed osservate dai contribuenti in considerazione dell’obbligo periodico di assolvere alle imposte e degli immediati vantaggi di cui si potrebbe fruire sul piano impositivo.
Il contribuente stesso sarà così incentivato alla effettuazione della condotta attiva prevista dalla disciplina in quanto la stessa si tradurrà contestualmente in un’azione volta allo sviluppo dell’impresa e ad un risparmio dei tributi dovuti.
Allo stesso tempo per lo Stato risulta più semplice fornire aiuti attraverso una rinuncia al gettito rispetto alla materiale erogazione di fondi pubblici.
Sulla base di tali considerazioni e in attuazione della disciplina sugli aiuti ammessi, si è così definita, negli ultimi anni, una funzione promozionale della materia tributaria di matrice europea, evidenziata da importanti studi della dottrina48.
Si è così registrato un rilevante passaggio a livello nazionale e nella funzione fiscale: la materia tributaria ha assunto il ruolo di veicolo per la promozione dei valori sociali nel mercato per le finalità europee legate agli obiettivi della economia sociale di mercato.
7.1 Le politiche fiscali di sviluppo economico di matrice europea. La prospettiva del Green Deal.
Nell’ambito della (ormai consolidata) funzione della materia tributaria di promotore di politiche di sviluppo di matrice europea, espressive della economia sociale di mercato, si registra attualmente una nuova sfida che attende la materia medesima.
Si tratta della attuazione del Green deal europeo.
Il progetto del Green deal49, avviato su impulso della Commissione europea, costituisce un nuovo percorso ideologico e normativo volto ad affrontare i problemi del clima e dell’ambiente.
Il progetto è volto ad una crescita sostenibile ed inclusiva; tutti i settori economici sono così chiamati ad effettuare una transizione ecologica ovvero un percorso di conversione dei propri principi e delle proprie discipline secondo parametri ecologici.
L’obiettivo del Green deal non è quindi una mera tutela dell’ambiente ma la definizione di una politica di crescita economica sostenibile cioè effettuata sulla base dei valori ambientali. In questo senso il Green deal impone un ripensamento delle politiche di reperimento delle risorse all’interno di tutti i settori economici, introducendo la sostenibilità in ogni azione dell’Unione; si tratta quindi di una riforma che opera nel mercato per qualificarne un importante cambiamento.
In questa direzione il Green deal europeo si propone di definire un bilanciamento tra obiettivi economici, ambientali e sociali, facendo un uso coerente di tutte le leve politiche in suo possesso. L’ambiente viene in tal modo definito in un ambito ampio di valori generali, come la politica in esame risponda ai principi dell’economia sociale di mercato50.
Anche in questo progetto un ruolo importante assume la materia fiscale.
Nel Green deal si definisce la materia fiscale quale strumento privilegiato per l’attuazione degli obiettivi ambientali51.
Si rileva, in particolare, la necessità di attuare “riforme fiscali ben congeniate” al fine di stimolare la crescita economica ed attuare una transizione giusta52.
Nel Green deal, con riguardo alla disciplina fiscale, si effettua un importante rinvio alla materia degli aiuti di Stato, sottolineando che appare necessario rivedere le condizioni di tale materia al fine di realizzare una politica più efficace, abbattendo barriere che ostacolano la diffusione di prodotti puliti.
In seguito alla emanazione di tale progetto, la Commissione europea ha successivamente emanato un documento molto importante nell’esegesi della politica generale53.
In tale documento la Commissione ha evidenziato che la politica ambientale deve essere declinata nel mercato in concorrenza e definire una crescita economica dissociata dalle risorse attraverso l’utilizzo degli aiuti di Stato ambientali e territoriali54.
Si comprende, pertanto, come l’attuale progetto si inserisca principalmente in una delle due linee di sviluppo della politica ambientale europea ovvero quella attuata in ossequio ai principi della economia sociale di mercato.
Più in particolare, si ritiene che la politica ambientale europea abbia seguito nel tempo due direttrici.
Una prima direttrice è quella legata alla protezione dell’ambiente attraverso l’attuazione del principio chi inquina paga.
Tale direttrice all’interno della nostra materia, come noto, ha definito le categorie dei tributi ambientali in senso stretto e delle agevolazioni strutturalmente ambientali quali strumenti necessari per una corretta applicazione del suddetto principio europeo.
Si è trattato di una linea politica potenzialmente efficace ma la cui attuazione è stata difficile da declinare a livello nazionale55. Molte difficoltà si sono registrate in relazione alla definizione dei tributi ambientali in senso stretto, soprattutto in merito alla loro giustificazione costituzionale secondo i principi generali della materia tributaria56.
Accanto a tale direttrice, e contestualmente alla stessa, si è avviata una seconda linea di sviluppo che costituisce attuazione dei principi della economia sociale di mercato.
Questa seconda direttrice si è rivolta al mercato ed ha utilizzato gli aiuti di Stato ambientali57, attuando una politica volta alla promozione dell’ambiente nel mercato attraverso gli strumenti fiscali tradizionali (agevolazioni, tributi di scopo).
Tale seconda linea di azione ha avuto un importantissimo pregio: quello di declinare il principio di differenziazione all’interno della politica ambientale, definendo concretamente le possibilità di intervento selettivo e diversificato per interventi ecocompatibili.
L’ambiente è stato riconosciuto tra i valori sociali oggetto di tutela nell’ambito della disciplina degli aiuti di Stato; quelli ambientali sono stati qualificati tra gli aiuti ammessi e (a partire dal 2014) sono stati oggetto di una politica autonoma.
Si comprende come il Green deal si inserisca in questo asse di sviluppo, in quanto è una politica generata dalla Commissione europea, nell’interesse di una trasformazione del mercato ed in relazione alla quale il valore ambiente deve essere promosso nelle maglie della concorrenza.
Si intende attuare una crescita ambientale nel mercato attraverso l’utilizzo degli strumenti della concorrenza, definendo un percorso destinato ad un uso privilegiato degli aiuti ammessi, come evidenziato dallo stesso progetto.
Nella nostra materia tale passaggio si declina nella valorizzazione degli aiuti fiscali ammessi che, come analizzato, ormai da anni definiscono politiche di crescita sociale ed economica58.
Più in particolare poi, in tale contesto, gli aiuti ammessi di tipo ambientale e di tipo territoriale assumono la funzione di strumento privilegiato dell’integrazione per differenziazione in ambito fiscale. Tali aiuti sono infatti destinati a definire modelli di politiche territoriali ed ambientali condivise dall’Unione per uno sviluppo economico compatibile con i valori ambientali.
In tal senso, pertanto, si prevede (e si auspica) una politica ambientale di tipo fiscale che utilizzi gli aiuti di stato ammessi sia a livello nazionale che a livello territoriale.
8 Conclusioni.
La fiscalità del XXI secolo è notevolmente influenzata dalle dinamiche e dagli obiettivi dell’Unione europea, in nome dei quali ha lentamente modificato alcune sue logiche.
In tale percorso, come si è dimostrato, un ruolo fondamentale è stato rivestito dalla disciplina degli aiuti di Stato.
La materia degli aiuti di Stato esprime il senso e il limite dell’intervento dello Stato nell’economia, rilevando le impostazioni di fondo adottate dall’Unione europea che oggi convergono nei modelli della economia sociale di mercato.
Tale impostazione impone una tutela dei valori economici e sociali nel mercato e nelle maglie della concorrenza sulla base della duplice convinzione di fondo che una crescita sociale non debba compromettere la situazione economica e (viceversa) che non possa esistere una crescita economica senza uno sviluppo sociale.
La materia tributaria è stata coinvolta in questa dinamica rappresentando per antonomasia la materia che definisce, attraverso l’esercizio della funzione fiscale, gli obiettivi di ogni collettività.
In tale assetto la disciplina fiscale nazionale ha gradualmente spostato il suo baricentro verso una tutela dei valori economici e sociali tarata sul mercato e proporzionata al suo sviluppo.
In questo contesto si è conclamata la funzione strumentale positiva della materia tributaria che ha superato parzialmente la tradizionale funzione sociale redistributiva.
Come analizzato il passaggio in esame ha avuto diversi momenti, è stato assecondato dalle caratteristiche strutturali della disciplina degli aiuti di Stato e si è declinato attraverso il requisito della selettività.
In tale percorso si è sviluppata una funzione negativa ed una funzione positiva della materia degli aiuti di Stato che hanno (entrambe) operato nella materia fiscale definendo le modalità e i limiti dell’introduzione delle discipline selettive di vantaggio.
Ne emerge una funzione fiscale rinnovata nello spirito e con una nuova consapevolezza dei valori sociali.
Oggi la materia fiscale con l’ausilio della disciplina degli aiuti di Stato è chiamata alla definizione della transizione ecologica che diviene un obiettivo fondamentale di questo secolo al quale è necessario contribuire con tutti gli strumenti messi a disposizione dall’Unione europea, secondo le logiche della economia sociale di mercato.
Cfr. Di Pietro A., Introduzione, in Di Pietro A. – Tassani T., I principi europei del diritto tributario, Milano, 2013, XVII; Id., Imposte moderne e Stati post nazionali, in Studi tributari europei, 2016, 1, pp. 1-22; Basilavecchia M., L’evoluzione della politica fiscale dell’Unione Europea, in Riv. dir. trib., 2009, p. 361; Ingrosso M., La comunitarizzazione del diritto comunitario e gli aiuti di stato, in AA.VV., Agevolazioni fiscali e aiuti di stato (a cura di Ingrosso M. – Tesauro G.), Napoli, 2009, p. 4.↩︎
Come noto con il Trattato di Roma – sottoscritto il 25 marzo 1957 da Italia, Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo – furono istituite la Comunità europea per l’energia atomica (EURATOM) e la Comunità economica europea (CEE).↩︎
Il liberismo classico afferma l’assoluta libertà del mercato, senza riconoscere poteri di intervento allo Stato, se non limitati alla giustizia ed alla sicurezza. I principi del liberismo economico sono quelli espressi nella corrente di pensiero dell’economia classica che ha avuto quali esponenti Smith, Ricardo, Mill, Von Hayek. Cfr. diffusamente su tali aspetti Barber W.J., Storia del pensiero economico, Milano, 1988, passim; Denis, Storia del pensiero economico, Vol. 1 (da Platone a Ricardo), Milano, 1990, passim; Bedeschi G., Storia del pensiero liberale, Soveria Mannelli, 2015, passim.↩︎
La formula “economia sociale di mercato” richiama una componente liberista concentrata sullo sviluppo dei valori sociali, originatasi in Germania nel 1900 e conosciuta come ordoliberismo della scuola di Friburgo. Tale scuola ebbe tra i suoi esponenti principali: Eucken, Muller-Armark, Erhard, Ropke, Miksch, Bohm, Grobmann-Doert. Cfr. Felice F., L’economia sociale di mercato, Catanzaro, 2008, p. 19; Forte F. – Felice F. – Forte F., L’economia sociale di mercato e i suoi nemici, Catanzaro, 2012, passim; A.V. (a cura di Nemo – Petitot), Storia del liberismo in Europa, Catanzaro, 2006, p. 801; Somma A., L’economia sociale di mercato. Il fascino della terza via: torna di moda un passato mai passato, in Biblioteca delle libertà, 2009 (in https://www.centroeinaudi.it/biblioteca-della-liberta/numero-attuale.html); id., Economia sociale di mercato e scontro tra capitalismi, in http://www.dpceonline.it/index.php/dpceonline/article/wiew/47.↩︎
Il grande pregio di questa linea di pensiero è stata la declinazione della questione sociale all’interno del libero mercato, il cui esito fu la coniugazione di due valori (mercato e diritti sociali) che - fino a questo momento - erano sembrati inconciliabili. Nasce in questo modo un pensiero liberale che difende il libero mercato ma garantisce i diritti sociali, attraverso l’intervento regolatore di uno Stato forte che assume la funzione di definire le linee guida del mercato e di disciplinare i diritti sociali.↩︎
Il percorso ha inizio negli anni ’70, con un importante valorizzazione dei principi di sussidiarietà e di coesione economica e con l’emanazione di alcune normative “funzionalistiche” soprattutto in materia di diritto del lavoro finalizzate a garantire un minimo di standard sociale nella protezione dei lavoratori. Cfr. D’Antona M., Sistema giuridico comunitario, in AA.VV. Dizionario del diritto del lavoro comunitario, Bologna, 1996, p. 22.↩︎
Cfr. Trattato di Maastricht sull’Unione europea sottoscritto il 7.2.1992.↩︎
Cfr. Trattato di Amsterdam sottoscritto il 2.9.1997.↩︎
Cfr. Trattato di Lisbona sottoscritto il 13.12.2007.↩︎
In particolare, l’art. 3, par. 3 sancisce che “l’Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basata su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva che mira alla piena occupazione ed al progresso sociale, su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente”. Cfr., su questo passaggio, Contaldi G., Il significato attuale dell’economia sociale di mercato nell’ordinamento dell’Unione Europea, in Ordine internazionale e diritti Umani, 2018, p. 544.↩︎
Così Somma A., L’economia sociale di mercato. Il fascino della terza via: torna di moda un passato mai passato, cit., p. 20; Contaldi G., Il significato attuale dell’economia sociale di mercato nell’ordinamento dell’Unione Europea, cit., p. 544.↩︎
Tali disposizioni risultano preordinate alla realizzazione di un regime di concorrenza non falsata ed appaiono complementari alle norme sulla concorrenza nonché al regime del mercato interno. Su questi aspetti si rinvia per un’approfondita disamina a Orlandi M., Le discriminazioni fiscali e gli aiuti di stato nel diritto dell’Unione europea, Roma, 2018, p. 215; Id., La disciplina degli aiuti di Stato, in Diritto privato dell’Unione europea, ed. 2, Torino, 2006, 1668; Id., Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario, Napoli, 1995, p. 55.↩︎
Il dibattito Stato - mercato si origina con l’affermazione dei principi del liberismo economico che trova il suo primo fondamentale riferimento nel pensiero di Adam Smith. L’ammissione della libertà del mercato nega ogni ruolo interventista allo Stato che diviene un fattore di disturbo sulla naturale armonia di un mercato capace di definire autonomamente un equilibrio. Da questo momento l’evoluzione verso la “modernità occidentale è stata scandita in un movimento di andata e ritorno nel rapporto tra Stato e Mercato”, nel quale l’800 è stato il secolo del mercato e il 900 dello Stato. Così Schiavone A., Il rapporto tra stato e mercato dagli anni settanta ad oggi, 2009, in www.astrid.it.↩︎
Cfr. Tosato G.L., Appunti in tema di economia sociale di mercato, in Scritti in onore di Giuseppe Tesauro, 2014, vol. III, Napoli, p. 2509; Id., L’evoluzione della disciplina degli aiuti di stato, in La modernizzazione della disciplina degli aiuti di Stato, (a cura di C. Shepisi), Torino, 2011, p. 3.↩︎
Sulla centralità che la disciplina degli aiuti di Stato ha acquisito nell’integrazione giuridica europea a causa delle sue caratteristiche strutturali Orlandi M., Le discriminazioni fiscali e gli aiuti di Stato nel diritto dell’Unione europea, cit., passim; Miceli R., La metamorfosi del divieto di aiuti di Stato nella materia tributaria, in Riv. dir trib., 2015, p. 31; Id., The aim of the discipline of State Aid in the tax law. Evolution and prospects, in Riv. dir. trib. int., 2018, p. 117; Ingrosso M., La comunitarizzazione del diritto tributario e gli aiuti di Stato, in Agevolazioni fiscali e aiuti di Stato, a cura di Ingrosso – Tesauro, Napoli, 2009, p. 19; Fransoni G., Profili fiscali della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato, Pisa, 2007, passim; Salvini L. (a cura di), Aiuti di Stato in materia fiscale, Padova, 2007, passim.↩︎
Cfr., in tal senso, Miceli R., La metamorfosi del divieto di aiuti di Stato nella materia tributaria, cit., p. 31↩︎
Cfr. Tosato G.L., L’evoluzione della disciplina degli aiuti di Stato, cit., p. 4.↩︎
A tal proposito, dopo un primo periodo in cui gli aiuti ammessi sono stati oggetto di definizione nell’ambito di atti espressivi di soft law (Comunicazioni e Orientamenti), in una fase successiva si è operata un’importante modifica della materia. In attuazione del quadro normativo previsto negli artt. 107, 108 e 109 TFUE e sulla base della legittimazione ricevuta dal Consiglio, la Commissione europea ha emanato nel tempo numerosi regolamenti che hanno definito le tipologie di aiuti ammessi. Sono stati così definiti regolamenti di esenzione per categoria e si è proceduto ad una importante sistemazione nella materia che ha assunto organicità e trasparenza. Cfr. Orlandi M., La disciplina degli aiuti di Stato, cit., 1668.
Successivamente è stato emanato il primo regolamento generale di esenzione per categoria (Regolamento UE 800/2008 del 6 agosto 2008) che ha individuato in modo organico per tutti gli aiuti le condizioni in presenza delle quali la Commissione può esercitare il potere di definire le esenzioni da preventiva autorizzazione. Il suddetto regolamento è stato sostituito da un secondo regolamento del Consiglio (Regolamento UE n. 1588/2015 del 13 luglio 2015) che è quello attualmente in vigore.↩︎
È noto come l’attività interpretativa della Commissione europea abbia definito nel tempo diverse categorie di aiuti ammessi ed oggi tali categorie sono utilizzate in via ufficiale anche nell’ambito dei testi normativi. Si tratta di: aiuti a finalità regionale, aiuti a finalità settoriale, aiuti orizzontali, aiuti ambientali, aiuti de minimis.↩︎
Come noto, nel corso della pandemia diverse Comunicazioni della Commissione hanno definito un Quadro temporaneo di misure. Cfr. Comm. 13.3.2020, C-2020/91 “Temporary framework for State aid measures to support the economy in the current COVID-19”; Comm. 19.3.2020, C-2020/1863; Comm. 3.4.2020, C-2020/2215; Comm. 8.5.2020, C-2020/3156.↩︎
Cfr. nota n. 3.↩︎
Il processo di armonizzazione fiscale - caratterizzato dalla istituzione dell’IVA e dalla armonizzazione delle accise - è stato molto importante nella prima fase di integrazione europea, come dimostra il rilievo che ha assunto nel dibattito della dottrina. Cfr. Stammati S., Art. 99, in Trattato istitutivo della Comunità economica europea. Commentario, diretto da Quadri R. – Monaco R. – Trabucchi A., Milano, vol. II, 1965, p. 781; Sacchetto C., L’armonizzazione nella Comunità europea, in Dir. prat. trib., 1989, p. 564; Russo P. – Cordeiro Guerra R., L’armonizzazione fiscale nella Comunità Europea, in Rass. trib., 1990, I, p. 629; Cordeiro Guerra R., L’Iva quale imposta sui consumi: riflessi applicativi secondo la Corte di Giustizia, in Rass. trib., 1996, p. 332; Fichera F., L’armonizzazione delle accise, in Riv. Dir. fin. Sc. Fin., 1997, II, p. 216; Adonnino P., L’armonizzazione fiscale dell’Unione Europea, in Enc. del diritto, Agg., vol. III., Milano, 1999, p. 277; Comelli A., IVA comunitaria e IVA nazionale. Contributo alla teoria generale dell'imposta sul valore aggiunto, Padova, 2000, passim.↩︎
Cfr., sul punto, Weber D., Traditional and alternative ruoutes to European tax integration, IBFD, 2010, p. 40; Grau A.- Herrera P.M., The link beetween tax coordination and tax Harmonization: Limits and Alternatives, in Ec Tax review, 2003, p. 28.↩︎
Cfr. Weber D., In search of a (new) equilibrium beetween tax sovereignty and the freedom of movement, in EC Tax Review, 2006, p. 585; Pistone P. – Szudoczky R. The coordination of tax policies in the EU, in Introduction to European tax law: direct taxation, in Introduction to European tax law: direct taxation, Vienna, 2016, p. 29.↩︎
Cfr. Gallo F., Mercato unico e fiscalità: aspetti giuridici del coordinamento fiscale, in Rass. trib., 2000, p. 725; Cipollina S., Armonizzazione vs. competizione fiscale: il trade off Europa-Italia, in Riv. dir. fin., 2004, p. 93; Melis G., Coordinamento fiscale nell’Unione europea, in Enciclopedia del Diritto, Annali, I, Milano, 2007, ad vocem;↩︎
Cfr. Lamg M. – Pistone M. – Schuch J. – Strariger C., Introduction to European tax law on direct taxation, Wien, 2020, passim; De Mita E., L’armonizzazione delle imposte dirette, in Riv. dir. trib., I, 1991, p. 54.↩︎
Sul punto Quigley C., European State Aid law and policy, London, 2015, p. 2105.↩︎
In questo senso Boccaccio M., La disciplina degli aiuti fiscali tra la funzione di controllo e quella di armonizzazione impropria: il ruolo della selettività, in E-Public Finance Research Papers, 2016, n. 20; Id, Alcune riflessioni sulle recenti decisioni della Commissione in materia di rulings fiscali, in Public Finance Research Papers, 2016, n. 28.↩︎
Cfr. Orlandi M., Le discriminazioni fiscali e gli aiuti di Stato nel diritto dell’Unione europea, cit., passim; Miceli R., La metamorfosi del divieto di aiuti di Stato nella materia tributaria, cit., p. 31.↩︎
Secondo l’interpretazione costante della Corte di Giustizia, infatti, una norma con la quale si attribuiscono agevolazioni fiscali colloca i beneficiari in una posizione più favorevole rispetto agli altri che subiranno una discriminazione. Cfr. Corte di Giustizia 22.6.2006, C-182/03 e C-217/03, ASBL; Corte di Giustizia 8.9.2015, C‑105/14, IVO Taricco; Corte di Giustizia 15.11.2011, C-106/09 e C-107/09, Commissione europea c. Governo di Gibilterra.↩︎
Cfr. Orlandi M., Le discriminazioni fiscali e gli aiuti di stato nel diritto dell’Unione europea, cit., p. 215;↩︎
Cfr. Basilavecchia M., Agevolazioni, esenzioni ed esclusioni, in Rass. trib., I, 2002, p. 433.↩︎
Cfr. Boria P., L’interesse fiscale, Torino, 2002, p.129.↩︎
Le agevolazioni sono state variamente classificate dalla dottrina in termini di deroga ovvero di specificazione del presupposto impositivo, nella comune convinzione di fondo secondo la quale la norma agevolativa trovasse una sua giustificazione nella necessità di attenuare l’onere impositivo in presenza di valori giuridici di rilevanza costituzionale. Ex pluribus, Moschetti F., Agevolazioni fiscali. II) Problemi di legittimità costituzionale e principi interpretativi, in Dig. disc. priv., sez. comm., I, Torino, 1978, p. 84; Basilavecchia M., Agevolazioni, esenzioni ed esclusioni (diritto tributario), cit., p. 435; Fichera F., Le agevolazioni fiscali, Padova, 1992, passim.↩︎
L'ampliamento dei criteri per la definizione della selettività ha destato molte critiche in considerazione del fatto che si è accresciuta enormemente la possibilità di censurare gli aiuti di Stato in materia fiscale anche nelle ipotesi in cui non integrassero la nozione tradizionale di selettività. In tal modo si è riconosciuta alla nozione di aiuto fiscale un margine di opinabilità e di incertezza estremamente ampio. Cfr. Biondi A., Per una teoria della gravità selettiva: evoluzioni della giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia in materia di aiuti di Stato, in AA.VV., Liber amicorum Antonio Tizzano, Torino, 2018, p. 206.↩︎
Tradizionalmente sono state individuate: la selettività di tipo materiale e quella di tipo geografico o territoriale. Tali fattispecie definiscono un approccio ordinario al tema della selettività che è stato definito di tipo giuridico formale.
La selettività materiale si ha nel momento in cui il trattamento fiscale diverso di talune imprese o produzioni è valutato all’interno di un territorio unico, nell’ambito del quale imprese o produzioni di determinati tipi sono favorite rispetto ad altre. La selettività, quindi, non riguarda un territorio ma un tipo di imprese o di produzioni.
La selettività territoriale si rileva, invece, quando il regime differenziato della misura deriva dall’essere quest’ultima applicata solo in una parte (geografica) di un unico territorio. La discriminazione vietata nasce, quindi, dalla circostanza che solo in una parte di un unico territorio si applica la misura differenziata.
La necessità di contrastare le politiche espressive di harmful tax competition ha portato ad un approccio di tipo economico sostanziale al tema della selettività, basato sugli effetti. L’approccio economico sostanziale definisce gli effetti selettivi nella sostanza economica. In tali fattispecie la prova della selettività diviene prova dell’effetto discriminatorio della misura, spostandosi dall’area del beneficio senza una giustificazione a quella della discriminazione vietata. Così Boccaccio M., La disciplina degli aiuti fiscali tra la funzione di controllo e quella di armonizzazione impropria: il ruolo della selettività, cit., p.12.↩︎
La selettività è il requisito che riveste un ruolo decisivo nella dimostrazione degli aiuti fiscali. In merito all’evoluzione di tale requisito ed al rilievo nella materia tributaria, ex pluribus, Bousin J. – Piernas J., Developments in the notion of selectivity, in European State Aid law Quarterly, 2005, p. 645; Fransoni G., Gli aiuti di Stato fra autonomia locale e capacità contributiva, in Riv. dir. trib., 2006, p. 249; Da Cruz Vilaca J.L., Material and geographic selectivity in State Aid – recent development, in European state aid Quarterly, 2009, p. 449; Bartosch A., On being selective in selectivity, in European State Aid law Quarterly, 2009, p. 234; Lefevre M., The requirement of selectivity in the recent case – law of the court of Justice, in European State law Quarterly, 2012, p. 237; Boccacio M., La disciplina degli aiuti fiscali tra la funzione di controllo e quella di armonizzazione impropria: il ruolo della selettività, cit.; Monsenego J., Selectivity in State Aid and the methods for the allocation of the corporate tax base, IBFD, 2018, p. 40; Moretti M., La sentenza Gibilterra: un'applicazione del principio di eguaglianza sostanziale in materia tributaria, in Riv. trim. dir. trib., 2013, fasc. 3, p. 695.↩︎
Diffusamente, per una casistica dettagliata sul tema, Quattrocchi A., Gli aiuti di Stato nel diritto tributario, Milano, 2020, p. 88.↩︎
Cfr. Tribunale UE 16.3. 2016, T-103/14, caso Frucona. Tale questione ha assunto la natura di precedente in ordine ai requisiti che i diversi procedimenti devono avere per essere conformi ai principi in tema di aiuti di Stato.↩︎
Cfr., in particolare, Tribunale UE 24.9.2019, cause riunite T-755/15 (Lussemburgo v Commissione) e T-759/15 (Fiat c. Commissione); Tribunale UE 24.9.2019, T-760/15 (Paesi Bassi c. Commissione) e T-636/15 (Starbucks c. Commissione); Tribunale UE 14.2.2019, cause riunite T-131/16 (Belgio c. Commissione) e T-263/16 (Magnetrol International c. Commissione); Tribunale UE 15.7.2020, cause T-778/16 (Irlanda c. Commissione) e T-892/16 (Apple Sales International e Apple Operating Europe c. Commissione).↩︎
In particolare, sulla selettività materiale di fatto nella materia tributaria si rinvia ad importanti precedenti della Corte di Giustizia. Cfr. Corte di Giustizia, 15 novembre 2011, C-106/09 P e C-107/09; Corte di Giustizia, 21 dicembre 2016, C-20/15 P e C-21/15; Corte di Giustizia, 30 giugno 2016, C-270/05. Sul punto, specificamente, Temple Lang J., The Gibraltar State Aid and Taxation Judgment: A methodological Revolution, on European State Aid Law Quaterly, 4, 2012, p. 805; Boccaccio M., La disciplina degli aiuti fiscali tra la funzione di controllo e quella di armonizzazione impropria: il ruolo della selettività, cit., 16.↩︎
Sulla tecnica di integrazione per differenziazione, ex pluribus, Stubb A., A Categorization of Differentiated Integration, in Jurnal of Common Market studies, 1996, p. 283; Holzinger K.– Shimmelfennig F., Differentiated Integration in the European Union: Many Concepts, Sparse Theory, Few Data, in Jurnal of European public policy, 2012, p. 292; Leuffen D. – Rittberger B.– Shimmelfennig F., Differentiated integration: explaining variation in the European Union, Basingstoke, 2013, passim.
A livello nazionale sulle motivazioni e sugli strumenti della integrazione per differenziazione, Zervakis P., L’integrazione differenziata. Una via alternativa all’integrazione classica, in The federalist, 2006, 3, p. 207; Giglioni F., Tecniche di integrazione europea amministrativa mediante differenziazione, in Riv. quadr. di teoria generale, diritto pubblico comparato e storia costituzionale, 2/2012, p. 8; Condinanzi M., L’Unione Europea tra integrazione e differenziazione, in federalismi.it, 11marzo 2015; Brunazzo M., La differenziazione integrata. L’Unione europea e le sue prospettive future, Milano, 2017, p. 20.↩︎
Cfr. Condinanzi M., L’Unione Europea tra integrazione e differenziazione, cit., p. 8, il quale suddivide l’integrazione per differenziazione sulla base degli strumenti mediante i quali si può realizzare (interni ai Trattati o esterni) e agli effetti che ne conseguono (positivi e negativi).↩︎
Si è trattato di una prima attività normativa compiuta e sistematica, attuata in nome del diritto europeo e all’interno della materia tributaria, attraverso la quale sono state introdotte le discipline del patent box, del credito di imposta per ricerca e sviluppo, dell’iper ammortamento dei beni strumentali. Cfr. Boria P., La fiscalità stabilita dal progetto industria 4.0 come strumento giuridico per lo sviluppo economico, in Ricerca e sviluppo quali fattori di crescita e di promozione per le imprese, Napoli, 2020, pp. 3-20;(https://iris.uniroma1.it/preview-item/1060275?queryId=mysubmissions&) Miceli R., Il piano industria 4.0 e la materia tributaria: principi generali e discipline specifiche, in Ricerca e sviluppo quali fattori di crescita e di promozione per le imprese, cit., pp. 65-95.↩︎
In prima battuta sono state definite misure che temporaneamente non sono state assoggettate all’ambito di applicazione della disciplina degli aiuti di Stato. Gli Stati membri le hanno concesse liberamente senza attuare forme di coinvolgimento della Commissione europea. Tali misure hanno sancito la sospensione del pagamento delle imposte sulle società e dell’IVA. Si è trattato sostanzialmente di un differimento degli obblighi impositivi. In seconda battuta sono state previste ipotesi di aiuti che dovevano essere notificati alla Commissione europea, la quale avrebbe risposto in tempi molto ristretti con una procedura accelerata. Si è trattato di aiuti autorizzati sulla base dell’art. 107, par. 3, lett. b) TFUE ovvero della clausola “aiuti destinati a porre rimedio ad un grave turbamento dell’economia dello Stato membro”. La Commissione europea ha richiesto che l’aiuto dimostrasse di possedere le caratteristiche della necessità, adeguatezza e proporzionalità, secondo le indicazioni fornite. Nell’ambito di queste possibilità di aiuto si è annoverata la facoltà di utilizzare strumenti fiscali agevolativi nel campo della salute ovvero in generale per l’aiuto alle imprese. Cfr. R. Miceli, La disciplina degli aiuti di Stato fiscali nell’emergenza Covid-19, in Riv. Dir. Trib. on line, 30 maggio 2020.↩︎
Così Melis G. – Rasi F., “Crisi e fiscalità”, in Palmieri (a cura di) Oltre la pandemia, Napoli, 2020, pag. 1372.↩︎
Cfr. Miceli R., La disciplina dei termini nello stato di emergenza COVID -19. Si amplifica la crisi della legislazione, in GT - Rivista di Giurisprudenza Tributaria, n. 10/2021, p. 810.↩︎
Sul punto Di Pietro A., Imposte moderne e Stati post nazionali, cit., 18; AA.VV., La dimensione promozionale del fisco (Uricchio A. – Aulenta M.– Selicato G.), Bari, 2015, passim; Coppola P., Il fisco come leva ed acceleratore delle politiche di sviluppo, Lavis (TN), 2012, p. 71.↩︎
Il Green deal europeo (Comunicazione 11.12.2019, n. 640) definisce azioni proposte per avviare un’importante trasformazione dell’ambiente in Europa nel campo di: energia rinnovabile, industria sostenibile, mobilità sostenibile, sistema alimentare sano e rispettoso dell’ambiente (“dal produttore al consumatore”), tutela dell’ecosistema e delle diversità, eliminazione dell’inquinamento.↩︎
In tale percorso i diritti sociali dovranno avere un ruolo centrale al fine di realizzare una transizione socialmente giusta, come auspicata dalla Commissione europea. Cfr. Comunicazione della Commissione europea 11.12.2019, n. 640, Par. 2.1.1.↩︎
Cfr. Comunicazione della Commissione europea 11.12.2019, n. 640, Par. 2.2.2.↩︎
Cfr. Comunicazione della Commissione europea 11.12.2019, n. 640, Par. 2.2.2 ove si sottolinea che la transizione giusta si realizzerà inviando i giusti segnali di prezzo e incentivando i produttori, gli utenti ed i consumatori ad assumere comportamenti sostenibili↩︎
Cfr. Documento della Commissione europea 23.10.2020, La politica della concorrenza a sostegno del Green deal.↩︎
A tal fine la Commissione stessa intende rivedere in tempi brevi i tre settori della politica della concorrenza (ovvero gli aiuti di Stato, le norme antistrust e il controllo delle concentrazioni) al fine di realizzare una normativa di fondo più adeguata agli obiettivi ambientali.↩︎
La tassazione ambientale ha avuto uno sviluppo lento e controverso a livello nazionale. In tale assetto si è assistito alla predisposizione di politiche in materia di tassazione ambientale estremamente frammentarie e disorganiche e, comunque, perlopiù basate su tributi a finalità ambientale. Per una panoramica su tali iniziative Alfano R., Tributi ambientali. Profili interni ed europei, Torino, 2012, passim; più recentemente, Sciancalepore C., Cambiamenti climatici e green taxes, Bari, 2016, passim.↩︎
Cfr. su tali aspetti e, in particolare, sull’allineamento al principio di capacità contributiva, ex pluribus, Gallo F., Profili critici della tassazione ambientale, in Rass trib. 2010, p. 303; Picciaredda F., Federalismo fiscale e tributi propri della regione Sardegna tra esigenze di coordinamento e tassazione ambientale, in Riv. dir. trib., 2007, p. 919; Alfano R., Tributi ambientali. Profili interni ed europei, cit., p. 51; Puri P., La produzione dell’energia tra tributi ambientali e agevolazioni fiscali, in Energia. Fiscalità. Incentivi. Agevolazioni, a cura di Bonardi – Patrignani, Milano, 2003, p. 191; Natoli F. – Buccisano A., Il tributo ecologico: presupposti e limiti costituzionali, in Riv. dir. trib. int., 2004, p. 440; Procopio A., La natura non commutativa dei tributi ambientali e la loro compatibilità con il principio di capacità contributiva, in Dir. prat. trib., 2013, p. 1170.↩︎
Cfr., per un’impostazione affine, Renna M., I principi in materia di tutela dell’ambiente, in Riv. quadr. dir. amb., 2012, p. 66 che individua una seconda linea di intervento dell’Unione nell’ambiente, volta esclusivamente alla tutela del mercato.↩︎
In merito a tale posizione, con diverse prospettive, Luciani M., Gli aiuti di Stato nella Costituzione italiana e nell'ordinamento europeo, in Eurojus, 2019, fasc. 3, p. 64; Fichera F., Agevolazioni fiscali, bilancio delle “tax expenditures” e politica tributaria: il caso italiano, in Rass. trib., 2013, fasc. 1, p. 211; Marino G., Note brevi sull’evoluzione del divieto di aiuti di Stato e sostenibilità dei sistemi fiscali, in Riv. dir. trib., 2018, I, p. 401; Miceli R., La metamorfosi del divieto di aiuti di Stato nella materia tributaria, cit., p. 31; ID., The aim of the discipline of State Aid in the tax law. Evolution and prospects, cit., p. 117.↩︎