Studi Tributari Europei. Vol.10 (2020)
ISSN 2036-3583

Finalità e caratteri del regime del gruppo IVA come previsto dalla direttiva di rifusione (direttiva 2006/112/CE)

Milena PiasenteGià Ministero dell’Economia e delle Finanze (Italy)

Esperta fiscale, già Agente Ausiliario presso la Commissione Europea e Dirigente presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Published: 2021-04-26

VAT group has been part of the harmonization since the beginning, as a tool that has helped Member States to overcome difficulties coming from the fact that any transaction, even the ones carried on between members of the same group, were treated as independent operating. Since the EU economic development has changed the context for the application of the VAT group regime, it appears for Member States, as well as for the EU Commission and EUCJ, the necessity to more clearly define the applicable discipline and to be vigilant against potential abuse.

Il Gruppo IVA fa parte dell’Imposta sul Valore Aggiunto armonizzato fin dall’origine, inteso inizialmente a consentire agli Stati membri di superare l’indipendenza giuridica dei soggetti, quando tra questi sussistesse un rapporto organico fatto di rapporti economici, finanziari ed organizzativi, richiesto in maniera sempre più diffusa dagli operatori che premono sugli Stati membri per realizzare un’organizzazione dei rapporti di interdipendenza tra imprese che non sia condizionato dall’applicazione dell’imposta. L’evoluzione economica dell’Unione europea avvenuta, in particolare dagli anni ’70 ad oggi, ha mutato il contesto di applicazione del regime e ha fatto emergere la necessità per gli Stati membri, la Commissione Europea e la Corte di Giustizia e, in ultima analisi, per gli operatori, di definire con chiarezza la disciplina e di vigilare su eventuali abusi.

Keywords: Gruppo IVA; Armonizzazione; Corte di Giustizia Europea.

1 Evoluzione giuridica del regime

Il “gruppo IVA” è un regime presente nell’ordinamento unionale fin dall’introduzione negli anni ’60 dell’imposta sul valore aggiunto (d’ora innanzi, IVA). Esso interviene a chiarire la nozione di “soggetto passivo” che negli obiettivi del legislatore europeo, impegnato ad introdurre un’imposta generale sul consumo, doveva includere tutti coloro che effettuavano cessioni di beni e prestazioni di servizi.1

Già la c.d. Seconda Direttiva del 1967, dopo aver individuato nell’indipendenza ed abitualità le modalità proprie di agire di un soggetto passivo IVA,2 precisava nel suo allegato A che l’abitualità non escludeva la facoltà degli Stati membri di considerare soggetto passivo chi compiva a titolo occasionale le attività di produttore, commerciante o prestatore di servizi, e, quanto all’indipendenza, che essa aveva precipuamente lo scopo di sottrarre all’imposizione i dipendenti vincolati da un contratto di lavoro subordinato. Veniva inoltre precisato, per quanto qui di interesse, che il riferimento all’agire in modo indipendente richiesto dalla norma consentiva a ciascuno Stato membro di non considerare come soggetti passivi distinti, bensì come un unico soggetto passivo, le persone che, pur giuridicamente indipendenti, erano organicamente vincolate tra loro da rapporti economici, finanziari ed organizzativi. Veniva peraltro richiesto che lo Stato membro che intendeva adottare tale regime, dovesse consultare la Commissione in tempo utile e ai fini delle valutazioni sull’impatto sulla concorrenza nel mercato comune.3

Nella relazione accompagnatoria veniva spiegato che “in base alle disposizioni attualmente in vigore in alcuni Stati membri, certe persone indipendenti dal punto di vista giuridico, ma organicamente collegate tra di loro da rapporti di ordine economico, finanziario e organizzativo, sono considerate come un solo soggetto passivo di imposizione, in maniera che le operazioni effettuate tra di esse non vengono generalmente considerate come atti passibili d’imposizione. Secondo questa concezione, le imprese che costituiscono una ‘Organschaft’ sono quindi sottoposte allo stesso regime fiscale di una impresa integrata che costituisca una persona giuridica unitaria. È opportuno rilevare che se il sistema della IVA è applicato in maniera ‘pura,’ il regime fiscale sopraccitato non presenta alcun vantaggio sul piano della concorrenza nei confronti di un regime fiscale che consideri i membri di una ‘Organschaft’ come dei soggetti separati. Data tale situazione, non pare possano sussistere grandi inconvenienti se alcuni Stati continuano a considerare le ‘Organschaft’ come un solo soggetto mentre altri rimangono in posizione diversa. Comunque , nel primo caso lo Stato interessato deve procedere a delle consultazioni preliminari, per far esaminare se il regime scelto non provochi dei turbamenti nella concorrenza.”4

Con la c.d. Sesta Direttiva IVA del 1977,5 che ebbe lo scopo principale di arrivare ad una base imponibile uniforme dell’imposta che consentisse il calcolo della risorsa propria IVA nel frattempo inclusa tra le risorse proprie del bilancio comunitario in sostituzione dei contributi degli Stati membri,6 il regime del gruppo IVA venne sistematizzato.

L’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, infatti, precisava che “con riserva della consultazione di cui all’articolo 297, ogni Stato membro ha la facoltà di considerare come unico soggetto passivo le persone residenti all’interno del paese che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi.”

La norma aveva subito una modifica rispetto alla formulazione originaria contenuta nella proposta di Sesta Direttiva del 1973, dove la facoltà degli Stati membri a considerare l’esistenza di un unico soggetto d’imposta in ragione dei rapporti esistenti tra diverse persone era limitata temporalmente,8 fino alla soppressione dell’imposizione all’importazione e della detassazione all’esportazione negli scambi tra gli Stati membri, garantendo la neutralità di tali imposte rispetto all’origine dei beni e delle prestazioni di servizi.9 La relazione esplicativa precisava che l’introduzione nell’articolato della disposizione rispondeva all’esigenza di consentire “agli Stati membri di non collegare sistematicamente la qualità di soggetto passivo al concetto di indipendenza puramente giuridica, sia a scopo di semplificazione amministrativa, sia per evitare taluni abusi (ad esempio, il frazionamento si un’impresa in più soggetto passivi allo scopo di fruire di un regime particolare).” La previsione di un limite temporale suggerisce una cautela nell’ammettere il regime del gruppo IVA nel sistema comune IVA.

Con la proposta modificativa del 1974,10 il testo dell’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, viene modificato per tenere conto del parere del Parlamento Europeo, contrario alla limitazione temporale della facoltà degli Stati membri.11 Tuttavia, viene precisato nella relazione illustrativa che “data l’importanza di queste costruzioni giuridiche, non è apparso auspicabile che la facoltà prevista in tale paragrafo sia esercitata dagli Stati membri senza che gli organi comunitari possano valutarne le conseguenze sul piano internazionale,” concludendo per la subordinazione dell’esercizio della facoltà alla consultazione del Comitato IVA.

Negli anni immediatamente successivi all’entrata in vigore della Sesta Direttiva, cinque Stati membri consultarono il Comitato per considerare come unico soggetto passivo persone residenti all’interno del paese, giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi, introducendo un gruppo IVA: la Germania nel 1978, la Danimarca nel 1979, l’Olanda, il Regno Unito e l’Irlanda nel 1980. Quasi vent’anni dopo, Austria e Finlandia consultarono il Comitato IVA sul tema, appena entrati nell’Unione Europea (allora Comunità Europea) nel 1995 e, successivamente, la Svezia e il Belgio nel 1998, Cipro nel 2004, l’Estonia nel 2006, Spagna, Romania, Repubblica Ceca e Ungheria tra il 2007 e il 2008, la Slovacchia e la Lettonia nel 2009, l’Italia, Malta e il Lussemburgo nel 2018. Attualmente sono, quindi, venti gli Stati membri che hanno consultato il Comitato IVA per introdurre il gruppo IVA, la grande maggioranza dei quali nel ventennio recente.

Nel 2006, l’articolo 4, paragrafo 4, secondo comma, della Sesta Direttiva è stato, peraltro, integrato dalla Direttiva 2006/69/CE,12 che ha aggiunto un comma per cui “Lo Stato membro che esercita l’opzione di cui al secondo comma può adottare tutte le misure necessarie per evitare che il ricorso alla presente disposizione sfoci in frodi o evasioni fiscali,” con l’obiettivo di “evitare che l’applicazione delle regole abbia un risultato ingiusto che avvantaggi o svantaggi in modo ingiustificabile gli interessati.”13

Con questa formulazione, il regime del gruppo IVA è stato trasfuso nella Direttiva di rifusione 2006/112/CE all’articolo 11: “Previa consultazione del comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto (in seguito denominato «comitato IVA»), ogni Stato membro può considerare come un unico soggetto passivo le persone stabilite nel territorio dello stesso Stato membro che siano giuridicamente indipendenti, ma strettamente vincolate fra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi. Uno Stato membro che esercita l’opzione prevista al primo comma, può adottare le misure necessarie a prevenire l’elusione o l’evasione fiscale mediante l’esercizio di tale disposizione.”14

L’evoluzione intercorsa fa emergere come, rispetto all’origine del regime, intesa ad arginare frammentazioni puramente giuridiche di un soggetto passivo, mentre i vincoli finanziari, economici ed organizzativi tra le persone dimostravano l’unicità del soggetto, si passa ad una cautela nel riconoscimento e nelle modalità di riconoscimento di quell’unicità ai fini IVA per prevenire che con la costituzione del gruppo IVA si realizzino abusi, consentendo che le operazioni tra i membri del gruppo, avvenendo tra soggetti che non sono considerati soggetti passivi, non siano assoggettate all’imposta. In sostanza, il regime passa dal reagire ad esigenze economiche centrifughe (frammentazione del soggetto passivo IVA) al reagire ad esigenze economiche centripete (raggruppamento in un unico soggetto passivo IVA);

2 La posizione della Commissione Europea sull’applicazione del regime del gruppo IVA. La Comunicazione COM(2009)325

Con la disposizione sulla previa consultazione, la Commissione Europea (d’ora innanzi, anche la Commissione) viene direttamente coinvolta nell’applicazione del regime del gruppo IVA negli Stati membri, in particolar modo dopo la creazione del Comitato IVA.

A norma dell’articolo 398, paragrafo 2, della Direttiva IVA, infatti, “il Comitato IVA si compone di rappresentanti degli Stati membri e della Commissione. Il Comitato è presieduto da un rappresentante della Commissione. Il segretariato del Comitato è assicurato dai servizi della Commissione.”

Al riguardo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (d’ora innanzi, anche Corte UE) si è già espressa nel senso che una previa consultazione del Comitato IVA permette alla Commissione e agli altri Stati membri di controllare l’uso da parte di uno Stato membro della facoltà subordinata alla consultazione, verificando, in particolare, se la misura nazionale di cui trattasi soddisfi la condizione previste dalla norma unionale. Ciò è esattamente in linea con le motivazioni che spinsero nel 1974 ad ammettere a regime il gruppo IVA, ma subordinandolo alla previa consultazione, poiché “data l’importanza di queste costruzioni giuridiche, non è apparso auspicabile che la facoltà prevista in tale paragrafo sia esercitata dagli Stati membri senza che gli organi comunitari possano valutarne le conseguenze sul piano internazionale.” Sussiste, pertanto, un obbligo procedurale che gli Stati membri devono rispettare per potersi avvalere della facoltà prevista, costituendo la consultazione del Comitato IVA un presupposto dell’adozione delle misure basate sulla norma unionale che si intende attivare e che può trovare applicazione solamente in seguito a detta consultazione.15

Quanto alle modalità di svolgimento della consultazione è stato affermato che l’obbligo di consultare il Comitato IVA sarebbe privo di senso qualora gli Stati membri si limitassero a notificare al medesimo la misura nazionale che intendono adottare senza corredare tale notifica della minima spiegazione sulla natura e sulla portata della misura. Il Comitato IVA deve essere, infatti, in grado di deliberare validamente sulla misura ad esso sottoposta, grazie alle informazioni fornite dallo Stato membro interessato che gli consentano di esaminare tale misura con cognizione di causa. Per contro, le norme che richiedono la previa consultazione del Comitato IVA non prevedono alcun obbligo quanto al risultato della consultazione del Comitato IVA, e in particolare non impongono a tale Comitato di pronunciarsi favorevolmente o sfavorevolmente sulla misura nazionale derogatoria. Nulla impedisce quindi al Comitato IVA di limitarsi a prendere atto della misura nazionale derogatoria che gli viene comunicata, senza che ciò comporti un giudizio di legittimità o compatibilità unionale della misura nazionale.16

Come già indicato, le consultazioni del Comitato IVA ai sensi dell’articolo 11 della Direttiva IVA (o dell’articolo 4 della Sesta Direttiva) si sono concentrate in particolare negli ultimi venticinque anni, con quindici Stati membri, contro i cinque che consultarono il Comitato IVA a fine anni ’70.

Questo aumento di ricorso al regime del gruppo IVA nel periodo più recente, insieme alla limitata possibilità di indirizzamento delle scelte nazionali consentita dalla procedura di consultazione del Comitato IVA, determinarono la Commissione, che aveva constatato le notevoli differenze tra i diversi regimi di gruppo IVA attuati negli Stati membri, ad adottare nel 2009 una Comunicazione sull’opzione di IVA di gruppo (d’ora innanzi anche “la Comunicazione”) intesa a spiegare la posizione dell’Esecutivo europeo su come tradurre in modalità pratiche le concise disposizioni dell’articolo 11 della Direttiva IVA, rispettando i principi fondamentali del sistema comune IVA.17

La Comunicazione fu preliminarmente l’occasione per affermare un distinguo tra il gruppo IVA e il centro di condivisione dei costi (c.d. cost sharing), previsto dall’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della Direttiva IVA, individuando un’esenzione obbligatoria per talune attività di interesse pubblico, che per la Commissione costituisce una figura completamente diversa dal gruppo IVA, poiché, ad esempio, non ha l’effetto di creare un nuovo soggetto passivo nuovo.18

In merito alla previa consultazione del Comitato IVA, la Comunicazione ha precisato i chiarimenti giurisprudenziali indicando che l’obbligo di consultazione deve essere soddisfatto prima della pubblicazione delle norme nazionali che disciplinano il regime del gruppo IVA, che introducono modifiche sostanziali ai regimi esistenti e anche di quelle che introducono misure necessarie a prevenire l’elusione o l’evasione fiscale che possono essere favorite dal regime, benché la relativa opzione sia contenuta in un paragrafo separato rispetto a quello che richiede la consultazione, in quanto ne costituisce parte integrante.

Facendo proprio l’esito dell’evoluzione giuridica del regime, la Commissione riconosce quale obiettivo principale del gruppo IVA quello di “consentire a dei soggetti passivi, vincolati tra loro da rapporti finanziari, economici ed organizzativi, di non essere più trattati ai fini dell’IVA come soggetti distinti, bensì come un unico soggetto passivo19 realizzando, per finzione giuridica, una fusione dei primi nell’unico soggetto passivo IVA risultante. In tal modo, ai fini IVA la sostanza prevale sulla forma giuridica in ragione dei reali vincoli finanziari, economici ed organizzativi esistenti tra i membri, anche se i membri del gruppo presentano distinte forme giuridiche sotto il profilo del diritto civile e commerciale. Conseguenza del riconoscimento dell’esistenza di un unico soggetto passivo IVA è che questo può essere identificato ai fini IVA da un unico numero IVA, conformemente all’articolo 214 della Direttiva IVA, ad esclusione di qualsiasi altro numero IVA individuale, per consentire tanto agli operatori economici che alle amministrazioni fiscali degli Stati membri di identificare con ragionevole certezza coloro che effettuano operazioni soggette ad IVA.20 Il numero di identificazione individuale dei membri del gruppo IVA invece potrebbe essere conservato dalla amministrazioni fiscali al solo fine di consentire controlli delle attività interne del gruppo.

Venendo ai requisiti richiesti dall’articolo 11 per la creazione di un gruppo IVA, esso innanzitutto individua quali membri le “persone” che per la Commissione Europea, in base ad un’interpretazione sistematica, dovrebbero comunque essere esse stesse soggetti passivi. In merito al requisito dell’essere “stabilite nel territorio dello stesso Stato membro,” la Commissione ritiene che soltanto le imprese aventi la sede della loro attività economica o centri di attività stabile di tali imprese o di imprese straniere, fisicamente presenti sul territorio dello Stato membro che ha introdotto il regime del gruppo IVA, possano aderire a un gruppo IVA. In tal modo vengono escluse dalla partecipazione ad un gruppo IVA i centri di attività stabile di un’impresa stabilita nello Stato membro che riconosce tale regime, quando essi siano situati all’estero, in quanto in caso contrario verrebbe violata la sovranità fiscale degli altri Stati membri che non potrebbero trattare come soggetto passivo i centri di attività stabile in essi situati perché membri di un gruppo IVA in altro Stato.21 L’inclusione nel gruppo IVA dei centri di attività stabile di imprese straniere discende, invece, dal principio di libertà di stabilimento.

Per la Commissione Europea, il gruppo IVA, essendo un soggetto passivo unico, deve inoltre includere tutte le attività dei membri, cosicché il membro che operi in vari settori di attività non potrebbe escludere nessuna attività dal regime, ad esclusione, per quanto appena detto, delle attività svolte da stabilimenti situati al di fuori dello stesso Stato membro, e non deve essere consentito di partecipare a più di un gruppo IVA.

Quanto ai vincoli intercorrenti tra i membri, innanzitutto per la Commissione la sussistenza dei rapporti finanziari, economici ed organizzativi devono sussistere cumulativamente e per tutta la durata del gruppo IVA.22 Nel dettaglio, poi, vengono fornite delle definizioni, per cui il “vincolo finanziario” viene riferito ad una percentuale di partecipazione l capitale o ai diritti di voto oltre il 50%, o con riferimento ad un contratto di franchising, garantendo che un’impresa ha effettivamente il controllo su un’altra; il “vincolo economico” viene individuato quando l’attività principale dei membri è dello stesso genere, o le attività dei membri del gruppo sono complementari o interdipendenti, o un membro del gruppo svolge attività che avvantaggiano, pienamente o sostanzialmente, gli altri membri; il “vincolo organizzativo” si concretizza nell’esistenza di una struttura di gestione almeno parzialmente condivisa.

Un ultimo aspetto relativo agli elementi che regolamentano la costituzione di un gruppo IVA analizzato nella Comunicazione riguarda i settori di attività economica cui deve essere aperto nello Stato membro che lo introduce, affermandosi che esso deve essere aperto a tutte le attività economiche, perché altrimenti si favorirebbero alcune imprese rispetto alle altre con possibili effetti di selettività censurabili dalle norme unionali sugli aiuti di Stato. Per la Commissione, la limitazione ad alcune attività economiche, quali quelle finanziarie o assicurative, sarebbe giustificabile solo per adottare provvedimenti contro potenziali abusi in operazioni chiaramente determinate.

Nella Comunicazione vengono anche affrontati aspetti legati ai diritti e obblighi del gruppo IVA, evidenziando le conseguenze della sua qualificazione come unico soggetto passivo rispetto ai membri. Il suo numero di partita IVA dovrà quindi essere utilizzato per emettere le fatture relative a cessioni di beni o prestazioni di servizi che si reputano effettuate dal gruppo IVA e questo dovrà presentare le dichiarazioni IVA e, se del caso, gli elenchi riepilogativi. La Commissione precisa che “le dichiarazioni IVA riguardano l’importo di IVA netto proveniente da ciascun membro del gruppo, tenendo conto del fatto che le operazioni tra membri non danno luogo a fatturazione e pagamento di IVA, , vale a dire che i crediti IVA di taluni membri del gruppo sono compensati dai debiti IVA di altri membri: ai fini dell’IVA, sia i crediti che i debiti sono crediti e debiti del gruppo IVA e non dei singoli membri.”23 Per tali profili la Commissione riconosce che l’opzione del gruppo IVA “è innanzitutto una misura di semplificazione amministrativa.”

Viene precisato che anche nei rapporti verso i terzi, il gruppo IVA agisce come unico soggetto passivo, così che le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da un membro a terzi sono considerate come effettuate dal gruppo e tutti gli acquisti, importazioni e acquisti intracomunitari effettuati da un membro sono considerate effettuate dal gruppo.24

La conseguenza più rilevante del riconoscimento del gruppo IVA come unico soggetto passivo, risiede nel fatto che le operazioni a titolo oneroso tra i membri del gruppo si qualificano come operazioni a sé stesso in principio irrilevanti ai fini dell’imposta.25 Ciò significa che per le imprese, il ricorso al gruppo IVA può offrire evidenti vantaggi economici.

Con riguardo ai diritti e obblighi dei membri al momento della formazione del gruppo IVA o di adesione allo stesso, essi si trasferiscono al gruppo. Di converso, quando il gruppo IVA cessa di esistere, i diritti e obblighi assunti dal gruppo tornano a ricadere sui membri che riacquistano lo status di soggetti passivi individuali.

Nonostante l’articolo 11 della Direttiva IVA non preveda condizioni temporali di partecipazione al gruppo IVA, la Commissione ricorda che gli Stati membri possono adottare misure che prevengano l’elusione o l’evasione fiscale e ritiene che in quest’ambito potrebbero essere adottare misure quali la fissazione di un periodo minimo di adesione a un gruppo IVA.

Due aspetti finali vengono sottolineati nella Comunicazione: le norme sul diritto a detrazione applicabili al gruppo IVA e la necessità di adottare misure antievasione. Con riguardo al primo aspetto, sempre in conseguenza del fatto che il gruppo IVA è un unico soggetto passivo, il diritto a detrazione dell’IVA sugli acquisti viene determinato in base alle operazioni del gruppo e troveranno applicazione ordinariamente anche le disposizioni sulla rettifica della detrazione “nei casi in cui n soggetto passivo entra in un gruppo o lo lascia, o qualora le attività di un membro del gruppo cambino in modo tale che il diritto a detrazione del gruppo debba essere modificato.”26 D’altra parte, il tipo di attività svolto dai membri del gruppo IVA all’interno del gruppo stesso, dove le operazioni non hanno rilevanza IVA, può determinare conseguenze vantaggiose per i gruppi dove dei membri non hanno diritto a detrazione o hanno diritto a detrazione parziale. Mentre, infatti, se tutti i membri hanno un pieno diritto a detrazione, l’effetto sul gettito fiscale è neutro per lo Stato membro in cui opera il gruppo IVA, nel caso di membri con diritto a detrazione limitato in tutto o in parte l’effetto potrebbe non essere più neutro, perché l’IVA indetraibile che andrebbe versata viene annullata dall’irrilevanza delle operazioni interne al gruppo.

Con riguardo alla necessità di adottare misure antievasione, la Commissione sottolinea particolarmente l’obiettivo di semplificazione del regime del gruppo IVA, da cui non devono risultare vantaggi indebiti, né svantaggi ingiustificati, né il regime deve falsare la concorrenza o compromettere il principio di neutralità fiscale. Di conseguenza, gli Stati membri sono invitati di avvalersi della facoltà prevista dal comma secondo dell’articolo 11 al fine di adottare le misure necessarie per evitare l’evasone e l’elusione, nonché le pratiche abusive che possano derivare dai regimi nazionali di gruppo IVA.

3 (Segue) Il ricorso ad un pacchetto di procedure di infrazione

Con la Comunicazione del 2009 la Commissione intendeva dichiaratamente contribuire ad un’applicazione più uniforme dell’articolo 11 della Direttiva IVA, evitando impatti negativi sul mercato interno e violazioni dei principi dell’imposta, e offrire delle linee guida agli Stati membri che intendessero introdurre o modificare un regime di gruppo IVA, utilizzando uno strumento di c.d. soft low, non disponendo di poteri regolamentari vincolanti in materia.

A tale considerazione si può ricollegare la chiusura della Comunicazione che ricorda e fa salvo il ruolo della Commissione quale custode dei trattati, indicato dall’articolo 201 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (d’ora innanzi anche TFUE) e che si sostanzia, tra l’altro, nella possibilità di avviare delle procedure d’infrazione nei confronti degli Stati membri inadempienti rispetto alla prescrizioni del diritto unionale, che dopo una procedura di contraddittorio con lo Stato membro, può portare al ricorso alla Corte di Giustizia UE (articolo 258 TFUE).

In particolare, contemporaneamente alla pubblicazione della Comunicazione del 2009 che conteneva la sua posizione sul regime del gruppo IVA, la Commissione ha avviato un pacchetto di procedure di infrazione nei confronti di cinque Stati membri, contestando che i regimi di gruppo IVA introdotti a livello nazionale violavano l’articolo 11 della Direttiva, in quanto ammettevano la partecipazione al gruppo IVA anche di membri che non erano soggetti passivi di imposta e limitavano l’applicazione del regime a specifici settori di attività.

La Corte di Giustizia UE respinge, tuttavia, il ricorso della Commissione quanto all’esclusione dal gruppo IVA delle persone che non sono soggetto passivo, ritenendo che “non sembra essere in contrasto con i suddetti obiettivi [consentire agli Stati membri di non collegare sistematicamente la qualità di soggetto passivo alla nozione di indipendenza puramente giuridica, per semplificazione o per evitare abusi] la possibilità, per gli Stati membri, di considerare come soggetto passivo unico un gruppo di soggetti comprendenti uno o più elementi che individualmente non potrebbero avere la qualità di soggetto passivo. Non si può invece escludere che, … , la presenza, nell’ambito di un gruppo IVA, di siffatti soggetti contribuisca ad una semplificazione amministrativa tanto per il suddetto gruppo quanto per l’amministrazione finanziaria e consenta di evitare taluni abusi, poiché la suddetta presenza può essere persino indispensabile a tali fini, qualora da sola crei il vincolo stretto che deve sussistere sul piano finanziario, economico e organizzativo tra i soggetti che compongono questo stesso gruppo per essere considerati come un unico soggetto passivo.”

Per quanto riguarda i timori che questa possibilità possa dar luogo ad abusi, la Corte ricorda che il secondo comma dell’articolo 11 della Direttiva IVA consente di adottare le misure utile ad evitare tale rischio.27

In merito alla limitazione dell’attività del gruppo IVA, la Corte preliminarmente ricorda che per garantire un’applicazione uniforme della Direttiva IVA occorre che la nozione di “soggetto passivo” sia oggetto di interpretazione autonoma e uniforme e “tale interpretazione si impone per l’articolo 11 della Direttiva IVA, malgrado il carattere facoltativo, per gli Stati membri, del regime ivi previsto, al fine di evitare, nella sua attuazione, divergenze nell’applicazione nel regime medesimo da uno Stato membro all’altro.” In tale ottica, essa evidenzia che l’articolo 11 della Direttiva IVA consente ad uno Stato membro di considerare come soggetto passivo unico più soggetti stabiliti sul suo territorio, quando questi, pur se indipendenti da un punto di vista giuridico, sono strettamente connessi da un punto di vista finanziario, economico e organizzativo, senza porre alcuna ulteriore condizione28 e senza dare la possibilità agli Stati membri di stabilire altre condizioni, come l’esercizio di un certo tipo di attività o l’appartenenza ad un determinato settore di attività. Tale possibilità non può discendere neppure dalla natura della disposizione, poiché non emerge dal tenore dell’articolo 11 né dal suo contesto una natura derogatoria che giustificherebbe un’interpretazione restrittiva.

Ciò nonostante, una limitazione a determinati settori economici dell’ambito di applicazione del regime IVA può rientrare tra le misure che a norma del secondo comma dell’articolo 11 possono essere adottate dagli Stati membri per evitare che il gruppo IVA consenta frodi o evasioni fiscali.29

4 L’attività di soft low del Comitato IVA per affrontare talune questioni urgenti

Contestualmente alle pronunce della Corte di Giustizia UE sul pacchetto di ricorsi presentato dalla Commissione Europea, parzialmente soddisfacenti rispetto alle posizioni espresse nella Comunicazione del 2009, avendo la Corte ha respinto il divieto di partecipazione al gruppo IVA di persone non soggetto passivo d’imposta, la Commissione è intervenuta, direttamente o nell’ambito del Comitato IVA,30 per chiarire, in maniera non vincolante, alcuni aspetti della disciplina del gruppo IVA.

In particolare, in tale ambito la Commissione aveva sollevato nella riunione del 18 marzo 2013 del 98° Comitato IVA la questione dell’applicazione del regime del gruppo IVA nel contesto del Mini Sportello Unico, il c.d. MOSS (Mini One Stop Shop), vale a dire il regime opzionale previsto per i servizi di teleradiodiffusione e digitali resi in altro Stato membro a privati che consente ai soggetti passivi di adempiere gli obblighi formali e sostanziali attraverso un’apposita piattaforma.31

Pur riconoscendo che gli Stati membri applicano norme differenti in materia di gruppo IVA a livello nazionale, la guida sul MOSS pubblicata nel 2013 dai Servizi fiscali della Commissione, anche sulla base degli esiti delle discussioni del Comitato IVA, ha fornito, date le caratteristiche peculiari del mini sportello unico, delle indicazioni pratiche sul trattamento del gruppo IVA.32

Pur con la riserva espressa che la guida avrebbe potuto essere rivista alla luce della decisione della Corte di Giustizia su talune cause pendenti, essa precisava che un gruppo IVA può avvalersi del mini sportello unico, ma al momento della registrazione deve indicare di essere un gruppo IVA utilizzando l’apposita casella 20 delle informazioni relative alla registrazione. Il gruppo è registrato con lo stesso numero di identificazione IVA con cui è registrato per le prestazioni nazionali; se a livello nazionale sono stati assegnati diversi numeri ai membri del gruppo, sarebbe opportuno assegnarne al gruppo IVA uno unico da utilizzare per la registrazione al mini sportello unico (può essere sia un nuovo numero sia un numero esistente già assegnato a un membro del gruppo); se un membro del gruppo IVA dispone o disporrà di una stabile organizzazione in un altro Stato membro, il rapporto con la stabile organizzazione viene interrotto ai fini della registrazione al mini sportello unico e le prestazioni della stabile organizzazione non possono essere dichiarate nella dichiarazione IVA per il mini sportello unico del gruppo IVA; analogamente, le prestazioni del gruppo IVA effettuate nello Stato membro della stabile organizzazione devono essere dichiarate nella dichiarazione IVA per il mini sportello unico e non nella dichiarazione IVA nazionale della stabile organizzazione; il gruppo IVA non può pertanto includere nella registrazione al mini sportello unico nessuna stabile organizzazione in altri Stati membri.

Nella riunione del 20 ottobre 2014 del 101° Comitato IVA, la Germania ha chiesto chiarimenti rispetto alle decisioni della Corte di Giustizia che hanno affermato la possibilità per le persone non soggetti passivi di partecipare al gruppo IVA,33 in particolare con riguardo alle conseguenze per gli Stati membri che abbiano introdotto un regime di gruppo IVA escludendo tali persone.34 A seguito della discussione,35 il Comitato ha adottato delle linee guida affermando, quasi all’unanimità, che il Comitato concorda che, anche se l’articolo 11 della Direttiva IVA non preclude che le persone che non sono soggetti passivi siano incluse in un gruppo IVA, uno Stato membro che ha fatto uso di questa facoltà non è obbligato ad ammettere persone che non sono soggetti passivi come membri di un gruppo IVA, ma può restringere l’applicazione del regime del gruppo IVA escludendo tali persone come membri, sempre che sia rispettato il principio di neutralità.36

Come noto, il Comitato IVA è un comitato consultivo le cui deliberazioni non sono vincolanti, ma intendono offrire un orientamento condiviso tra Commissione e Stati membri su questioni riguardanti l’IVA con rilievo unionale. In particolare, le linee guida sono adottate non necessariamente all’unanimità, maggioranza di voto che invece vincola il Consiglio nell’esercizio del suo potere legislativo in ambito fiscale,37 ma esse possono essere espressione di un voto alla quasi unanimità o a grande maggioranza degli Stati membri.38 Inoltre, esse non rappresentano l’interpretazione ufficiale della Commissione che potrebbe anche non condividerle, e non vincolano né la Commissione né gli Stati membri che restano liberi di non seguirle.39

In occasione delle riunioni del 30 marzo 2015 e del 26 ottobre 2015 del 103° e 105° Comitato IVA la Commissione ha sollevato una serie di questioni riguardanti le possibili conseguenze della sentenza del 17 settembre 2014, Skandia,40 con la quale la Corte di Giustizia UE ha affermato che le prestazioni di servizi di servizi fornite da uno stabilimento principale stabilito in un paese terzo alla propria succursale stabilita in uno Stato membro costituiscono operazioni imponibili quando la succursale appartenga ad un gruppo di soggetti che possono essere considerati quali soggetto passivo unico ai fini IVA, e che nel caso in cui lo stabilimento principale di una società situata in un paese terzo fornisce servizi a titolo oneroso ad una succursale della società medesima stabilità in uno Stato membro ed in cui la succursale stessa appartiene ad un gruppo di soggetti che possono essere considerati quali soggetto passivo unico ai fini dell’imposta sul valore aggiunto nello Stato membro medesimo, è il gruppo stesso, in quanto beneficiario di detti servizi, ad essere debitore dell’imposta sul valore aggiunto applicabile. Benché le conclusioni della Corte siano in linea con la posizione sulla territorialità del regime del gruppo IVA illustrata nella Comunicazione del 2009, la Commissione affronta in Comitato IVA una serie di questioni che dopo la discussione hanno dato vita a degli orientamenti adottati alla grande maggioranza.41

In particolare, il Comitato IVA concorda che, nel caso di una persona morale che dispone di uno stabilimento principale (d’ora in avanti “la sede”) e di una stabile organizzazione (d’ora in avanti “succursale”) in differenti territori, solo l’entità (sede o succursale) fisicamente presente sul territorio di uno Stato membro che ha introdotto il regime del gruppo IVA, può essere considerata come “stabilita sul territorio di questo stesso Stato membro” ai sensi dell’articolo 11 della Direttiva IVA e dunque essere in grado di unirsi ad un gruppo IVA in questo paese. A questo riguardo, il Comitato IVA considera che la succursale di una società avente la sua sede in un paese terzo o in un altro Stato membro può, indipendentemente dalla sua sede, diventare membro di un gruppo IVA nello Stato membro nel quale questa succursale stabilita. Il Comitato IVA concorda inoltre che la sede di una società che ha la sua succursale in un paese terzo o in un altro Stato membro può, indipendentemente dalla sua succursale, diventare membro di un gruppo IVA nello Stato membro nel quale è stabilita la sede.

Il Comitato IVA conferma che, quando essa diventa membro di un gruppo IVA in virtù dell’articolo 11 della Direttiva IVA, un’entità (sede o succursale) diventa, ai fine IVA, parte integrante di un nuovo soggetto passivo, vale a dire il gruppo IVA, indipendentemente dalla persona morale di cui fa parte. Il Comitato IVA conferma inoltre che il trattamento di un gruppo IVA come un soggetto passivo unico esclude che i membri di questo gruppo continuino ad operare, dentro e fuori, del loro gruppo, come soggetti passivi distinti a fini IVA.

Ancora, il Comitato IVA concorda che una cessione di beni o una prestazione di servizi effettuata da un’entità in favore di un’altra entità facente parte della stessa persona morale, per esempio un’operazione dalla sede verso una succursale, da una succursale verso la sede o un’altra succursale, quando una sola delle entità che partecipano all’operazione è un membro di un gruppo IVA o che le entità sono membri di gruppi IVA distinti, costituisce un’operazione imponibile ai fini IVA, sempre che sussistano le condizioni previste dall’articolo 2, paragrafo 2, della Direttiva IVA. A questo riguardo il Comitato IVA stima che, perché una tale operazione sia imponibile, non rileva sapere se i beni o i servizi sono forniti da un paese terzo verso uno Stato membro o al contrario, o tra due Stati membri.

Infine, il Comitato IVA stima che una cessione di beni o una prestazione di servizi effettuata tra un’entità di una persona morale (sede o succursale) stabilita in uno Stato membro, indipendentemente dal fatto che questo Stato membro abbia introdotto il regime del gruppo IVA, e un gruppo IVA in un altro Stato membro che include un’altra entità di questa stessa persona morale (succursale o sede) costituisce un’operazione imponibile ai fini IVA, sempre che le condizioni previste dall’articolo 2, paragrafo 1, della Direttiva IVA siano rispettate.

Un analogo tentativo di ottenere degli orientamenti del Comitato IVA è stato perseguito dalla Commissione Europea rispetto alla decisione raggiunta dalla Corte UE con la sentenza del 16 luglio 2016, Minerva,42 in cui è stato statuito che non è conforme alla diritto unionale una normativa nazionale che riserva la possibilità di costituire un raggruppamento di persone che possono essere considerate come un unico soggetto passivo dell’imposta sul valore aggiunto unicamente agli enti dotati di personalità giuridica e legati alla società madre di tale gruppo da un rapporto di subordinazione, a meno che tali due requisiti costituiscano misure necessarie e adeguate al conseguimento degli obiettivi volti a prevenire le prassi o le condotte abusive o a lottare contro la frode o l’evasione fiscali. La Corte ha inoltre indicato che la disposizione del primo comma dell’articolo 11 della Direttiva IVA non ha effetto diretto in quanto essa non è categorica, ma presenta un carattere condizionato, dal momento che la costituzione di un gruppo IVA è subordinata alla sussistenza di vincoli stretti sui piani finanziario, economico e organizzativo, che deve essere definita a livello nazionale.

Alla luce di questa sentenza, la Commissione ha presentato un documento alla riunione del 27 e 28 maro 2017 del 108° Comitato IVA con il quale tentava di rivedere la posizione espressa nella Comunicazione del 2009 con riguardo ai vincoli finanziario, economico e organizzativo, tenendo anche conto della sentenza del 9 aprile 2013, Commissione contro Irlanda che già aveva ammesso la partecipazione di persone non soggetto passivo al gruppo IVA. A differenza di quanto sostenuto precedentemente dalla Commissione, infatti, la Corte lascia alla discrezionalità degli SM la valutazione dell’opportunità di considerare come soggetto passivo unico un gruppo di soggetti comprendenti uno o più membri che individualmente non potrebbero avere la qualità di soggetto passivo e anche a soggetti che potrebbero essere persone non giuridiche.43 La discussione in sede di Comitato IVA, tuttavia, fa emergere posizioni molto distanti dalle proposte della Commissione, che non riesce a trovare la base per delle possibili linee guida.44

5 Gli ulteriori chiarimenti chiesti alla Corte di Giustizia UE

Nella regolamentazione del gruppo IVA, nonostante gli sforzi della Commissione di spingere ad un’applicazione uniforme al regime, è ancora una volta la Corte di Giustizia ad essere chiamata a fornire chiarimenti con valore vincolante.

Una recentissima sentenza del 18 novembre 202045 della Corte di Giustizia UE ha ripreso i principi già affermati in riferimento agli obiettivi del gruppo IVA, analizzando il rapporto tra questo e il centro di condivisione dei costi di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), della Direttiva IVA.

La Corte ricorda innanzitutto che l’attuazione del regime previsto dall’articolo 11 della Direttiva IVA implica che la normativa nazionale adottata sul fondamento di tale disposizione autorizza i soggetti, segnatamente le società, caratterizzati da vincoli di carattere finanziario, economico e organizzativo, a non essere più considerati quali soggetti passivi distinti ai fini dell’IVA per essere considerati quale unico soggetto passivo. In tal senso, qualora uno Stato membro applichi tale disposizione, il soggetto o i soggetti giuridicamente dipendenti ai sensi della disposizione medesima non possono essere considerati soggetti passivi.46

Conseguentemente l’assimilazione ad un soggetto passivo unico esclude che i membri del gruppo IVA continuino a presentare separatamente dichiarazioni IVA e continuino ad essere individuati, tanto all’interno quanto all’esterno del loro gruppo, quali soggetti passivi, atteso che unicamente il soggetto passivo unico è autorizzato a presentare tali dichiarazioni d’imposta. In una fattispecie di tal genere, le prestazioni di servizi effettuate da un terzo a favore di un appartenente al gruppo IVA devono essere considerate, ai fini dell’IVA, come effettuate a favore non di un membro, ma dello stesso gruppo IVA cui il medesimo appartiene.47

Alla luce di ciò, ai fini dell’IVA, i servizi forniti da un’associazione autonoma di persone ai membri di un gruppo IVA non possono essere considerati come forniti individualmente a tali membri, ma devono essere considerati come forniti al gruppo IVA nel suo complesso. Ne consegue che tali servizi sono considerati forniti a favore del gruppo IVA di cui trattasi, nel suo complesso, e quindi anche a favore dell’entità rappresentativa del gruppo IVA. Pertanto, nell’ipotesi in cui quest’ultimo ente non sia, al contempo, membro dell’associazione autonoma di persone, l’applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f), andrebbe a beneficio dei non membri dell’associazione autonoma di persone.

Alla luce di tali considerazioni, la Corte statuisce che l’esenzione di cui all’articolo 132, paragrafo 1, lettera f) “non si applica alle prestazioni di servizi fornite da un’associazione autonoma di persone a un gruppo di persone che può essere considerato come un unico soggetto passivo, ai sensi dell’articolo 11 di tale direttiva, qualora non tutti i membri di quest’ultimo gruppo non siano membri di detta associazione autonoma di persone. L’esistenza di disposizioni di diritto nazionale che prevedono che il membro rappresentativo di un siffatto gruppo che può essere considerato come un unico soggetto passivo possieda le caratteristiche e lo status dei membri dell’associazione autonoma di persone interessata, ai fini dell’applicazione dell’esenzione prevista a favore delle associazioni autonome di persone, non ha alcuna incidenza al riguardo.”

L’analisi del rapporto tra gruppo IVA e associazione autonoma di persone, o centro di condivisione di costi, come più comunemente definita, benché la Comunicazione del 2009 della Commissione Europea abbia indicato che “il concetto di condivisione dei costi, …, è in effetti completamente diverso da quello nell’IVA di gruppo, poiché, ad esempio, non ha l’effetto di creare un nuovo soggetto passivo unico,” assume profili di rilievo tenuto conto che sempre la Corte di Giustizia UE ha reso palese un uso alternativo dei due regimi. In particolare, essa ha evidenziato che l’uso del centro di condivisione dei costi in relazione ad attività che non rientrino tra quelle di interesse pubblico non è ammesso, censurandone l’uso per attività economiche quali quelle finanziarie.48

Con riguardo al gruppo IVA pendono peraltro avanti alla Corte una serie di altre questioni pregiudiziali.

Con la causa Dansk, causa C-812/19, la Corte di Giustizia dovrà pronunciarsi sulla questione “se una succursale svedese di una banca stabilita in un altro Stato membro costituisca un soggetto passivo indipendente in una situazione in cui la sede principale fornisce servizi alla succursale e ne imputa i costi alla succursale, qualora la sede principale faccia pare di un gruppo IVA nell’altro Stato membro, mentre la succursale svedese non fa parte di alcun gruppo IVA svedese.”

La questione va a completare la casistica della sentenza Skandia dove la Corte si è pronunciata sul caso della sede di un’impresa stabilita in altro paese (un paese terzo) rispetto alla succursale che faceva parte di un gruppo IVA. Nella causa viene sottolineato che la succursale non dispone di capitale proprio e che quindi dipende dalla sede principale. Il giudice del rinvio richiama anche gli orientamenti del Comitato IVA adottati a seguito della sentenza Skandia.

Con la questione M-GmbH, causa C-868/19, il giudice europeo è chiamato a pronunciarsi sulla legittimità unionale della normativa tedesca che preclude a una società di persone, in cui oltre alla società madre fra i soci non figurano soltanto persone integrate nell’impresa della società madre di essere membro di un gruppo IVA. Nel caso si configuri un’illegittimità di una simile normativa nazionale, il giudice di rinvio chiede se, alla luce dei principi di proporzionalità e neutralità, possa considerarsi giustificata l’esclusione di una società di persone di tal genere da un gruppo IVA, in quanto nel diritto tedesco non sussiste alcun obbligo formale per la stipula e la modifica dell’atto costitutivo e, in determinati casi, in presenza di meri accordi verbali può essere difficile dimostrare l’esistenza dell’integrazione finanziaria della società affiliata. Infine, la Corte è chiamata a chiarire se osti all’applicazione dell’articolo 11, secondo comma, della Direttiva IVA, il fatto che il legislatore non abbia formulato l’intenzione di contrastare l’elusione e l’evasione fiscale già al momento dell’adozione della misura.

La questione arricchisce la casistica della natura e condizioni dei membri ammessi al Comitato IVA, dopo che la Corte ha già respinto la posizione della Commissione che escludeva le persone non soggetto passivo e censurato la normativa tedesca che non ammetteva enti dotati di personalità giuridica e legati alla società madre di tale gruppo da un rapporto di subordinazione,49 finendo col limitare sostanzialmente la portata dell’orientamento del Comitato IVA che riconosceva la possibilità per gli Stati membri di restringere l’applicazione del regime del gruppo IVA, sempre che sia rispettato il principio di neutralità50

La questione Norddetsche Gesellshaft fur Diakonie, causa C-141/20, si pone sulla stessa linea di esigenza di chiarimenti, chiedendo se lo Stato membro possa stabilire che soggetto passivo sia, invece che il gruppo IVA, un membro dello stesso; se per l’esame del requisito sull’integrazione finanziaria quale misura legittima, necessaria e adeguata al conseguimento degli obiettivi volti a prevenire le prassi e le condotte abusive e a lottare contro la frode o l’evasione fiscale debba applicarsi un criterio restrittivo o ampio; infine se la Direttiva IVA consenta ad uno Stato membro, mediante tipizzazione, di considerare una persona come non indipendente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, nel caso in cui essa sia integrata dal punto di vista finanziario, economico e organizzativo nella struttura di un’altra impresa (la casa madre) di modo che la casa madre possa imporre le proprie direttive a tale soggetto impedendo che questi agisca diversamente.

Con la questione S., causa C-269/20, si chiede, infine, se l’applicazione dell’articolo 11 della Direttiva IVA comporti che una delle persone legate da stretti vincoli finanziario, economico e organizzativo sia considerata unico soggetto passivo con riguardo a tutte le operazioni compiute dalle persone stesse, oppure che la considerazione di un unico soggetto passivo conduca necessariamente ad un gruppo IVA distinto dalle persone interdipendenti, consistente in un’entità fittizia istituita specificatamente ai fini IVA, benché ciò determini significative perdite di gettito. Qualora unico soggetto passivo sia una delle persone interdipendenti, e questa svolga attività imponibile e attività quale pubblica autorità, le prestazioni di servizi effettuate a titolo gratuito eseguite nell’ambito di questa seconda attività debbano essere esenti da imposta ai sensi delle condizioni di autoconsumo previste ora dall’articolo 26, paragrafo 1, lettera b).

6 Conclusioni

Con riguardo al regime del gruppo IVA occorre riconoscere la corretta previsione della Commissione Europea che nel 2009 tentò con la sua Comunicazione di fornire delle linee guida che garantissero la necessità di un’applicazione uniforme del regime stesso.

La concisione del testo dell’articolo 11 della Direttiva IVA, infatti, si presta ad applicazioni nazionali difformi per la necessità di adeguarlo alle caratteristiche proprie dei singoli Stati membri. Questo tanto più in relazione al cambiamento del tessuto economico europeo rispetto all’introduzione dell’IVA, portando il gruppo IVA da facoltà riconosciuta agli Stati membri per arginare frammentazioni ingiustificate del soggetto passivo, a facoltà il cui esercizio è sollecitato dagli operatori economici per un’organizzazione dei rapporti di interdipendenza tra imprese che assicuri la non applicazione dell’imposta, con la necessità crescente per gli Stati membri, la Commissione e la Corte di Giustizia di vigilare su eventuali abusi nel ricorso al regime del gruppo IVA.

La ricostruzione dell’evoluzione giuridica e giurisprudenziale del regime del gruppo IVA mette in evidenza anche i limiti della soft low adottata dalla Commissione Europea, in particolare con riguardo all’attività del Comitato IVA di cui, infatti, il recente Piano per Piano d’azione per una fiscalità equa e semplice a sostegno della strategia di ripresa del 15 luglio 202051 prevede la trasformazione in un ‘comitato di comitatologia’ che controlli, deliberando a maggioranza qualificata, l’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione, migliorando l’efficienza del processo decisionale in materia di IVA.

Nel frattempo le questioni pregiudiziali pendenti avanti alla Corte di Giustizia potranno chiarire altri punti del regime del gruppo IVA, mantenendo però l’incertezza derivante da decisioni che attengono a casi specifici.

Resta auspicabile un intervento della Commissione quale detentrice del diritto di proposta nel procedimento legislativo unionale e del Consiglio quale istituzione che adotta gli atti legislativi in materia fiscale, al fine di rivedere l’articolo 11 alla luce degli sviluppi sopra descritti52


  1. Cfr. articolo 2 della Prima Direttiva del Consiglio dell’ll aprile 1967 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari, d’ora innanzi anche “Prima Direttiva IVA.”↩︎

  2. Cfr. articolo 4 della Seconda Direttiva del Consiglio dell’ll aprile 1967 in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari – Struttura e modalità di applicazione del sistema comune di imposta sul valore aggiunto.↩︎

  3. Cfr. articolo 102 del Trattato sulla Comunità Economica Europea.↩︎

  4. Proposta di una Seconda Direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relativa alle imposta sulla cifra d’affari, concernente la struttura e le modalità di applicazione del sistema comune di imposta sul valore aggiunto, COM(1965)144 del 13 aprile 1965.↩︎

  5. Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme↩︎

  6. Decisione 70/243/CECA, CEE, Euratom, del 21 aprile 1970, relativa alla sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie delle Comunità. Il secondo considerando della Sesta Direttiva IVA espressamente spiega che “, in applicazione della decisione del 21 aprile 1970 relativa alla sostituzione dei contributi finanziari degli Stati membri con risorse proprie delle Comunità, il bilancio delle Comunità sarà, senza pregiudizio delle altre entrate, integralmente finanziato con risorse proprie delle Comunità ; che queste risorse comprendono, tra l’altro, quelle provenienti dall’imposta sul valore aggiunto e ottenute mediante applicazione di una aliquota comune ad una base imponibile determinata in modo uniforme e secondo regole comunitarie.”↩︎

  7. Il richiamo dell’articolo 29 rinviava al Comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto, il c.d. Comitato IVA.↩︎

  8. Proposta di Sesta Direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazione degli stati membri relative all’imposta sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, COM(1973)950 del 20 giugno 1973.↩︎

  9. V. articolo 4 della Prima Direttiva IVA.↩︎

  10. Modifiche alla Proposta di Sesta Direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazione degli stati membri relative all’imposta sulla cifra d’affari – Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, COM(1974)795.↩︎

  11. Cfr. Risoluzione del Parlamento Europeo in GUCE C 40/34 dell’8 aprile 1974.↩︎

  12. Direttiva 2006/69/CE del Consiglio, del 24 luglio 2006, che modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda talune misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta sul valore aggiunto e di contribuire a contrastare la frode o l’evasione fiscale e che abroga talune decisioni che autorizzano misure derogatorie.↩︎

  13. Proposta di Direttiva del Consiglio che modifica la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda talune misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta sul valore aggiunto e di contribuire a contrastare la frode o l’evasione fiscale e che abroga talune decisioni che autorizzano misure derogatorie, COM(2005)89 del 16 marzo 2005.↩︎

  14. Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto.↩︎

  15. Sentenza del 22 maggio 2008, Ampliscientifica, causa C-162/07, EU:C:2008:301, punto 18.↩︎

  16. Sulla natura della previa consultazione del Comitato IVA e sul procedimento in cui consiste, si veda Sentenza del 14 settembre 2006, Stradasfalti, causa C-228/05, EU:C:2006:578, punti 28 e ss..↩︎

  17. Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento Europeo sull’opzione di IVA di gruppo prevista all’articolo 11 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, COM(2009)325 del 2 luglio 2009. Da un punto di vista linguistico, si osserva che la Comunicazione usa la terminologia “IVA di gruppo”; da ritenersi impropria rispetto al lessico tributario italiano dove il regime disciplinato dall’articolo 11 della Direttiva IVA viene definito “gruppo IVA,” mentre l’“IVA di gruppo” attiene a semplificazioni negli obblighi di un gruppo di società i cui membri mantengono la loro individualità anche ai fini IVA.↩︎

  18. Nonostante la dichiarata differenza tra gruppo IVA e centro di condivisione dei costi, i collegamenti sono numerosi ed importanti, in particolare nel contesto dei settori economici esenti dall’imposta che rimangono gravati dall’imposta a monte. Al riguardo, per un utilizzo alternativo o complementare del gruppo IVA e del centro di condivisione dei costi v. infra paragrafi 5 e 6.↩︎

  19. Al momento della Seconda Direttiva IVA, invece, l’obiettivo principale appariva essere quello di consentire agli Stati membri di considerare unitariamente delle persone che, nonostante i vincoli finanziari, economici ed organizzativi, presentavano un’indipendenza meramente giuridica. V. supra par. 1.↩︎

  20. Cfr. Sent. Ampliscientifica cit. punto 20.↩︎

  21. La Commissione esamina questa conclusione anche alla luce della Sentenza del 3 giugno 2006, FCE Bank plc, causa C-210/04, EU:C:2006:196, che ha statuito che un centro di attività stabile, che non sia un ente giuridico distinto dalla società di cui fa parte, stabilito in un altro Stato membro e al quale la società fornisce prestazioni di servizi, non dev’essere considerato un soggetto passivo in ragione dei costi che gli vengono imputati a fronte di tali prestazioni. La Commissione evidenzia che non vi è contraddizione con la sentenza che non fa riferimento ad un gruppo IVA, precisando che un soggetto che aderisca ad un gruppo IVA viene a far parte di un nuovo soggetto distinto da un suo centro di attività stabile all’estero, di modo che eventuali operazioni tra il gruppo IVA e questo centro di attività stabile all’estero si svolgerebbero tra soggetti passivi distinti essendo assoggettate all’imposta secondo le regole ordinarie.↩︎

  22. La Commissione evidenza che queste caratteristiche dei vincoli che devono intercorrere tra i membri del Comitato IVA discendono non solo dal dato formale dell’uso della congiunzione “e,” ma anche dal fatto che il gruppo IVA rappresenta un concetto particolare di soggetto passivo che funziona su basi speciali e deve pertanto essere sottoposto a condizioni rigorose che garantiscono contro l’applicazione abusiva del gruppo IVA, escludendo costruzioni prive di qualsiasi sostanza economica.↩︎

  23. La Comunicazione richiama anche in questo caso la di poco precedente Sent. Ampliscientifica cit. supra, che rappresenta la prima pronuncia su cui la Corte di Giustizia ha direttamente affrontato il tema del gruppo IVA e che come conseguenza dell’unicità della soggettività passiva afferma la necessaria esistenza di un unico numero di partita IVA e l’autorizzazione in capo al solo gruppo IVA di presentare le dichiarazioni d’imposta, precluse ai suoi membri (punto 20).↩︎

  24. Ravvisando, la Commissione, in tale trattamento delle forniture a o da terzi del gruppo IVA una comparazione con la situazione di un soggetto passivo con varie filiali.↩︎

  25. Come noto, la Direttiva IVA prevede dei casi di assimilazione a cessioni di beni o prestazioni di servizi (obbligatori o facoltativi) con riguardo ad operazioni del soggetto passivo a se stesso (articoli 16, 17, 27 e 26) che varranno anche per il gruppo IVA in quanto soggetto passivo.↩︎

  26. La Commissione richiama le differenze che possono esserci tra Stati membri anche con riferimento al gruppo IVA per le facoltà esistenti nella determinazione dell’imposta detraibile, sia perché, per i soggetti con attività sia imponibile che esente, a fronte della regola generale della detrazione proporzione, c.d. pro rata, prevista dagli articoli 174 e 175 della Direttiva IVA, può essere utilizzato il metodo ad imputazione diretta, maggiormente fedele all’utilizzo reale dei beni e servizi (articolo 173, paragrafo 2), sia perché non esistono ancora disposizioni comuni per limitare la detrazione delle spese non aventi carattere professionale per le quali gli Stati membri applicano una serie di deroghe di stand still (articolo 176).↩︎

  27. Sentenza dell’8 aprile 2013, Commissione c. Irlanda, causa C-85/11, EU:C:2013:217, punti 48 e 49; sentenza del 25 aprile 2013, Commissione c. Regno di Danimarca, causa C-95/11, EU:C:2013:268, punti 45 e 46, sentenza del 25 aprile 2013, Commissione c. Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, causa C-86/11, EU:C:2013:267 punti 44 e 45, , sentenza del 25 aprile 2013, Commissione c. Repubblica di Finlandia, causa C-74/11, EU:C:2013:266. La Corte rigetta il ricorso della Commissione senza entrare nel merito della questione della partecipazione di una persona non soggetto passivo (nel caso una holding che esercita funzioni di direzione e di definizione delle politiche in seno al gruppo) nella sentenza del 25 aprile 2013, Commissione c. Regno dei Paesi Bassi, causa C-65/11, EU:C:2013:295, in quanto la Commissione contesta che tale partecipazione non sia stata oggetto della consultazione al Comitato IVA e la Corte ritiene che il punto non sia stato provato (punto 57). La sentenza rileva, tuttavia, con riguardo alla definizione della procedura di consultazione del Comitato IVA in quanto viene affermato che essa sarebbe svuotata del suo senso se, successivamente alla consultazione, gli Stati membri potessero modificare sostanzialmente il regime introdotto senza un’ulteriore previa consultazione per le modifiche (punto 56). Un’ulteriore causa promossa contro la Repubblica Ceca viene chiusa con rigetto del ricorso per assenza di prova (sentenza del 25 aprile 2013, Commissione c. Repubblica Ceca, causa C-109/11, EU:C:2013:269.↩︎

  28. In tal senso anche Sent. Commissione c. Irlanda cit. supra, punto 36).↩︎

  29. Si vedano, sentenza del 25 aprile 201, Commissione contro Regno di Svezia, causa C-480/10, EU:C:2013:23, punti 34 ss., e sentenza del 25 aprile 2013, Commissione contro Repubblica di Finlandia, causa C-74/11, EU:C:2013:266, punti 62 e ss..↩︎

  30. A norma del paragrafo 4 dell’articolo 398, “oltre alle questioni oggetto della consultazione in virtù della presente direttiva, il comitato IVA prende in esame i problemi sollevati dal presidente, sia su iniziativa di quest’ultimo, sia su richiesta del rappresentante di uno Stato membro, concernenti l’applicazione delle disposizioni comunitarie in materia di IVA.”↩︎

  31. Vedasi WP n. 753 dell’11 dicembre 2012, The application of VAT grouping provisions in the context of the MOSS, e WP n. 775 del 16 luglio 2013, Minutes 98th meeting – 18 march 2013, entrambi su <www.europa.eu>.↩︎

  32. Guida al mini sportello unico per l’IVA, Direzione Generale Fiscalità e Unione doganale della Commissione Europea, 23 ottobre 2013, pag. 10 e s., su www.europa.eu,↩︎

  33. V. supra nota 27.↩︎

  34. V. WP n. 813 del 29 luglio 2014, Cases C-85/11, Commission vs. Ireland and C-480/10, Commission vs. Sweden, su <www.europa.eu>.↩︎

  35. V. WP 826 del 25 febbraio 2015, Minutes of 101th Meeting – 20 october 2014, in <www.europa.eu>, pag. 14.↩︎

  36. Lignes direcctrices découlant de la 101ème réunion du 20 octobre 2014 DOCUMENT C – taxud.c.1(2015)46844 – 824, in Guidelines resulting from meetings of the VAT Committee - Up until 3 November 2020, pag. 183, in <www.europa.eu>.↩︎

  37. Cfr. articolo 113 TFUE per la fiscalità indiretta.↩︎

  38. Attualmente l’unanimità comporta l’accordo di 27 Stati membri, la quasi unanimità di un numero compreso tra 24 e 26 Stati membri, la grande maggioranza un numero compreso tra 23 e 18 Stati membri.↩︎

  39. Cfr. Guidelines resulting from meetings of the VAT Committee cit.↩︎

  40. Sentenza del 17 settembre 2014, Skandia, causa C-7/13, EU:C:2014:.2225. Si vedano i documenti WP 845 del 17 febbraio 2015, Case law – Commission – Case C-7/13 Skandia America – VAT Group – Articles 2(1), 9 and 11, in <www.europa.eu>, e WP 879 del 22 settembre 2015, Case law – Commission – CJEU Case C-7/13 Skandia America – VAT Group – The point of view of the VEG – Articles 2(1), 9 and 11, in <www.europa.eu>. Questo secondo documento presenta alla discussione del Comitato IVA la posizione sulla sentenza del VAT Expert Group, c.d. VEG, istituito con la Decisione della Commissione del 26 giugno 2012 che istituisce un gruppo di esperti sull’imposta sul valore aggiunto con lo scopo di consigliare la Commissione in merito all’elaborazione di atti legislativi e di altre iniziative nel settore dell’IVA e di fornire delucidazioni sull’applicazione pratica di atti legislativi e di altre iniziative dell’UE nel settore dell’IVA.↩︎

  41. Lignes directrices découlant de la 105ème réunion du 26 octobre 2014 DOCUMENT A – taxud.c.1(2016)7465801 – 886, in Guidelines resulting from meetings of the VAT Committee cit., pag. 207 e s..↩︎

  42. Sentenza del 16 luglio 2015, Minerva, causa C-108/14 e C-109/14, EU:C:2015:496. Un riferimento a contrario su quali possano essere i membri di un gruppo IVA si ha nella sentenza del 12 ottobre 2016, Nigl, causaC-340/15, EU:C:2016:764, dove la Corte UE statuisce che “vanno considerate imprese indipendenti assoggettate all’imposta sul valore aggiunto diverse società semplici,… , le quali si presentano in quanto tali autonomamente nei confronti dei loro fornitori, delle autorità pubbliche e, entro certi limiti, dei loro clienti, e ciascuna delle quali conduce la propria produzione utilizzando essenzialmente i propri strumenti di produzione, ma le quali commercializzano gran parte dei loro prodotti utilizzando un marchio comune attraverso l’intermediazione di una società di capitali, le cui quote sono tenute dai membri di tali società semplici nonché da altri membri della famiglia interessata.”↩︎

  43. WP 918 del 16 febbraio 2017, Meaning of “financial, economic and organisational links” among VAT group members, in <www.europa.eu>.↩︎

  44. WP 95 del 29 maggio 2017, Minutes 108th meeting – 27 and 28 march 2017, in <www.europa.eu>, pag. 7 s..↩︎

  45. Sentenza del 18 novembre 2020, Kaplan, causa C-77/19, EU:C:2019:934.↩︎

  46. In tal senso, sentenza del 22 maggio 2008, Ampliscientifica, cit., punto 19.↩︎

  47. Cfr. sentenza del 17 settembre 2014, Skandia, cit., punto 29.↩︎

  48. Cfr. sentenza del 21 settembre 2017, Aviva, C‑605/15, EU:C:2017:718 e sentenza del 21 settembre 2017, Commissione/Germania, C‑616/15, EU:C:2017:721. Le sentenze hanno determinato un vuoto giuridico in particolare negli Stati membri che non applicavano il gruppo IVA, tanto da determinare il Consiglio e la Commissione, in occasione dell’adozione del pacchetto di misure note come Quick fixes a concordare una dichiarazione a verbale con cui riconoscendo “certa divergenza nel trattamento IVA applicabile alle associazioni autonome di persone che mettono in comune i loro servizi e ripartiscono i costi tra i loro membri” riconoscevano “la necessità di chiarire tali norme in materia di IVA applicabili alle associazioni autonome di persone” per cui la Commissione avrebbe esaminato “nel dettaglio la questione in uno studio che sarà avviato a breve in vista di un’eventuale proposta, fatto salvo il suo diritto di iniziativa.” Si veda allegato II del documento 12564/2018 del 28 settembre 2018, in https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-12564--2018-INIT/it/pdf .↩︎

  49. Si veda supra rispettivamente sentenza Commissione c. Irlanda e sentenza Minerva.↩︎

  50. V. supra WP 824.↩︎

  51. Comunicazione della Commissione a Parlamento europeo e al Consiglio – Piano d’azione per una fiscalità equa e semplice a sostegno della strategia di ripresa, COM)2020)312 del 15 luglio 2020.↩︎

  52. Una riflessione potrebbe svolgersi nel contesto dell’impegno assunto dalla Commissione e dal Consiglio rispetto alla necessità di chiarire la disciplina delle associazioni autonome di persone che presentano dei collegamenti con il gruppo IVA, v. supra nota 48.↩︎